Lo Stato - anno II - n. 12 - 30 aprile 1961

no chiaramente leggendo il volume con ii quale Paolo Milano si ripromette di dare ai suoi lettori « suggerimenti > sui libri che meritano di essere presi in considerazione e su quelli che, invece, Yanno messi da parte. Per stabilire le opere che rientrano nella prima cate– goria il Milano si muove velocemente e senza esitazione nel tempo e nello spazio. Comincia dall'Estremo Oriente e «consiglia» di leggere quegli scrittori ( o scrittrici) giapponesi e cinesi che dia– no sicure garanzie di non seguire i ca– noni della morale cattolica. Poi, si spo– sta in Occidente e, risalendo nel tempo, si tc:rma ad Erasmo che ha tutta la sua simpatia per essere stato « nemico dei preti e, soprattutto dei teologi ». Era– smo è un radicale ante litteram e, per questo, Paolo Milano propone di eleg– gerlo « patrono degli intellettuali ». Nel ritornare all'epoca moderna, il critico dell'Espresso si sofferma su una triade, a suo giudizio, « ideale». Il primo è Cecov dal cui scetticismo di medico positivista resta affascinato e del quale giunge ad esaltare i deformati principi morali. Il secondo componente della triade è Kafka; di questo pren– de in esame la « Lettera al padre » ed afferma che in essa K. « tocca quell'atro– C( punto di indifferenza in cui innocen– za e colpa si bilanciano». Indifferenza morale che in Paolo Milano è abituale comportamento e che, perciò, è quel che più apprezza in uno scrittore. Il terzo è Musi! che è giudicato at– traverso le pagine equivoche de « Gli smarrimenti del cadetto Torless » in cui sono descritti giovanili amori omo– sessuali. Per avere un ritratto morale del teorico del nuovo cosmopolitismo sarebbe sufficiente quanto già detto. Le sue preferenze sono indice del suo grado di sensibilità. Ma non vogliamo trascu– rare nessun aspetto della « penonalità » di questo « lettore di professione ». Aggiungeremo, perciò, che egli è un ammiratore ( e come poteva essere di– versamente!) di Moravia e di Carlo Emilio Gadda. Per Moravia tenta di cambiare le carte in tavola, ma non ci riesce perché « il pessimismo di Mora– Yia..... il suo acume di analista e .la sua antiretorica » da lui decantati, non sono altro che disprezzo della vita e dell'uo– mo, caparbia negazione di tutto ciò che neil'uomo è destinato a restare ol– tre le vicissitudini dell'esistenza. Di Gad– da non trova parole adeguate per lodare il suo antifascismo, il suo spirito icono– clasta che, in verità, si riduce al cattivo trattamento riservato alla lingua italiana. Lo STATO bibliotecaginobianco Due ultime « perle » del volume di Milano. La prima riguarda l'entusia- •smo dimostrato per la « nouvelle va– gue» della letteratura negra: anche al nostro, cioé, piace andare in cerca dei poeti nella giungla e siamo certi che si sarà beato leggendo i versi di Patricc Lumumba pubblicati dai giornali comu– nisti. L'altra «perla» riguarda il lusin– ghiero giudizio dato del Pasolini che per M. è « uno scrittore che ha qualcosa di preciso da dire ». Questo qualcosa - chiariamo noi dato che il « lettore di professione » non ha avuto il coraggio di farlo - sono le sconcezze e le be– stemmie che si ripetono in ogni sua pagina, sono l'apologia di ogni manife– stazione teppista cd oscena. Ma - e qui volevamo arrivare è proprio in casi di adulterazione cosi smaccata che il Paolo Milano si rivela nella sua assoluta mancanza di coraggio e di autonomia. Sono proprio le « fe– licitazioni» rivolte a Pasolini o l'atten– zione con cui si seguono libri come « Sesso e civiltà», definito un « allarme salutare », mentre si tratta soltanto di uno dei tanti focolai di eccitamento rrotico; sono proprio le concessioni al cattivo gusto, a convincere che niente di nuovo viene dal fronte laicista. Del resto, il nuovo cosmopolitismo dei Milano e degli altri « lettori di profes– sione » sarà presto messo da parte e scomparirà sotto l'incalzare di nuove mode, tutte ugualmente nefaste. FAUSTO BELFIORI Pedagogia e religione nel disordine marxista Ho letto con una certa curiosità il saggio « Per una pedagogia socialista » pubblicato nell'ultimo numero della Ri– vista di intonazione marxista, « Il Dia– logo» (pp. 15-20). Desidero parlarne su siva ed essenzialmente «burocratica». 3) Proseguendo, rifiuta anche la tesi secondo la quale « tutti i singoli, pur procedendo individualmente, possano e debbano giungere ad una unica con- Le sconcertanti tesi di una rivista culturale bolognese di sinistra. Socialismo trascendente? questo periodico a documentazione del- 1' estrema confusione delle idee che re– gna nel campo socialista, a proposito di pedagogia, e non di essa soltanto. Ecco come si esprime l'autore in un procedimento quanto mai tortuoso. 1) Comincia con il rifiutare l'atti– vismo pedagogico, poiché « un sociali– sta non può ammettere che l'individuo possa formiJrsi da sé», p. 15. 2) Indi rifiuta la tesi secondo la quale una maggioranza o una minoran– za possa « costringere in una unità dì massa economico-sociale la totalìtà de– gli individui mediante una legge che, disciplinandoli, li sovrasti», p. 16, poi– ché ciò significherebbe rendere i citta– dini schiavi dei funzionari, in cui con– cretamente lo Stato socialista si risolve. E qui, in verità, non possiamo non es– sere d'accordo con l'A.: solo che ci do– mandiamo come egli, ponendo questa premessa, possa dirsi ancora socialista, avendo rifiutato l'essenza stessa del So– cialismo, forma politica per definizione statolatrica, e quindi tirannica e oppres- elusione coincidente infine con una ve– rità disumana, incombente al di sopra di 'tutti gli uomini, sussistendo indipen– dentemente da essi», p. 18. 4) Conclude con il proporre la sua tesi della « scuola intesa come dialogo », in questi termini: « L'umanità ha dà costruirsi come società che, anziché proporsi come somma di individui (edu– cando + educatore), si intessa « tra » gli individui, che, nel caso particolare, si individuano infatti come educando da una parte e come educatore dall'al– tra», p. 20. 5) In questo dialogo, poi, « l'edu– cando, tutt'altro che mortificato nei con– fronti dell'educatore, ma - anzi - co– me attivo partecipante, risulta collabo– rare alla costruzione della verità tra lui e l'educatore; ma, appunto, in quanto educando », p. 20. Dove si domandano due cose: 1) Se la scuola è « dialogo », anche due comari, che dialogano tra loro, e l'una (educatore) dà all'altra (educan– do) notizia dei pettegolezzi del palazzo, 25

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=