Lo Stato - anno II - n. 19 - 10 luglio 1961

figure del Risorgimento», ab– biamo già dovuto occuparci nel numero scorso (1), nell'affron– tare il problema d:ei rapporti fm la storia di Roma e la storia di Italia. Lo stesso punto di vista che ha indotto lo scrittore ad escluder'e l'universalità della mi:ssione romana daUe forze co– struttrici della Nazione italiana, lo spinge naturialmente a consi– derare anche la Chiesa e l'Impe– ro ,co:me « ugualmente estranei, ugualmente perniciosi per lo sviluppo de:la nostra nazionali– tà». Come avvenne dunque che, mentre « gli italiani del Medio Evo furono condotti ad appog– giarsi all'uno e all'altro degli istituti contrari ai loro più pre– potenti interessi », il processo formativo della Nazione si svol– se ininterrottamente fino a pre– sentare, alla fine del 1700, una Nazione bella e pronta per la fa;se conclusiva dell'unificazio– ne? L'relencazione di fatti ed epi– sodi che il Salvatorelli va a cer– care nelle pieghe della storia per organizzarvi sopra la sua tesi, non convince e non può convincere. Anche ammettendo che « i Comuni italiani sapessero perfettamente di appartenere alla stessa nazione » (il ,che è per lo meno dubbio), e che gli Imperatori svevi avessero ten– tato di unificare l'Italia in quan– to tale (il che appare manifesta– taimente infondato), resterebbe da spi•egare quale sia stata la idea direttrice che avrebbe i:spi– rato questo moto attraverso i secoli, e quale la forza politica che la avrebbe ·condotta. Se si esclude dal •patrimonio spiritua- 1'ee storico dell'Italia tutto quel– lo per cui gli italiani hanno combattuto e tutto queHo in cui hanno creduto per secoli e se– coli, che cosa resta a giustifi– care il formarsi di una coscienza unitaria? Si può allora vedere questo processo solo come ,gui– dato da cieche e impersonali forze della natura, come un mo– to di agigregazione biologica che segue leggi proprie ed imper– scrutabili. Qualcosa insomma che può s piegare - ed anche questo solo da.un punto di vista materiali:sti :co - il ,formami di Lo STATO bi 11 ~liayinobianco un corpo, non il sorgeve di una anima: la presenza insomma di una popolazione, non la nascita di una Nazione. * * * Il fatto è che nulla prova e nulla può provare, che i « pro– fondi interessi » degli italiani del medio evo coincidessero con la formazione di una distinta personalità nazionale. E' asso- 1 utamen te arbitrario attdbuire ad essi ragioni e scopi, che pos– sono nascere solo da una valu– tazione fatta oggi, dopo chie la realtà spirituale e storica del mondo si è radicalmente modi– ficata sotto la spinta di eventi che non soltanto ,erano allora imprevedibili, ma che avrebbero potuto beni:ssimo non verificarsi affatto. Abbiamo g-ià cercato in queste stesse pagine (2), di indi– vidua·re 1'o sviluppo del proble– ma politico medioevale, in un processo di unificazione univer– sale dil"etto verso le due opposte polarità della Chiesa e dell'Im– pero. Gli italiani, guelfi e ghibel– lini, si battevano per il consegui– mento di questa unità 'lllliver– sale : 1 era ben chiara in ciascuno di essi, l'idea dell'unicità della società cristiana, l'aspirazione a ricondurre ancora il mondo ad un solo organismo, avente un vertice comune a tutto l'edificio ed in diretta derivazione dal Di– vino. Nessun Ponte,fke straniero rim:as•e estraneo alla caratte– rizzazione italiana e rromana della lotta che lo a,,ssorbiiva,così come nessun Imperatore ,germa– nico potè sottrarsi alla necessi– tà di venire in Italia ad affron– tare la questione che investiva il suo trono, là dove soltanto es– sa poteva essere decisa e rrisolta. L'idea della « tras1'atio » dell'Im– pero alle din·a:stie ,germaniche, era in ogni caso chiarissima, in una visione che teneva sempre presente a se stessa la fonte del– la tradizione su cui il potere si fondava: « Vuoi tu sapere - dice il Barbarossa al popolo ro– mano - dove si rifugiarono la gloria antica della tua Roma, la dignità severa del Senato, la va- lorosa disciplina dei cavalieri, l'arte della guerra, l'invitto co– raggio delle battaglie? Presso noi tedeschi si trova ora tutto questo, insieme con l'Impero. Da noi sono i tuoi consoli, da noi il tuo senato, nostre le tue legio– ni ». (3) Che questo senso della pa:rtecipazione alla romanità fosse così forte negli Imperatori di stirpe germanica, e partico- 1armente in quelli della Casa Sveva, lo dimostra il fatto che poche generazioni bastarono a far discendere dai Von Buren, fondatori del castello di Staufen nella ,germanica Sv•evia,quel Fe– derico II le ·cui caratteristiche sono :tanto italiane che qualcu– no ha potuto vedere in lui - con interpretazione peraltro li– mitata e inesatta - « un sicilia– no sul trono di Germania». (4) La forza dei due poteri era una realtà effettiva e non un vuoto nome: anche in epoca as– sai tarda, e nella via di una de– cadenza ormai senza ritorno, ve– diamo Edoardo III d'Inghilter– ra assumere titolo e funzione di vicario imperia;le di Ludovico il Bavaro, •edancor dopo spagnoli e portoghesi sollecitare ed ac– cettar,e le decisioni di Alessan– dro IV sulla spartizione del nuo– vo mondo. Il processo di unifi– cazione non giunse a termine. anche se il coronamento dell'u– nità universale fu più volte vi– cino ad essere conseguito. Im– peratori come Enrico VI (5) e Pontefi,ci come Innocenzo III, ebbero in realtà il mondo ai loro piedi. Ma l,a lotta terminò sen– za vincitori né vinti. Nessuno dei due ,principii prevalse sullo altro e da questa conclusione scaturì - con la catastrofe del– la società sacrale che aveva cer– cato, attr,averso le due strade contrapposte di comporsi ad unità - la società laica e profa– na che si sviluppò nei secoli successivi. Le Nazioni sono uno degli aspetti di questa nuova so– ci 1 età. Nacquero dalle rovine della prima, sorgendo dai frantumi della « ecumenicità » medioeva– le. Gli italiani dunque, non si batterono durante il Medio Evo per costruire la propria Nazione, 21

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