Nuova Repubblica - anno II - n. 3 - 5 febbraio 1954

L. 35 Spedizione in abbonamento postale (Gruppo II) A pag. 3 . .. INCHIESTE DEMOGRAFICHE - .... .. Anno II - N. 3 (27) QUINDICINALE POLITICO CLAUDIO CESA: No alla C.E.D. (pag. 2) - GUIDO TASSlKARI: I figli del sabato; Un parroco scontento (pag. 3) - DIEGO VALER I: Nessuna parata a Bressanone (pag. 4) LUIGI REPOSSI: 11 criterio della competenza nelle commissioni interne (pag. 5) • PIETRO BIANCONI: Unità sindacale alla base (pa~. 6) - CARLO PJNClN: Il libera– lismo del «Corriere» (pag. 6) - PINO TACLIAZUCCHI: Fame e leggi di mercato (pag. 7). RASSEGNE: Italia, oggi: Responsabilità di Saragat (pag. 4) • Cose di Francia: UN'OCCASIONE PERDUTA I I 7 giugno fu una villoria de– rnocratica 1nu non fu una villoria della sinistra: i rap– porti parla1ncnturi che ne uscirono facevuno prevedere, u breve o lun– ga scudenzu, una soluzione di de– stra, se nulla si fosse modificato nel fratten1po nell'orientan1ento po– litico della D.C. e del P.S.I.: per la D.C., nel senso di operare una sceha essenziale nel suo seno stesso, e riconoscere in un 'a111pia aperlura socia1c, in una politica ri– for1natrice la sua prospettiva avve– nire; per il P.S.l., nel senso di assumere la propria responsabilità di « partito dei po,.cri » nella dc- 1nocruzia, inuncttcndo nel vi"o di essa quelle forze, che le condi– zioni econo1nichc e la n1is!.ica co- 1nunista ne tengono fuori. La qua~ lificazione di sinistre, della D.C., l'altemativa socialista del P.S.I. erano le due operazioni, anzi le due evoluzioni, dal cui incontro si poteva sperare di sbarrar la strada alle soluzioni di destra. Crollati i i;ubin<'lli De Ga•r>c•i e Piccioni, l'esperirucnto Peli.a (esperimento tipico di destra, an– che se carnutTato di cortese p~;ter– nalismo) ebbe tuttavia il merito di lasciar tempo al tmnpo, di consen– tire un CCl'to nu1rgine necessario per la presa cli coscienza della nuova situazione dn (JtH"tedei grup– pi politici. Lu sua caduta, provocata dalla D.C., non potm•a essere in– terpl'elatu se non in un senso, che era venuta, per il nuaggior par– tito cli centro, l'ora della scelta. Quale scelta? Poiché la D.C. non può più presumere cli far da sola il buono e il cattivo tempo, la scelta non poteva essere che quella fondamentale dianzi spe– cificata: o indirizzo di riforn1a, di apertura sociale, di dialogo aper– to con le sinistre; o indirizzo di conservazione, di rafforzan1onto dei privilegi econo1nici e naziona• listici. Però, n1entre queslo secon– do indirizzo poteva contare su una n1aggioranza precostituita (i 1nonurchici, anche a rischio di una crisi interna della D.C.), il secon– do richiedeva certo maggiore ardi– mento, maggiore fantasia, e se ,•oglia1no un tanto di tc111crarietù, dutu la posizione persistentemente equivoca del partito di Nenni. Ora, noi pensiamo che la scel– ta di Fanfani significasse, da parte della D.C., •la volontà di acco– gliere il secondo indirizzo; e non si può disconoscere che da parte di Nenni questa sceltu venisse sa– lutata con una certa insolita aper– tura, con un credito, con dna aspettativa. Era con"eniente, in tale situazione, auspicare la ca– duta cli Fanfani? Cerio gli er– rori 1naggiori sono stati co1nmessi proprio eia lui: e non tanto nella for1nazione del ministero (che era, co1ne nuluralc, frutto di un com– pro1nesso interno, 1nu non peggio– re di nitri che giia sono venuti o ve.rranno), e neppure nella di– chiarazione progrnn1n1atica' ( che nonostante 1noltu dcnu1g:ogia e pa– tcrnalis1no