Nuova Repubblica - anno I - n. 23 - 5 dicembre 1953

L. 35 Spedizione in abbonamento postale (Gruppo Il) A pag. 4: ba capo con ia legge elettorale n• -.111 AS/5/5 Claudio Cesa e/ o Bandinelll via Chiarini, 4 Anno I • N. 23 QUINDICINALE POLITICO Livorno LA DANZA DELLE FORMULE I n questi giorni, si sente di nuovo purlnre con insisten– za di « unificazione ». Un co- n1unicato di agenzia, tras1nesso qualche giorno fu, ci ha fallo sa– pere che alcuni esponenti del MAS si sarebbero incontrati con espo– nenti dell'USI e del PSDI per con– cordare le 1nodulità dell'unificazio– ne socialisla (diciamo meglio, so– ciulden1ocrutica), e che gli anoni– mi esponenti del MAS e delJ'USI si sarebbero trovati d'accordo coi nominati esponenti del PSDI (Su– rugat e Ro1nita) sui terrnini della ennesin1a unificazione. Abbia1110 cercato subito d'incontrare gli espo– nenti del MAS, per w1 cl1iarimen– to, un'intervista, una parola: ma non ne sapevano nulla. Abbiamo ricercato quelli dell'USI: mn an– ch'essi dicevano di non saperne proprio nullu. Ci è sorto alloru il dubbio che i predetti esponen– ti fossero ulcuni membri della se– greteria del PSDI, mascherati per l'occasione da « autonomigti » e da « socialisti indipendenti ». Il dub– bio era convalidato d'altronde dal complesso di « autocritica » che sembra abbiu colpito l'on. Sora– ga!: al punto da fargli recitare in ogni città italiana un convin– to << meu culpa » per i n1t1li da lui inflitti al paese, e da fargli ripetere considerazioni e concetti che in nitre occasioni erano stati ritenuti eretici, anzi blusfc1ni, da lui medesimo. Così, l'apertura a sinistra prende ora il posto delJa solidarietà democratica, ed il bloc– co laico, respinto quando si trat– tava di evitare la legge elettorale, fa nuovumente la sua riupparizio– ne fra i politici benpensanti. Ne riparleremo. Ma intanto, la politica cumn1inu, con quel suo brutto vezzo di porre ogni gior– no problemi concreti, e necessità di risolverli. E mentre nella stra– tosfera vibrano le « aperture » e i « bloccbi », su questa povera terra si deve I are, decidere, vota– re. C.Osì è successo che n1entre il loro leader parlava un linguaggio tanto uscctico, i deputati e sena– tori del PSDI, gente più concreta, votavano contro l'o.d.g. per l'nbro• guzione dell'attuale legge di P.S. e si « squagliavano » in occasione del voto sull'o.d.g. relativo nllu concessione di assegni vitalizi ai vecchi lavoratori privi di pensione. Non sembra invece che a nessu– no sia ancora saltato in mente che l'upcrtura a sinistra e il bloc– co laico (operazioni che non sono in se stesse contraddittorie, anzi potrebbero essere espressioni di una stessa politica) non si fan– no con dei discorsi nei 1naggiori teatri della penisola né con la dunza della formule, ma cercan– do di realizzare, volta per voh.a, una politica romune fra de1no– cratici e socialisti di ogni tinta. Per Trieste, i partiti socialisti e democratici non hanno trovato di meglio che contribuire a « squa– lificare » il governo votando l'una– nimità sulla sua politica, che è forse la peggiore di tutte le politi– che si potessero fare; non sono stati capaci d'in1postare, tutti in– sieme, una proposta di soluzione del problema su posizioni demo– cratiche, antifasciste, europee. Han- no subito il ricatto delle destre: o tutto o niente; ed ora non san– no che fare, poiché l'on. Pella può u giusto titolo nfl'crn1are che ]a sua politica è, in questo affare, lo politica di tutto il Parlamento. Pei diritti casuali, è stato neces– sario che il Presidente prendesse posizione perché il problema si ponesse di fronte nl paese