Nuova Repubblica - anno I - n. 3 - 5 febbraio 1953

6 NUOVA REPUBBLICA LO SCIO-PERO NON SI ADDICE ALLA FIAT Un comunicato della Direzione del!' aziend~ suscita unanzme reazione fra gli operai I L giorno 23 gennaio u. s. la Dire– zione della Fiat convocò, in ogni sua azienda, un membro per ogni Corrente Sindacale delle Commis– sioni Interne (CGIL - IL - CISL), per consegnare copia del Comuni– cato n. 1375 affisso in tutti i lo– cali di lavoro. Questo comunicato dice testualmente: « Le astensioni dal lavoro per motivi non economici, o comunque non connessi col rapporto cli lavoro, costituiscono infrazione disciplinare (assenza arbitraria, o abbandono del posto di lavoro senza giustificato motivo).> La gravità della posizione presa dalla Fiat, appunto per la impor– tanza determinante che essa assume nel nostro Paese, nei confronti dei rapporti fra industriali e maestranze, è di tale natura cd entità. per cui essa non può mantenersi entro il confine ristretto dei nostri apprez– zamenti individuali, ma investe una questione generale di diritto. La Direzione clc11a Fiat nega e viola il diritto di sciopero, diritto che è sancito nelle leggi costituzio– nali della Repubblica Italiana. Nella legge è detto chiaramente che il la– voratore italiano, il cittadino lavo– ratore, ha diritto di scioperare. La legge non fa distinzione fra scio– pero politico e sciopero economico; afferma che lo sciopero è regolato dalle leggi dello Stato. Queste leggi, per ora, non esi– stono; cssr devono essere discus– s,· dal Parlamento Italiano. Ma non basta: la posizione assunta dalla Fiat, pur presumendo di mantenersi strettamente connessa al rapporto di lavoro, viola invece il contratto di lavoro stesso, giacché questo non contempla, nei suoi articoli, nessun riferimento alla materia degli scio– peri cd allo sciopero in se stesso. Definire, come fa la Fiat, « as– senza arbitraria o abbandono del posto di lavoro > uno sciopero pro– clamato da una o ventualmente da più organizzazioni sindacalj, vuol di– re assun1cre una posizione completa– mente arbitraria e soggettiva. in aperto contrasto con le leggi vigenti, a meno che non si considerino vi– genti le leggi fasciste. Si tende cioè da parte dr11a Fiat a creare uno stato nello stato, a contribuire al sabotaggio della legalità democra– tica creatasi nel clima della « liber– tà>, con la lotta di liberazione. Dando, per mera ipotesi, come scontato il diritto della Fiat di de– finire illegale uno sciopero, non è detto per questo che la Fiat abbia il diritto di ricorrere alla illegalità di licenziamenti e sospensioni: d'al– tronde non si può ignorare le le– gittimità di una organizzazione nel proclamare uno sciopero. Come si proclama altamente il diritto di la– vorare, per coloro che non sono fa– vorevoli a scioperi, o che appartengo– no ad organizzazioni sindacali che non hanno proclamato scioperi, o che non hanno nelJa loro prassi sin– dacalr il ricorso a scioperi politici, viene di conseguenza la necessità di non violare il diritto di sciopero per coloro che vogliono farlo o che ap- partengono ad organizzazioni che pro– clamano scioperi anche in campo politico. Ricordiamo gli ultimi scioperi del– la classe lavoratrice belga contro il ritorno del monarca; ricordiamo lo sciopero generale del 20-21 lu– glio 1922, proclamato dalla < Al– leanza del Lavoro > in Italia, con– tro il prorompere del fascismo; ri– cordiamo che negli anni pre-fascisti, le organizzaZioni sindacali proclama– vano scioperi economici ccl i