Nuova Repubblica - anno I - n. 15 - 5 settembre 1953

2 mita e Saragat coi famosi pro– tocolli di unificazione, imposti alle basi recalcitranti ed assolu– tamente privi dì una direttiva politica capace di determinare una effettiva unità socialista). D'altronde, a me sembra fran– camente demagogica la prospet– tiva dei dirigenti clcll'USI, di una specie di rivolta di base del PSDI e del PSI con un fine di. unificazione. Questa prospettiva è, a mio parere, assolutamente fuori della realtà. I militanti di un partito (soprattutto di par– titi a tipo clientelistico o a tipo autoritario come i due citati) non hanno modo né volontà cli fare una ribellione del genere. Il mi– litante esprime la sua ribellione semplicemente ritirandosi dalla vita attiva del partito, ma in questo stesso momento cessa di essere militante. Personalmente, quindi, non credo che si possa raggiungere un risultato soddi– sfacente né per formali accordi cli « leaders » né per insurrezio– ne di base : il processo è certa– mente più lungo e complicato. La terza illusione è infine quella di costituire un altro partito so– cialista equidistante, che si pon– ga in mezzo agli altri due e de– termini la via media. Questo esperimento è stato già fatto col PSU ed è egualmente fallito. riani di lavoro i?. impossibile pensare a qual– che risultato positivo, se non si determinino preventivamente al– cune condizioni : un sostanziale ravvicinamento politico, una ri– presa di fiducia reciproca, e - soprattutto - uno studio accu– rato e serio di quello che si vuole come socialisti, dei termini della lotta politica cui parteci– piamo, dei fini da raggiungere. Finché i capi socialisti italiani potranno impunemente rovescia– re le prospettive politiche dei propri partiti, senza alcuna di– scussione collettiva, senza alcuna giustificazione nuova, semplice– mente per impulso demiurgico, saremo evidentemente al di qua di ogni possibilità di lavoro se– rio, saremo esposti al trasformi– smo, all'isterismo ed alla corru– zione, da cui difficilmente può nascere un partito che vuol rin– novare la società, la sua econo– mia, il suo costume. La Società fabiana inglese è stata una forza nata in concomi– tanza, ma separatamente, dal– l'organizzazione operaia. Quan– do questa è diventata abbastan– za forte da imporsi sulla scena politica inglese, ha trovato però già costituito un ' corpus ' di ri– cerche, di orientamenti, di obiet– tivi da rag 0 -iungere, che sono di– ventati la sostanza della politica laburista di governo. Ed oggi che questa politica ha raggiunto parte dei suoi fini, e si pongono problemi nuovi, vediamo che nuovamente una minoranza di laburisti ' intellettuali ' si mette al lavoro per vagliare gli obiet– tivi raggiunti, per cercare nuove vie, per criticare certi risultati ed esperire nuovi metodi : i 'Nuovi sao-gi fabiani' testé usci– ti stanno lì a dimostrarlo. Cer– to, la storia non si ripete, e l'Ita– lia non è l'Inghilterra: ma nes– sun partito politico, alla lunga, può vivere del giorno per gior– no, della manovra più o meno brillante del suo segretario poli– tico, se non ha degli obiettivi permanenti, che non consistono NUOVA ·REPUBBLICA INVITOALLA DISCUSSIONE in alcune frasi fatte (che nascon– dono il vuoto o, peggio, intere,ssi che vogliono essere nascosti), ma in un lavoro cli anni. Lavoro di preparazione tecnica, di chiari– mento di concetti e d'istituti : ma lavoro anche di formazione di classe dirigente, di moralizzazio– ne, di abito alla sincerità reci– proca e al dibattito, lavoro to– talmente inesistente nel panora– ma socialista italiano. Facciamo un esempio. Si è fatto qualche cosa in Italia per predisporre una riforma in senso . socialista dell'organizzazione sa– nitaria? vi sono stati studi, di– battiti pubblici, ricerche dirette a determinare che cosa· si potreb– be fare da noi per assicurare a tutti i cittadini l'assistenza sa– nitaria gratuita? Oppure: c'è un gruppo_ di socialisti che abbia studiato sul serio le possibilità di rendere economicamente uti– le al paese la coscrizione militare obbligatoria, trasformandola in un servizio del lavoro diretto a sollevare le aree depresse? Op– pure: quali sono le strade da séguire per rendere effettivo l'obbligo scolastico, e per assicu– rare a tutti i lavoratori una pre– parazione professionale adegua– ta? Ci sarebbe, naturalmente, da continuare all'infinito. Mi si po– trà rispondere che ciascuno di questi problemi è stato studiato, anche seriamente, da questo o da quello. Può darsi (tuttavia, è discutibile). Ma, politicamente, non questo interessa. Interessa che le soluzioni raccolte attra– verso una indagine ed una di– scussione collettiva diventino al– trettante azioni di battaglia del socialismo nel paese. Sono questi gli ' slogans ' che contano, che conterebbero. Direi quindi che una prima strada per determinare un ter– reno d'incontro sia propriamen– te questa : la discussione in co– mune di problemi specifici, la