p~r quello che è: una volontà feudale di ridurre lo Stato al servizio di individui o di . gruppi. Chi, più dei socialisti, l'avrebbe dovuto sen– tire? chi, più dei socialisti, ha inte– resse che lo Stato sia efficiente strumento d'intervento nell'interes– se della collettività? Eppure, i so– cia lisi i hanno dovuto aver lezio– ni da un 111aestro di « liberali– smo», perché i meschini wlcoli elettorali, la difesa degli interessi sezionali restano do,ninanti. Anche i socialisti, del resto, si son dati da lare, con frenetico denu,gogismo, per un a1Jargan1en– to sempre n1aggiore dell'amnistia. A pnrte l'opportunità di una nuova u1nnistiu, e di tuie un1piezza, è evidente che i socialisti avrebbe– ro dovuto porre, eventuahnen!e, tre soli temi: quello politico (uon indiscrirninato, n1a in difesa della Resistenza); <1ucllo sociale (lar– ghezza verso i n1inori renti di ca– rattere sociule, come il furto); quello infine delle provvidenze da , predispol're per i « liberati » dal carcere. Invece, si è seguito il si– sten1n del « chi più ne ha più ne n1ctta »: senza neanche valutare le gruvisshne ripercussioni sociali che unn indiscri,ninatu an111istin potrebbe avere (si parla di 40 DJila detenuti che sarebbero libe– rati, 111ohissin1i dei quali si tro• verehhero nell'in1n1ediatu necessi– tà di delinquere nuo\'amente) e senza denunciare l'incredibile pro– cedura seguita dal governo, che ha prutica1ncnte aperto un lungo pe– riodo di « franchigia penale ». Infine, ci è capitata sott'occhio, fra le tante amenità che si sono scritte e dette sui drammatici ca– si della Pignone, una proposta di legge presentata da deputati della sinistra dc,nocrisliana (quel– li ai quali si rivolgerebbe l'aper– tura a sinistra di Saragat), in forza della quale lo Stato dovreb– be assumersi « per legge » il co111- pito di esproprinre e gestire di– rettan1entc le aziende in dissesto: attribuendo così carattere organi– co e continuativo a quella disastro– sa pratica seguita negli ultimi an– ni, per cui lo Stato non si preoc– cupo di adottare esso uno politica economica capace di risolvere la crisi del paese, n1a interviene, coi danari dei contribuenti, prima a finanziare la grande industrio pa– rassitaria, e poi ad assu111ersene l'eredità quando i « n1agnati » di essa finiscono col gettare a 111are in1pianti ed operai. Trieste, casuali, an111istia, Pigno– ne sono altrettanti episodi del– l'incredibile caos in cui stnnno opernndo le forze delJa sinistra den1ocratica italiana. C'è solo un modo di unificarsi, compagno Ma– gnani; c'è solo un modo di apri– re a sinistra, cornpugno Sarugat; c'è solo un modo di blocco laico, umico Lo Malfu: è quelJo di du– re al paese la sensazione che in tutti i problemi centrali dello sua vitu i socialisti e i democratici hanno una loro soluzione unita– ria da propora re, si e per battono essa con costanza coruggio. e con SOMMARIO FARE RASSEGNE: Italia, oggi: Da capo con la legge elettorale (pag.' ') - li M tr', di P10 (pag. 4) • PI to l'• n. o punto: Oti esperti all'opera, cU ALBERTO BERTI e 0IUSBPPB PATRONO: Borseg– glntl lo guardlna I (pagg ... e 5). L, afoittra democrat.ica eurooea: Una rivista franco-inglese, di C. CESA (pag •• ) - P ,uine ài cultura r1mt,mvnra11,n: JUcsnmc del marxismo (Il), di JOHY 8TR.A.OHEY (pag. i) • Libri e prcb~~mf: Nuovi saggi fablnul, di PAOLO V1TTOR&LLI {pag. d). POLEMICA FEDERALISTA L'EUROPA o disfare il già fatto? L , AMICO Codignola, che conosce con quanto affetto sia stato accanto a lui in alcune dtlle comuni bat– taglie, sa anche come non gli perdoni di guastare le sue magnifiche qualità con ciò che