parti– ti politici, con un patto di allean– za con le organizzazioni sindacali, proclamavano sciop(·ri a carattere po– litico, senza che mai lo Stato libe– rale di quei tempi pensasse lonta– namente di perseguire, sul terreno disciplinare, lo sciopero politico. Vi erano sì alcuni industriali che commettevano rappre aglic e queste erano giudicate dall'opinione gene~ raie dei lavoratori come rappresa– glie, ma mai si era giunti ad una situazione di rapporti fra direzioni e maestranze, per cui si fosse an– che solo lontanamente giudicata le– gale una posizione come quella as– sunta oggi dalla Fiat. Negli anni scorsi la Fiat si era rac– chiusa nella sola e plausibile neces– sità di difendere la libertà cli la– voro, contro eventuali violenze sui posti diretti di lavoro; ma ora essa crea le gravi premesse di una pro– fonda frattura, fino al punto che Scio11e1•l polltici e scioperi econo•11,ici Gli srio/>e,ip,·od"mati d"/1" C"mem del La, oro ronlro la legge ele11orale ha11110ttvuto 1111 ass(li li111Ì1(1/o concorso di !tJ1 1 or11tori, in gra11 parte, purJrop/Jo i11differe111i di fro111e fii problemi del/" politi((/. Lt, freddezz11e lo sce11irismo degli operai 1·erso i pm•Jiti e i si11d11- rflti è 1c,1z 1 11/t,o Pef/ello di un se/lari• smo i11conrl11de111e di 111111 ernl/11 gi11- 11a1tict1 aiil11/oria. Le recenti ma11i/est11- zio11i del/,, C.G.I.L., hr111110 avuto ciò 11011os1a111e, 111 certo successo per la par- 1ecipazio11e ,,d eue di calegorie preva– le11te111e11/e co111rollate dai rom1111iJtie che, come quella degli 111110/errol1'a11- 1 ieri. hanno 1111a eccezionale im/1or1a11- za nel co11it11ire 1m immediato, 1ùo110- scibile disflgio per il g,·a11pubblico. Non 10110Jlate cer/(l/1/enteq11ello che le Bo/leghe Osrnl'e definiscono « un largo movimento di masse popolari ». A seguito di questi uio/Jeri, definiti dal de111ocriJ1ia110 On.le Ptutore, cou miti espressione roboante, « un vero tradimento verso la Democrazia ed un delitto di lesa libertà » si è riaccesala polemica. 1111/11 natura e 111ifini dello JCiopero. Qt1f.I/a 1•0/Ja, /Jerò, 11011 Ii 1,·11/ladi 11n accademico diballito di idee. I.A Co11fi11d1111ria non Ji è limitata a 111.mifestarela propria opinione in proposilo: ha diramato 111111 circolare alle sue Associazio11iperiferiche perché diano ferree is1r11zionialle aziende di adotlare pro, vedime111idùcip/inari nei ro11fro111i di quei dipe11de111i che si siano aJlenuti dal lar•oro per ragioni politiche. li fallo in sé è molto serio. la Confederazione Ge11eralede/l'I,,d11- 1tria1in sintesi, dice: lo sciopero poli– tico 11011 si può fa,-e perché la legge lo 1 1 ieta; coloro che lo compiono com– mettono 1111a infrazione conlrattuale. Gli i11d111Jriali toscani hanno, /Joi, voluto at•ere le loro brat•e carte in regola ed banno sotto/JoJto il q11e1ito, se sia o 111e110 lecito lo sciopero politico, ad 1111 congruo 1111111ero di il/11rt,.igiurirti, tutti indjstintamente i lavoratori sen– tiranno il sacrosanto dovere di difen– dere il diritto di sciopero, anche quando non si è consenzic»1ti con i motivi dello sciopero stesso. Tutti i membri delle Commissio– ni Interne delle Sezioni Fiat, tutte 1e Organizzazioni sindacali torinesi han– no biasimato aspramente tanto il comunicato della Fiat, quanto i prov– vedimenti di punizione adottati, e ciò al di fuori e al di sopra dei motivi che avevano determinato lo sciope– ro elci 19 gennaio u. s. Non si è portati a fare un esame politico dei motivi per cui metà delle maestran– ze Fiat hanno in