Nuova Repubblica - anno I - n. 23 - 5 dicembre 1953

2 avuto il coraggio di riassorbire la Ger– mania occidentale nell'Europa prima di renderle - sotto forma collettiva - la sovranità, la Germania ha assunto, ci piaccia o no, un nuovo peso. Te– niamo presente che anche la proposla 1011ietica di 11eu1ralizzazione comporla il riarmo della Germania! Solo un ac– cordo totale ed effettivo, non per la Germania sola, ma per il condominio del mondo, tra Russia e Stati Uniti, potrebbe interromperne il processo. E ciò non è cosa probabile né, per conto mio, senz"altro desiderabile. Così è nata l'idea della C.E.O., il progetto di esercito europeo. Che non comporta le strutture soprannaz,ionali, ma segna un passo di più (anche in fatto di auto– nomia dall'America, sebbene ancora il comandante ne sia il comandante atlan– tico; chi vuol mantenerci dentro l'Ame– rica a tutti i costi sono proprio gli anticedisti nazionalisti francesi, il cui neutralismo, come del resto molto neu– tralismo nostrano, consiste nel deside– rare di essere salvati_dall'America come se ciò non fosse il primo passo verso la sottomissione definitiva). Segna un pas– so di più, non solo per il controllo comune europeo, diverso da quello atlantico, sulresercito, che è ancora una forma confederale, ma non certo di mercenarismo; ma per l'articolo che prevede la creazione delrunità politi– ca; infine perché pone tanti problemi, che, pena la disgregazione rapidissima delrorganismo, per far luogo a rap– porti bilaterali con gli Stati Uniti, esso obhliga gli Europei a procedere verso l'effettiva unità. E fin quando la volon– tà che era stata dietro la C.E.O., in Francia ad esempio, si è mantenuta salda, non è proceduta solo la C.E.O., ma è proceduta anche l'elaborazione della Comunità politica. Questa è en– trata in crisi quando (per l'ingresso dei galfllisti nel governo e un filosofo di 1i11ù1ra 1 Jra,J(eu, mi ha dichiaralo ,011 molla inge11uilà che egli 11011 veder·. a/Jra salvezza per la Francia che i11 1111' allt"nza ga11/liJJ(l.f011111niJ1al) è entrata in crisi la C.E.D. La C.E.D. non è un « minor male », compagno Codignola : è un passaggio obbligato, il solo passaggio obbligato verso una possibile federazione. Può piacere o non piacere - il piacere, neppure quello dei federalisti, non ha senso in politica - ma è la sola via per arrivare alla federazione oggi, in questo stato d'Europa, ·che tutti, e i federalisti per primi, diagnosticano •;ta– to morboso, stato decadente. La C.E.O. è un po' quello che era l'alleanza oc– cidentale - guerra di Crimea - per i Piemontesi e per Cavour. Passaggio obbligato. Certo, si poteva fare l'al– leanza di Crimea e poi, anziché volere l'unità, anziché agire per l'unità, agire per farsi dare, poniamo, il ducato di Parma e Piacenza. Così ragiona chi in Francia vorrebbe che la C.E.D. desse come sottoprodotto la Sarre, in Italia Trieste. Ma, volendo la guerra all'Au– stria in buone condizioni, quella era la via. Volendo l'Europa in pace con una politica estera unitaria, questa è la via. Ma, per lo meno, al tempo di Ca– vour, c'era l'alternativa che non riuscì, ma ebbe efficacia somma nello spingere Cavous, quella di Mazzini, della rivo– luzione nazionale, della Cospirazione. Mi sa dire Codignola dove esiste que– sta alternativa? Tra i suoi federalisti puri o neutralisti? Tra i partiti di :ii– nistra dell'Europa continentale? Tra i laburisti inglesi? Tra i democratici ame– ricani? Mi citi un'azione sola, azione e non platonico « /ip-u,.vice », una sola agitazione legata a un fatto poli– tico reale, per un'Europa Federata e contro la C.E.O. Chi non sa che il federalismo solo non basta? Se guardiamo indietro alla battaglia elettorale, constatiamo che l'on. De Gasperi, a cui va apertamente rico– nosciuto il merito di aver conservato all'Italia per due anni l'iniziativa fede– ralista, non si è sentito, a differenza di Adenauer, di fare di questa il perno della sua campagna elettorale; perno che è rimasto l'anticomunismo, il cen– trismo, la legge elettorale, tutto quel che volete, ma non un chiaro