Nuova Repubblica - anno II - n. 3 - 5 febbraio 1954

- 2 Contin11andonella p11bblicazione di urini relatiti alla C.E.D., 01pitiamo in q11nto 1111111ero l'articolo fortemente polemico del compagno Cna. Ci è 1ta1a 101/eciJatada alc11ni Jellori 1111a preJa di po1izione ufficiale del Moti– mento .tt{ q11e1toproblema. Ma il 110- Jtro Movimento 11011 è 1111f,arlito: euo non ha diuipline· da imporre, q11a1110 temi da diballere liberamente: h .-agioni di fondo che ci 11niIC0110 10110abba1ta11za1alde perché 1ia po1- 1ibile diJwtere fra 11oi,1e11zaro11rù1- ge1·e11eu11110 a modificare le me con– vinzioni 111 particolari problemi. Del re110, quale 1ia I' orienlamenlo preva– lente del J\for imenio non è difficile de– termi11arlo ieguendo app111110 i co111ri– b111igitì /mbblicali e q11elli che - lo 1peria1110 - /mbblicheremo in « Po– lemica federali11a ». N. R. trascorso più di un anno e mezzo da quando, il 27 maggio 1952, venne fumato a Parigi il Trattato della C.E.D.; e non è un caso che solo ora si cominci a di– scuterne seriamente in Italia. Le vi– cende della politica interna e le ele– zioni, l'attesa dei risultati delle ele– zioni tedesche, avevano per un certo tempo reso meno attuali le discussio– ni. Ora, è arrivato il momento del– la decisione : ciascuno deve prendere la sua posizione, ed esprimerla_ con un si o con un no. Sull_e colonne di N 11ovaRep11bbli– ca si è già aperto il dibattito, con gli articoli di Codignola, di Garosci e di Parri. Ci sforzeremo, in questo ar– ticolo, di non ripetere quanto già detto, ma di esaminare il problema dà un punto di vista un po" differente. Primi passi del federalismo Nel 1945, appena finita la guerra, gli europei erano stati costretti a ti– rare le somme; e nei paesi vinti !"esa– me di coscienza era più facile che nei paesi vincitori; un risultato di questo esame fu che bisognava ab– bandonare quel primato della politi– ca estera che era stato una delle for– mule più sfruttate dai governi• fa. scisti; si scoprivano le piaghe, vecchie e recenti, la miseria del popolo e la mancanza di tradizioni politiche de– mocratiche. Fu da questo contesto, FACILITAZIONI SPECIALI . . PER GLI ABBONATI a) • All'atto del ,•crsamcnto, l'abbonato potrà richiedere fino a tre libri editi eia « La Nuova Italia» nelle collezioni Documenti della crisi co,itemporanea e Biblioteca Leone Cin:bur1, con lo sconto del 30%. 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Quando, suUascenapoliticamondiale, siamodei parentipoveri, si è presi da una sorta di mistica del sacrificio, e si è disposti ad abbandonare le istituzioni rappresentative attuaÌin favore diunaEuropa nellaquale,di unificato sul serio, c1 sarebbero solo le uniformi. dal bisogno cl.i porre fine ad un'epo– ca storica, che negli uomini migliori, in Italia come in Germania, prese corpo l'idea di una federazione eu– ropea, che rendesse impossibili le guerre, e permettesse di dedicarsi alle opere di pace. Ed un altro era il prin– cipio di questo federalismo: la nozio– ne, chiara o confusa che fosse, che bisognava colpire a morte gli anti– chi gruppi dirigenti e le burocrazie. e che questo poteva essere fatto solo abbattendo le frontiere che essi ave• vano reso baluardi di privilegi e pre• testo di tirannia. Non deve stupire che questo federalismo rivoluzionario trovasse scarsissima udienza nell"opi– nione pubblica: i partiti, quello co– munista come quello democristiano, erano troppo intenti a cercare di im– padronirsi dell"apparato staiate per pensare sul serio ad epurarlo e ~ democratizzarlo; del resto, avrebbero pensato gli Alleati ad impedire ogni effettiva modificazione dei