Nuova Repubblica - anno II - n. 1 - 5 gennaio 1954

10 POSTA DEL DIRETTORE SOCIALIZZARE ILL!'l'IFONDO Egr. Direttore, parliamo del Sud? Ebbe11e parlia– mone, ma facciamolo co11 quella coe– renza morale che noi rivendichiamo e che Jrova il presuppouo polilico 11ei pri11cipi che ùpirano N. R. Diciamo agli ipocrili che il loro Jor– naconto poliJJComal si nasconde 10110 i panni di 1m preteso tecniciuno 111eridio- 11alis1a.Ric01dia1110 loro che studi e in– chie1te 10110 slt1JecondoJJe da 11omi11i di be11 altra lempra e cultura e che rispo11do110 ai no111i di Fra11che1ti-S01111i– no, Abele Damiani, Gi111ti110Fort1111a– to, /acini, ecc.: studi e inchieste che portarono t/. co11c/111io11i ieri e nggi ac– cantonate o vo/111ame11Je ignorate. Ri– chiamiamo alla loro debole memoria che q11e1ti uomini uppero vedere il problema meridionale nella 111a euttta proporzione e come coJa che non ri– guarda so/Ja11Jola Sicilia, la Calabria, la Puglia, ecc. ognuna preJa in sé, ma llltta la nazione poiché è 1111 problema che .ri risolve a nol'd d'Italia, coJÌ co– me al sud spetta il compito di poten– ziare I' i11d1utriaJelle11trio11ale. E q11imi Jembra quanto mai attuale la posizione di Piero Gobetti. Scriveva: « L'Italia diventerà moderna rima11endo rm paese prevalentemente agricolo: ma la nostra agricoltura povera ed arretra– ta deve alimentare, per prendere con– sistenza, una serie di iniziative indu– striali non avventate, aderenti alla real– tà, deve anzi essa stessa, come presenti )acini, divenire industriale». I?. evidente che il voler porre la so– luzione della q11e1tionemeridionale JII uno schema differente può avere una gi,wificazio11e: escogila,·e palliativi buoni Jolo a mantenere quella rete di intereJJi imponderabili Jempre preunti 11elsottofo11do della 11osJMvita politi– ca e amminùtrativa. E Je non Ji 1111ol toccare da nessun lato la Jtr11tt11ra eco– nomica nazionale, è inutile cl'eare la Regione come emità autonoma Je que– Jta deve estrùl!ecarJi quale determina– zione di quella struttura; sarà più che mai dannoso affidt1rne la soluzione ad una C,zlfa del Mezzogiorno, Je questa deve esclusivamente funzionare da cusci– netto 1,-ala miseria del meridione e al– ""'i privilegi « Jab,ì »; s,11•à beffa atro– ce ricorrere alla riforma agraria, se q11estt1deve avere il solo scopo di di- 1trib11fredei poderi ai braccianti agri– coli che poi 111a11chera11110 di 11111i gli acceJJori ed i mezzi necessari a ren– dere col1i,,t1bili i poderi stessi. In un suo volume/lo, Giuseppe Ge11- m110 ebbe a indicare ancora quella so– luzione che è già i111111ce nelle parole del Gobmi. « Affro11Jare il problema della Jerra - scrive il Ge11nuso. Esso Ji risolve non con 1 1 appoderamento, con la colonizzazione e con la distribuzione della Jerra ai co11tadi11ima co11la so– cializzazione del latifondo, che è 1111 prodofto di condizioni geografiche, Jo– pografiche, geologiche, orografiche, idrologiche, 111e/eorologiche, climaJolo– giche e di ambiente sociale Jroppo pro– fonde e 1·t1dicate. - ..... Solo quesJa (la socializzazione) po1,·à fare inquadrare e risolvere il problema della valorizza– zione della /erra del lati/011do in ima vùione di insieme e con lo Jviluppo di piani ap/>osila111e111e studiati. - Solo con la ges1io11ecollettiva (socializ– zazioile) Ji potranno ave,-e i larghi mezzi tecnici e finanzù,,-i occorrenti per pro11vede,·e ad attuare le spese di bo– nifica 11ece11ariee non inutili, a do– tare le aziende nascenti di acqua, di Jt,-ade, a compiere la bonifica agrario– igienica, a far Jorgere fabbricati 1,r– ba11io rurali, a p,-ocurare il bestiame e le macchine agricole necessarie. Solo con essa 1i potrà laJCim·calla pa1tol'i– zia le terre che non poJS0110essere va– lorizzate e che se divise ai contadini verrebbero abba11do11atee rese i11fmtti– f ere, e fare dell'agricoltura intensiva dove le condizioni 11at11mli ed eco110- 111ichelo permettono. Solo con essa s/,a,-i,-à la Ma/it1 ». (Ge111111so - La q11estio11emeridio11ale - Roma 1945, O.E.T. Edizioni del Secolo). E si potrebbe co11ti1111are per molto a />rodurre doc11me11ti proba11ti a di– mortrazione di quanto ho cercato ri– durre nelle proporzioni di 1111a lettera. Mti oggi non è q11eJtio11e di produrre o meno documenti, 1i traJJadi rendere 1 1 alida la noJtra azione Jecondo come ci viene suggerito da queJti documenti. Si traila di avere il coraggio di Jmen– tire chi1111q11e cerchi di affondare le mani in questa desolata miJeria del meridione per tmrne ispirazione per le proprie opere di beneficenza. Si trat– Jt1 di co1111i11cere gli operai del 11ord che 11011 Ji può tranquillamente 1m111- giare, dormire, dive,·Jirsi ed anche Jcio– perare per ottenere aumenti di Jalario, q11a11doquaggiù la ftll11e, le malattie, l'abb.