detto giorno scio– perato e metà ha continuato nor– malmente il lavoro; ci interessa cli difendere il principio del diritto al– lo sciopero. come si deve necessaria– mente riconoscere il diritto di la– ,·orarc. La classe industriale del nostro paese ha ancora troppo da impa– rare, nel campo dei rapporti con le maestranze, dai confratelli indu– striali cli altre nazioni, i quali san– no trattare i propri dipendenti ri– spettando in ogni caso il concetto di libertà e la volontà individuale. ln una nazione come l'Italia, dove tutti fanno a gara a violare il prin– cipio di libertà, è difficile far com– prendere che determinati diritti del– l'uomo non devono, per nessun mo– tivo, essere violati, e che esistono i cui 1111tore1 oli res/101ui10,1011,ui rar– rolti i111111 op11scole110 dei « Quaderni di Orientamenti». il prof. Valle/1(111011 è and"to troppo per il so11ilee 11011 hfl roluto il coujo,-10 di 11eu1111 pa,-ere: h11punito co11 l'11111111011izio11e 11 1i i suoi di/Je11de11ti rhe h1111110 abba11do,1t1to il /1,voro e sono seni in /Jiazza a JJ,-ote– sta,-eco11tro la « legge-tmff" » e contro De G"speri. Lo spazio 11011 ci ro111e11te di Imi/a- LAVORO e S~DAUATI re co111pi111ame111e, co111che ci ripro- 111ettù11110 di fm·e in 1111 articolo, ,m a,•. gomento co1ì compleuo ed import,111/e come quello dello sciope,-of,olitico. E1•i– de111eme1Jle, 11011 condividendo !t, poli– tica del Co111i11/on11,011i pos10110 ro11- di11idere gli uioperi che, direllflmeute o indire11,111u111e, 0110di q11.e11a /1oli- 1ic11 una 111a11ife1tazio11e chiariui111t1. Mtl 11011 è che, affermando ciò, si poua110 i111plicitame11te "ccogliere la tesi di P"– Jlore che, in rea/Jà, 11011 Ji m1101•e nem– me110lui 1111Jerreno del sindacalismo puro, economico, incontaminato ed i11- co11ta111inabile, che 11011 e' è; né, Ja11/o meno, le tesi co11/ind111triali, o quelle dei giuristi del/'op11scole110 dei « Qua– derni di Orientamenti », o addirittura i p,-ovvedime111i della FIAT. Ci sono 1cioperi politici che 10110con/rari al– i' iutereJJe dei lavoratori e, quindi, an– che della Democrazia; ci sono 1cioperi politici che sono mili allo !lato demo– cratico ed alla classe lavora1,-ice. Certo è che I' al'madel/'agitazione 11011 economica 110,zpuò euere 111atache per fatti politici destinali a mutare il corso della Jtoria, co.rìcome è at've1111to, /,er fare degli esempi, 11elfebbraio del '17 in R11uia; così come è avve111110 11elgiugno del ·so 11elB~lgio. FASCISTI AliliA FIAT NEI, 1922 Vi riconoscete? Lire 50 di premio I dei doveri, non soltanto per i la– voratori, ma anche per i datori di lavoro. Non dicano gli industriali della Fiat, che essi sono unicamente e so– lamente interessati al buon anda– mento della produzione e al rispetto delle date di consegna; essi subi– scono, e non passivamente, l'influen– za di climi e di premesse politiche esterne all'azienda: questa è la ve• rità. Gli industriali della Fiat, sotto L'auordo i111e,co11federale del 14 giugno 1952 ha iJ1i111ito una rom111iJ- 1io11e1er11irt1per lo 1111diodel co11- globame1110delle varie voci Mlariali. I lavori di tttle co111111iuio11e, accolto i11 sede sindawle il p,·i11cipio della unificazione del 1a/a,-io 1 tJllrebbero do– r1110eJJere solleciti. VicererJt1,1h10ttd oggi, non 10110né co11c/11si né pros– simi ad 1111a ro11cl1uio11e. L'UIL, gi11- Jta111e111e, ba prno l'iuizitllit a di ,i– rhiedere t1/JaCo11fi11d1111ria he /'e1ame non rompi11to del co11globfll11e11to 1 e– niue ritrm/eriJo alle delegazioni che a1·e1·a110 11ip11latoil ri1,1toauo,·do. A 1ale propo1ta gli i11d1111rù1l1 ht 11110 ri– sposto di 110,add11re11do che 1111a di– JcuJJio,r.e1i11dacaleproficua Jtd co11- globt1me111011011 può eue,·ci 1e11zail parere della Commiuione 7'ernica e che, co1111111q11e, eJJendo, dal 14 giu– gno, peggiorala lt1 1it11azio11e dell'i11- d111tria111011 è pouibile addirieuire ttd acco,-di che comportino qll{1/Jia1i agg,-aviodel <OSIO della mano d'opera. 