rischia di diventare una posa o una formula di intransigente moralismo. lntendiamQci, non vorrei essere frainteso: non è il reale fondo morale dell'uomo che mi può dispia– cere né la sua franca passione : sono anch"io, prima di lui, della generazio– ne di quelli che tengono presente, in ogni loro azione, !"ideale di un'Italia, jn cui la lotta politic, croza ipocrisie. si svolga a un livello più alto; e !"in– finita pazienza necessaria per far entra• re un po' di quel nostro ideale nella realtà non mi ha scoraggiato né, finora, fatto mutar parere. Quel che di Codi– gnola mi dispiace è tutt'altra cosa, è un carattere finora marginale. della sua azione: è quello starsene per così dire a dito ritto per scoprire i difetti delle azioni altrui, talvolta prima di averne penetrati e meditati i motivi, improvvi– sando delle tesi su situazioni che gli balenano un tratto, senza misurare la strada che gli fanno imboccare, in fon– do alla quale, a volte, invece del me– glio, c'è il caos, o il niente. O, poiché il .niente non esiste in poli(ica, la de– moralizzazione e l'uscita dall'azione di strati più o meno vasti di compagni. Questo Codignola, senz'altro, mi pa– re l'autore d'una buona metà dell"arti– colo « Come fare l'Europa? », uscito, quale fondo di Nuova Repubblica, il 20 ottobre scorso, dopo il congresso dell'Aja. In esso risento quel certo tono di censura, per !~appunto, moralistica, nel combattere, nell'avversare irn:a tesi - quella del movimento federalista - che può esser discussa, ma deve esser discussa politicamente. Codignola par– la di « u11afallica di adeguamento alla realpolitik che 1•erame11/e ua paua11- do il 1eg110 >>; ora, quando in questo movimento militano i compagni che tut– ti conoscono (e i « non compagni », se vogliamo parlar da settari. come il se– gretario e il .segretario aggiunto che tutti conoscono, che hanno quel po' po' di passato antifascista, e che con perfetto disinteresse si sono riti– rati da qualunque pur legittima ambi– zionè elettorale o politica nel senso tradizionale per consacrarsi alla loro causa), ciò mi sembra passi il segno. Tanto più quando altri compagni 9el– l'U.P., psicologicamente « a sinistra » di Codignola, eletti dal Congresso nel Comitato Centrale perché non fosse as- sente la loro voce, la loro critica, la lo– ro collaborazione, non sono stati finora presenti in nessuna deliberazione. Ma lasciamo questo aspetto che mi ha, debbo dire, ferito, e che ha con– tribuito a farmi ritardare una risposta che vorrei scarica al possibile di pas– sione. Veniamo all"aspetto politico del– l'articolo di Codignola. Due degli appunti che egli muove alle tesi politiche del movimento, non mi pare valgano la pena di soffermar– cisi a lungo, per Ja scarsa attualità; e cioè il dubbio se l'inclusione della Germania in un sistema federale euro• peo non << poua ton1rib11ire a rendere definitii•o lo smembramento dellt1 Ger– mania»; e il sospetto che la nostra posizione politica possa confondersi con quella americana. Sul primo punto mi basterà osservare che l"unità tedesca non è, per me almeno che non sono mai stato né nazionalista né patriota tede– sco, un dogma assoluto; se facciamo del– le concessioni in materia di unità tota• le europea, perché non ne faremmo in materia qi unità totale tedesca, al– meno per ora? L'appunto è del resto contradditorio con l"altro dei « milioni di voti di ex nazisti » andati alla tesi dei governativi tedeschi sull"unità eu– ropea. Quanto al secondo punto: al so– spetto cioè che la nostra posizione po– litica possa confondersi con quella ame– ricana, ricorderemo a chi, se lo