rapporti po– litici tra gli stati. Ora, a qualche anno di distanza, la scena è completamente cambiata. Molti di quelli che allora erano fede ralisti, sono dubbiosi, o apertamente ostili, a certe forme di associazione tra gli stati. Mentre sono i conserva– tori che spingono avanti. Gli avvenimenti di Praga del ·1948, il blocco di Berlino, la progressiva rottura delle relazioni tra le due Ger– manie, furono i moventi esteriori di questa nuova -politica: bisognava di– fendere l'Europa (meglio: la parte di Europa ad ovest del sipario di ferro) dalla pressione russa e dalla minaccia di insurrezioni comuniste. Oggi, ad alcuni anni di distanza, quelle preoccupazioni ci sembrano me– no giustificate; ma non di questo vo– gliamo ora parlare. Questa esigenza di di(esa era apertamente appoggia– ta dall'Inghilterra e dagli Stati Uni– ti, che la consideravano come u..11 aspetto della loro politica mondiale: avevano smobilitato gli eserciti, la si• t~azione in Asia cominciava a dive– nire preoccupante: era utile che gli Stati europei pensassero alla loro di– fesa, ed insieme fossero garantiti da una improvvisa aggressione. Nacque cosl il Patto Atlantico: che aveva un aspetto positivo, in quanto poteva ri– portare la tranquillità· in ampi setto• ri della popolazione; ed un aspetto negativo, perché lo stabilimento <li basi militari americane in Italia, in Francia, in Inghilterra poteva far sor– gere timori e distruggere a lungo an– dare gli stessi immediati effetti posi– tivi. Sappiamo che praticamente av– venne così; e che i fatti di Corea fe– cero ancora precipitare la situazione. Si 0 dichiarò indispensabile il riarmll tedesco: si arrivò alla C.E.D. La rinascita del nazionalismo Che cosa rappresenta la Comunità Difensiva Europea nella storia del la coscienza civile e politica del do- poguerra? Non si può dare una rispo– sta univoca, che valga per tutta l'Eu– ropa: limitiamoci all'Italia. L'esigen– za di potenziare l'esercito ha porta– to - e sembra un paradosso, trattan– dosi di un esercito che dovrebbe di– ventare europeo - alla rinascita del nazionalismo. Basta guardare le co-. perline dei settimanali illustrati o i documentari della Se11ima11alllcom: carri armati, aerei, sfilate, ecc. Si l constatato che era molto più sem– plice fare imparare l'inglese a qual– che centinaio di ufficiali che convin• cere i cittadini della necessità della C.E.D.; e che era più facile unificare le divise che le coscienze. Si è rico– struito il mito dell'onore militare - e le prime vittime ne sono state i com– battenti antifascisti, che si erano bat• tuti non per un onore militare astrat– to, quello comandato con la cartoli– na precetto, ma da volontari, per la libertà del popolo. E in questa atmo– sfera di restaurazione si inquadrano le dimostrazioni di piazza per Triest~ e gli spiegamenti militari alla frun• tiera orientale. I teorici astratti del– l'esercito europeo non avevano ce1ta• mente previ~') questo. Ma è acca• duto, e vale come campanello d"al– larme. E, fatto ancora più grave, si è– tornato a pensare in termini di poli– tica estera. A chi parla di riforme sociali, si risponde con la « continui– tà della politica estera »; continui1:i che, cosl come è intesa dalle nostre classi dirigenti, significa interruzione delle riforme timidamente iniziate e dello sviluppo della coscienza civile. Gli esperimenti delle crisi di gomn<' succedute al 7 giugno sono as;ai in– dicativi: si pronunziano a prio,-i esclusioni di partiti - e linanco di uomini dello stesso partito di mag– gioranza - solo perché li si conn– sce non diremo come avversari, ma come tiepidi sostenitori o non