Nuova Repubblica - anno I - n. 19 - 5 ottobre 1953

L. 35 .. Spedtston• ID abbonamento pootale (Gruppo Il) A pagg. 6 e 7: Oiscussione sull'unità sociali ... •- -- -~ \11 l\,l'•. \'ust. or. \\ ;1reu'.l,l'I • l'-\"''''''•• Anno I -· N. 19 QUINDICINALE POLITICO Firenze - 5 ottobre 1953 GIORGIOSl'INI: Obiettivi socialisti (pngg. I o 3) • A.V.: Russia al bivio; I problemi di (oggi i e 3) • JrnNDtS-FHANCE: Slamo nel I 7~~ (l>ng. o) • mvs•;1•1'E l'EHA: L'unità so– cialista non si chiama PSIUP (pagg. 6 e 7) - Una :::-eriRnzione (png. 0) - GIOVANNI B01t– GHl-;S1: Lega della democrazia (png. I) - VINCE~'ZO t.lALACE, li nostro dovere (png. 7) - Llll.10 IIAIIIIIERA: Mcttinmo nlla prova il governo (pag. :-) - FltANCESf,'OJIAltCIIESE: La Obiettivi socialisti A lcide De Gasperi ha accettato di diventare segretario della D. C. con 49 voti favorevoli e 25 asten– sioni. Tanto equivale a dire che egli, da capo del governo e presumibile can– didato alla presidenza della Repubblica o addirittura preconizzato artefice di un certo tipo di unità europea, ha accettato <li trasformarsi in capotribù di uno dei clans interni della D. C. E di uno dei clans, per di più, fra i men graditi all'opinione pubblica e i men destinati a raccogliere attorno a sé una larga popolarità nel prossimo avvenire. Può darsi che dalla segreteria del partito conti di risalire quanto prima al Vimi– nale. Ma rischia ormai di tornarvi sem– plicemente come il capobanda di un non edificante arrembaggio di esclusi dall'albero della cuccagna. Non più, certamente, coll'aureola dell'uomo in– dispensabile, dello statista al disopra dei partiti, dell'idolo della piccola e grossa borghesia italiana. Strana decisione per un uomo politico, sino ad ieri vanta– tatoci per maestro di sottilissima astu- -..-- -zja. Ci si poteva aspettare di meglio Ja un uomo di stato della sua esperienza e del suo prestigio. Vuol dire che chi pratica lo zoppo, impara a zoppicare. E forse non si può governare per tanti anni, allevando attorno a sé equivoche clientele pseudo-socialiste e pseudo- de– mocratiche, o solleticando la mediocrità arrogante, arruffona, incompetente dei Gonella, degli Spataro, degli Andreotti e degli altri cento provincialotti, gonfi di complessi di inferiorità da sfogare e di protetti da mettere a posto, senza risentirne l'effetto deprimente, Comun– que, registriamo il tramonto del mito De Gasperi e del degasperismo come fa– se storica della politica italiana. La borghesia, sconvolta dal crollo del fa– scismo, credeva ieri indispensabile af– fidarsi alla tutela nei nepoti veneti o meridionali di quei clericali che nel 1870, avevano, osteggiato la nascita deJlo staio borghese unitario e liberale. Oggi essa ha capito finalmente di po– tere fare a meno di questi tutori im– piccioni ed ottusi, ed accetta di nuovo la guida dei nepoti legittimi dei mo– derati lombardi o piemontesi del Risor– gimento. Leva di mano il potere agli avvocatucci di provincia e lo confida ai Pella ed ai Bresciani Turroni: gli uomini della più vera borghesia ita– liana e della più degna di questo nome, cioè del mondo delle industrie e dei commerci della VaJle Padana. Dobbia– mo poi rammaricarcene noi socialisti? salo dalla sconfitta militare nel 1945, ma non interamente sparito, ora come mito sanguinolento di révanche jn Ita– lia e in Germania, ora come minaccia incombente sulla libertà in Francia. Sin ad ieri in ascesa preoccupante nei tre massimi paesi dell'Europa continentale, esso sembra iniziare ormai la propria parabola discendente, colla crisi interna del gaullismo francese, la catastrofe elet– torale del neo-nazismo tedesco, il magro bottino raccolto dal neo-fascismo ita– liano, nonostante lo sfruttamento elet– toralistico di certo malcontento men– dionale, non classificabile davvero come « fascismo >> vero e proprio. Appena en– trati a Montecitorio, infatti, missini e mona(chici non hanno celato davvero 1·. propria fretta di mandare in soffitta il mito legittimista o quello mussoliniano, e scendere sul terreno molto men gran– guignolesco dell'Uomo Qualunque. Che su queste