-utime,/Jo so110i fiori che sboccit1- 110ogni maJJino per chilometri e chi– lometri di tet'ra sollo il cielo medite,·– raneo. Una precisazione: il termine « socia– lizzazione », che può Jcandalizzare qual– che spirito timorato, è uJato da me se– condo quel significalo che og1111110 può rilrovare 11ell' opuscolo di Adria110 Oli- 11etti, « Tecnica delle riforme», edito dal Movimento Comunità. Mi perdoni se ho abusalo 1111 po' e mi creda S110 dev.mo ANTONIOSIGNOIUNO Via Buganza - isol. 50, n. 86 Messina Parri e il gen.Cadorna, durante il processo ai diffamatori fascisti. B1b 10 e NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI Storia della Resistenza Italiana A VEVAMO avuto modo di apprez– zare in Roberto Battaglia doti non comuni di serittore, allor– ché nel 1945 pubblicò per le Edizio11i U il libro intitolato: Un uomo, un partigiano. Fu questa senza dubbio una delle migliori cose che fossero state scritte in ltalia sul dramma da cui eravamo appena usciti e già in questa prima opera, di carattere autobiogratico e narrativo, il Battaglia aveva dimo– strato il suo interesse per il proble– ma politico e storico che ci proponeva la Resistenza, cui l'autore aveva at– tivamente e - da quanto ci è dato sapere - valorosamente partecipato. Con questa Storia della Resistenza italiana (tinaudi - 1953) il Battaglia, dedicandosi esclusivamente all 1 inda– gine storica, sintetizza e ricostruisce criticamente le drammatiche vicende, che gli italiani vissero fra il 1943 e il 1945. E sarà bene avvertire che questa Storia s'inserisce opportunamente in una serie di pubblicazioni recenti, che tendono a mettere in giusto ri• lievo questo nostro secondo Risorgi– mento. Alludiamo alla raccolta delle Lettere di condannati a morte e in genere all'attività svolta dall'Istituto per la storia del Movimento di Li– berazione, che raccoglie e coordina il materiale disperso un po' ovunque e pubblica sulla rivista omonima i risultati più evidenti di tale docu– mentazione, l'esito delle inchieste pro-· mosse, i resoconti inediti dei prota– gonisti più diretti e via di seguito. In altri paesi, come per esempio la Francia, è addirittura il governo che promuove tali attività; da noi invece l'inconiggiamcnto ministeria– le si riduce a ben poco e quanto viene fatto in questo campo è per lo più opera di singoli uomini, non dimentichi del passato o pensosi del futuro. E sarebbe opportuno che iniziative simili sorgessero dappertutto in Ita– lia, perché col passare degli anni, se non si corre ai ripari, e si permette che questo materiale rimanga ai sin– goli - sia per incuria, sia per il gu– sto dcll'antiretorica propria di quan– ti parteciparono alla lotta antifasci– sta - esso andrà perduto. La .,tv:ia del nostro tempo verrà allora scritta in base ai documenti lasciati da co– loro che hanno tutto l'interes·tc a tra– visare la realtà. Basta vedere come i generali e gli uomini politici della disfatta si 3ffret– tino a scrivere memoriali, a pubbli– care autobiografie apologetiche; basta vedere come i fascisti si affrettino a sputare veleno, a diffamare la resi– stenza e la guerra di liberazione, per giustificare le proprie stupidaggini e le proprie infamie. Esempio tipi"co in questo senso è l'opera di Attilio Tamaro (Due anni di storia) che sotto l'usbergo di una esposizione apparentemente distacca– ta e documentata, falsa abilmente gli avvenimenti, sfogando il suo livore verso tutti quelli che contribuirono alla caduta del fascismo, senza preoc– cuparsi di salvare almeno l'intima coerenza. Perciò ci ha fatto piacere leggere quest'opera del Battaglia, che offre la prima narrazione sintetica della guerra di liberazione e cerca di or– dinare, secondo una parabola logica ed evidcn te, le vicende, che - a prima vista - sembrano svolgersi in modo confuso, slegato, cd impostate più che altro dall'istinto immediato e dal caso. Il Battaglia invece dimostra come tutto il corso della Resistenza fosse condizionato dalla dinamica delle vi– cende nazionali cd internazionali, co– me la stessa varietà della guerra di liberazione - diversa a seconda dei luoghi per intensità e metodo di lot– ta - avesse la sua ragione d'essere nella diversità geografica, nella di– versa tradizione storica e struttura sociale delle singole regioni. In genere possiamo dire che l'au– tore riesca a convincere circa la ve– rità delle sue affermazioni, basate su una documentazione criticamente ana– lizzata e scelta con intuito felice. Egli ha inoltre una profonda conoscenza del mondo partigiano, dei suoi pro– blemi e della tecnica militare, che, volta a volta, fu adottata dalle va– rie formazioni cittadine e montane. li liattagua vede giustamente nel– la guerra di hberaz,one il pnmo grancte n1oto pouuco naliano, cnc sia stato espresso non da una mino– ranza - come nel K1sorg1mento - ma dalle masse popolan, ,mora spet– tatrici inerti ncua stona itahana. E giusta1nente egh mette in rilievo come· in tutto questo periodo l'anti– fascismo poté contare sempre sul con– senso incondizionato delle plebi, in quanto esso si era !atto banditore di un ideale patrio che trascendeva i confini dello stato nazionale, e so– prattutto perché aveva ahermato di combattere per l'instaurazione di una nuova gmstizia sociale. li llattagha segue con intelligenza il formarsi del C.L.N. ed il sorgere di tutti quegli organismi autonomi espressi dalla Resistenza, che rappre– sentano una democrazia sorta dal bas– so in fase di evoluzione. Democrazia spontanea che avreb– be senza dubbio portato ad un rin– novamento politico, se non vi fosse stata la successiva involuzione rea– zionaria, favorita dagli avvenimenti internazionali e - aggiungiamo noi - dal pessimismo politico di coloro che tutto si aspettano dalla imposi– zione di un socialismo autoritario. Questa Storia della Resistenza è un libro di studio, scrio, meditato e quindi non di carattere divulgativo o di eccessiva facilità di lettura, no– nostante la ricchezza degli episodi narrati con gusto di scrittore e scelti con criterio opportuno. Si vedano per esempio le vivaci pagine sul giornalipno e sulla lettera– tura partigiana. Ottime anche - e citiamo le pri– me cose che ci occorrono alla mente - quelle sulla Resistenza delle For– ze Armate all'estero e quelle dram– matiche sugli cecidi delle S. S. in Lunigiana e sull'offensiva fascista nel Veneto. Siamo inoltre grati all'autore di avere messo in evidenza il carattere corale della Resistenza, in cui con– fluiscono tutte le forze vive dell'Ita– lia: dal lealismo monarchico al so– cialismo cristiano di tanta povera gen– te, di tanti umili parroci; dalla ribel– lione anarchica all'enorme apporto dcll 1 idca comunista. Ma, nonostante questo, si avverte che chi scrive è un comunista mili– tante e che come tale - spontanea– mente o no - gli è preclusa la vi– sione critica di tutto un settore della politica recente. Tutto si può met– tere in dubbio, ma basta che inter– venga Molotov o Togliatti, perché non vi sia più nulla da mettere in discussione: quella scelta da loro è senz'altro la via giusta! Affermare per esempio che il patto di non aggressione fra Russia e Ger– mania - quel patto che nel 1939 fu la causa più immediata per lo sca– tenarsi della guerra - sia nato in conseguenza alla volontà manifestata a Monaco dalla Francia e dall'Inghil– terra di allearsi con la Germania per aggredire la Russia, ci sembra affer– mazione non vera e comunque tale da meritare di essere suffragata da fonti un po' meno parziali dell'Uf– ficio informazioni sovietico, come il Battaglia fa (pag. 44). Come pure l'affermazione che Pan-· tifascismo italiano assumesse un nuo– vo carattere di lotta di classe nel 1935, con l'instaurazione ciel regim~ corporativo e la immediata reazione delle masse operaie, ci sembra cor– rispondere, più che a verità, allo sche– ma di un marxismo piuttosto astratto. Secondo noi, pur riconoscendo nel fascismo l'istrumento più adatto alla classe padronale per esercitare il proprio dominio, la maggiore