Nuova Repubblica - anno I - n. 9 - 5 maggio 1953

O UALCHE volta, meditando sulle condizioni attuali della Sici)ia, ci è capitato di domandarci come e quando l'isola potrà compiere la sua grande opera di rammodernamento. lò doveroso confessare subito che abbiamo avuto momenti di scetticismo e di scoramento, quando abbiamo cer– cato di esaminare, attraverso la vec• chia e fuligginosa struttura della so– cietà isolana, la piattaforma su cui dovrebbe poggiare questa grande co– struzione. Occorre far partecipi alla vita pubblica le masse contadine e le classi artigiane ed operaie, donar loro· quella dignità che mai hanno avuta, infine persuadere questa gente che la politica non è una speculazione commerciale e che l'amministrazione della cosa pubblica non è un ladrocinio consentito. li problema è arduo, lo sappian,o bene, ma bisogna risolverlo; da esso dipende la rinascita dell'isola. Qui da una parte sta la grande aristocra– zia terriera, la grande e piccola ari– stocrazia intellettuale, e la nuova aristo– crazia industriale. Dall'altra parte sta la massa dei contadini, inerte, isolata, chiusa nel proprio lavoro, diffidente; una classe operaia che è ancora in via di formazione; e una classe artigiana che va morendo. Nel mezzo una classe informe e attivissima di piccoli com– merc.ianti, impiegati, piccoli industria– li, appaltatori edili, mezzadri, gente piena d'iniziativa e d'ingegno, che la, ora instancabilmente,ma a cui manca purtroppo quella chiarezza di idee e quel senso della organizzazione e della disciplina, che sono condizioni indi– spensabili per un qualsiasi tentativo cli rinnovamentosociale; rinnovamento che non può essere operato da quella prima élite di intellettuali e di possi– denti. che non ha la coscienza dei problemi, che è per natura altezzosa e disinteressata, e che fa di questo disinteressament3'quasi un titolo onO• rifico e nobiliare. Dai tempi di Francesco li di Bor– bone fino· alla prima guerra mondiale nessun rinnovamento fu operato in Sicilia. I contadini vivevano fuori del tempo, chiusi in un sistema di vita che si era cristallizzato attraverso i secoli, in odio al governo e ai pro– prietari terrieri; maledicevano la sorte, e credevano solo nella Provvidenza divina. Le sferzate dei loro padroni li rabbonivano, quando sporadici ten– tativi di ribellione si manifestavano qua e là. La seconda guerra svegliò appena queste masse dal loro sonno seco– lare. Ma la nuova aristocrazia, che essa ci regalò, è peggiore della vec– chia, appunto perché è nata dalla guerra, cioè dalla frode e dalla ille– galità, e vive e s'.irrobustisce attin– gendo linfa ai vecchi ceti medi de– pauperati e stremati dalla s~onfitta. • Vuota e sprezzante, insensibile ai problemi sociali, questa classe, per cui la corruzione morale è ·un; norma di vita, ha nel !aurismo il proprio ideale politico. lò chiaro che essa non può dare frutti migliori di quelli che dà; e i frutti che dà si chiamano miseria, banditismo e mafia. Esistono ancora zone della Sicilia in cui governa sovrana la legge del più forte, e in cui opera solo una giustma: quella della mafia. Anche la mafia, come il banditismo, è_ un • fenomeno sociale, e, più che con le azioni punitive e i rastrellamenti a la,go raggio, dev'essere combattuta con le riforme. lò noto che la mafia esiste là dove c'è il latifondo. Rotto il lati– fondo, spartite le terre ai contadini, la mafia non avrebbe più ragione di essere. Ma .il latifondo è timasto quasi intatt~. Dopo tanto chiasso attorno alla riforma agraria, e dopo i non pochi scontri che per essa ci furono tra Nuo·v A tl EPUBBLICA SICILIA TORMENTATA Lo schieramento dei partiti rispecchia più· che i contra– sti di classe, il grado di evolwzione delle classi stesse governo centrale e organi regionali, s'è fatto un gran silenzio. Il suo fallimento era prevedibile, se si pensa che la riforma fu studiata e prepa– r;ita in un periodo in cui si profilava minacciosa, all'orizzonte politico del– l'isola, l'avanzata delle vecchie forze sociali, e in un clima di terrore po– litico in cui, al soldo delle destre reazionarie, mafia e banditismo ope– ravano incontrastati. Ora le destre han-• no consolidato le loro posizioni, ma la situazione politica rimane fluida. Lo schieramento dei partiti rispecchia più che i contrasti tra le varie classi, I' h<1bi- 111s mentale e il grado di evoluzione delle classi stesse. Chi non è nato e vissuto qui, in mezzo a questa . gente, non può mai capire una situa– zione del genere. Miserabili contadini, poveri operai, straccioni