Lo Stato - anno II - n. 11 - 20 aprile 1961

Sovietizzazione dell'Europa centrale In tempi per molti significato di "distensione,, e di "dialoghi,, sembra obbligo di tacere e dimenticare ciò che ha per molti paesi il comunismo imposto dall'Armata Rossa Ci si è ormai abituati da tempo a con– siderare il comunismo come partito ita– liano agente dentro lo schieramento po– litico nazionale con una sua propria solida ideologia, eversiva ed atea mentre è lentamente passato in seconda linea, dopo avervi insistito in un certo periodo intorno al 1948, l'aspetto antinazionale del comunismo. Il comunismo si presenta in Europa sul piano storico come l'ideologia che acccmpagna l'espansione della nazione russa nella sua accezione più ampia di etnia, contro la concezione europea oc– cidentale di vita civile. Da questo punto di vista il fatto storico più importante che seguì all'avanzata delle truppe so– vietiche nel cuore dell'Europa è certa– mente quello dell'arretramento del con– hne etnico e culturale dei popoli occi– Jentali. ln un'epoca in cui ['imposta– l:cne della lotta contro le potenze co– loniali è intesa come preservazione dei fondamentali valori etnici ed umani, proprio nel cuore dell'Europa si è ve– rificato e continua a verificarsi un'azio– ne di trasformazione e di eliminazione di etnie esistenti nella loro forma pre– bellica ormai da molti secoli. L'anno 1944 rimarrà uno di quelli memorabili nella storia dei popoli euro– pei proprio perché vide la caduta degli avamposti dell'Europa occidentale sotto il dominio moscovita. A questo even– to seguì uno dei più giganteschi sposta• menti di popolazione che la storia abbia mai visto: maggiore forse per vastità di territori interessati, per masse di po– polazioni trasferite e perdite di vite umane delle stesse migrazioni barba– .,~ne c:1e segu:rono la caduta dell'impe– ro romano d'occidente. Già prima della massiccia annessione concessa alla Russia dagli accordi con- 8 bibliotecaginobianco elusi con il mondo anglosassone, in tutta l'Europa si erano iniziati profondi mutamenti. Tra il 1939 ed il 1941, ad esempio, negli stati baltici annessi al dominio di Mosca si era avuta una diminuzione– della popolazione a causa della guerra, dei prutughi e delle deportazioni in massa del 10% circa e già si delineava il fenomeno di sostituire le perdite del– la popolazione locale con elqnenti russi o russiticau. La Polonia nonostante i nuovi acqui– sti in occidente contava nel 1949 venti– sette milioni di abitanti su 323 mila Kmq. e ciò sia per le perdite dovute alla guerra, sia perché parte della popolazio– ne della Polonia orientale era stata de– portata dai russi verso l'interno del loro Paese. Così nella Pomerania ex-tedesca nono– stante l'immissione di nuovi abitanti la densità di popolazione era diminuita nel '48 da 62 a 35 abitanti per Kmq. Nella bassa Slesia la densità passava a sua volta da 124 a 73 abitanti per Kmq. Anche oggi la situazione non è di mol– to mutata. Analogamente la Cecoslo– vacchia, espulsa la minoranza tedesca di oltre 3 milioni di individui, poteva insediare nei nuovi territori solo 1,7 mi– lioni di abitanti per lo più profughi da varie parti del paese ed in parti– colare dalla Ruten.ia Subcarpatica pas– sata in dominio diretto all'URSS. Dalla stessa Germania centrale, oggi organizzata politicamente dai russi sot. to il nome di Repubblica democratica tedesca (DDR) è ancora in corso un gigantesco spostamento di popolazione verso la Germania federale che oramai, al netto dei rientri, ha superato i 4 milioni. Tale spostamento di popola– z10ne anche all'interno di uno stesso Paese comporta una · profonda altera- zione dell'etnia tradizionale, dei costu– mi cioè e della cultura di un popolo. Tali sconvolgimenti furono sovente promossi di proposito dai comunisti al– lo scopo di riplasmare più agevolmente le masse umane sradicate dai loro luo– ghi di origine e dalle loro tradizioni nazionali e religiose. Così fu fatto ad esempio in Polonia, qui infatti, dopo la espulsione dei tedeschi dai territori al di là del'Oder-Neisse (esclusi 800 mila in– dividui di origine slava e comunque non polacca) al posto degli antichi nove milioni di abitanti vi furono inviati 5 milioni di polacchi originari però non già dalla Polonia occidentale già appar– tenente al Regno di Prussia o alla Austria, ma delle zone che erano ap– partenute allo Zar: ciò però non come necessario scambio di popolazioni fra i territori ceduti alla Russia e quelli di recente acquistati, dato c~e solo mezzo milione di polacchi si spostarono dai territori ceduti a quelli acquistati in occidente, ma nel quadro complessivo suggerito dalla necessità di trasformare l'etnia polacca e centro-europea in ge– nere. Infatti i nuovi abitanti dei ter– ritori ex-tedeschi sono ora per lo più popolazioni con una mentalità assai simile a quella dei loro ex-vicini al di là del Bug e per ammissione degli stessi polacchi, la Polonia di oggi ri– spetto a q1;1elladel 1939 sembra essersi rovesciata e la sua parte orientale, cul– turalmente meno evoluta e con una mentalità più simile alla mssa si trova oggi ad occidente. Se questa fu la politica che i russi favorirono in quei paesi caduti sotto la loro influenza politica e militare, ben più grave e significativa fu la sorte ri– servata alle altre popolazioni che ebbero la sventura di essere direttamente an– nesse entro i confini dell'URSS. L'esempio più impressionante è quel– lo degli Stati Baltici sottoposti ad una denazionalizzazione sistematica, che nei termini della carta dell'ONU può de– finirsi senz'altro genocidio. Secondo calcoli prudenziali fatti in Svezia e pubblicati per la prima volta

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