Nuova Repubblica - anno I - n. 19 - 5 ottobre 1953

2 La proposta della vedova di Bat– tisti, anche se può apparire di assai dtf f icile applicazione pratica, me– rita di essere valutata non soltan– to per l'autorità da c11iproviene, ma anche perché essa appare 11n lentativo di 11sciredal terreno della retorica patriottarda in c11iil pro– ~lema di Trieste sembra portato mvanabrlmente ad insabbiarsi. La tesi del plebiscito, ora avan– zata dal governo e sosten11ta dai socialdemocratici, ci lascia franca– mente perplessi: in astratto, nes– s11nd11bbio che si tratta della più democratica delle tesi; ma in con– creto? wme _sirealizzet·ebbe q11esto pl~brs~rto? e nelle modalità di ap– plrcazrone che se ne determinerà infatti il carattere e l'efficacia. Se esso sarà indello separatamen– te nelle d11ezo111! ( A e B), il sr,o esito è scontato: Trieste all'Italia zona B alla f ugoslavia. In quest~ caso, esso porterà semplicemente alla meccanica spartizione territo– riale, senza che venga affrontato m nessun modo il problema di fo~do, quello delle garanzie delle mmor~nze che resteranno aggrega– te ~li altro Stato (le popolazioni 1ta!tane della costa istriana e le minoranze slovene del ret~oterra triestino). Se invece esso sarà indetto con– giuntamente s11ll' intero territorio q11al11nq11e ne sia l'esito (che l~ popolazione cittadina di Trieste e di altri minori centri schiacci la campagna slava, o che i contadini del retroterra prevalgano sugli ita– lram) esso sarà ingiusto dal punto dr vrsta etnico, e si dimostrerà pro– babrlmente inapplicabile. D'altronde, è in11tile dimentica– re 111~ dato di fatto, che la ft1gosla- 111a e rei/a da rma dittatura e che Tito non ticcet:er_àmai ,m' plebi– serto le c111 sorti siano incerte. Mo/. t~ più realistica sembra d11nq11e la 111adel :omp~omesso diplomatico, se~za drmentrcare certi presuppo– str: c~e '.'on esistono, neppure da p_artertalrana, diritti imprescindibi– li; che l'annessione di L11bia11a e l'ocmpazione fascista di parte del– la f 11/{0slavianon sono carte che gi11ochinoprecisamente a nostro fa– vore (l'on. Pella avrebbe dov11to ricordarlo ai fascisti anziché chie– dere il (oro sostanziale appoggio alla .«piccola» mobilitazione); e che rl problema va sdrammatizzato dt tutti gli elementi estt·inseci, per nd11rlo a d11e n11clei essenziali: garanzia internazionale delle mino– ranze; funzionalità economica del porto e della città di Trieste. In verità, non tanto p 11ò inte– ,·~ssareche la li~ea di confine pas– s,_a q11alchechrlometro pirì ad oc– cidente o pitì ad oriente, qllanto che 1 1111c/e1 nazronali, che inevita– bilmente si troveranno Stili' altro territorio, siano garantiti con trat– t~to internazionale, e che l'applica– zione dr q11esto trattato sia assi– c11ratada 1111 organo permanente così s11 territorio slavo come s~ territorio italiano, alle dirette di– pendenze dell'ONU o del Consi– f{lio d'Europa. Q11est'organosopra– nazionale dovrebbe accertarsi che alle minoranze sia assimrato il di– ritto a/la propria li11g11a, alla pro– pria stampa, al proprio nome, alla propria sc11ola, al proprio c11lto; che in nesmn caso si operino nei loro confronti discriminazioni di almn genere e che sia t11telatala loro piena parità gi11ridica; che il diritto al passaporto non sia sot– toposto a ~imitazioni o a formalità; che sia loro garantita l'esenzione dal servizio militare. Q11anto a B10 o eca A. c. Russia al bi\1io 1) La successione di Lenin 2) L'opera di Stalin 3) I problemi di oggi I problemi di oggi Che faranno i successori di Stalin! Si scanneranno fra di loro, ci si dice, alla luce del caso Beria. In realtà, il caso Beria non ha gettato, finora, molta luce, sugli sviluppi effettivi. Gli uomi– ni si sono assai spesso scannati fra di loro, dai tempi delle caverne fino ai nostri giorni, ma quel che ha sempre contato non è mai stato questo fatto animalesco (che non ha potuto impe– dire neppure l'enorme moltiplicarsi del: la specie umana), bensì lo svolgimento della tecnica della società, dello stato; dei rapporti internazionali, di quel che, malgrado le lotte fratricide e le guer– re, si chiama civiltà. La successione di Lenin è stata realmente seguita dall'eli– minazione violenta di quasi>tutti i pro– tagonisti, da parte del vincitore, però ciò che ha avi'to luogo durante la lotta per la conquista totalitaria del potere, sibbene successivamente, a vit– toria interna relativamente consolidata, a