impegno di dare all'Italia la continuata iniziati– va federalista, impegno che essendo so– stanzialmente liberatore, mette le -<le– stre nazionalistiche sulla difensiva, e obbliga la nazione la quale l'assuma a non dare spettacoli di atteggiamenti re– trivi. Queste cose, e in bene e in male, non le 0 dico solo ora, le ho ripetute, per esempio, nei miei comizi per UniJà Po– polar,. Ma non bastare, non significa che esso non sia necessario; e lo si vede non appena l'accentuazione federalista vien meno, ché l'ombra minacciosa del– la reazione politica e sociale si accen– tua sul paese. Tutto avete il diritto di dire, ma non che i federalisti, sul loro terreno, abbiano peccato di conformismo. « Nuo– va Repubblica » non h_a pronunciato una condanna più chiara del nuovo atteggiamento governativo e nazionali– sta, sul problema di Trieste (atteggia– mento che sta per concludersi, come avevamo indicato, in netto passivo) di quel che abbia fatto il M.F.E. ! O ci indicasse l'amico Codignola la via sulla quale egli intende mettersi per realiz– zare l'unità federale europea, dopo aver respinto la C.E.D. ! Davvero, non vorremmo esser costretti a ritorcer ver– so lui la conclusione del suo artico– lo, affermando che « è l'ora di cam– biar strada », o meglio di prenderne una. ALDO GAROSCI PRIMA REPLICA S0110 litio che Aldo Garoui, ac– <tllando il mio i11,,i10,abbia voluto rhpo11de-re,1ù1 pur, i,1 modo ,,ivare– men/e po/emiro, al mio articolo « Co– me fare l'Europa? ». Che, Garosci può esur11e cerio, 11011 è dovulo ad impulso improvviso o a t•el/eità mo– raliJtira, ma è e1pre11io11e d'una criJ1 profo11d" e sincera che Jrnvaglia, cre– do, molli federnliui di fro111ead 1111a politica d'integrazione e11ropea rh'e11i co111idera110 1eri,111untepregiudizievole proprio al fine che si v110/ raggiun– gere. Non è il raJo, natura/111enle, di· rispondere alla prima parie dell'ar– Jicolo di Garosci, che si abbandona a 1 1 alu1azioni"p1irologistirhe" di dub– bio valore: alle q11alisarebbe ben fa– cile rispondere 1111/0 sJ,uo Je"eno. In– vece, mi pare che la 1econda parte del/'arlicolo, che pone il problema " politico", meriti una replica appro– fo11di1a, che 11011 i pouibile fare 111 questo numero, per mancanza di 1pa– zio. LA rinvio quindi al numero pros– simo. Come ,piegherò, la mia critica si riferilla non 10/1111110 alla direlliva po– litica seguila dal M.P.E. negli u/Jimi tempi, soprallullo in relazione alla C.E.D., ma anche - e non i,1 minor misura - alla dire11iva orga11izzatit 1 a che, a mio giudizio, ha al/011Ja•a10 dalla ballaglia federalisJica Jroppe forze " non ron/o-rmiste ", for1e le più utili e le più vitali. J\li dispiau che in ciò Garoui abbia po11110vedere una man,,mza di fiducia "umana" verso i massimi dirige111idel M.P.E., amici miei almeno quanto di Garoui, ed al1ame111e be11emeri1idella ca11sadel– /' a111ifascismoe della liber1à. Ma può for1e e11er questa ,ma -ragione t1t1lida per non polemizzare npertamente con loro, quando non ri 1i ritenga d'ac– cordo co11la loro azione? T. C. NUOVA REPUBBLICA ' UNITA POPOLARE A MOLFETTA I L significato delle elezioni am– ministrative di Molfetta, nel– le quali « Unità Popolare » si presenta contro fascisti, clerico– monarchici apparentati, e social– comunisti apparentati, nella to– tale dissoluzione di ogni altra po– sizione democratica, è indicativa non soltanto delle condizioni del– la lotta politica nel Mezzogiorno, ma anche delle condizioni in cui si sta riducendo la lotta politica in Italia. Siamo grati ai compa– gni che, in una situazione cosl dura, si sono assunti il compito di mantenere aperta, se non al– tro, una prospettiva per l'avve– nire, una speranza; prospettiva e speranza di vivere civile, di com– petizione democratica, di pro– gresso fandato sulle autonome energie locali e non sugli appa,. rati e sui conformismi. B la tra– dizione di Salvemini e di Calace, che rivive in questa battaglia, alla quale N. R. augura le mi– gliori fortune. Quali siano le condizioni di lotta, un episodio recente vale ad illuminarlo più e meglio di qual– siasi