Lo Stato - anno II - n. 12 - 30 aprile 1961

« una politica economica non può es– sere vista e condotta in ordine sparso, ma, specie se si tratta di una politica di sviluppo in un Paese ad economia dualistica, come il nostro, richiede una concezione, una programmazione ed una direzione unitaria » (2). Il problema non è nuovo, ma è sem– pre attuale, anzi più attuale che mai oggi dinanzi ad una politica governa– tiva che - per essere a tutti i costi « popolare », o meglio per tentare a tut– ti i costi di esserlo - continua a sfor– nare provvedimenti discutibili, sia per la loro imponenza (non sempre compa– tibile con le condizioni del Bilancio), sia conseguentemente per la loro coper– tura finanziaria (che colpisce, come nel caso in discussione delle tasse sugli atti giudiziari o di tasse su altre attività pro– fessionali, indiscriminatamente settor:i e categorie che non hanno un elevato grado di elasticità), sia per la loro uni– laterale visione di certi problemi, ri– solti senza tener conto di altri. La mancanza di un coordinamento della politica economica e la dimenti– canza del principio del gradualismo per l'attuazione di svariati provvedimenti ha, in conclusione, impedito spesso che all'entità degli sforzi compiuti corri– spondessero, nella stessa misura, risul– tati soddisfacenti, e in non pochi casi h:i addirittura portato nocumento a de– terminati settori dell'attività economica e di quella sociale. Coordinamento . necessario Altrimenti non sarebbero oggi neces– sari i cosiddetti « viaggi di lavoro » del Presidente del Cons·iglio proprio in quelle zone ove tanto si è impegnato per risolvere annosi problemi di equi– librio economico e benessere sociale! A proposito di coordinamento occor– re ricordare come, nella sua qualità di ministro del Bilancio, !'on. Tambroni avesse a suo tempo richiamato l'atten– zione proprio sul coordinamento della politica economica intorno a tale di– castero, come avesse voluto - e non dubitiamo che avendone tempo avrebbe potuto ottenerlo - realizzare un'azione diversa che, d'altra parte, corrispondeva proprio ai compiti e fini istituzionali del dicastero del Bilancio. Una visione più vasta delle questioni { 2) Disco rso pronunciato dal Presidente del G.N.KL. on. Campilli in apertura del sec ondo trie nnio di attività - .In , ,Econo– mia Italiana » di febbraio 1961. Lo STATO bibliotecaginobianco inerenti al Bilancio porterebbe ad af– frontare, senz,a ulteriori reticenze, quel– la, ad es., dei tanti enti superflui, di cui si è parlato a ripetizione nei decorsi decenni; e così quella degli interventi spesso dannosi e mortificanti in settori non propri dell'iniziativa pubblica. Ed in quella materia fiscale, che ne– gli ultimi mesi è stata oggetto di cri– tiche continue e che in questi giorni non manca di dare notevoli preoccupa– zioni al Governo, non si è a nostro parere operato secondo una « scelta » realmente economica: si potrebbero in verità realizzare naturali incrementi di entrate attraverso una diminuzione del– le aliquote e delle voci impositive, così come è stato dimostrato allorché si è provveduto da altro Governo a ridurre il prezzo della benzina e di altri pro– dotti, dimostrandosi ampiamente come spesso certe detrazioni fiscali risultino nettamente produttivistiche, perché au– mentano i consumi e conseguentemente le entrate derivanti allo Stato dalla im– posizione sui consumi medesimi. Il Bilancio precedente - quello re– lativo al 1960-61 - è stato praticamente quello che ha permesso il « miracolo economico », un miracolo che si rias– sume in un aumento del reddito nazio– nale in termini monetari dell'8,8 per cento e in termini reali (tenendo cioè conto del lieve aumento dei prezzi) del 6,8 per cento; in un incremento della produzione industriale del 13,6 per cen– to, delle attività terziarie del 10 per cento, dei consumi del 7,7 per cento in termini monetari e del 6,3 per cento in termini reali, degli investimenti lordi del 20,3 per cento in termini monetari e del 18,2 per cento in termini reali, delle espot'tazioni in misura notevole e tale da garantire un contributo altissi– mo al mantenimento di una bilancia dei pagamenti attiva, della mano d'ope– ra occupata ( oltre 400 mila unità in più). E' su tale Bilancio che il Parlamento è chiamato a fare dei confronti ed a vedere sino a che punto i nuovi stati di previsione hanno tenuto conto degli insegnamenti derivanti da esso. Purtroppo - sulla base dell'espe– rienza passata - non possiamo essere ottimisti sull'esito del dibattito che avrà luogo alle Camere, e ciò in quanto trattasi di un dibattito più formale che sostanziale, sul quale pesa la precosti– tuita decisione di una maggioranza di approvare il Bilancio così come è stato elaborato dal Governo, senza apportare modifiche. Vi è a questo punto da domandarsi a cosa realmente serve la discussione par– lamentare, quando essa si limita magari a formulare delle bellissime critiche (na– turalmente non ci riferiamo a quelle prestabilite della sinistra, che hanno soltanto un demagogico valore propa– gandistico), a indicare certe soluzioni, ad avere la pretesa di dare ottimi sug– gerimenti all'Esecutivo, a sfornare or– dini del giorno accolti dal Governo co– me << raccomandazioni ». Una democrazia viva, che voglia realmente interpretarsi ed interpretare l'l volontà popolare, dovrebbe tendere a Yalorizzare le Istituzioni, a realizzare la Costituzione a interpretare corretta– mente quell'art. 81 della Costituzione medesima che suona così: « Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il ren– diconto consuntivo presentati dal Go– verno. Rispetto della legge « L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per leg– ge e per periodi non superiori comples– sivamente a quattro mesi. « Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. « Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte ». Ora è logico che approvare non si– gnifica dare soltanto il nihil obstat, ma significa esaminare, discutere, vagliare il pro' ed il contro di una data imposta– zione, così come emerge dalle cifre; che il divieto a stabilire « nuovi tributi» e « nuove spese» non significa divieto a modificaré, sopprimere, rivedere insom– ma quei « nuovi tributi » e quelle « nuo– ve spese » che il Governo ha inserito negli stati di previsione presentati alle Camere. La funzione del Parlamento dovreb– be trovare proprio nel dibattito sul Bi– lancio il suo compito primario, perché « le Nazioni - amava dichiarare Va– noni - come le famiglie bene ordinate, fanno il loro bilancio e meditano su di esso » (3), e pertanto il Bilancio rap– presenta la base essenziale sulla quale operare per lo sviluppo economico e so– ciale del Paese, e implicitamente per la sua stabilità politica. GIORGIO SACERDOTE 1 (3) Presentazione de • Il Bilancio Eco– nomico Nazionale » del 1953. 13

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