posizioni possano evitare alla lunga di fare la fine dell'Uomo Qua– lunque, è almen dubitabile. Comunque è chiaro che la destra parlamentare euro– P.ea , coi suoi Pinay, i 5uoi Adenauer ed i' suoi Pella, sta togliendo ogni ragion d'essere alla destra anti-parlamentare fa– scista. Certo, se la borghesia comincia ad abbandonare quest'ex/rema ratio per lei costituita dal sovversivismo di estre– ma destra, è chiaro che spera di ottenere i suoi scopi a più buon mercato sul terreno parlamentare. Ma la più destror– sa delle Can,ere sarà sempre infinita– mente preferibile aJ una camera a gas. E per quanto scarso entusiasmo possano destarci i movimenti di truppe alla fron– tiera ordinati dal governo Pella, li pre- , feriremo sempre alla marcia di Ronchi. Lo sgonfiamento del paJlone sanfedista di Lauro e di quello pseudo-rivoluzio– nario e « sociale » del M.l.S., 'aprendo alla destra la possibilità di fare una sua politica chiara e decente ed alla sinistra socialista quella di politicizzare il gene– rico malcontento del Meridione, non è che un guadagno per le sorti della ;ita politica e della lotta di classe in Italia. Sul piano stesso degli interessi più immediati del proletariato, non è .detto per niente che un governo di conserva– tori sia peggiore di un governo di se– dicenti progressisti. In cambio di pro– pinare c~iacchiere demagogiche, è pos– sibile persino che affronti il problema della miseria colla stessa serietà con cui lo hanno affrontato i democristiani te– deschi. Proprio l'esempio tedesco, in- GIOnGIOSl'INI (continua in J• pa(Jin 1) SOMMARIO garanzia C08tituzionalc del giudice naturale (pag. ~) - ltASSEONt;: Italia, oggi: Il ,•uoto dc (pag. -1)- Lavor<Je sindacati: Sciopero generale dell'industria (pag. 4) - Punto contro punto: I benemeriti delJa patria; Salvemini frate o gesuita (pag .J) - 15 oiorni nel mondo: La co– munità politica europea, di PAOLO VtTTOltELLI (pag. f>) • Cose di Fraueio: Struttura dcli' M.Jt.P. (1>ng.5) • DlSJ.:ON( D( OAO. USCIRE DALLA RETORICA PATRIOTTARDA ILPROBLEMA DITRIES D A più parti mi sono venuti privati incitamenti a fa~· rie– cheggiare per Trieste un mo– nito lanciato da Ceslre Battisti al popolo italiano e da questo vitto– riosamente raccolto nel 1915 quan– do ( e l'intervento dell'Italia in guerra era sulla bilancia) la Stam– pa di Torino ebbe data notizia del– le offerte austriache contenute nel documento ufficiale firmato dal ba– rone Macchio e dal principe Biilow. In tale documento l'Austria of– friva all'Italia « la parte del Ti– rolo abitata dagli italiani » cioè tutto il Trentino; ma per Trieste non si offriva che l'at tonomia (con l'Università italiana'!) nonché il « porto franco» e, urca il confi– ne oriePcale in g- 0 n.,l,;, territo:i0 dell'Isonzo, compresa Gradisca (in forma dubitosa si parlava di Gorizia; e di qualche isolotto dal-r mata). Contro tali offerte immediata– mente insorgeva - portavoce del popolo trentino - Cesare Battisti con un articolo pubblicato dal Se– colo del 13 maggio, articolo il cui contenuto si cond1iudeva colla invocazione: « Perduri la schiavi– tù di Trento, ma non sia vile la madre Italia ». Ché viltà e insi– pienza a lui appariva, ed ep, il baratto della liberazione degli ita– liani trentini .col sacrificio di quelli giuliani e dalmati, che sempre era– no stati stretti in alleanza nelle passate e recenti lotte di libera– zione. Questo, il monito lanciato il 13 maggio 1915 da Cesare Battisti, il monito che, mi si scrive, dovreb– be esser fatto riecheggiare dagli intimi, dai fidi. Ma, io rispondo, uno solo - ed è bensì l'essenziale - degli ele– menti, che in quel momento con– dussero a quel monito, perdura og– gi intatto. Ed è il sentimento della propria personalità etnica e storica nei figii italiani della costa orien– tale dell'Adriatico. Ad altra difesa di tale sentimen– to, ad altra sua valorizzazione per l'avvento della vittoria degli im– pellenti diritti e principi di liber– tà e di giustizia nazionali, e di pace internazionale (che pur furo– no nella fede di Cesare .Battisti> dovrebbe esser volta l'opera d, chi