13 chù,ro che il co11globame1110 11011 è staio chiesto solo per mgio11i di chiarezza nella corre1po11sio11e111lt1- riale, ma perché compor/11101effe11ivo e ,·eale miglio·ramenlo delle co11dizio- 11i di vita dei la1 1 oralori, ,·iflet1endo1i 1u/l'i11.fe1111ilà di anzianità, sui collimi e s11gliscalti pe,·iodici. Quindi, q11a11- do la Co11fi11d11s1ria mel/e le 111a11i ar•a11tide111111cia11do 1111a 1ituazio11edi diJagio economico rhe, Jm l'altro, dai co11J11111ivi JlatiJtici del 'annata (vedi ANSA economica), 11011 riJulta, dimo– Jlra di 110111·olere riJ0'1 1 ere il pro– blema del co11globamet1to che è esse11- zialme11Je1i11dacale1 pur at•endo, come del resto ogni questione si11dacaleha, un 1110a1peJJotecnico. Ogni 110/Jache si accoglie, come premi11e11te,il ca– ra/Jere tecnico di un problema 1iuda– cale, la soluzione no11 Ii trova mai. Questa è una vecchia e1perie11za. E c,-ediamo che 1e 11011i uscirà, per il co11globa111e11tò, dalle pastoie temici- 11iche co11/i11d111Jriali, 11011 Ii combine– rà niente. l'influenza del clima politico gene– rale, non sanno trovare altra strada che quella più facile, la slrada della disciplina casermistica, non valutando evidentemente con se– rietà le incognite di questo perico– loso cammino. Una di queste inco– gnite è quella che nella storia ciel nostro paese è ricordata col nome di Palazzo Vidoni. Il patto imposto e firmato nelle sale di quell'edificio negli anni iniziali del fascismo, se– gnò la fine del sindacalismo demo– cratico in ItaHa, dando all'industria– le l'ebrezza di un dominio jncon– trastato su mjlioni di lavoratori. La Fiat di quei tempi amava ri– petere fino alla noia lo slogan di moda: ~ nelle aziende deve esistere una sola autorità: l'Autorità tc;cni– ca >. E allora, di fronte al Capitale, si ergevano i « Consigli di fabbrica~ quali organi di dominio operaio sulle aziende, ma oggi.... vi sono solo delle esautorate Commissioni Interne nemmeno rispettate nelle lo– ro semplici mansioni contrattuali!!! La Fiat tende a ripetere questo errore del "24-'25, dopo tutta una esperienza trentennale che, se rap– presentò un periodo aureo per il capitale, portò anche all'immane crollo degli anni 43-45. Ci augurian10 che i dirigenti at– tuali della Fiat non dimentichino il periodo veramente fulgido del loro complesso industriale: quello in cui intraprendenza di veri capitani cli industria, capacità e perizia di tec– nici, selettività di maestranze spe– cializzate portarono l'azienda, come forza innovatrice, a cambiare lo stes– so volto della patriarcale Torino, a rivoluzionare tutta la vita cittadina e regionale, facendo riacquistare alla città subalpina il primato, che ave– va perduto. Oggi la Fiat sembra essere giun– ta al suo periodo napoleonico; con la scusante di difendere libertà e democrazia, essa stessa viola libertà e democrazia, perseguendo una po– litica aziendale in contrasto con le sue tradizioni migliori, per tendere verso un miraggio che già una vol– ta le fu fatale. Un operaio della FIA1'-Tori110

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