Nuova Repubblica - anno II - n. 1 - 5 gennaio 1954

2 mento dalle possibilità effettive che questa politica sia perseguita); ma anche una buona politica non sarà capace, di per sé, a modificare so– stanzialmente la situazione, se non '------,:-:a:-:r"r'à risolto il problema dell'aggan- cio diretto con le masse operaie e contadine. Anzi, in mancanza di que– sto aggancio, una buona politica sarà alla lunga impossibile, proprio perché mancheranno le forze interessate a sostenerla. Il problema del PSI non lJUÒ quindi -essere superato con la semplice affermazione ch'esso è suc– cube dei comunisti e quindi non c'in– teressa: la verità è che il grosso del– l'elettorato socialista è lì, e che se lo daremo perduto l'alternativa alla DC sarà il PCI, e quella al PCI il fascismo. t precisamente per questa valutazione del problema che lanciai l'idea così di una federazione fra socialisti come di una rinnovata unità. sindacale: quest'ultima idea è stata ripresa efficacemente da Bianconi, mentre la prima, ripresa da alcuni (come Pastorino) si è immiserita in altri casi in un problema di rapporti federativi limitati a questo o quel gruppo, senza considerare che l'ipo– tesi federativa ha un sen50 solo per determinare un terreno po5sibile d'in– contro a tµ,tti i .socialisti, e non ad alcuni contro altri. Ma in generale, tutti hanno sen– tito che il problema organizzativo dell'unità socialista è un problema essenzialmente politico, e che come tale è ben lontano dalla maturazio– ne; ed hanno anche avvertito, salvo poche eccezioni, che alla ~nluzione si può arrivare solo attraverso un tra– vaglio assai penoso di edificazione d'una piattaforma comune, che ri– chiederà tempo e pazienza, tenacia e coerenza. Coloro che, dopo aver fatto una politica opposta, vorrebbero ora arrivare di colpo all'unità socia- ' ~stran~·n verità la loro assai mediocr,'-sstat politica: e la loro stessa fretta Clo ragioni di rifles- sione e di -diffidenza sulle loro reali intenzioni. Tolta di mezzo quindi ogni pro– spettiva unificatoria a brP,:e scadcn-– za, assegnatoci con chiarezza un com– pito diverso di durata imprevedibile, respinta con altrettanta unanime de– cisione la prospettiva di operare co– me nuovo partito, il dibattito è giun• to al punto essenziale: quaie tipo di partito socialista intendiamo raggiun– gere? c'interessa l'unific2zione in quanto tale, o quel tipo ·Ii unità or– ganica che sia meglio capace di con– sentire ai socialisti un ruolo decisivo nella vita italiana? .E: su questo punto che molte cose e importanti sono state dette, cd è su di esso che il Convegno ha trovato il suo centro. Il giudizio riassuntivo può così sin– tetizzarsi: raccogliere intorno ad una politica socialista, per fin.i di trasfor– mazione socialista, il maggior nume– ro di forze che vi siano interessate, anche non dichiaratamente sociali– ste. Alcuni interventi sulle nostre co– lonne, come quelli di Favati, di Mo– rante, di Albertini sono apparsi par– ticolarmente sensibili a questo che è veramente il problema centrale: con quali forze il socialismo può sperare, nel nostro paese, di non essere vel– leitario, ma ricostruttore e rinnova– tore? Un'allalisi assai acuta di Cesa al Convegno metteva appunto il di– to sulla piaga: comunisti e sociali– sti insieme difficilmente possono aspi– rare a superare il 40%. Anche se lo superassero, anche se arrivassero al 50%, i socialisti non sarebbero i de– terminanti della situazione: rischie– rebbero al contrario di_ metterla in mano ai comunisti. Il problema è e resta quello di convogliare intorno ad una politica socialista, chiaramen- B1b o a o [ INVITOALL'AZIONE te elaborata anche da gruppi ristret– ti, imponenti forze socialiste e dem,o– cratiche; il problema è cioè di far coincidere quella politica socialista, con una politica di rinnovamento che interessi grandi forze del paese. .E: solo facendo questo che i socialisti non soltanto potranno diventare de– terminanti nel superare quel 50%, ma potranno evitare lo strangola– mento da •parte comunista: poiché è evidente che l'unica contropartita da offrire (unica, ma essenziale) alle altre forze democratiche necessarie al rovesciamento della tendenza rea– zionaria è una contropartita di fe– deltà indiscussa al metodo della de– mocrazia. Sotto questo profilo, anche il blocco laico acquista altro interes– se: ma precisamente visto in senso· opposto a quello di La Malfa o di Pacciardi : non per trascinare i so– cialisti a fare una politica di piccolo cabotaggio borghese, nelle riserve di pesca delllon. De Gasperi, ma per trascinare le forze democratiche verso obiettivi socialisti. .E: a questo punto che si è inserito il problema, minuscolo in se stesso ma grande nel suo significato poli– tico, dei rapporti con Unità