discorso. I compagni di « Unità Popolare » avevano rite– nuto particolarmente efficace che i contradittori e i dibattiti avve– nissero in dialetto locale, allo sco– po evidente di un più diretto « scambio » con i cafoni, con gli elettori poveri, ai quali giunge altrimenti soltanto la voce della parrocchia e della cellula. Dopo uno di questi scambi, è interve– nuta l'auto·rità di P.S. locale, per noti/ icare ai dirigenti del nostro Movimento che la predetta auto– rità, valendosi dei poteri discre– zionali ad essa riconosciuti per « ragioni di ordine pubblico >, vietava i comizi e le repliche in dialetto. Quali le segrete ragioni? I democristi del luogo avevano fatto conoscere le loro preoccu– pazioni per un sistema di propa– ganda che poteva incidere, a loro svantaggio, sull'orientamento del– la massa povera del Comune! Il giorno dopo, l'autorità di P. S. deve averci ripensato; e notificava pertanto 01 responsa– bili di« Unità Popolare» che era nuovamente consentito all'orato– re di parlare in dialetto, ma non all'ascoltatore di rispondere se non in puro italiano. Solo mono– logo dunque, 11iente dialogo. E qui le cose si sono fermate: no– nostante che noi abbiamo fatto presente all'eccellentissimo Mini– stero dell'Interno a Roma che questa ridicola storia del mono– logo e del dialogo non ci sem– brava conforme a principi di vi– vere democratico. Come si vede, la prospettiva lontana, di contribuire alla f or– mazione di u1111uovocostume po– litico, di una nuova classe di– rigente, alla rielaborazione di una politica socialista fatta di cose e non di parole, di impegno mo– rale e 110n di corruzione, 11011 esclude la nostra partecipazio11e diretta alla battaglia politica ogni uolta che se ne presenti l'oppor– tunità e l'occasione : esclude sol– tanto .di continuare a baloccarci con persone, con concetti, co11 azioni di tattica più o meno « unificatrice », che non rappre– sentano più nulla per nessuno e che non spostano di un millime– tro la realtà pesante della situa– zione italiana. I nostri candidati 1) ALLEGRETIA Onofrio di Gaetano, imprt11di1ore edile; 2) .ANDRtANIVito fu Leonardo, indus/riale; 3) CALDAROLA Sergio fu Michele, agrico/Jore; 4) - CAPUTO Raffaello Orazio di Stanislao, i11segnan1e; 5) CATINO Nicol~ Livio di Bartolomeo, u11iver1i1ario; 6) DE UNDIA luigi fu Michele, co111adino; 7) DE UNDIA Oronzo fu Gioacchino, 111,dico; 8) DE G101A Giuseppe di Paolo, calzolaio; 9) - DE PALMA Giovanni di Vito, maNnisJa; 10) De TRIZIO Michele di Leonardo, co111miuio11ario; 11) FJNOCCHIAR0Beniamino di Marcello, 'do/lor, in l,11,r1; 12) GADALETAPietro fu Mauro, agrico/Jore; 13) GERMANOElena fu Edoardo, dollore in /111"1; 14) LAVAGGI talia Rosa fu Angelo, caralinga; 15) lo BASSO Ciro di Giuseppe, decora/ore; 16) luCIVERO Giovanni di Giacomo, ,baniua; 17) lUCIVERO Vito di Giacomo, i,neg11a11te; 18) • MARzocCA Saverio fu Paolo, agrico/Jore; 19) MARzOCCAMauro di Leonardo, agrico/Jore; 20) - MINERVINIGiovanni di Vito, impiegato; 21) - MINERVINIGiùseppe fu Pietro, imeg11a11/e; 22) • M1LLI Alberto fu Matteo, 1por1ivo; 23) PAPARELLAGiovanni fu Pietro, cro11is1a sporlivo; 24) • PAPPAGALLOFrancesco fu Gennaro, con1adi110; 25) • PAPPAGALLOGennaro di Francesco, conladino; 26) P1CCA Antonio di Pietro, sano; 27) PICCA Vincenzo fu Vitantonio, i11dus1riale; 28) PISANI Antonio di Nicolò, commercia111e; 29) POMODORO Federico fu Giovanni, illseg11a111e; 30) SctANCALEP0REPantaleo fu Ignazio, manovale; 31) SGHERZAGuerino di Felice, i11d1111riale; 32) SPADAVECCIIIA Gaetano fu Ignazio, 111ecca11ico; 33) SQUEO Paolo fu luigi, t/0110,·ein matematica; 34) TANGARIIgnazio fu Francesco, com111ercù1111e; 35) - TRIDENTE Vito fu Corrado, 1111i11ersitario; 36) - TRITIO Michelangelo fu Giovanni, 1111iver1ilario; 37) - VALENTEPasquale di Gennaro, i11seg11a111e; 38) - VALENTE Vincenzo di Gaetano, dollore i11lellere; 39) - VISAGGIOCorrado fu Francesco, commissionario; 40) - ZANNACosmo fu Michele, imeg11a111t. MOLFETTA - Il voltodeUa miseria. Un vicolo della cittàvecchia.

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