Lo Stato - anno II - n. 21-22 - 30 lug.-10 ago. 1961

PROBLEMI MILITARI L'ESERCITO DI MESTIERE (Il) In una nota precedente abbiamo parlato di esercito di mestiere. Ne abbiamo parlato in for– ma generica, impostando il problema in linea di massima, senza riferimenti pre<::isialla situa– zione italiana. Ci proponiamo di farlo ora. Se l'Italia si trovasse coinvolta in un con– flitto, non potrebbe basare la propria difesa su una linea statica. Come l'ultima guerra ha am– piamente dimostrato, le « Maginot », i << West– wall », i « Valli Atlantici » non sono ostacoli in– sormontabili; i fiumi come il Piave o la Marna, neppure; specialmente quando a forzarli non so– no poche divisioni del Kaiser, ma centinaia di divisioni rusi;e. Ma le Alpi? Certo, le Alpi costituiscono an– cora oggi un ostacolo molto serio. Si ricorderà che, durante la seconda guerra mondiale, anche dopo il 1944, con la Francia in mano degli al– leati, questi ultimi non tentavano di invade– re l'Italia settentrionale da quella parte. Ancora un serio ostacolo, dunque: ma non al confene orientale. Qui, le montagne e i passi principali appartengono alla Jugoslavia. All'Italia è ri)'lla- • sto qualche fondo :valle - nel quale si cala ma– gnificamente - e la piana friulana retrostante. Un'invasione dell'Italia da est troverebbe una prima porta aperta tra Gorizia e Monfalcone; dove.non esistono seri appigli del terreno, a par:. te l'Isonzo, di modeste proporzioni (durante l'ul– tima guerra sono stati fÒrzati fiumi come il Re– no e come il Don). Una seconda porta, sarebbe quella classica di Caporetto. Con la differepza che nel 1917 gli austro-tedeschi hanno dovuto irrompere nella conca di Plezzo e nella Valle di Caporetto, prima di calare nella piana friulana attraverso le valli del Natisone e dello Judrio. Questa volta, al nemico proveniente dall'est sa– rebbe sufficiente la sola ultima parte dell'opera– zione, che è la più facile: lungo la valle del Na- Lo STA1'0 ginobianco tisone, basta avanzare per una dozzina di chilo– metri per arrivare al piano; dal monte Cucco e da Drenchia, circa dieci chilometri; la :valle del– lo Judrio, poi, è per metà jugoslava (tutta la ri– va sinistra), fino alla pianura. In caso di guerra, dunque, è assurdo pensa~ re a una difesa statica sull'ostacolo alpino, per- . ché quest'ostacolo, nelle Alpi orientali, non esi– ste più. Se si vuol difendere il territorio nazio– nale, non resta che farlo in campo aperto, per battaglia manovrata, tra l'Isonzo, il Tagliamen– to e il Piave. Ma per condurre con qualche pro– babilità di successo una simile battaglia contro forze certamente• ingenti, è necessario disporre i reparti mobili, dotati di alto volume di fuoco, moto-corazzati - quindi, tecnicizzati al ma,ssi– mo - qualitativamente fortissimi, con adde~tra– mento perfetto, spirìto militare al limite mas– simo. Insomma, devono essere veterani, soldati di mestiere, non coscritti. Solo con truppe spe– ciali, qualitativamente all'altezza delle migliori tradizioni militari, con unità solide, « dure », si può tentare di arrestare la valanga che si ab– batterebbe in caso di guerra sulle nostre verdi pianure. E' necessario ricordare la diversità del ren– dimento fornito davanti al nemico dalle miglio– ri unità speciali durante la seconda guerra mon– diale? Forse. Ricordare la resistenza massiccia, insormontabile dei paracadutisti della « Folgo– re » ad El Alamein; il valore dei « berretti ros– si » inglesi su tutti i fronti, quello dei paraca– dutisti americani a Bastogne; il superbo com– portamento dei « diavoli verdi » tedeschi nella piana di Catania e a Cassino, quello dei « pa– ras » a Dien - Bien - Phu, nella Kabylia e nello Ouarsenis. E ancora, la solidità dei « marines », sperimentata sugli atolli di tutto il Pacifico, o delle-divisioni di << Waffen SS » su tutti i fronti 21

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