Nuova Repubblica - anno I - n. 15 - 5 settembre 1953

L. 35 .. Bpedision• ID abbonamento poetale (Gruppo II) A pagg. 4 e 5: VITA NEI TUGURI (Inchiesta di D. Dolci) -~=· .. i,'ift'IH.l' • ;,;pt•I 1.. \11 .l)l, Jtt''ll (;1 \I 'l:PL"H1,J,l(' \ Jig. c1a·.1dio Cesa Via C:mobio 7 NOVARA AS/3/2 31/12/53 Anno I • N. 15 QUINDICINALE POLITICO .l'rrenze • 5 Settembre 1953 TRISTANO t:ODIGNOLA: C'è ancora un autobus per il socio.lltnno italiano (pagg. 1-2-3) - Cose di J?rancia: Lo sciopero dJ Agosto (pag. 3) - La porta di Matteo (pag. 3) DANILO DOLCI : Vita nel tuguri ( po.gg. 4 e 5) A. t:. : RussJa al bivio - La successione dJ Lenin (pagg. 6 e 7) - Togliatti critico (pag. 7) - JOUN DtJWEl': Economia totali- Prima e dopo -ildiluvio e i rallegrian10 della conclusio– ne della crisi 1ninisteriale, e della caduta di De Gasperi, che avevamo auspicata ncll'uhi- 1no nun1ero del nostro giornale: ce ne rallegriarno, perché <1uesti fatti segnano una svolta sostanziale della vitu politica ituliana e rap– presentano l'effetto pri1no di una situazione nuova, rivelata dalle elezioni del 7 giugno. on esitiu- 1no ad attribuire all'esito di <1ue– stc elezioni un significato ahret- • tanto grande di quelle del 2 giu– gno '46: non si tratta infatti di un governo, buono o catth•o, che succede ud un altro, ma del rovesciainento di una tendenza, che avrebbe portato direltarnentc ad un regime clerico-n1oderato ed alla limitazione delle libertà. Si è riaperto il giuoco den1ocratico: che non è e non può essere li- 1nituto artificiosan1ente a deter– n1inati partiti, uo,nini, gruppi, n1a investe la vita della nazione nel suo co1nplesso, e deve investire i-tnch,- coloro che oggi seguvno ideologie totalitarie ma che non si possono n1ai ritenere definitiva– mente perduti alla den1ocrazia. Con la caduta di De Gasperi, è caduto il simbolo della volontà cle– ricale di impadronirsi dello Stato italiano. Il nuovo go,·erno è fat– to eguahnente di den1ocristiani: nta essi non sono più in condizioni di monopolio politico, debbono do– sare ogni loro allo alla luce delle reazioni che potrà dctern1inarc, e il Parlamento è sempre in grado di rovesciarli, ricorrendo a fonnazioni ed alternative diverse. Vi è dun– que oggi un margine per la de... 1nocrazia inftnita1ncn1e più vasto che nel passato. E poco conta, di fronte u questo, che il go– verno PelJa, sia ( co1ne è) un go• verno di destra, conservatore e confindustriale. In queste condi– zioni, la lotta 1>oli1ica si sposh.1 sul suo vero terreno, e dovranno essere le forze di sinistra capaci di 1nodificure, se sapranno e vor– ranno, questa tendenza: tna senza più ipoteche coqfessionali che snaturavano ed offuscavano conti– nuamente, dal '48 ad oggi, la vera natura di codesta lotta, i cui te1ni economici e sociali sono in realtà i presupposti di quelli più appari– scenti di democrazia e libertà. Alle buuute conclusive della cri– si posteleuorale hanno efficuce– n1ente partecipato - non abbiamo difficoltà a riconoscerlo - anche i tre partiti laici che si erano cornproinessi con la bestiale leg– ge 1naggiori1aria; soprattutto iJ PSDI. t difficile esimersi da un giudizio d'ordine rnorale sulla se– rietà, la coerenza, la solidità del• la nostra classe dirigente, quale si è ntanifestata in questa occasione: l'episodio Saragnt è stato certa– mente di tutti il più istruttivo e pu– radossulc, sol che si pensi alla tenacia con la quale egli ha difeso fino alla ftne la politica suicida di alleanza con la D.C. e la disin– voltura con la <1uale, daus l'espace cl'un 1nati11, si è trasforinato in avversario di quella polilica, fa– cendo propri tutti gli argomenti che noi avevamo sostenuto dal congresso di Bologna in poi, e per i quali avevamo dovuto subire la rollura col PSDI, pur di contribui– re efficucemente alla caduta del Il successo democratico del 7 giugno consiste in questo: una situazione chiusa, che si an– dava fatalmente involvendo ver– so uno stato a tipo moderato– clericale, con tendenze manifeste a forme autoritarie, si è ora aperta, lasciando sussistere alter– native diverse, ed eliminando le prospettive di regime. È un pas– so avanti di grande importanza : ma si devono tenere ben presenti due fattori negativi : che nel– l'insieme il peso delle forze con– servatrici continua ad essere pre– dominante; e che manca una forza politica, capac~ - per la sua struttura