che vi;.,ono di elemosine, pensionati dal viso smun– to, in Sicilia votano Monarchia; spe– cialmente nelle zone rurali il Par– tito monarchico riscuote forti con– sensi, anche senza organizzazione e senza propaganda il M.S.I. è più forte nelle città, e raccoglie i voti di una grande massa di impiegati, di profes– sionisti, di piccoli commercianti, di studenti. Nelle Università dominano i gruppi fiamma (M.S.I.) e solo le or– ganizzazioni della F.U.C.I. (DC) sono in grado di contrasiar loro il passo. Il livello culturale di questi giovani è basso, la loro preparazione politica piuttosto scarsa. Gli studenti univer– sitari comunisti sono· pochi, e pochis– simi quelli social-democratici e libe– rali. Forte e temibile è invece il Partito comunista fuori dagli Atenei, specie nella Sicilia centrale (Enna, Caltanis– setta, Agrigento, Ragusa). In queste zone la lotta fra i partiti, nel periodo elettorale, diventa drammatica: i co– munisti manovrano, come forza d'urto, le masse contadine; i proprietari si coalizzano in un unico partito, e si servono della mafia per intimidire le popolazioni. Spesso la ( unzione di centro poli– tico anticomunista tocca alla Demo– crazia Cristiana, che anch'essa ricorre all'aiuto della mafia. A Marianopoli, ad esempio, in provincia di. Caltanis– setta, nelle passate elezioni ammini– strative l'accordo fra la Democrazia Cristiana e il capo della mafia fu raggiunto. Quando questi venne coi suoi bravi per trattare, tutti i nota– bili del paese anelarono a dargli il benvenuto; prima di fare l'entrata in paese, egli scese da cavallo e li baciò tutti ( è una usanza locale), poi andò alla sede della DC. Tutt'altra fisiònomia assume la lotta politica nelle zone della Sicilia orien– tale, dove non esiste né mafia né latifondo. La proprietà è frazionatis– sima, e l'industria e il commercio sono molto incrementati. Vere e pro– prie bartierc sociali non esistono, e le classi medie., numerose e attive, costituiscono senz'altro un elemento di progresso. La lotta politica è quin– di meno dura che nel centro della isola, dove i contrasti sono troppo forti e dove i partiti difendono pri– vilegi secolari o rivendicano diritti di masse abbrutite dalla miseria ed esasperate dai soprusi. Purtuttavia, nel– le popolazioni manca una coscienza politica, e ne costituisce una prova il fatto che nelle zone rurali e nei pic– coli centri esistono ancora le clien– tele. A capo di queste si trovano quasi sempre dei professionisti, medici o av– vocati, che fanno parte a loro volta di altre clientele, le quali stanno alle dirette dipendenze di deputati regio– nali e nazionali. Accade, qualche volta, che intere clientele passino coi loro bagagli da un partito ad un altro, perché hanno perduto l'appoggio del loro deputato o per rivalit:ì con altri gruppi di clienles dello stesso par– tito. La Democrazia Cristiana è il par– tito che più di tutti si serve di questi apparati, per la verità non troppo mo– derni, e deve la propria forza al loro numero. I suoi deputati, eletti con questi sistemi, risultano spesso asso– lutamente impreparati, e vanno ad in– foltire la « zona grigia » della Ca– mera. La loro impreparazione e la loro mediocrità sono note a tutti; ma l'elettore, che non si interessa di po– litica e che vota per un partito an– ziché per un altro sol perché sceglie a proprio protettore un esponente di quel dato partito, a queste cose non fa molto caso. Mentre l'elettore crede nell'utilità della politica e nella pro– ficuità del voto nella misura in cui può giovarsi, in momenti di bisogno, dell'appoggio e della influenza di un qualche personaggio politico, il notabile eletto per difendere il suo prestigio si serve dell'elettore e del deputato locale e per tenere a bada i suoi av– versari politici e quelli personali. Le battaglie elettorali, in queste condizioni, prendono il colore del– l"ambiente in cui si svolgono. e il successo dei vari partiti è legato a fattori di pura contingenza (situazione locale, natura dei rapporti fra le varie clientele, ecc.). S TANDO così le cose, non vediamo come la Democrazia Cristiana e gli altri partiti suoi alleati possano fronteggiare, nella Sicilia orientale, l'avanzata dei fasc.isti che muovono dalle città. Gli attuali quadri di questi partiti ,ono fragilissimi. La forza della De– mocrazia Cristiana è molto effimera, non disponendo essa di una organiz– zazione moderna ed efficiente ( le sue clientele denunciano la mancanza di una tale organizzazione). I liberali si sono ridotm a nuclei sparutissimi, e i