Lo Stato - anno II - n. 12 - 30 aprile 1961

campagna, l'armamento principale del– la dotazione divisionale. Le sue presta– zioni sono assolutamente inferiori a quelle del più moderno materiale sovie– tico da 100 mm. e francese da 105; la sua gittata massima (11 km.) è poi in– feriore perfino a quella del vecchissimo cannone da campagna inglese, di cali– bro minore, 88/27 (12 km.)! Eppure, la vecchia gloriosa tradizione - anche industriale, nonostante la cattiva riuscita nell'ultimo conflitto - dell'artiglieria italiana dovrebbe consentire la copertu– ra di tutto il fabbisogno con materiale di costruzione nazionale, compreso il pezzo-base divisionale. Armi leggere. La situazione non è molto differente. La «Browning 12,7» è ancora all'altezza delle esigenze, ma il resto del materiale automatico leggero è ormai inadeguato. La stessa « Breda 37 », che dà pure ottime prestazioni nonostante i suoi ventiquattro anni di vita, ha il grave inconveniente del ca– ricatore a lastrina che si deforma facil– mente, provocando il frequente incep– pamento dell'arma; inoltre, non sarebbe inopportuno adeguare il calibro allo standard NATO 7,62. Fucile mitragliatore in dotazione, il «BAR», un'arma di costruzione ame– ricana non recentissima (seconda guerra mondiale), di struttura costruttiva com– plicata e· balisticamente poco bilanciata; senz'altro peggiore del più vecchio e ru– stico « Bren », già in dotazione anche nel nostro Esercito fino a dieci anni fa. Poi, il fucile semiautomatico « Garand » la carabina « Winchester » e il « MAB », il mitra corto « Beretta ». Riguardo ·a queste ultime armi, va ricordato che ormai quasi tutti i mag– giori eserciti - sulla scia della Wehr– macht 1944 - si stanno orientando sulla sostituzione del fucile mitragliatore, fu– cile semiautomatico e carabina con una arma unica, il « fucile d'assalto» o « fu– cile automatico ». Ne esistono ormai una buona varietà: gli americani « M. 14 » e « AR. 10-Armalite », il francese « MAS », lo svizzero « SIG », il danese '! Madsen Saetter », il belga « FN ». Fra tutti, l'ultimo è il migliore, già adot– tato dall'esercito britannico e dalla Bun- deswehr. In questo caso, l'Italia potreb– be importare materiale dall'estero, ma anche incrementare la produzione na– zionale: si tratta di armi leggere, per le quali la necessaria att:rezzatura indu– striale non ci manca. Di produzione nazionale è invece il « MAB », che è stato perfino esportato in altri eserciti occidentali. Ma, nono– stante le sue doti di rusticità e di sem– plicità, il mitra corto « Beretta » è una arma di scarse prestazioni, inferiore al certamente più pesante « Thompson », ma anche alla « Maschinenpistole » te– desca, a quella fr::ncese, alla spagnola « Parinco III » e - si dice - perfino a quella israeliana. Eppure, non sarebbe difficile, per la stessa « Beretta », co– struire armi più efficienti, solo che il nostro Esercito glie le chiedesse. Per concludere, quella che è oggi for– se la maggiore esigenza militare italia– na è lo svecchiamento del materiale in dotazione. Per non poco di questo, eo– me abbiamo visto, le stesse industrie na– zionali potrebbero provvedere ottima– mente. Perché non le facciamo lavorare? Pannicelli e illusioni Una delle più evidenti caratteristiche delle economie di mercato è la tenden– za dei diversi settori produttivi a fun– zionare come vasi comunicanti, influen– zandosi a vicenda, anche se particolari fattori strutturali o congiunturali agi– scono sui redditi in modo da porli a livelli diversi. La legittima preoccupazione che la crisi dell'agricoltura possa influenzare negativamente tutta l'economia italia– na è stata al centro del dibattito al 10° Convegno di studi di economia e di politica industriale, svoltosi a Bologna dal 7 al 9 aprile. Il tema proposto (« Il reddito agricolo e l'industrializzazione dell'agricoltura») ha acceso discussioni appassionate che - a parte alcune ine– vitabili impostazioni accademiche - so– no state imperniate sulla necessità di indicare realistici suggerimenti e con– crete soluzioni. Il merito maggiore del convegno, infatti, è stato nel franco linguaggio, nell'atteggiamento di criti– ca costruttiva di numerosi studiosi e della maggior parte degli industriali partecipanti. Ciò :significa che l'indu– stria è disposta ad affrontare sacrifici per contribuirie alla soluzione della cri- Lo STATO bibliotecaginobianco Credere ai miracoli del credito agrario ed alla virtù taumaturgiche della formula « piccola proprietà con– tadina » significa deludere i problemi di fondo della agricoltura italiana si agricola, ma vuole che tali sforzi servano a dare un indirizzo più econo– mico all'agricoltura. D'altra parte, è ingiusto che tutta l'economia nazionale debba subire indefinitamente le conse– guenze di una politica che ha già fatto a! Paese il dono della Riforma agraria. Si può dire che a Bologna quasi tutti gli interventi, in modo esplicito o im- \plicito, abbiamo indicato con.tra il ve– leno economico della polverizzazione fondiaria un antitodo: l"antiriforma. Per valutare, del resto, la gravità dei risultati della riforma basta ricordare che il suo costo originario di 372,2 mi– liardi « per l'intero territorio naziona– le » è salito a 700 « solo •per alcune re– gioni », nelle quali, peraltro, l'opera non è compiuta, tanto è vero che il Piano Verde vi impegna altri 54 miliardi. Ma a questo ,risultato economico negativo - qualcuno potrebbe obbiettare - fan– no riscontro risultati positivi dal punto di vista sociale. Anche se ciò fos.se vero, e lo è solo in parte, non si può sottovalutare il fatto che molti assegna– tari non riescono a trarre dalla terra un reddito sufficiente per evitare i pignora– menti e condurre il fondo con ragione– voli prospettive economiche. Non pochi coltivatori, infatti, hanno rinunciato a resistere per esistere, e hanno preferito abandonare la terra, le cambiali e le speranze. Che i risultati della nostra riforma non siano tali da affrontare discussioni, d'altra parte, è dimostrato da un particolare significativo: i bilan– ci consuntivi degli Enti di riforma non sono stati presentati mai al Parlamento. E non si può dire ,che non ve ne .sia stato il tempo, perché tali Enti operano ormai da dieci anni. (contin.a pag. 18) 15

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=