Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961

PITTURA Il fascino dell'Italia nella pittura francese Una esposizione come· quella recente. condusse alla scoperta di quella che fu mente conclusasi, dedicata a « L'Italia detta la « ligne d'ltalie ». vista dai pittori francesi del XVIII e Si tratta di una costante dell'arte f:ran. XIX secolo », costituisce un avvenimen- cese che - come dice il Bazin nella to artistico di primaria importanza e ci premessa· al catalogo - si era mante- aiuta ad approfondire le conoscenze in- nuta ininterrotta nella pittura di pae- torno ad un certo periodo culturale, per- saggio, dal '600 all'800, malgrado i ti- mettendoci di indagare sugli orienta- midi tentativi di «paesaggio nazionale», menti che lo hanno contraddistinto. ed era stata tanto forte da contrastare La mostra ha ancora una volta posto con non poca efficacia l'infiltrazione del in risalto che l'arte, quando è vera- paesaggio nordico di tipo inglese e mente tale, supera sempre i limiti angu- olandese. Solo con l'impressionismo (e sti delle poetiche in voga e si eleva al d:: ciò se ne può calcolare la potenza di sopra delle polemiche contingenti rivoluzionaria) viene meno questa gran- facendone rilevare spesso la sterilità e le de tradizione che, come dicevamo ave- incongruenze. E ciò è tanto più vero va ispirato per tre secoli la stragrande se si considera che la maggior parte dei maggioranza dei pittori francesi, e tra pittori rappresentati erano membri del- essi i più grandi. l'Accademia francese a Roma e come Non è il caso qui di indagare sul tali vi si trovavano per compiere un oh- perché gli italiani, pur così attaccati al bligatorio tirocinio copiando ed imi- luogo d'origine, abbiano dimostrato tando i nostri pittori del Rinascimento. tanto scarso interesse per la riprodu- Ma i mezzi espressivi possono essere i zione del paesaggio; giova piuttosto più disparati, e le tecniche seguite non mettere in luce i motivi culturali, ideali hanno un valore di per se stesse, bensì e psicologici che hanno determinato una per i risultati cui approdano: perché così salda tradizione del paesaggio ita- l'opera d'arte sia 'vera, e valida, è neces. liana nella pittura francese. sario che il linguaggio e il contenuto Nei suoi « Peintres français en lta- si fondano perfettamente sì da dar lie », Pierre de Nolhac pare attribuisca luogo a quello che comune.mente si chia- a Robert e a Fragonard il merito di aver ma stile. promosso l'iniziativa di far disegnare Nella Veduta del Palazzo Ducale di paesaggi dal vero, nel Lazio e a Roma, Monet (cat. n. 242) questa fusione av- ai francesi che studiavano all'Accade- viene così mirabilmente da lasciarci mia. Non poco merito però (forse più quasi incantati. E Monet - sopratutto che agli altri) va a Wlenghels, direttore quello dell'ultimo periodo - può a ra- dell'Accademia dal 1724, che si adoperò gione essere additato come esempio ai in ogni maniera per far rinascere il pittori contemporanei che vanno alla ri- « genere» del paesaggio storico allora cerca affannosa di forme sempre più abbastanza decaduto. Ma tutto questo abbreviate e sintetiche. non può essere stato che il motivo oc- Va subito -notato. che una mostra co- casionale; il vero movente va ricercato me quella in questione, così ben alle- nel fascino che l'Italia e Roma hanno stita e documentata (che non teme il sempre esercitato, fin dalla fine del confronto con l'altra « Da David agli Medioevo, sugli uomini di cultura e su- impressionisti ,, di alcuni anni fa), ha gli spiriti sensibili (e non solo fran- avuto il suo precedente in un'altra, rea- cesi); fascino che non si limita soltanto lizzata in Francia nel 1925 (« Paysage alle reliquie del passato, ma che si al- français de Poussin à Corot ») che ebbe larga alla natura del luogo e alla mi- il merito non piccolo di ricordare agli tezza del clima. Il « plein air » è la entusiasti, nel periodo del trionfo del- caratteristica peculiare di questi pae- l'impressionismo che prima di Manet, saggi, e non soltanto nel senso di ario- in Francia vi era stata anche un'altra sità compositiva, bensì in quello ben tradizione; e di offrire agli specialisti più importante di « luminosità» e di l'occasione per uno studio più appro- «luce» (Corot). fondito sui paesisti francesi; studio che E' certo che la < veduta di Roma» Lo STATO bibliotecaginobianco sia nata dallo studio diretto degli antichi monumenti così come eran soliti fare gli architetti. Ma va notato - e qui sta la differenza - che, per esempio, i famosi disegni del Palladio o di. Giu– liano da Sangallo sono ·sempre delle ri– costruzioni e raramente delle inetrpre– tazioni che vadano più in là del dato puramente tecnico. Mentre nei pittori il monumento, pur restando il motivo centrale ed ispiratore, non ha tuttavia valore di per sé, quanto piuttosto per quello che richiama a.Ilamemoria; esso diviene così il suscitatore di suggestioni talmente forti che il paesaggio, sentito con ~n particolare stato d'animo, ri– sulta trasfigurato e idealizzato. M,i. no– nostante questa idealizzazione, si nota una scrupolosa fedeltà nei confronti del soggetto, che ·tradisce .Ja venerazione e l'amore di chi lo ha prescelto. Cosl il paesaggio italiano, e romano in specie, viene fissato da un .particolare punto di vista che rimarrà tipico fino ai giorni nostri (si ricordino, per citare i più si– gnificativi, Molo e Palazzo Ducale di Boudin, la veduta di Castel Sant'An– gelo e il panorama di Firenze di Corot). Non mancano tuttav'ia esempi che ci offrono l'occasione di pensare che il « soggetto » abbia un valore per se stesso, cioè non rispondente a realtà: si tratta del paesaggio fantastico ottenuto attraverso l'unione di più elementi di– versi (per es.: la Veduta di un tempio antico con il colonnato di San Pietro di H. Robert, cat. N. 280). Ma anche in questo caso non è lecito parlare sem– pre di pura esercitazione accademica; si nota continuamente lo sforzo di mettere insieme i monumenti più si– gnificativi per dar l'idea della grandio– sità e dell'imponenza. E a tale pro– posito va •ricordato che questi pittori avevano una specie di ,missione da compiere nei confronti del proprio paese: far conoscere in patria quelle che per secoli sono state considerate le ,, Mirabilia Urbis Romae ». Nel 1863, la soppressione del premio per il « paesaggio storico» all'Accade– mia contribuì certamente alla decaden– za e, adiriHura, all'abbandono del « ge– nere». Ma l'Italia non finirà di eser– citare ancora il suo fascino al quale non potranno sottrarsi nemméno alcuru impressionisti. Degas vi passò un pe– riodo della sua giovinezza studiando i maestri del Rinascimento, e Boudin, poco prima di morire, ritrovò a Vene– zia un po' del suo ardore giovanile; Monet, colpito dalla intensità della luce d'Italia fino· a ri.tnaoerne quasi ab- 29

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