organizzativa e per la validità del suo appello - di profittare della schiarita, per operare un capovolgimento ef– fettivo della situazione sul ter– reno democratico. In altre paro– le: la D.C. ha perso, per ora, la battaglia per un regime clerica– le; ma la situazione si è rasso– data in senso conservatore, an– che se si sia meglio aperto il giuoco democratìco; per profit– tare di questo giuoco capovol– gendo la direttiva fondamentale della politica italiana, per far seguire ad una vittoria tattica una vittoria strategica, manca lo ' quoru111 '. Ma, per C<Juilà di giu– dizio, non si tratta solo del caso Saragat: si legga quanto ha scrit– to, prilna e dopo il diluvio, l'or– gano più autorevole della ' intel– lighentia ' italiana, Il Mo11rlo, e si giudichi quale affidamento si possa fare su una classe dirigen– te che - spesso tanto intelligen– te - è così incostante e soprat– tthto così povera d'intuito poli– tico. l\-fa queslo è un discorso più l~!1go: allo stato delle cose, non ce clte da rallegrarsi del turdivo ravvedimento; solo si sarebhe de– siderato, per un principio elen1en– tare di correttezza politica, che non proprio gli stessi uornini re– stassero, nei ,•ari settori, ad itu– personare il ' nuovo corso ': so– stenuti, evidcnten1cntc, dalla abu– lia e dalla passivitù delle rispet– tive organizzazioni politiche. Per i socialisti, per tuui i so– cialisti, si apre ora un periodo nuo– vo di luvoro. In realtù, dal 1946 non si presen1ava uua situazione obiettiva,nente più favorevole a<l una ripresa del socialis1no italia– no, fatto più nrnturo e consapevole dalle tante esperienze negative di questi anni. Quali saranno le for– rne di questa ripresa - se ripresa ci sarà - nessuno è in grado di prevedere; ma è nostro co1npito lavorare attivainente, nella liber– tà che1 ci deriva dal fatto stesso di non apparlenere ad organiz– zazioni cef11ralizzu1e e burocrati– che, affinché l'incontro sia il più serio e rapido possibile fra tutti coloro che vogliono ro,•esciare, nel– la clernocrazia, la tendenza reazio– naria in atto ed aprire le porte ad un lungo periodo di rinno– vun1en10. Incontro un1ano, incontro d'idee e di fatti concreti, senza pregiudizi ed esclusioni per nessu– no, con la coscienza della difficol– tà estrema del con1pito che ci at– tende: cui non po- 1re1110 ade111piere K' né coi facili n1ira- colismi né coi falsi profeti. o SOMMARIO tario. e dcmocmzia (Pa'?. 7) Posta del di,·ott.ore: lettere di Carlo .Alberli e .llarcella Pri11ri11ato (pag-. 8) Crono.che delle libertà Italiano: Schede, vecchia passione di Oa,fano Sa!t-emini Vanno grido.orlo • paC'c religiosa• - Il delitto di Entrèvcs di Pic– colouiini - C'Mc-musco (pag. 8). INVITO ALLA DISCUSSIONE C'ÈRNCORR UNRUTOB oer il socialismo italiano strumento politico ic'oneo. Una volta ancora, i socialisti italiani stanno per perdere i'autobus. Di questo fatto, hanno co– scienza molti compa.:ni (e non soltanto del nostro ::VIovimento, ma dispersi un po' dovunque). La reazione sentimentale più na– turale è quella di chiedere la riu– nione di tutti i socialisti sotto un'unica bandiera, di rifare l'unità socialista: richiesta che è anche un giudizio politi– co giusto (senza un grande e moderno partito socialista è i~– possibile rovesciare la tendenza conservatrice), ma còìi ttene in se stessa un ceno numero di equivoci. La questione è troppo importante perché essi si deb– bano tacere per gusto di facilo– neria; spero d'altronde che ciò possa costituire l'avvio a un'aper– ta discussione fra quanti si in– teressano al problema. Tre illusioni sull'Unità Soeialista Molti di noi hanno parteci– pato direttamente a precedenti tentativi di unificazione sociali– sta : meglio ancora, dalla scissio– ne del PSIUP nel 1947 alla co– stituzione del PSDI, questa è sta– ta la nostra attività politica pre– valente. E non abbiamo da rin– negare nulla di quanto abbiamo fatto. Ma dobbiamo anche ten– tar di comprendere le ragioni dell'insuccesso, per non conti– nuare a battere delle strade sba– gliate. Da « Europa Socialista » ali'« Unione dei Socialisti» al Partito Socialista Unitario abbia– mo non soltanto ribadito costan– temente la necessità di un forte partito socialista autonomo, ma abbiamo anche partecipato ad una serie di operazioni politiche dirette appunto a tale scopo. Non era infatti difficile preve– dere