Nuova Repubblica - anno II - n. 1 - 5 gennaio 1954

NUOVA REPUBBLICA 9 ---------------------- PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA IV.Capitalismo ed anti– capitalismo ueJ quadro democratico << Allora, ci sarà o non ci sarà un 'al– tra crisi americana? » potrà chiedere a questo punto l'impaziente lettore. RIESAME D LMARXIS La risposta dipende in parte da fat– tori non economici. Dobbiamo giudi– care da noi quale sia l'equilibrio delle forze politic\ie effettivamente operanti nell'America d·oggi - non solo nel ,governo, ma nei grandi affari, nei sindacati, fra i coltivatori - forze agenti l'una sull'altra nel clima men– tale attuale del paese: timore del ra– dicalismo all'interno e della Russia all'estero, desiderio di aiutare gli al– tri paesi occidentali contro l'Unione Sovietica, desiderio di mantenere le conquiste del « New Deal » o di di– struggerle, e via dicendo. Ci sono am– pi « imponderabili ». La visione che i comunisti hanno della situazione contemporanea è, co– me sempre, chiara, fiduciosa, definita, ed errata. Per un comunista non e' è la minima difficoltà a rispondere alla domanda se ci sarà o meno un'altra depressione americana. Egli può anche esser disposto ad ammettere che in teo– ria un « new-clealismo » sufficientemen– te drastico sarebbe in grado di man– tenere in equilibrio il « capitalismo monopolistico di Stato». Ma è con– vinto che le forze sociali portate in cima all'onda da un'economia simile saranno politicamente incapaci di at– tuare le necessarie misure contro-capi– talistiche ed egualitarie. Pertanto, il comunista riafferma la sua convinzio– ne che l'arretramento, la depressione, la crisi, il ristagno, e la ricerca ag– 'gressiva di mercati stranieri sono as– solutamente inevitabili, non tanto, for- ---ser pe«hé-in teoria non ci sia per i capitalisti altra via d'uscita, ma per– ché la mentalità di coloro che con– trollano inevitabilmente le vere leve del potere è refrattaria in pratica a qualsiasi altra soluzione. Stalill, nelle sue ultime enunciazio– ni teoriche (Problemi ero11omici del Jocù,li,mo 11el/' URSS), ribadisce questo dogma nella sua forma più rigida. Eppure, gli ~vvenimenti degli ultimi vent'anni non possono non indurre a riflettere che in realtà la risposta è assai più dubbia, e può variare da tempo a tempo e da paese a paese in misura assai più ampia di quanto i comunisti vogliano ammettere. fu na– turalmente per aver tenuto conto di FACILITAZIONI SPECIALI PER GLI ABBONATI a) • All'atto del versamento, l'abbonato J>otrà richiede,·e fino a tre libri cdit1 eia « La Nuova Italia» nelle collezioni Dowme,iti della crisi urntemporanea. e Biblioteca Leone Giri::burg, con lo sconto del 30%. Inoltre, dul'a-ntc Panno avrà diritto allo sconto del 10%, porto e im– ballo gratis, su qualsiasi pubblica– zione della stessa Casa. b) - A coloro che procureranno almeno 5 ,iuoui abbonati, l' Amministrazionr farà pervenire gm1uitame1He tm volume sceho tra i seguenti: BARKi!.R: L'impero britannico Det.LF. P1ANE: Il C.L.N. HEALF.V: La cortina cade e) • A coloro che procureranno almeno 10 111wvi abbona-ti, l' Amministrazio– ne farà pel'venire gratuitamrnte un volume sceho tra i seguenti: DE Bos1s: Storia della mia mol'te L1PPEk: Undici anni nelle prigioni e nei cam1>i cli concentra– mento soviccici Pl'.NNATI: L'etica e il marxismo R u Fl'tNJ : I diritti di libertà opp"re potrà mellere a disposizione l' IJO abboname,110 graluilo. •• ABBO:\'AMENTI. DONO Ogn11110 può versare all 1 r\mmi11istra- 1ione l'imporlo di abbonamenti da de– stinare a nominativi scelti da lui stesso o. se in bianco, dalla dire1.ione del giornale. questi avvenimenti che il professor Var– ga cadde in disgrazia. Alla fine della guerra, egli aveva visto, e detto, che il carattere del capitalismo in questa sua fase, la fase finale, stava mutan– do; che l'equilibrio delle forze so– ciali nelle maggiori società capitali• stiche, quali l'America e l'Inghilterra, era stato modificato dalla seconda guer– ra mondiale, e che l'andamento della loro econ~mia non avrebbe seguito necessariamente le vie previste fino