e corporativis1no, con– teneva tuttavia delle cose serie, e una volontà effettiva di rea1izzare uno sforzo d'intervento statale, per lo meno sul piano ediUzio e fi– scale), quanto nella incredibile presunzione di ,•arare un gabinet– to pro~ran11naticamcnte orienta- to a s1111stra n1ettendo in parten– za fuori causa i partiti rappresen– tanti quelle grandi masse lavora– trici a coi il 11rogru1n1na rifor111i– sta intendeva ri"olgersi. Si rende– va cosi impossibile di saggiare la consistenza dell'apertura del P.S.I., poiché non si vede che cosa n vreb– be dovuto rispondere Nenni al vio– lento allacco sferrato contro il suo partito proprio dall'on. Fanfani. E i socialdemocratici? on ab– bia1110 difficoltà u riconoscere che essi occupano il settore più delica– to e più clifficilc dello schieramen– to. Ma non possiamo per questo tacere la nostra critica. Forse an– che l'on. Fanfani si sarebbe com– portato in n1odo diverso, se fin da principio Saragat avesse subor– dinato il suo appoggio immediato ad una condizione sola, la rottura cli ogni intesa coi 1no11urchici. Met– tendo uvunti in 111odo uhi111alÌYO anche la condizione della pro– porzionale, il P.S.D.T. ha fatto un errore di tattica: se Fanfani fosse passato, dopo un chiarin1en– to netto e inequivocabile verso i monarchici, le chiavi del Gabinetlo sarebbel'O infatti rimaste non in mano di Fanfani, 1na in 1110110 di Saragat. Allora e non prima si sa– rebbe do,•uto imporre il tema del– la proporzionale, corne qualsiasi altro tema che stesse gtustan1en te a cuore al P.S.D.I. Questo partito avrebbe uvuto così l'occasione uni– ca di legare il governo nl suo indi– rizzo, senza assun1ersenc diretta– mente da responsabilità. Questa era la politica da seguire. Che significa ora la ricostitu– zione del c1uadripartito, con1e uni– ca ahcrn:itiva possibile ad un ac– corcio D.C.-P.N.M.? Significa che Saragat, avendo contribuito a bru– ciare la terza alternativa (una politica riformista fatta dal cen– tro e dalla sinistra cattolica, senza corresponsabilità del P.S.D.I. ma sotto il suo assillante pungolo e determinante controllo), è costret– to ad accettare In prim.J, per non cadere nella seconda: pericolosa, evidentemente, più di ogni altra. Ma la partecipazione al governo (anche se le condizioni dal quadri– partito non sono più le stesse del 18 aprile), è per il P.S.D.I. un ri– schio mortale: sia perché può significare la l'Ottura di quell'ini– ziale dialogo fra socialisti e demo– cratici che pareva aperto, sia per• ché esso non ha né uomini né strutlul'e cupuci di reggere vitto– riosamente allo sforzo, contro la D.C. non soltantÒ, ma anche con– tro libe'rali e repubblicani (che il P.S.D.I. vorrebbe relegare in se– cond'ordin~). Non possiamo in queste condizioni non esprhnere le più a1npie riserve verso un · tentativo che farebbe ricadere sul- le fragili spalle socialdemocratiche la responsabilità della direzione economica del paese (le cui leve fondnn1entuli resterebbero in n1a– no alle destre e alla D.C.), senza neanche ottc;1ere con1e contro• partita la libernzione dello Stato dalla pressione confessionale (al quale scopo servirebbero l'Inter– no, In Pubblica Istruzione e la Giustizia, che il P.S.D.l. si guarda bene dal richiedere). E poi, non pensa l'on. Saragnt che in queste condizioni l'Ìprcn– dcranno il sopravvento nel suo par– tito coloro (e sono n1ohi e sono for- Jfr' ti) che dalla parte- cipazione al gover- , no si allendono fol- tanto favori e pl'e- bende? SOMMARIO Fine dei preti-operai (pag. 4) - 15 giorni nel mondo: Due posizioni a Berlino (pag. 5) - Il Muro, d.i Pie (pag. :.. 