che, almeno alla scadenza 1953, i nodi sarebbero venuti al pettine per la D.C., e che era quello il momento di agire con forza e in unità. Tutta la lotta sostenuta nel PSDI era appunto in funzione di questa previsione, con l'obiettivo di predisporre per tempo un terreno politico su cui alle forze socialiste fosse possi– bile ritrovarsi, per affrontare in– sieme le elezioni. Purtroppo, i socialisti italiani non sembrano conoscere la virtù della « sincronizzazione » dei lo- ro movimenti. Non bastò al PSI l'invocazione di quanti, nel 1948, videro tempestivamente nel Fronte una catastrofe delle sini– stre italiane; né è valso nulla prevenire i compagni del PSDI sulle conseguenze inevitabili che la politica di Saragat avrebbe avuto. Proprio nel momento in cui Nenni sembrava aver com– preso la lezione del '48, Saragat chiamava traditori noi perché gli chiedevamo di non rjpetere a sua volta quell'errore. È vero ch'egli sembra essersi convertito oggi con una rapidità allucinan– te, ma del senno di poi, Fur– troppo, non c'è molto da fare. È evidente a chiunque che se Saragat avesse aderito in tempo alla tesi da noi sostenute a Ge– nova e non si fosse legato al carro della D.C., si sarebbe veri– ficata naturalmente una coinci– denza, o per lo meno una con– fluenza di posizioni che, in sede elettorale e poi anche in sede po– litico-organizzativa, avrebbe po– tuto essere decisiva. Comunque, non per recrimi– nare intendo aprire questa di– scussione, ma - al contrario - per costruire. È dunque possibile parlare ancora, oggi, di unità socialista, dopo tante prove fal– lite? quali i metodi? quali le condizioni? quale la funzione che noi possiamo esercitare in questa direzione? Credo utile una premessa che riguarda particolarmente il no– stro Movimento. V'è in molti, che ci seguono con simpatia, una preoccupazione (più o meno chiaramente espressa): che cioè A. S. si stia avviando a costi– tuire il nucleo di un quarto rag– gruppamento socialista, con tut– te le conseguenze di chiusura, di astiosità, di grettezza che sono proprie dei partiti politici orga– nizzati, in con~rrenza con altri sullo stesso terreno. Quando Ma- gnani uscì dal P.C.I., io ebbi occasione d'indirizzargli una let– tera nella quale lo richiamavo a questi pericoli; purtroppo, i compagni dell'USI hanno fatto esattamente il contrario di quan– to, a mio parere, andava fatto,• e sono inevitabilmente incappa– ti negli inconvenienti ch'era fa– cile prevedere. Noi non abbiamo nessuna intenzione di ripetere lo stesso errore. A. S. non intende essere il quarto partito socialista italiano. Siamo nati come mo– vimento e, sia pure nella strut– tura organizzativa minima ne– cessaria a si.:s.iHere, i'ltendiaP10 restar tali : vale a dire un grup– po di socialisti che intende agi– tare dei problemi, proporre del– le soluzioni, cercare dei terreni d'incontro, preparare una nuova classe dirigente di giovani, sem– pre con una prospettiva: una politica socialista efficace e seria non soltanto per tutti i sociali– sti, ma per tutto il paese. È per questa fondamentale ragione po– litica che non intendiamo accet– tare formule organizzative de– stinate a chiudere anche noi nel sacco delle discipline formali, del conformismo interno, del carrierismo di partito: ed è ap– punto per questa assoluta liber– tà di movimenti, che riteniamo di poter avviare una discussione pienamente disinteressata. È assai difficile dire se il pro– blema dell'unità socialista possa essere piuttosto risolto dai vertici che dalle basi. La tradizione tra– sformista (ahimè tanto florida nel socialismo nostrano) è natu– ralmente per la prima soluzio– ne: ma vorrei ricordare quali frutti di cenere e tosco abbiano dato fin qua le soluzioni dettate dai 'grandi', senza una effetti– va persuasione e partecipazione della base (il capolavoro, in que– sto senso. fu compiuto da Ro- Nel pro3simo numero pubblicheremo, fra l'altro, uno scritto di A. BEV AN, capo della sinhtra laburista inglese, uno studio di G. }'UBINI sulla "Riforma costituzionale in Francia", un commento di C. CESA alle elezioni nella Germania o~ciden'.ale, una vivacissima polemica di un onorevole innomina'.o (" Sa– ragat e Temistocle ,,), infine "La scuola degli ubbidienti ,, contributo di un gionne al dibattito aperto sul MONDO da Calogero junior.

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