al– lora. Per queste opinioni, Varga fu mandato a spasso, ma. gli elementi da lui addotti non poterono essere eli– minati. Sei anni dopo, quegli elementi sono molto rafforzati. Essi inducono alla con– clusione che i comunisti d'oggi hanno ampiamente frainteso la vera natura della fase attuale, e senza dubbio cul– minante, del capitalismo. E ciò, non perché essi non si siano accorti dello sviluppo di questa nuova fase: i marxisti, al contrario, furono i primi a rilevarne la caratteristica fondamen– tale, e cioè l'integrazione delle unità economiche produttive in misura tale da modificare fortemente le leggi del– la concorrenza. Hilferding ha usato per essa il termi– ne di « capitalismo finanziario». Le– nin quello di « imperialismo o capita– li,mo monopolistico di Stato». Luxen– burg l"ha studiata, Bukharin l'ha ana– lizzata. Ma quel che nessuno di co– storo previde, fu che il capitalismo, in questa fase, potesse svilupparsi in un certo modo in un ambiente demo• cratico, in Cui il potere degli oligopo– listi fosse in maggiore o minor gra• do bilanciato dalle forze contro-capita– listiche, operanti attraverso i sinda– cati e il potere di controllo di uno Sta– to democratico; e in modo affatto di– verso i"n un ambiente politico a·utori– tario, in cui non "ci fossero queste for– ze controbilancianti. In altre parole, i marxisti previdero la nuova fase del capitalismo, ma solo nella slla for111t1 eJSenzialmente tedeua, antide111ocmti– ct1, e, infine, /t11cista. Fu per essi po• stulato indiscutibile che questa nuova · fase del capitalismo fosse legata al– lo schiacciamento di tutte le forze pro– letarie e democratiche anticapitalistiche. In questo quadro politico, era effetti– vamente impossibile immaginare l'.he la nuova f~se capitalistica permettesse al consumo delle masse di aumentare in misura sufficiente per evitare il collasso - o meglio, come sempre indicavano i marxisti, per evitare l'in– trapresa di immensi preparativi bellici che avrebbero portato alla guerra in cerca di nuovi sbocchi all"estero. Ma ìn Gran Bretagna e in America, contrariamente all'esperienza tedesca, la nuova fase oligopolistica si è svi– luppata in un quadro politico demo– cratico. Lungi dall'esser state fatal– mente indebolite da tale sviluppo, le forze sindacali e democratiche contro– capitalistiche si sono consolidate. La loro forza è maggiore in Inghilterra che in America; ma nonostante la detestabile ondata d'isterismo che og– gi imperversa in quest'ultima, esse SO· no, anche in America, più salde che in qualsiasi periodo precedente. Dire che l'America ha cessato di essere una democrazia perché ha eletto un presi– dente repubblicano e una (molto ri– stretta) maggioranza repubblicana al Congresso, ignifica sbattere la porta in faccia alla realtà. L'intolleranza al- lioteca G no anca l"interno e il fanatismo all'estero, odio– se ·caratteristiche dell'America d'oggi, non sono affatto incompatibili con la democrazia; le democrazie hanno ma· nifestato spesso, disgraziatamente, sin– tomi analoghi. No, il fondamentale raf– forzamento delle forze contro-capitali– stiche americane, mediante la costitu– zione dei grandi sindacati operai e la protezione legale accordata ai coltiva• tori, è ormai un aspetto acquisito del sistema americano, che l'amministra• zione repubblicana attaccherà solo a suo rischio e pericolo. La conclusione principale di questi articoli può dunque esser riassunta nei termini seguenti. Quel che è fondamen– talmente lo stesso errore di giudizio politico che ha dato origine alla famosa teoria dell'impoverimento progressivo (cioè la sottovalutazione del potere eco– nomico delle forze democratiche agen– ti da contrappeso), ha indotto i comu– nisti odierni a vedere solo una forma dell'ultima fase del capitalismo, ossia quella fascista. Ma noi sappiamo or– mai che esiste, come alternativa, una forma democratica. In essa le forze equilibratrici dei sindacati e degli elet– tori hanno un potere economico mag– giore, e non minore, di quello mai avuto in passato. Recentemente queste forze sono riuscite ad elevare le entra– te reali delle