entu• siasti giudici della politica estera di De Gasperi. Ci si rifiuta di discutere di programmt economici : ma non per– ché si voglia spostare· il peso della discussione sulla politica estera: questa è qualche cosa di sacro : la si accetta, ed anche Lauro diventa un democra• tico; la si respinge, e si diventa nemici con i quali nessun dialogo è più pos• sibile. Si ritorna allo spirito delle « radiose giornate» del maggio 1915, ed alla psicologia « antirinunciata· ria,. del 1918-22. La C.E.D., come è costruita e come è presentata, rap· presenta il capolavoro di questa men talità. In molti regimi monarchici, ia po– litica estera e quella militare eranc prerogative del sovra~o, anche in pie no regime costituzionale; le monar chie sono cadute: e vogliamo ora fare della politica estera e di quella mi– litare la bandita di caccia di pochi « specialisti », assistiti da assemblee che faranno solo discorsi? Non pre– tendiamo, evidentemente, che un par– lamento controlli uno stato moderno con la stessa minuziosa attenzione con la quale un consiglio comunale con• trolla l'operato dell'amministrazt0ne: ma tra questo, e riservare al parla– mento la sola funzione di approvare o respingere i bilanci militari - ed è facile prevedere a quali int:,nida– zioni e pressioni si farebbe riwrso contro i dubbiosi - c'è uno spazio troppo largo, che non ci sentiaino di attraversare. Non vogliamo che la ci– viltà venga dichiarata in periculll ad ogni esame di bilancio: la nostra vita politica diventerebbe meno seria di quello che è attualmente; che è tutto dire. Le forze della conservazione i politici come i burocrati - .;i sen– tono abbastanza bene in sella per prencfere la direzione della politica federalista: se ci sono dei giovani « entusiasti » li si manda, in pulmann, a bruciare qualche innocuo palo di frontiera, naturalmente col bentvolo permesso delle « autorità »; se ci sono dei tecnici, li si ficca in quakuno degli innumerevoli organi « euro– pei »; se ci sono degli avversari, li si qualifica di comunisti o di fascisti, e tutto è sistemato. Si tira a mettere il paese di fronte al fatto compiuto: per avere poi un'altra buona ragione per escludere ogni possibilità di dia– logo con le forze di sinistra, ostili a questa politica. Non si fa ncs,uno sforzo per popolarizzare la C.H.D.; si ritiene sufficiente ottenere la ldtifica del parlamento; allora il più sarà fatto. I pericoli della C.E.D. Ora, bisogna dire che la C.E.D. reca con sé non solo la minaccia del perpetuarsi della tensione internazio– nale - in una recente intervista il cancelliere /1.denauer ha esplicitamen– te dichjarato di pensare che l'Unione Sovietica muterà la sua politiCJ solo se cosq-etta da necessità imperi<'se di ordine interno (cfr. Doc11111e11/J, nu• mero 12, 1953, pag. 1134), e il se– gretario di stato Dulles ha detto chia– ramente quello che Adenauer aveva solo fatto capire - ma anche di una frattura interna difficilmente sa• nabile. Perché all'Occide111e i demo– cratici non comunisti, in Italia e fuo– ri, cominciano a credere sempre me– no. Ora che nell"Unione Sovietrca si vede !"accenno di una nuova politica, non bisogna fare il viso del1'armi; non pensiamo che convenga smontare le istallazioni difensive esistenti (an– che se saremmo grati all'Ammiraglio Fechteler se levasse le bombe ato• miche dalle navi da guerra che sono di base a Napoli), ma non è nean– che il caso di mettere in piedi una impalcatura militare eccessiva. Biso• gna mettere in chiaro che non ci in– teressa aggravare la situazione interna dell'Unione Sovietica, imponendole una scelta tra l'aumento degli arma– menti e !"aumento del benessere: tut• to questo potrà interessare qualche teologo, tonsurato o no, che passa suoi giorni a dimostrare che ,I comunismo è « intrinsecamente per verso » e che bisogna affrettarne la crisi. E non abbiamo usato a c-,~o la parola «teologo»; già nel 1950, sul– la Vie il1tellee111elle, Josepb Hours aveva denunciato quel generico ed ir• razionale finalismo che stava aila ba– se delle tesi di molti « europeisti ». Ed il discorso diventa sempre piu at• tuale. Per dei parenti poveri, quali noi siamo sulla scena della politica mondiale, il cercare di agitarsi, d1 « fa. re», non può essere sostenuto in ter• mini politici ed allora si è presi da una sorta di mistica del sacrifi– cio, e si è disposi! ad abbandonare le istituzioni rappresentative attuali, che bene o male rappresentano qualche cosa, in favore di una Europa ntlla quale di unificato sul serio ci sa1'b bero solo le uniformi. Non crediamo di avere troppo cal– cato le tinte con questa descrizione E proprio per questo ritorno di mo– tivi irrazionalistici, che sono lo stru mento più utile nelle mani di coloro che vogliono ritoglierci la libertà, bi– sogna non già venire a patti all'in– terno del sistema - questa politica è stata fatta dalla Francia negli ulti– mi tre anni, ed è riuscita soio a rinviare la decisione -, ma rompere col sistema stesso. Ci saranno certamente delle riper– cussioni, ed anche gravi; ma sarà questa l'occasione per distinguere tra coloro che vogliono veramente uni,e i popoli europei e coloro che vorreb– bero far risorgere una sorta di stato ab.sburgico - è sintomatico che da molte parti si sentono fare delle lun– ghe lagne sulla funzione dcli' impero absburgico in Europa, sul vuoto che ha lasciato, ecc. - nel quale sareb– bero unificate le burocrazie, i ccrp · d·armata e le grandi industrie, ma nel quale i popoli sarebbero più divisi che mai. Proprio alla (dl.D. spetta il bel merito di aver fatto rinascere ir, Francia il sentimento antitedesco con punte mai raggiunte dopo il '46, e di aver ricreato in Germania sottc forme nuove, il mito del popolo sane in mezzo a popoli ammalati. Si sarà accusati di « disfare il già fatto »; e questo è vero. Il « già fat– to » significa la negazione dell'Europa, che noi amiamo e per la quale siamo disposti a batterci, sostituendola con un mito grossolano nel quale sono me• scolati in parti uguali il disprezzo per i popoli slavi e il servilismo nei confronti degli americani. Non siamo superiori a nessuno, e riconosciamo anzi tutte le nostre deficienze: ma sappiamo anche che la libertà non è una statua alla quale si brucia l'in– censo, ma una cosa che si vive tutti i giorni. E che non è lecito rinunzia– re oggi ad una particella di essa, mettere in pericolo quella degli altri, coartare le strutture democratiche che si vanno lentamente formando, senza distruggere le ragioni stesse di que– sta nostra azione. Dicendo no alla C.E.D. permettere• mo ancora una volta ai sinceri de– mocratici di tutta Europa di con– tarsi. E non siamo poi tanto pochi: nella S.F.1.0. la opposizione sta pren– dendo corpo, le Je11neue1 10riali11,s francesi hanno già dato una risposta negativa, persino i gruppi di sindaca• listi di ispirazione cattolica « Ruon• 1tr11ctio11 » invitano i militanti ad una azione comune - da tenersi ben di, stinta da quella dei comunisti -– contro la C.E.D. .Il noto l'atteggia– mento del partito socialdemocratico te– desco, e di altri gruppi di tutti i paesi europei. In queste forze, che si oppongono ad essere inglobate nei due blocchi, sta veramente l'Europa. ClliWle Clii

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