preparazione di piani, di diret– tive di marcia, valevoli per tutti. E, per questa via, interessare i giovani. Vi siete mai chiesti che cosa succederebbe in Italia se l'attuale classe dirigente sociali– sta andas e al potere? Credo che le dita di una o due mani siano sufficienti per identificare gli uomini che, nello intero schiera– mento socialista italiano, abbia– no preparazione e doti di gover– no. L'approssimativo, il generico, il ' vuoto ' intellettuale domina– no in generale incontrastati: nessun peggiore fallimento il so– cialismo potrebbe avere in Ita– lia se esso dovesse andare al go– verno con questi uomini (se i reazionari fossero meno stupidi, avrebbero dovuto favorire que– sto esperimento). È possibile co– minciare a fare qualcosa con questo metodo? È possibile cioè che gruppi di socialisti, di qual– siasi provenienza, si comincino a riunire per studiare un certo te– ma, e poi partecipino i risultati del loro lavoro alle basi comuni, in una discussione franca e li– bera? Perun'organizzazione fed rativ;,1 Struttura organizzativa. Perso– nalmente, non credo assoluta– mente che siano oggi mature le condizioni per una unificazione. E ciò non per le ragioni di poli- tica generali: tante volte oppo– ste: il PSDI è « cedista », il PSI è « neutralista », i'USI è « socialnazionalista »; òppure, il P I ha il patto d'unità d'azione col PCI e il PSDI aveva (speria– mo che l'abbia ripudiato per sempre) il patto d'unità d'azione con la D.C.; ecc.. Tutte queste differenze &ono importanti, ma esse, in realtà, non rispecchiano le volontà delle organizzazioni: sono soltanto gli ' slogans ' che mantengono al potere le rispetti– ve classi dirigenti. Le basi, se potessero esprimersi, esprimereb– bero probabilmente una linea politica molto più ravvicinata e molto più unitaria di quanto non si pensi; e, d'altronde, una li– nea politica infinitamente più mobile: non è possibile, p. es., mantenere intangibile la linea di politica estera col mutare degli eventi; il ' federalismo ' di oggi non è più quello di ieri, il pro– blema tedesco presenta oggi del– le evidenze che non presentava nel passato : mentre gli Òrgani dirigenti tendono a irrigidire posizioni che sono naturalmen– te in movimento. Ma le basi non contano: e qui sta il cen– tro reale del problema. L'unità socialista esisterebbe da un pez– zo, con diver,genze di opinione dato piena ragione : per essi va bene l'opposizione della sinistra di comodo, che non minaccia le posizioni clientelistiche tradizio– nali. Ora, il problema è tutto qui : è possibile rendere demo– cratiche nel loro interno le or– ganizzazioni socialiste attuali? Senza di questo, parlare di unità socialista è soltanto una beffa di cattivo genere. Finché questo obiettivo; mo!- . to lungo ed arduo, non sia rag– giunto, non alla unità organica dobbiamo tendere, ma all'unità politica, cioè ad una politica ravvicinata che renda possibile, piuttosto dell'unità organizzati– va, una federazione dei partiti e dei gruppi socialisti. L'unità esige, evidentemente, un perfet– to funzionamento e ricambio de– mocratico interno, senza di che è impossibile; la federazione è un primo grado, un grado meno impegnativo, che può essere rag– giunto anche prima che il pro– cesso di democratizzazione in– terna venga avviato. i?. certo molto difficile proporre ai socia– listi del PSI la rottura del patto d'unità d'azione coi comunisti; è molto più facile trovare con loro un'intesa sui modi concreti di risolvere taluni problemi col– lettivi e di organizzazione dello Avvertiamo i lettori che le ordinarie rassegne di N. R. ripren– deranno con il prossimo numero, del 20 Settembre ; mentre, fin da questo, un nuovo forte incremento ha la parie docu– mentacia, in ispecie delle inchieste sulla situatlone e.:onomico• sociale del nostro paese. Al riguardo sollec.itiamo la collabo– razione di tutti i compagni e gli amici. certamente apprezzabili ma non determinanti, se i partiti socia– listi italiani non fossero sostan– zialmente, tutti, profondamente antidemocratici. Non è vero che il PSI lo sia più degli altri. Il PSI è un partito funzionarizza– to, ma il PSDI è un partito clientelistico; e i'USI porta con sé, nel suo piccolo, metodi tipi– ci del PCI. Quanto al PSI, esso espelle regolarmente chiun- - que esprima una posizione poli– tica difforme da quella ufficiale. E il PSDI, questo democraticis– simo PSDI? Ho fatto una espe– rienza personale al riguardo e posso affermare che il problema vero di questo partito è che esso è dominato da gruppi di clien– tele che non consentono, e non consentiranno mai a delle forze vive di esprimersi liberamente. Solo la sinistra autonomista, dal congresso di Bologna al congres– so di Genova, ha fatto una reale opposizione all'interno del parti– to, e l'ha portata, come doveva, nel paese. Chi non ricorda l'in– teresse di tutto il paese (pro o contro s'intende) per le pubbli– che discussioni di Bologna e di Genova su temi politici centrali