masse popolari almeno proporzionalmente all'aumento della produttività, sventando così la fatale sequenza di crisi, ristagno, aggres– sione. Ma questa (ormai dimostrata) pos– sibilità che il « capitalismo monopoli– stico di Stato » sorga in un ambiente democratico, ci garantisce che le ne– cessarie pressioni e misure contro-capi– talistiche per evitare il ripetersi cli quella sequenza saranno effettivamente applicate, oltre ad esser pote11zial111e11- te applicabili? Per nulla affatto. li massimo che si può dire, è che essa rende pouibile la loro applicazione. Ancora una volta, tutti i postulati di « inevitabilità », in un senso e nel– l'altro, appaiono espressione più di desideri che di ragionamenti. Ogni caso concreto dev'essere giudicato in base ai suoi propri elementi. Se il lettore è stato indotto ad ac– cettare in qualche misura le conclusio– ni generali di questi articoli, egli si troverà in posizione migliore di prima per formulare le proprie valutazioni e previsioni; alla teoria non si dovreb• be chiedere più di questo. Resta sol– tanto che io esponga molto brevemen– te le mie conclusioni, per quello che valgono. A mio modo di vedere, il rapporto delle forze sociali ha subìto in Inghil– terra uno spostamento tale, da far ap– parire quasi certo che in futuro qual– siasi governo farà ogni sforzo per man– tenere l'equilibrio economico. La ri– comparsa di sintomi evidenti di crisi o di ristagno sarebbe così rovinosa per un governo democratico britanni– co, le prospettive di tentativi d'aggres– sione espansionistica sono così scarse, e la possibilità che i capitalisti si li– berino del la democrazia è così remota, che i governi britannici si arrampiche– ranno sugli specchi pur di « mantene• re il pieno impiego». Disgraziatamente, però, l'Inghilterra non è a questo riguardo il fattore de– cisivo. S da quel che succede in Ame– rica che dipenderà il carattere, e quin- di il destino, dell' « oligopolio in re– gime di democrazia politica». E l'equi– librio delle forze sociali è qui assai più difficile da raggiungere. Non si darà il caso che i consigli dei Galbraith e degli altri professori e intellettuali, che senza dubbio sanno benissimo quel che occorre per salvare il sistema, ven– gano gettati in un canto, come chiac– chiere degli « occhialuti » oggi in tan– ·to discredito? E l'uomo semplice, che significa, in questo caso, il semplice milionario, non si avvierà se?nplicemen– te alla distruzione? li vero ostacolo a questo suo av– viamento, ripeto, è costituito non dai consigli degli « occhialuti », ma dal potere industriale dei sindacati e dal potere politico dei coltivatori. Ci vor– rà molta intrepidezza per sfidare aper– tamente questo potere. E tuttavia la nuova amministrazione deve fare q11al– cost1. Si affaccia, sinistramente, la pos– sibilità che il complesso sistema di spinte e controspinte delle forze so– ciali dell'America contemporanea tro– vi il suo sbocco classico in una ten– denza all'espansione militare all'estero, sotto una forma o l'altra. Può darsi che si scopra che la sola forma rispet– tabile d'azione anti-crisi è Ja crociata anticomunista. Noi possiamo fare sol– tanto tutto ciò che è in nostro potere - e qualcosa è in nostro potere - per rafforzare sia politicamente che eco– nomicamente le forze democratiche equi– libratrici. La lezione per la politica economi– ca britannica è chiara. La sola con– clusione che si può trarre con sicu– rezza dal la situazione politico-econo– mica americana è Ja seguente. L'ulti– ma cosa che ci possiamo aspettare dall'America è una completa stabilità economica. Ognuno può fare le sue congetture sull"assetto · finale d_elle for– ze sociali; ma quel che appare più o meno indubbio è che questa mastodon– tica .economia si agiterà ancora per un pezzo, prima che si possa sperare che essa trovi uno stabile equilibrio. Nel che, del resto, non c'è nulla di fatale per l'America: il paese se lo_ può permettere. Ma I' lnghilte,·,·"? Le conseguenze economiche che avrebbe per l'Inghil– terra anche il grado più modesto di instabilità economica americana sono estremamente alJarmanti. A