scopo cioè non di repressione dell'op– posizione, ma di prevenzione di una recrudescenza di opposizioni in una si– tuazione internazionale piena di acuti pericoli di guerra. Assai più importan– te per il popolo russo, per il comuni– smo internazionale e, si può dire, per il mondo intero, della epurazione fi. sica dei rivali di Stalin, è stato d'al– tronde quel che Stalin ha creato: la nuova gigantesca potenza della Russia industrializzata 1 collettivizzata, armata, animata dall'orgoglio di una missione nazionale universale. Né si può dire c-he Stalin abbia creato tutto questo semplicemente in odio a Trotski o a Bukharin: sarebbe trasformare la sto– ria contemporanea in mitologia del l'Olimpo antico. tl stato creato ciò di cui gli spinosi problemi di politica economica della Russia arretrata, e più tardi minaccia beli ica esterna, hanno sollecitato la creazione; il che spiega anche, naturalmente senza giustificarle, le brutture, le pennellate forzate del quadro. Che cosa produrranno i successori di Stalin? Tale è dunque l'interrog~tivo retto. Lungi dal voler semplicemente ri– percorrere la stessa precisa via percorsa da Stalin, uno dei risultati staliniani, l'accentramento di tutto il potere nelle mani dell'uomo più forte, l'hanno già escluso, ~on soltanto a parole, con l'af– fermazione della necessità assoluta del- Trieste, erezione della regione lt'ie– stina ( col retroterra e col gorizia– no) in regione a11tonoma nell'am– bito costituzionale italiano: regio– ne con proprio ordinamento spe– ciale (il precedellle dell'Alto Adi– ge potrebbe essere almeno in parte considerato), porto franco, trattati commerciali e di transito stipulati direttamente dalla Regione auto– noma con I' A11striae la f 11goslavi11. Infine, particolari accordi per con– sentire ai cittadini jugoslavi di lin– g11aitaliana di mantenet·e con Trie– ste organici legami rnltrmtli, allra– verso forme federative non incom– patibili con le due .rovranità (p. es. CO NUOVA REPUBBLICA la direzione collegiale, ma anche a fat– ti, con la suddivisione fra varie perso– ne delle varie funzioni decisive chf Stalin aveva tutte riassunte in sé, e particolarmente con l'elevazione a prin– cipale capo d'accusa contro Beria, cioè contro chi comandava quella polizia politica la quale soltanto poteva ~ssere in grado di assicurare al proprio can– didato il monopolio del potere, il fat to di aver aspirato a questo monopolio medesimo. Questa è perciò un"indica– zione, ancorché per il momento solo ne– gativa. (L'altra accusa che gli .utuali capi hanno mosso a Beria, di aver vo– luto far leva sul separatismo delle na– zionalità non russe dell'U.R.S.S., è fin troppo naturale contro un rivale che personalmente non è russo, ma georgia– no, e che deve tutta la sua carriera ai rapporti personali con un altro, ben maggiore, georgiano). Due problemi, che i dirigenti della Russia hanno già praticamente ammes– so .di dover affrontare, sono costituiti dalla tensione mondiale che minaccia una guerra a morte con gli Stati Uniti a scadenza non lontana e, su un altro piano, dalla avvenuta formazione nel– l'U.R.S.S. medesima, per effetto del pro– gresso industriale, così come dello po- • tenza militare, di nuovi' ceti sociali. Il maggiore di questi, quello degli « in– tellettuali sovietici », fu riconosciuto, ancora ai tempi di Stalin, almeno nella pubblicistica corrente, come una forza sociale legittima quanto la classe ope– raia o quella dei contadini collettiviz– zati. Si può supporre che analogo rico– noscimento sia in atto,. anche sotto la pressione della minaccia internazionale, a favore dell'esercito. Tutte le misure prese dopo la morte di Stalin, dai ten– tativi di una distensione internazionale all'insistenza per la tutela dei diritti in– dividuali, sanciti dalle leggi, dei cit– tadini sovietici, i;:'Untano in questa dire– zione. Congetturare cj,e fossero tutte mi– sure imposte da Beria, sicché verreb– bero annullate dalla sua defenestrazione, significa attribuire all'ex-capo della po lizia chiaroveggenza e tempestività ve– ramente superiori, e allora non si ça– pisce come mai, con queste doti, al ser– vizio di una politica distensiva sicura– mente ben vista dal paese, il georgiano, che ingenuo di certo non era, si sia lasciato sorprendere e sconfiggere ·n un batter d'occhio. Più ragionevole sembra ricordare che alcuni aspetti della nuova politica maturavano (e non hann9 man– cato di