sia di~ menticato che eravamo europei assai prima che a questo problema si inte– ressassero gli Americani (a quell"epoca chi se ne interessava era Attlee.... e non abbiamo ragione di mutare ora che questo atteggiamento americano è mu– tato. Bel metodo politico sarebbe! Del resto, nei miei non lunghissimi anni di milizia politica, la propaganda in– teressata potrà avermi fatto passare per russo o per americano, \'Olta a volta - accusato, come tutti voi, di fare il gioco dei comunisti in campagna elet– torale, Togliatti mi definisce disonesto anticomunista per professione e l"U11i1à mi paragona addirittura, con palese esagerazione, a Valletta! -; non me ne è mai importato nulla e la successiva accusa della opposta pa;te ha sempre ristabilito l'equilibrio). Veniamo dunque al punto veramente essenziale: la C.E.D. Dice Codignola: un esercito unificato,. senza « una re• spomabile direzione politica » diventa << ine/11ttabilme111e tifi esercito mercena– ,-io, alle effe11ive dipendenze di quella potenza militare capace di dominarlo». Perciò, niente C.E.D., almeno fino a che non siano votate le strutture poli- tiche che il trattato implica, a cui anzi esplicitamente si riferisce. Niente C.E.D., che « nessun federalista acco– glie con piacere », che, per i federalisti stessi, è « il minor male, come era il minor male De Gasperi e il q11ad1i– par1ito ». Ora, qui veramente Codignola ci sem– bra che erri radicalmente nella sua im– postazione. La C.E.D. non sopravvie– ne già in un vuoto politico, in una situazione di verginità in cui i popoli europei stiano consultandosi sul mi– glior matrimonio da fare. Giunge alla fine di un periodo di intenso lavorio politico, dopo la caduta delle forze spontanee che spingevano avanti la società europea al momento della libe– razione, dopo che la divisione del mondo in due blocchi, i pericoli che !"Europa corre, i rapporti di forza hanno creato un s1SCemadi alleanze. Questo sistema di alleanze oggi in Occidente si chiama Patto Atlantico (e prima c'era stato il Patto di Bruxelles, da cui l"lt~lia era esclusa, promosso dall'Inghilterra). In questo sistema di alleanze, o in quello che per fatalità di cose, lo sostituirebbe (come è pro– vato dal destino dei regimi di Franco e di Tito, « mercenari » degli Stati Uniti certo più dei popoli occidentali, perché privi di qualsiasi, anche debole garanzia sulla politica generale dell"al– leanza), le truppe degli Stati europei tendono alla lunga a diventare truppe ausiliarie, o mercenarie se si vuole, per non altra ragione che per il non di– sporre esse di quelle armi che sono decisive nella contesa alla scala mon– diale, tra grandissime potenze (arma atomica e aviazione da bombardamen– to a lungo raggio). Non fosse che per questa ragione, il patto atlantico, co– me ogni alleanza tra disuguali, è sog– getto a due possibili degenerazioni: a) risolversi in un sistema solo apparente multilaterale, in realtà di rapporti di vassallaggio bilaterali; b) perdere ef– ficacia, ciò che, allo stadio attuale della contesa fra i blocchi, non farebbe che aprire un vuoto pericoloso. Sono appunto i problemi militari del patto atlantico che hanno spinto al riarmo della Germania. Checché ne dica Codignola, basandosi su una nien– te affatto provata opposizione di cir– coli americani e inglesi (la politica di Churchill, sostanzialmente approva– ta dai laburisti, è chiara in proposito), il problema, posto in modo meno ur– gente anni fa, sta diventando gravis– simo. Non solo più per ragioni di equi– librio militrue; perché, non essendosi

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