1 - Oruppi al lavoro {pag. 6) - Re/ttnnd,w, sulla scuola italiana (pag. 6) • Pagine di cultura contemporanea: La dclinquen,.a coSLituzionale delle società moderne, di SAVF.JUO M&RL1:-.o (pag. 7) - Plausi e bolle (pag. 8) - Libri e problemi: A Mosca al tempo di Lenin, di AHrcd Rosmcr (PIERO ZEROOGLIO) (pag. 8). PROSPETTIVE OSCURE IN AMERICA CRISI ECONOMICA e • intervento federale NEW YORK, gennaio P ubblico e goven:10, produt– tori e consumatori, agricol– tori, industriai i operai e ma– dri di famiglia - tutti i cittadini - si preoccupano, in maniera forse esagerata, della situazione econo– mica degli Stati Uniti. Non è tan– to il presente che dà pensiero : le fabbriche sono attive, il pubblico spende, alcuni prezzi - con ge– nerale soddisfazione - sono an– dati giù, lo Stato incassa, l'econo– mia nazionale continua ad espan– dersi ad u:i ritmo c.i,_-"è cin.a il doppio di quello dell'aumento del– la popolazione (così che il tenore di vita segna punte sempre più ele– vate). Le precauzioni (in gran par– te risultato di esperienze passatej riguardano l'avvenire. Le organiz– zazioni operaie hanno fatto rileva– re l'aumento (per circa il 50% in pochi mesi) della disoccupazione che ha raggiunto la cifra di circ.1 2 milioni (il doppio cioè di quel « minimo irreducibile » costituito da gente che non può o non vuole lavorare o che sta trasferendosi da un'occupazione all'altra). Il mon– do degli affari (che rappresenta, occorre ricordarlo, una percentuale ben più elevata della popolazione attiva americana che non in qual– siasi economia europea) mette in rilievo il fatto che la merce non venduta si accumula nei ml!,gazzi– ni e che se la situazione non mi– gliora, sarà necessario procedere verso maggio o giugno, a nume– rosi licenziamenti. Gli esperti scrivono, pronuncia– no discorsi e fanno. proposte che si riassumono in tre punti princi– pali, a seconda degli interessi che rappresentano : riduzione delle tas– se, aumento dei salari, spese fede– rali. Per i non esperti, la situazio– ne è abbastanza semplice e si rias– sume in un problema non facile a risolversi : vi è un divario 'fra produzione e consumo. Il sistema. produttivo ha raggiunto un suo equilibrio che può essere ritenuto soddisfacente dalla massa dei cit– tadini: la ruota dell'economia gi– ra a buona velocità, la quasi tota- ,Jità (il 97%) della popolazione attiva lavora, salari e stipendi sono elevati, i profitti sono sufficienti a stimolare risparmi ed investimenti, senza sforzo, l'economia dà il suo contributo ai poteri pubblici che assorbono (e ridistribuiscono) il 22% del reddito nazionale, pen– sioni ed assicurazioni hanno miti– gato notevolmente il senso d 0 in– certezza. Ma il potere di acquisto dei consumatori (cioè dei produt– tori stessi e delle loro famiglie) è dal 10 al 12% inferiore a quello necessario per mantenere il pieno rendimento del sistema produttivo: manca ancora all'economia, ameri– cana, come è mancato nel passato alle economie europee, l'equilibrio sognato dai profeti del liberismo integrale. (Il pubblico ha difficoltà a ritrovarsi fra quegli esperti, che dicono che c'è troppo liberismo, e gli altri che dicono che non ve ne è abbastanza). Se l'equilibrio manca, cosa fare? Il pubblico è convinto che le solu– zioni dirigiste che hanno fatto fortuna in Europa, sono da evita– re, che un mercato il più possibile libero - malgrado i suoi numerosi difetti - finisce