Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961

di Francesco Cangiullo, edito da Ceschi– na, Le serate futuriste. Cangiullo fu tra i più accesi futuristi fino al 1928, (per intenderci, fino al « carneplastico »), partecipò ed organizzò tante serate fu– turiste, che erano, più o meno, tutte eguali: declamazioni di poesie, urla e fischi del pubblico, incidenti di caratte– re politico e conclusione in questura. Rievocandole ora che è innanzi con gli anni, Cangiullo è preso dal sacro fuoco antico, e con l'entusiasmo di allora vuol farci rivivere l'allegria, la spregiudica– tezza, la costanza con cui fu combattuta quella battaglia d'arte da Marinetti e dai suoi seguaci su tutti i palcoscenici d'Italia, contro i « passatisti» e l'arte tradizionalista. Ne è venuto fuori un libro commovente ed utile. Commoven– te per la commozione e l'entusiasmo che prendono l'autore, impegnato an– cora una volta, e con lo stile di « al– lora,, in una battaglia senza dubbio nobile, anche se questa volta facile a vincersi; utile perché la rievocazione delle « serate » famose, centro e fulcro di tutta o quasi l'azione futurista, serve non poco a chi voglia pervenire ad un giudizio critico che, per la natura stes– sa dell'opera futurista, specie di quella letteraria, non può fare a meno di docu– mentarsi su quanto fu detto e fatto in quelle adunanze, ritmate dai lanci di verdura fradicia, eppure efficienti nei riguardi di tanti artisti impegnati nella ricerca di una strada che non fosse quella abituale, ormai bisognosa di una spregiudicata revisione. Cosa fu il futurismo e come esso può essere giudicato oggi, a cinquantadue anni suonati da quel venti febbraio in cui il Figaro pubblicava il primo ma– nifesto di Marinetti? Molti delimitano il periodo di maggior fervore e di più viva efficacia del movimento fra questa data e il 1915, all'inizio della prima guerra mondiale. E' il periodo in cui l'Italia e molti paesi dell'estero sono pieni della polemica futurista, che im– pegna sopratutto scrittori e pittori, ma che tuttavia ha un'efficacia non disprez– zabile presso tutti gli altri artisti, scul– tori, musicisti, architetti. Ma è un fatto esclusivamente artistico? Insomma, es– so si rivolge in una critica di valori estetici? Evidentemente no. Il futurismo fu movimento di artisti e quindi preva. lentemente sì riferì ai problemi che più immediatamente interessano gli artisti, come il carattere e la funzione dell'arte, i suoi canoni, i suoi mezzi espressivi. Ma il fondamento è diverso, investe il campo della morale, del costume e della poli- 28 bibliotecaginobianco tica: ed ecco perché noi pensiamo che si debba spostare la data di cui sopra fino al 1921-22; o comunque che si deb– ba considerare l'opera del futurismo co– me estrinsecantesi in due fasi, una preva– lentemente artistica, che va dal 1909 al 1915, l'altra più specificamente poli– tica e di costume che andò fino al 1922, con l'adesione dei futuristi all'impresa fiumana e al fascismo. Fin dal primo manifesto di Marinetti, e poi man mano con gli altri contro ii chiaro di luna, contro il costume e morale borghesi, contro i musei, le ac– cademie e il pacifismo, il movimento futurista si rivela come un fatto morale più che artistico: esso non tanto si ri– ferisce ai problemi dell'arte, quanto a come gli artisti debbano concepire la vita e il mondo che essi poi· realizzano nell'arte. La loro ribellione è la testimo– nianza di uno stato d'animo che inve– ste non solo i valori espressivi di ogni singola arte, ma anche e sopratutto la società contemporanea, i suoi costu– mi, i suoi usi, le sue abitudini e pre– ferenze. « Uccidiamo il chiaro di luna» e « guerra sola igiene del mondo », la polemica contro i musei e le accademie non sono fatti artistici ma politici e di costume. La stessa abitudine di espri– mersi e di comunicare di preferenza attraverso manifesti acquista un certo sapore di socialità, di comunione con il pubblico, fuori degli ambienti specifi– camente letterari ed artistici. Insom– ma, i futuristi esprimono una esigenza dì rinnovamento, di vivificazione della società italiana; un invito ad uscire dal– la consuetudine del piede di casa, a proiettarsi sul mondo con spirito aperto alle novità e combattivo. Era in fondo un adeguarsi all'attivismo post-risorgi– mentale già sostenuto dal Carducci e dal d'Annunzio, ma con uno spirito romantico accentuato, con una più di– chiarata fusiono fra arte e vita, fra at– tività artistica ed attività civile. Incon– trandosi la crisi di staticità che caratte– rizzava le arti e quella che affliggeva la vita politica e sociale, il futurismo rappresentò una sintesi di queste insuf– ficienze e si espresse, romanticamente, in forme rivoluzionarie. Esso potè es– sere al tempo stesso azione collettiva intesa a rinnovare il costume artistico e politico, e azione individuale, possi– bilità dì un esame dì coscienza che pose ciascun artista di fronte ai propri pro– blemi artistici e di cittadino. Quanta importanza ebbe tutto questo sul piano concreto? Qui il discorso andrebbe fatto con molta più calma che un articolo non consenta. Tuttavia, ac– contentandoci di pervenire subito alle conclusioni, possiamo dire che senza dubbio il futurismo indusse molti, sia in Italia sia fuori, ad un ripensamento delle proprie idee e dei propri principi. Esso agì come forza di rottura; con la sua potenza e con la dichiarata mancan– za di ri-spetto per tutti i valori costi– tuiti, avviò allo spirito critico i tanti che non avevano il coraggio di uscire dal conformismo artistico al quale pare– vano condannate le lettere le arti. Agli effetti della creazione artistica si trattò quindi di una influenza più negativa che positiva, anche se in ultima analisi essa produsse nuovi ori~tamenti nelle personalità più dotate. A leggere i manifesti futuristi si nota che essi di– struggevano più che creare: e soprat– tutto in questo consiste la loro positi– vità, a quel tempo necessaria. Ma se passiamo dal campo estetico a quello politico, troviamo una più immediata concretezza nell'azione dei futuristi, su– bito votatisi all'irredentismo e all'inter– ventismo. Dopo il 1915 la loro inciden– za sul piano letterario ed artistico esprime solo una sopravvivenza, le loro opere esprimono quella non– arte della quale parlava il Croce; ma sul piano del costume e della azione politica essi avevano ancora un conte– nuto, e quindi una funzione, che per– dettero solo allorché movimenti più qua– lificati e politicamente organizzati li assorbirono. A queste e ad altre considerazioni sui principi e le azioni che caratterizzarono il movimento futurista induce il libro di Francesco Cangiullo. Esso non si propone molti problemi, né in fondo ha uno scopo specificamente critico. E', nel– le intenzioni dell'autore, come un ro– manzo biografico, un romanzo vissuto, che qua e là si attarda a considerare anche fatti e persone non legate inti– mamente con il futurismo. E forse pro– prio in questo, nella immediatezza della rievocazione, nel desiderio di ricreare anche stilisticamente lo spirit:o di que– gli anni, con la sua veemenza e un poco con la sua ingenuità, consiste l'utilità del libro, che rappresenta un ulteriore contributo per quanti vorranno (e forse ne è venuto il tempo adatto) studiare il futurismo nei suoi caratteri più veri e importanti, al di fuori delle passioni di ogni genere, letterarie e politiche so– prattutto, le quali ne hanno impedito finora una definizione critica esatta. N. F. CIMMINO

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