trovare talvolta visibile espres– sione) sin dalla morte di Zdanov, de! quale si sa positivamente, per averlo egli stesso ripetutamente detto e scritto, che aveva rappresentato la opposta ten– denza del fanatismo, dell'irrigidimento, dell'offensiva spietata, ad ogni costo, contro i nemici e i tiepidi amici. Ma altri due problemi esistono ,tret· tamente legati tra di loro, di cui è as– sai difficile per i capi sovietici ammet– tere - in linea di principio - la le– gittimità e di cui l'uno almeno è gi:ì stato, peraltro, da loro chiaramente per– cepito. Ci' riferiamo alla crisi dei regi– mi comunisti nell'Europa centro-orien- sezioni locali di organizzazioni C11l– turali o sportive facenti capo a Trieste, piena validità. dei titoli di studio conseg11itia Trieste per l'e– sercizio di professioni ml territo– rio slavo, ecc.). Per quanto delicato e invelenito sia q11esloproblema, esso è rm pic– colo problema riJpetto alla comples– sità degli al/11alirapporti intema– zionali: ma è rm problema che va risolto, non coi metodi della forza (né discorsi provocatori né passeggiate militan), ma con q11elli della trattativa intomo a tm tavolo, fil dati precisi e concreti, con spi- rito largamente e11ropeo. N. H. tale ai potenziali sviluppi poliuci nel– l'Europa occidentale. Nonostante l'indubbio desiderio di giustizia e d'indipendenza degli operai di Berlino, sembra evidente che nulla di visibile sarebbe accaduto, se le stes– se autorità comuniste, davanti allo scric– :hiolio del loro sistema economico, si fossero affrettate a inviare viveri nei centri di maggior malcontento, invece di decretare prima l'inasprimento delle «norme» di lavoro e poi la lc,ro.abo– lizione, con la contemporanea autoriz– zazione, a guisa di « autocritica », di dimostrazioni pubbliche reclamanti quel– !; soppressione. Non sappiamo nulla di preciso della Polonia e della Cecoslo– vacchia, ma si direbbe che errori dello stesso genere, anche se meno P,ravi, de– vono essere stati commessi anche colà. In Ungheria poi, lo stesso regime co– munista ha clamorosamente rovescia• to la politica del periodo precedente t il capo del governo che vi aveva legato il suo nome, col risultato che, come questi ha potuto rimproverare, pubbli– camente, al suo successore, benché i nuovi provvedimenti fossero giustificai( il modo del loro annuncio ha egual– mente provocato disordini, espt imentisi nella immediata uscita dalle aziende agricole collettive di molti co:itadini, che avrebbero dovuto esser autorizzati a farlo, ma soltanto ultimati i lavori del raccolto e la consegna del raccolto. li malcontento acuto delle popolazio– ni e gli errori di tempestività, non lontani da manifestazioni di panico, dei governanti comunisti, sono soltanto ! più recenti e appariscenti sintomi di tutta una situazione sforica re;;asi as– surda. Nell'Europa centrale agivano in altri tempi gli stessi motivi economici della rivoluzione sociale russa e, in primo luogo, quello dei latifondi, ac– compagnati da una cupa e crescente ar– mata di braccianti agricoli miseri e sot– to-occupati. Le riforme agrarie del pri– mo dopoguerra, per quanto manchevo– li dal lato tecnico e talvolta anche da quello dell'equità, e il successivo svi– luppo dell'istruzione, che ha reso n.oto tra l'altro come l'epoca dell'emigrazio– ne di massa sia finita e come non sia obbligatorio mettere al mondo più figli di quanti non si possano alle,·are, tol– sero o scemarono la gravità esplosiva di questo problema, non soltauto là dove, come in Cecoslovacchia e in Ju– goslavia, i latifondi furono ridotti a un'aliquota ben modesta, ma anche in Polonia, Romania, Ungheria, ove pure il potere sociale e politico dei grandi proprietari era sopravvissuto alle rifor– me. I sommovimenti del 1945 distrus– sero radicalmente questa residua po– tenza oligarchica, distribuirono le pro– prietà superiori alla media fra i brac– cianti ancora nullatenenti, ma 'Litri ef– fetti, nelle campagne, non ebbero. né potevano direttamente avere. Ciò non significa che quei paesi non 5offrissero di una gravissimà crisi economic0-soria– le, che le recenti rivoluzioni avrebbero dovuto sanare. Ma all'origine di quella crisi la questione agraria stava soltan– to indirettamente, in quanto cioè il pe– riodo storico della grande proprietà ter– riera aveva lasciato in eredità un li– vello decisamente basso di salari, nel– l'agricoltura e anche nell'industria, con l'ovvia conseguenza