giudizio dell'E.C.A., l'esperienza indica che una riduzione del 4 per cento nel consu– mo americano causerebbe probabilmen– te una diminuzione di un terzo nelle esportazioni" dell'area della sterlina al– i'America, Ciò significa che anche una lieve increspatura alla superficie del– l'economia americana può avere per la Gran Bretagna effetti tutt'altro che trascurabili. Anche se noi avremo prov. veduto a isolarci economicamente nella misura del possibile, la scossa sarà forte; ma se saremo divenuti, in effetti, parte dell'economia americana con la convertibilità e con l'ab"1izione dei vincoli sulle importazioni, la nostra nave di media grandezza sarà som– mersa dalla prima ondata di instabi– lità americana. Per queste ragioni, tutte le varietà e varianti della politica capitalistica ortodossa per cercar di ristabilire una economia unificata per il « mondo li– bero», sulla base d'una più o meno completa fusione dell'area della sterli- na con quella del dollaro, sarebbero fa. tali per la Gran Bretagna. Aci esse i laburisti britannici dovrebbero opporsi come a iniziative letteralmente suicide, e avvertire che in caso d·adozione il prossimo governo laburista provvede– rebbe immediatamente a rovesciarle. Ol– tre a tutte le altre obiezioni che ad esse si possono muovere, politiche si– mili presupporrebbero un grado di sta– bilità economica in America, il cui con– seguimtnto è estremamente improba· bile, e che in ver~tà sarebbe ingiusto pretendere da ki. Se invece verrà adot• tata la poliuca, essenzialmente sociali• sta, di mantenere e rafforzare i con– tro!Ji suJle transazioni estere dei citta• dmi, si avrà a1meno la possibilità di mantenere quella slabdnà economica al livello del pieno 1mp1ego che è per noi una necessità. E non e" è ragione di temere che non sia possibile assicurare un tenore di vita decente sulla base di una simile indi– pendenza economica. Molte sciocchez– ze disfattistiche vengono dette, a que· sto proposito, circa i dati fondamenta– li della nostra posizione economica. .E ve~o che i nostri termini di com– mercio non sono favorevoli nella mi– sura incredibile in cui lo erano nè'I terzo decennio cli questo secolo. Ma quanti dei dotti Gèremia cl-te scuotono la testa sulla possibilità dell'indipen– denza economica britannica si renaono conto del fatto elementare che i termini di commercio attuali sono più favÒ• revoli oggi che nel 1914, e assai più che nel 1860? Eppure nessuno, nel 1914 o ntl 1860, si affannava a di– re che J'Jnghilterra non era in gra– do di mantenersi da sola. Certo che possiamo maiitenerci: ma solo se pren• deremo quelle misure per il control– lo del commercio e dei pagamenti este– ri che la nostra mutata situazione nazio– nale rende necessarie. Questi articoli non possono andare al di là della sfera economica. Non possono occuparsi dei corollari po– litici di quelle che sono le mie con– clusioni circa l'indipendenza economi– ca britannica . .8 necessario dire breve– mente, tuttavia, quello che tali corol– lari non sono. L'indipendenza econo– mica è il fondamento dell'indipenden– za politica; ma 11011 del « neutralismo » · politico, quale ad esempio è stato pre– dicato in Francia. I due atteggiamen– ti sono agli antipodi. Il « neutralismo » è una dottrina passiva e disfattistica - proprio l'antitesi dell'indipendenza nazionale. Una salda indipendenza na– zi9nale'" ci permetterà al contrario di collaborare con l'America, ogni volta che ci sembra possibile e giusto farlo, come ad esempio nella difesa comune dell"Europa occidentale, ma anche di collaborare con )a Russia, come ad esempio per quel che riguarda I' espan– sione degli scambi fra Oriente e Oc– cidente, quando tale collaborazione ci sembri a sua volta possibile e giusta. Infine, l'indipendenza ci permetterà, e richiederà, di procedere oltre con la trasformazione socialista del nostro at– tuale « oligopolio funzionante in regi– me di democrazia politica». Quella trasformazione che. abbiamo iniziato, ma solo iniziato, fra il 1945 e il 1950. (Fine) JOH:I' STIi \CIU;\'

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