parte– cipazione delle masse popolari alla lotta clandestina dipende dalla situa– zione internazionale e, se mai, dalla particolare politica del Gomintern, .non dal regime corporativo, che mise il lustro su una situazione instaurata già da tempo. Ed anche il riconoscimento del go– verno Badoglio da parte della Russia e la partecipazione di, Togliatti al detto governo non ci sembrarono né ci sembrano i rimedi sovrani della si– tuazione italiana. Ma questa impostazione, che chia- mercmo di partito, non nuoce troppo all'esposizione obbiettiva degli avve– nimenti e la si avverte, se mai, nel– J"interpretazione dei fatti, che però so– no fedelmente esposti, anche se ine– vitabilmente si nscontreianno delle inesattezze, trattandosi di avvt:nimen– ti così vicini che l'autore non solo non può giovarsi della decantazione e prospettiva storica, ma s'imbatte in enormi difficoltà anche per la sola ri– costruzione cronachistica. Inesattezze quindi sui. particolari vi saranno senza dubbio, almeno da quanto possiamo giudicare noi che ab– biamo sott'occhio soltanto le vicende di Firenze. In merito alle quali, per esempio, è inesatto atfermar'e che Radio Gora « faceva capo al maggio– re dirigente azionista della lotta ar– mata in Toscana, Carlo Campolmi » (pag. 265). Non crediamo che l'amico Campol– mi - i cui meriti non vogliamo nem– meno mettere in discussione - se n'avrà a male se affenniamo che Radio Gora faceva capo n,,n a lui, ma al compianto Enrico Bocci, il qua– le scontò con la vita il suo coraggio fisico e morale. E non corrisponde nemmeno a realtà che il C.ampolmi fosse il maggiore esponente azionista della lotta clandestina. Pens;amo che si tratti di errore dovuto a3 infor– mazioni non di prima mano, perché non vogliamo credere che su tale giudizio abbia influito il fatto che il Campolmi - come il Battaglia - ad un certo momento aderl al Par– tito Comu1usta. Ci conferma in questa opinione anche il fatto che nella bibliografia riguardante la Resistenza in T"°scana troviamo citate fra le altre opere: Il voto di B. Rosini ed I villaggi bru– ciano di Persio Nesti; i quali libri, pur trattando dello stcsso peuodo, di comune con Firenze non hanno che l'editore, poiché il primo parla di un episodi() che riguarda il ctantuario di Offida nelle Marche cd ;J secondo della guerra partigiana in Iu~oslavia. Del resto lo stesso errore avevamo già riscontrato ne Il Movimento di Liberazione in Italia (N. I 1, marzo 1951). Ma, come abbiamo già detto, crron siffatti su cle1ncnti particolari, saranno inevitabili fino a che non avremo degli studi speciali entro l'am– bito delle singole città e regioni, per– ché sarebbe troppo pretendere che un singolo studioso dominasse un ma– teriale così vasto in tutte le sue mi– nuzie. Possiamo dunque affermare che, pur non ~ondividendo molte delle sue asscr.zioni politiche, crediamo che il Battaglia abbia dato il contributo di maggiore rilievo per la chiarifica– zione di questo perioao. Poiché, come egli Hesso ha dimost, ato, al disopra delle puntualizzazioni ideologiche, un'idea unitaria ha ispir:1to la Resi– stenza, tanto che anche in sede sto– rica ci possiamo trovare d'accordo con lui nel concludere che « qualun– que siano le vicende che il futuro ri– serba all'Italia è certo che la strada dell'avvenire passa per la Resistenza, è certo che (con la Resistenza) le forze popolari hanno messo nel paese quelle radici profonde che erano mancate nel primo Risorgimento ». CAltLO JIICANCOVICII NUOVt REPUBBLIC fllJINDICl,,'ALB POLITICO Esu il 5 e il20diognimese iuolioopiùpagine Comitato Dinuivo: P. CIIEFFI • I. COOIGNOll • I. GREPPI • P. YITTORELII Segrelario di redazione: G.fAYATI R.da •ian•1 Flreme, Piun della Libertà 15 (50.998) Amminbtrasio,u: Firenu. Piana ladipeadema, 29 (22.058) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenito1·e: L. 5000. Sottosci-izione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. 35 (Estero, 45)- Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Estero, 1200) e/e poetale 5/6261 (La Nuooo ltalia) Firenze A11totln.dtl Ttlb. il Firenzen. 878 Clii 80-12-1'152 Stabilimenti tipolitograJici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: Tristano Codignola

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