con l'assicurare un maggiore benessere alle masse di quanto non possono fare il col. lettivismo dell'Europa orientale o il neo-mercantilismo dell'Europa occidentale. Se si aumentano sa– lari e stipendi (come vorrebbero le organizzazioni sindacali) si aumen– tano pure i costi di produzione, i prezzi vanno su e la domanda diminuisce (succederebbe anche peggio se aumentassero i profitti). Nel passato era stato tentato di diminuire la produzione, ma cosl pure diminuiscono i redditi sia del lavoro che der capitale e la domanda va giù. E se si abbassano i prezzi, non è più possibile man– tenere al livello attuale i redditi del lavoro e del capitale. Per colmare il divario non resta che il metodo classico applicate, da Roosevelt e da Truman: spese fe– derali. A questo proposito è in– teressante constatare che la politi– ca economica proposta dal Presi– dente al Congresso ed alla sua maggioranza Repubblicana non dif– ferisce essenzialmente da quella dei suoi predecessori Democratici. Parafrasando una celebre frase pro– nunciata da Roosevelt più di venti anni fa, Eisenhower ha dichiarato che la paura è l'unica cosa di cui si debba aver paura. Nel suo di– scorso sulla politica che intende sottoporre all'approvazione del Congresso nel '54, ha formulato una serie .di proposte il cui scopo è di far fronte alla crisi, se crisi vi sart Ha proposto di mantenere praticamente al livello attuale i sussidi pagati agli agricoltori con lo scopo di coprire la differenza tra i prezzi sul mercato e quelli che sono necessari per assicurare alle popolazioni rurali un adegua– to tenore di vita. Ha proposto di estendere ad altri 1 O milioni è mezzo di cittadini le misure di pre– videnza sociale oggi in atto e di aumentare le pensioni. Ha sug– ,gerito di agevolare l'apertura del credito, sia per i produttori che per i consumatori. Ai programmi di lavori pubblici attualmente in corso altri verranno aggiunti, ri– guardanti la sistemazione delle ri– sorse idriche, le bonifiche, gli al– loggi a buon mercato, l'espansione ed il miglioramento della rete stra– dale, ecc. Il Presidente ha parlato anche di ~iduzione, di tasse; i~ questo campo pero poco verra fatto, in quanto se alcune imposte vengono diminuite, altre saranno aumeptate; tra personale civile e militare, un decimo e più della popolazione attiva riceve il suo reddito direttamente dallo Stato: diminuire le entrate significhereb– be semplicemente licenziare del personale che non potrebbe essere assorbito dall'economia privata. Due constatazioni s'impongono. In primo luogo, non sembra che l'economia privata americana sia in grado, oggi più di venti anni fa, di mantenere spontaneamente un equilibrio tra produzione e con– sumo tale da impedire il ricorrere di crisi economiche. (Molti Ame– ricani sperano che l'equilibrio pos– sa essere stabilito più tardi, quan– do lo sviluppo della tecnica indu– striale permetterà di ridurre i costi di produzione senza diminuire il reddito sia del lavoro che del ca– pitale). In secondo luogo, il go– verno federale non ha nessuna in– tenzione di stare a guardare men– tre le forze che agiscono in seno all'economia determinano una si– tuazione di crisi; ai Repubblicani è stato proposto, con lievi varianti soltanto, di continuare ad appli– care le misure già introdotte dai Democratici; se i Repubblicani ac– cettano, è J:>robabile che la « re– cession » di cui oggi si parla non diventerà una crisi vera e propria. ~IAX SALVADOltl

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