Popo– lare. Grandç. perché si tratta di con– cepire un partito socialista che cer– chi la sua fagiane di unità in un indirizzo politico anziché. in un'eti– chetta programmatica o ideologica; grande, perché si tratta di riconoscere che se i democratici ' puri ' non esistono. sen.za implicazioni e volontà socialiste, sono animali altrettanto fantastici i socialisti ' puri ' che non siano capaci di espandere al di fuori di sé stessi la propria forza d'attra– zione. La\. convergenza di diverse ideologie c{i rinnovamento sociale in una sola struttuÌ-a politica è il caratte– re che distingue un partito moderno da un partito arretrato: ed è questo il punto essenziale di divergenza coi compagni dell'USL (Il PSDI è solo apparentc~ente un partito di questa apertura: in realtà, il suo trasformi– smo, la sua fiacchezza morale, e i molti interessi che nasconde hanno "sempre cura di coprirsi col comodo manto della purezza ideologica, pscudomarxista). La partecipazione attiva di corren– ti cristiane di sinistra ai nostri dibat– titi (Castorina, Cesa, Morandi, Spa– doni ecc.) mostra come questa impo– stazione sia sensibile a forze di ?Cqui– sto nuovo nel mondo socialista. Ed è la stessa impostazione che può con– sentire a Parri o a ]emolo di essere attivamente con noi, con tutta la for– za morale che rappresentano, mentre in caso contrario né essi troverebbero la loro casa nel ' blocco laico ' né noi la• nostra nello sconcertante e sterile frazionismo socialista tradizio– nale, Comprendo quanto sia difficile per alcuni socialisti porsi il problema in questi termini, che possono sem– brare sacrileghi: ma non è stata una delle meno significative sorprese del nostro Convegno quella di sentire degli operai di notevole livello po- litico, come un Carta p. es., far pro- pric queste nostre tesi, con un senso di aderenza al reale che può sembrare talora assente negli intellettuali. Alla luce di questa prospettiva, il problema dei rapporti di A. S. con U. P. si dissolve per quanto c'è in esso di ·artificioso. A. S. è la faccia profondamente, radicatamente sociali– sta, di una politica che dev'essere una politica allargata, di U. P. - E questo spiega perché tutti abbiano sentito (si veda particolarmente l'ot– timo articolo di Favati) che non n NUOVA soltanto non v' ~ l'una cosa e l' tanto più A. S fra ricerca e di por v soC lista, tanto più essa ha il ~sogno di u cassa di risonanza ~ersa, che soltanto U. P. può darle.✓ E fa parte di questa stessa pro– spettiva il collegamento che si va creando fra le nostre forze, deboli assai ma significative, e gruppi nuo– vi di giovani, che vanno organizzan– do liberamente le loro ricerche, nel campo dell'indagine ideologica o so– ciologica o economica, al di fuori dei partiti organizzati come tali. Siamo tutti a conoscenza del progressivo di– stacco che si va determinando fra i partiti (soprattutto quelli a tipo de– mocratico) e le nuove leve di gio– Vani: e forse non si è pensato abba– stanza che questo distacco non è do– vuto a colpa dei giovani, ma ad inadeguatezza dei partiti. Essi sono troppo poco giovani per dei giovani : che quindi, quando non si fanno intruppare negli eserciti conformisti, danno sfogo alla loro sete di ' poli– tica', cioè di lavoro collettivo, in forme nuove, che si vanno svilup– pando un po' dovunque in modo assai interessante e promettente. Eb– bene, abbiamo constatato che è pos– sibile creare ·un parallelismo fra -il loro lavoro ed il nostro: non chiedia– mo ad essi di aderire, non offriamo loro delle tessere: ma li invitiamo ad una forma di reciproca libera colla– borazione, che permetta a noi di far frutto del loro lavoro, a loro della nostra esperienza. Non dunque invano abbiamo lavo– rato quasi un anno intorno ad Auto– nomia Socialista e ad Unità Popo– lare; dalla discussione e dal trava– glio comune qualche cosa è uscito, qualche cosa di più importante, ci sembra, di un altro partitino sociali– sta. Ma, se •~1ica ~entiamo di do– ver fare, al~discuss1one dobbiamo far seguire l'azione, o meglio calare la prima nella seconda. Per questo, all'invito alla discussione dello scorso settembre faccio ora seguire l'invito all'azione. È forse il momento in cui si può meglio operare come gruppi autonomi, liberi, forniti d'iniziativa locale piena, che come pesanti appa– rati di partito. Di fronte alla crisi della D.C., si aprono prospettive nuo– ve, che potremo cogliere solo se sap– piamo, come mi sembra che sappia– mo, dove vogliamo arrivare. Questo impegno è uscito, mi pare, con chia– rezza dal Convegno di Firenze: ri– prendere un dialogo costruttivo, aperto, con tutte le altre forze socia– liste; non lasciare perdere occasione per discutere con esse temi di politi– ca comune; e fare altrettanto con tutte le altre forze