e immediati? e come non com– prendere che solo così, portando dentro un partito i problemi che si dibattono nel paese, si fa for– te il partito, si richiama su di esso l'interesse e il consenso di molti cittadini, e si forma una nuova classe dirigente? Saragat e Romita non erano abituati a questo tipo di opposizione e se ne sono liberati violentemente, nonostante che i fatti le abbiano stato in senso democratico e so– cialista (se poi anche i comunisti si adatteranno ad accettare so– luzioni di questo genere, non per questo dovremo respingerle : vuol dire che in quel momento i socialisti saranno stati capaci d'imporre anche ai comunisti le loro soluzioni). Direi dunque: sforzo di convergenza nell'azio– ne politica; studio comune dei problemi; vincoli federativi per avviare in senso più unitario co– sì l'azione politica come la solu– zione dei problemi, attraverso il rinvigorimento ·della democrazia di base. Ma è evidente che que– sta via, per essere utile, dev' es– sere accolta da tutti, e non sol– tanto da qualcuno. Non conta nulla, p. es., che sia (a parole, almeno) accolta dall'USL Due poveri riuniti non fanno un ric– co. L'idea che unendo USI ed AS si faccia un passo verso l'u– nità socialista è un errore, che tende alla ricostituzione di un terzo partito, dando per scon– tata la perdita delle forze che militano nei due partiti esistenti. Leviedelsindacalismo Problema sindacale. Probabil– mente, è il problema fondamen– tale. i?. manifestamente impossi– bile determinare un nuovo corso alla politica socialista italiana se non sia preventivamente chiari– to questo punto. A suo tempo, esprimemmo schiettamente il no– stro parere sulle responsabilità della scissione sindacale : poteva– no avervi interesse soltanto le forze di destra della DC (non, neppure, le forze sindacali catto- liche, né quelle comuniste). Il fronte sindacale del lavoro è una esigenza indiscutibile; la rottura sindacale ha determinato, per forza, la completa politicizzazio– ne dei sindacati, con conseguen– ze disastrose. Certo, tutta l'azio– ne sindacale è anche azione po– litica: ma solo nel senso che vi possono essere diverse politiche sindacali, non nel senso deterio– re che ogni partito possa consi– derare l'organizzazione sindaca– le come un suo feudo. A mio giudizio, l'UIL ha fatto falli– mento : anche se vi siano tanti ottimi compagni, anzi tutti i no– stri migliori compagni. Ha fatto f 0 llin:lento perché non ha possi– bilità di vita autonoma, prende i finanziamenti da dove vengo– no, e diventa schiava di chi la finanzia. Questo è vero, eviden– temente, per qualsiasi orvriizza– zione sindacale che non possa contare sul contributo di tutta · la massa dei lavoratori, che sono capaci di sacrifici effettivi solo quando sentono che l'organizza– zione è cosa loro, li rapprèsenta tutti, agisce per la difesa di tut– ti. Dopo anni di rottura sinda– cale, possiamo constatare che es– sa è andata ad esclusivo danno dei lavoratori; e la stessa ten– denza, che oggi si nota, a poli– ticizzare di meno la CGL, a tro– vare un terreno di lotta comune fra CGL e UIL (e perfino CISL in certi casi) dimostra che, sulla scorta dell'esperienza, le forze sindacali tendono a convergere, non a divergere. Mi pare che, anche qui, il vincolo federale po– trebbe essere un primo avvio se– rio alla soluzione. Ho anche la impressione che uno sforzo di unità sindacale ridarebbe fiducia ai lavoratori ancor più di qual– siasi manovra di unità politica. Gli scioperi francesi sono una dimostrazione della forza che può conseguire un'azione sinda– cale concordata in modo unita– rio; ed anche di uno spirito nuo– vo che si sta formando nel mon– do del lavoro, e che bisogna te– nere presente. Io credo che sa– rebbe dimostrazione di progres, so democratico, e non di regres– so, uno sforzo comune dei socia– listi per esprimere una loro poli– tica assolutamente autonoma, nel momento stesso in cui rico– stituiscono l'unità sindacale. La lotta per le rivendicazioni eco– nomiche non può non trovare uniti i lavoratori. Una politica unica per la classe operaia porta diritto alla dittatura; ma l'azio– ne sindacale, se vuol essere effi– cace, non può che essere unica. Il patto d'unità d'azione sinda– cale dovrebbe essere proposto dalla UIL (e possibilmente an– che dalla CISL) alla CGL, come contropartita di una effettiva li– ·bertà di manovra del PSI nel campo politico. Sotialisti e comunisti Patto d'unità d'azione col PCI. Saragat ha sempre posto come condizione di unità la rottura del patto (ch'egli ha contribuito ha realizzare); poi, improvvisa– mente, nel corso del suo ' new dea!', se n'è dimenticato, anzi afferma che questa denuncia non occorre più. Ho sempre ri– tenuto artificioso, in un caso e nell'altro, questo argomento. Il ' patto d'unità d'azione' in se medesimo, cioè nella sua lette– ra, non dice nulla.· Il ' patto di unità d'azione' diventa un osta-

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