di una relativamen– te bassa produttività. La causa dirflta era nella distribuzione, a seguito della prima guerra mondiale, dell'unità e armonia economica fra le varie parti dell'Europa danubiana, di quella divi– sione del lavoro che, ad opera de! li– beralismo della seconda metà dell'Otto– cento, aveva consentito, lino al 1914, malgrado il feudalesimo agrario, il progresso economico anche dei paesi 'iiti nella parte ctntro-orientale del nostro continente. Compito dell'internazionali– smo socialist)l o comunista sarebbe stato b ricostituzione su scala più vasta, con la cooperazione delta stessa Russia, con mezzi tecnici assai progrediti, di quel– l'unità economica, spezzata preci~~mente dal nazionalismo di coloro che nd 1919 avevano reclamato una funzione avan– zata nel cordone Ja11itt1rio attorno al– J'U.R.S.S., voluto dalla contro-rivolu– zione. MassiCci investimenti indl!stnali, che bisogna sempre pagare con il rin– vio della dilatazione di certi consumi, s;rebbero stati opportuni anche in tal caso, ma si sarebbero potuto attuare in armonia gli uni con gli altri, seco11do i criteri della divisione del lavoro e dei costi comparati, e fino al limite della disponibilità di mano d'opera al– trimenti esuberante, che esisteva effet– tivamente, come massa cronica di di– soccupati, nelle varie economie nazio– nali, più forse nei centri urbani !)erò che nelle campagne. Il risultato si sa– rebbe anche potuto trovare nell'espan– sione dell'industria, compresa quella pesante là dove ci sono fonti qualita– tivamente soddisfacenti di forza motri– ce e ·di materie prime, parallelamente però all'espansione della produzix1e d1 cereali e dell'allevamento d,be;tiamc nelle zone naturalmente agricole. Fra Cecoslovacchia e Romania, fra Polor>is e Ungheria, e in generale fra :utti i territori· siti ad est di Berlino e Ji Vienna, sarebbe dovuto formarsi un.1. nuova unità economica, a sviluppo !n– dustriale notevole, subordinatÒ h1ttavi:1 allo sviluppo agricolo, le cui ecceJenze avrebbero permesso anche l'importazio– ne, da altre aree più industrializzate del mondo, di quei beni, strumentali o non, che s~rebbe stato troppo costoso produrre in loco, e di quelle materie prime di cui la regione centro-orientale difetta. Non c'era bisogno, in modo as– soluto, per l'attuazione di siffatta unità economica, di una Federazione politico– militare di questi paesi, quale ventila– rono Dimitrov e Tito, allarmando Stalin sia per il contraltare alta Russia ch"es• sa avrebbe costituito, sia per le av– venture ( in direzione della Grecia, per esempio) a cui si poteva temere che si lasciasse trascinare. Sarebbe bastata una politica economica comune, unitaria, ba– sata sugli elementi obbiettivi di possi- • bile armonizzazione' nel campo degli investimenti industriali e agricoli, quin– di del credito e della moneta (comun– que già controllati e diretti) e in quello dell'intercambio, nell'area e con l'estero. Questa possibile pianificazione inter– nazionale delle cosiddette « democrazie popolari » non fu neppure presa in con– siderazione da Mosca e dai governanti comunisti locali, che ne ricevettero ed eseguirono le direttive. Dopo il brillan– te successo iniziale della ricostruzione dalle rovine belliche, di cui i comunisti poterono ben dirsi fieri, si impose ad ogni singolo paese un sistema di pia– nificazione nazionale quasi autarchica, sul modello della Russia del 1930, igno– rando deliberatamente che non aveva senso economico il forzare la creazio– ne di una grande industria pesante e an– che bellica in Ungheria e in Romania (paesi comunque occupati dalle truppe sovietiche lino alla sopravvenienza di un accordo durevole con l'Occidente) e che non vi era alcuna rilevante so– vrapopolazione agricola da assorbire in Cecoslovacchia, benché l'espulsione dei tedeschi dei Sudeti vi avesse creato no– tevole mancanza di mano d'opera indu– striale. Preoccupazioni di prestigio, pilLanche di considerazioni strategiche a lunga scadenza, imposero queste eccessive in– dustrializzazioni semi-autarchiche, così come, più recentemente, i tentativi di collettivizzazione agricola che - uni– tamente alla fissazione di ragioni di scambio artificialmente favorevoli al– l'Unione sovietica nel commercio delle « democrazie popolari » con quest'ulti– ma, e all'impossibilità di commerciare in· misura sufficiente con i paesi capi-

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