socialdemocratici si tengono su a stento, sorretti dal prestigio e dalla autorità di qualche esponente locale. A Catania e provincia, questi ultimi hanno definitivamente perduto il con– trollo delle masse da quando ha ta– ciuto la voce di Luigi. Castiglione, I, cui figura era tanto cara alle folle catanesi. Anche il P.S.l. ha attraver– sato dei periodi di crisi; ora si è organizzato alla maniera dei comuni– sti, ma nofl si sa quale sia attual– mente la sua forza: se si presenterà da solo alle elezioni, potrà ottenere, in queste zone. anche dei successi non sperati. Quanto ai comunisti, es~i hanno le loro roccheforti nella provin– cia di Siracusa. Nelle provincie di Catania e Messina, sono forti solo nei grossi centri. A Catania citt3, essi stanno allineati · con i democri– stiani e i monarchici, seguiti a breve distanza dai missini, ora in forte ri– presa. Ma dappertutto hanno il van– taggio di una organizzazione quasi perfetta, che costituisce una garanzia di stabilità. All'estrema. ç~~tra dello schieramen., 3 to, monarchici e fascisti, incoraggiati dalle ultime affermazioni, puntano al– l'accaparramento dell'elettorato demo– cristiano e premono con forza sulle clientele che lo man~vrano. Le capa– cità di resistenza di questo elettorato non sono molte, e i notabili e le loro clientele non resisteranno a lun• go alla suggestione di un passaggio a destra. Né si può fare assegnamento su una ripresa dei socialdèmocratici e dei liberali, dal momento che questi han– no dimostrato di non possedere nes– suna capacità di recupero. E pacifico, dunque, che la Demo– crazia Cristiana dovrà perdere voti, qui come in altri posti, ad opera degli alleati laurini che la sostengono al governo regionale e dei neofascisti, che con i primi vanno a braccetto. Per quanto riguarda l'economia del– la Sicilia, non tutti i suoi problemi sono stati risolti con l'istituzione della Rcgiore, Sulla riuscita dell'esperimento re– gionale noi non vogliamo pconuo– ciarci. Dol,',iamo però rilevare che, se è pur vero che la Regione ha _opera– to nell'isola in senso positivo, per aver cercato cli incrementarvi l'indu– stria, il commercio e il turismo, e per avervi profuso molto denaro in opere pubbliche (strade, scuole, ecc.), è an– che vero che, per la lung~ggine della sua burocrazia e per un certo spirito clientelistico dei suoi funzionari, molti problemi di vitale importanza sono ri– masti insoluti. E un fatto che la Re– gione interviene più volentieri là dove sono in gioco interessi e prestigio di notabili e clientele democristiani, e che il denaro che viene elargito per opere ,Pubbliche o assistenziali passa quasi sempre per le mani di enti e di persone compromessi con le sud– dette clientele; cosicché paternalismo e sottogoverno hanno creato una si• tuazio[)e di caos, portando a soluzio– ni unilaterali dei problemi che non possono certo andare a beneficio delle masse. La poca chiare-aa dei rapporti tra Stato e Regione non fa che aumen– tare questo stato di disagio. Le respon– sabilità dei singoli governi, centrale e regionale, non sono precisate, e un esempio molto chiaro ci è dato dalla controversia che fra Ì due è nata in seguito ai terremoti che nel marzo 1952 hanno colpito le zone etnee. I due governi hanno trovato infatti le loro brave ragioni per addossarsi a vicenda l'onere della· ricostruzione di quelle zone. Ora hanno portatt' f questione al Consiglio di St~to; ma le cose vanno per le lunghe, 11 Con– siglio di Stato non si decide a deci– dere, e intanto le popolaziooi vivon:> in condizioni di grande disagio. Esi– stono poi problemi che sono addirit tura ignorati dalla Regione. La crisi vinicola, ad esempio. La cultura della vite rappresentava, fino a pochi anni fa, una delle principali fonti di ric– chezza dell ·isola. li benessere della Sicilia orientale, dove i produttori sono quasi tutti piccoli proprietari. poggr.va in gran parte sul vino. Oggi la crisi non presenta vie d'uscita: i I vino non si esporta, le tas_se che gravano su di esso sono troppo forti, e il suo consumo locale è molto li– mitato. I produttori si sono rassegnati. Nelle campagne si fanno i lavori indispensabili, e i bassi salari consi– gliano ;i contadini di emigrare i:l Australia o in Argentina e di arruolar– si nell'esercito o nei corpi di polizia. In Sicilia oggi manca una coscienza: manca nelle popolazioni e manca nei ceti dirigenti; finché questa sarà as– sente, satà inutile parlate di rinascita .e di prosperità. NELLOPINOOOIIIARO

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