in movimento, con quelle, prime di tutte, della si– nistra laica democristiana, ed anche con quelle che, sull'estrema sinistra più per disper;izione che per persua– sione, attendono in silenzio, in mag– gior numero di quanto non si pensi, una via d'uscita •insieme democratica e socialista alla tragedia sociale ita– liana. Spingere avanti, contempora– neamente, il lavoro di collab0razio– ne con tutti i giovani .che stanno cercando, con l'ansia e il disinteresse della loro età, la l'oro strada. Re- . spingere. tutte le soluzioni dettate da farisaico semplicismo, quelle che at– tribuiscono alk! mediocri operazioni organizzative, eseguite spesso da po– liticanti maldestri, virtù taumaturgi– che; ed operare in profondità, anche per ridare alla politica della sinistra italiana la sua moralità, cioè quella coerenza, quella adeguatezza ai fini da raggi_ungerc, quella chiarezza dei fini stessi, senza di cui non si esce dal deteriore dilettantismo. TUISTANOOODIGNOI.A ROCCO SUUTELLAR Fra tanta superfluità di UQ– mini cosidetti insigni, da cui mai uscirà neppure una scin– tilla di forza creativa, la sor– te ha scelto proprio un gio– vane pieno di intima forza descritti come vitale per togliere al nostro / uomo . . . . !l 'umanità il bene,-· rienza dt chi organizza 11 mon- paese e a 1 . ficio ilella sua matura stagio 1 n'e. do di fuori, lo mig~iora, I~ am: Perché Rocco Scotellaro, ab~at- mini~tr~ co~e puo, e ~•~ ~lu tuto ~ppena trentenne· da (una ~1nm1n1~tr~ 11 se st~sso p•~ in– malattia di cuore, era prdprio limo, gla ricerca un espressione, u;a di queste forze ·vitali ~rea- lo esalta e lo ama. Sindaco ~i t· e poetiche uno di qV,egli Tricarico, per alcun tempo 11 IV , , • d d'It l' uomini che danno senso alla più giovane sin aco a ia, vita degli altri, che illumint.:.no sentiva il hisogn~ di loua_re_ per delle loro immagini la Io~ i suoi compagm contadnu (e · · che stimolano con la fece vari mesi di galera con v1s1one, d. I h loro forza le loro energie. E si le solite accuse I pecu ato c e stringe il cuore al pensiero· del- capitano appropriatamente tra le grandi cose non fatte che si capo e collo degli am1ni11istra– lascia dietro, nel campo della tori di sinistra) - ma sentiva visione artistica e della vita ci- anche il bisogno di allargare le sue esperienze, di vivere in vile, anche se dell'opera sua, h un centro intellettuale più aper- ricompQsta da mani arnie e, re- sterà un tronco abbastanza vi– g~roso per tramandarne all'av– venire l'in1magine. Rocco Scotellaro era di ·quel– la generazione di meridionali giovani venuta su nei primi tem– pi della democrazia e dopo la lotta della liberazione; figure di giovani entusiasti che, come già i giacobini del '99, testi– moniano per il popolo, ma ehe avevano anche l'ambizione di far parlare il popolo e di dargli un'espressione politica. Non ci era più in nessuno di costoro quel pessimismo radicato e pro– fondo che era stato, ad esem– pio, di un F'ortunato e in n1isu– ra minore di un Dorso; erano n1olto più disperati, ma assiéme più alacri e fiduciosi. II « pro– blen1a meridionale » era una parte del più vasto problema delle plebi contadine da far pro– gredire ovunque; esse erano an– cora fuori dello stato e della civiltà, ma quello stato e quella civiltà avevano cessato di ap– parire come punti di arrivo o passaggi obbligati. Le intui– zioni di Carlo Levi, spalancan– do le finestre. sul « mistero » di queste forze compresse e tra– vagliate della Lucania, aveva– no avuto l'effetto paradossale di accostare alla storia questi to, di lavorare. Così era ve– nuto all'Istituto di Portici, e poco tempo prima della sua n1orte gli era toccata una fati– cosissima inchiesta in Calabria, da Cui appunto era venuto ma– lato della. malattia di cuore che doveva abbatterlo. Ma ciò a cui più teneva era il suo rontanzo, romanzo autobiografico in cui circola lo stesso sangue picare~ sco e barocco che nei libri di Levi, n1a sferzato da una espe– rienza personale, impegnato e passionale; erano le sue poe– sie, note nelle cerchie dei po– chi, ma piene di immagini vive pur nella poetica accet~ tata. Politicamente socialista, egli sentiva il bisogno di altro e di– verso. Troppo sensato e scaltro, troppo « contadino >> per gettar– si allo sbaraglio in tentativi nuo– vi o rinnovatori, a quelli anda– va tuttavia la sµa affezione e il suo interesse, in quella cer– chia si muovevano il suo pen– siero e le sue immagini. Ma ben al di là della politica egli era uno di quelli che gli animi aperti non possono non ricono– scere dei loro, con in più il seguo inconfondibile della ge- nialità. a. g. Si celebraun episodio della lottapartigiana a Carpi.Contadini edoperai ascoltano le paroledi Codignola.

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