è preposto alla soluzione del pro– jblema orientale. Accettare nel 1915 le offerte di Biilow, che significavano impegno alla neutralità dell'Italia e alla con– nivenza colla guerra imperialista austro-germanica, importava raffor– zamento di,quell'impero austro-un– garico, -contro cui s'erano sollevati i popoli da esso « oppressi » (a co– minciare dalla Serbia! Alcuno ancora ricorderà le pubblicazioni di propaganda che sotto il titolo « Popoli oppressi » diffondevano in Italia nel 1914-1915 i rifugiati). Sarebbe stato, colla neutralità, rom– pere con essi la solidarietà nello spirito di libertà; peggio, era te– ner mano al dominatore. Soluzione unica : strappare la V c– nezia Giulia, colla guerra, all' Au– stria e riunirla alla madre Italia, libera e costituzion2!e. Riecheggiare ora puramente e semplicemente immutato quel ~o– nito è, scomparso l'impero austro– ungarico, un non sens·o. Come cioè dimenticare gli effetti duraturi della sopravvenuta poli– tica interna ed internazionale del periodo fascista? La prepotente do– minazione sugli slavi del retroter– ra, l'invasione della Jugoslavia? E il turbine del-l'ultima guerra-ri– voluzione? E le successive « foi– be» di Tito? .... Come infine non tener conto di una realtà : la costa ha bisogno del rctro~<..:ra, il n.:trokrr.i h:i (,i,s )iro della costa? Costa italiana e retroterra slavo ciascuno dalla propria parte, asso– lutamente non possono, non devo– no, non vogliono soggiacere a for– mazione politica straniera. Sarebbe sogno irraggiungibile la creazione di una « Federazione ita– liana del litorale adriatico orienta– le da Trieste a Fiume (e perché no a Zara, benché isolata e lonta– na!) e delle isole », federazione apertissima con trattati commercia– li alla Jugoslavia? Di una federa– zione a cui verrebbero affidati il valore e l'onore della soluzione, secondo verità e gimlizia, di un problema italiano ed internazionale altrimenti insolubile? A questo « sogno » mi ha con– dotta la meditazione « desta » di incitamenti pervenutimi da perso– ne $ensibilissime alla tragedia dei profughi giuliani e del problema triestino. «Sogno» che debbo chiamare tale nella mia ignoranza di quanto possano cognizione, senso di giu– stizia e di avvenire, a vantaggio di popoli e non di caste, là appun– to « dove il destin dei popoli si cova». Sogno, a cui in ogni modo affido la risposta per quanti mi hanno ri– chiamata, non senza rimprovero, al monito di Cesare Battisti. ERN•:su:v,m. BATTISTI Non parliamo di « spostamento a destra » del governo. Un incauto avallo sa>ragattiano o repubblicano alle so– praffazioni.clericali od alle camorre tipo Federconsorzi non ha mai spostato « a sinistra » un bel nulla, chè il mal– costume politico non è né di destra né di sinistra: è frutto di putrefazione sociale e niente più. Che si faccia avanti la borghesia seria milanese, biel– lese, torinese, al posto degli specula– tori e degli avventurieri; vedremo quel– lo che sa fare e discuteremo da avver– sari leali. Da una discussione del genere, il socialismo ha tutto da guadagnare in approfondimento dei suoi stessi pro– grammi: aveva tutto da temere dal de– gasperismo, che identificando agli occhi dei più umili democrazia con camorra, gettava questi ultimi per disperazione verso i comunisti. Oltre tutto, il tramonto del mito de– gasperiano accellera visibilmente anche il tramonto del mito fascist:i, sconquas- Le cartine, da sinistra destra,rispecchiano le proposte avanzale • dopo la 6nedellaguerra . rispettivamente dagliamericani, daglinglesi, daifrancesi e dairussi.Lalineatratteggiata in tutte lecartine fu quellaproposta da Wilsonell'.altro dopoguerra. Lalinea più leggera nell'ultima c rtina segna l'attuale divisione fralazonaAtenuta daglianglo-americani e lazonaBafliidataTito. P.S. • Quella Federazione p1u giustamente che semplicemente « italiana » dovrebbe costituirsi « italo-slava » per rispetto delle mi– noranze slave (contadine) della co– sta.-Penso che diplomaticamente il sogno sarebbe così più affacciabile. tee 1no n

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