Lo Stato - anno II - n. 10 - 10 aprile 1961

garantisce la politica DC da ogni involuzione. A Roma t posstbilt oppositori, gli stessi magari che in passato, dopo il 6 novembre, si sono detti « preoccu– pati, molto preoccupatt > della po– litica inaugurata ri,a Moro per le « giunte difficili >, finiranno con il « prendere atto della difficoltà della situazione », chiederanno che « dopo la Sicilia null'altro dovrà ess-erecon– cesso al PSI>, e che, comunque, non si dovrà parlare di una linea Moro sistematicamente « aperta a sini-• stra>, in quanto il segretario dlll partito, usando il pugno di ferro con i « basist~ » di Milano, ha mostrato di essere in grado di porre un alt a certe manifestazioni di estremi– smo. A .questo proposito, natural– ment.e, essi fingeranno di ignorare che nel disegno tattico di Moro la azione condott.a nei confronti dei « basisti » milanesi, ha avuto ed ha tutta l'aria di rappresentare una copertura psicologica in vista rlella « operazione Sicilia ». I I L Gli incontri Kennedy-Macmillan sono un « ricorso storico », nei rap– porti politico-diplomatici anglo– americani. Già nel 1956, all'indomani di Suez, l'attuale primo ministro bri– tannico volò alle Bermude per rian– nodare quei rapporti che l' « impresa del Canale » aveva profondamente scossi. L'esito di quel viaggio non fu molto fortunato. Foster Dulles non solo disconobbe la strategia politica del Foreign Office, ma respinse ogni tentativo britannico di mediazione tra Oriente ed Occidente. In questi giorni, dopo cinque anni di fallimenti diplomatici e militari, Macmillan ritorna alla carica nella speranza che riesca con Kennedy quello che non riuscì con Eisen– hower. Ma il« New York Herald Tri– bune » del 6 aprile riferiva, secondo sicure indiscrezioni, che nel primo giorno di colloqui alla Casa Bianca, Kennedy ha detto a Macmillan di voler fare a meno della mediazione britannica nei rapporti fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il riferi– mento è il Laos. In questo scacchie– re internazionale per ben due volte gli Americani sono stati intralciati dagli Inglesi nel giro di tre mesi: la prima nel gennaio scorso, negli ultimi giorni del mandato repubbli– cano, quando il governo di Vientiane lanciò al mondo un grido d'aiuto anti-comunista in tempo largamente utile per bloccare sul nascere l'inva- Lo STATO bibliotecaginobianco Potrebbe anche darsi che la solu– zione form•ale della crisi non corri– sponderà tn pieno al quadro da noi tracciato, nel senso che l'appoggio aperto del PSI e dell'USCS al mono– colore « programmatico > DC po– trebbe ridursi a quello dei soli Cri– stiano-Sociali, più un certo numero di «convertiti» di varia provenienza. Quando ciò dovesse avvenire la so– stanz,a delle cose non cambierebbe, in quanto l'USCS rappresenterebbe sempre per le sinistre marxiste in Sicilia una più ch;e solida garanzia di presenza organica e determinante a livello di potere. I trascorsi pas– sati ed il presente della formazione milazziana non possono lasciare dubbi in merito. Il costo politico, e sopratutto mo– rale, degli intrallazzi in corso in Si– cilia ci auguriamo lo renda noto lo on. Moro nell'immancabile articolo che scriverà, a crisi conclusa, per « Il Popolo », ad ennesima esaltazio– ne della « cauta e responsabile po– litica intesa ad allargare in Italia le ba:si dello Stato democratico ». a o s sione. Gli Stati Uniti risposero pron– tamente, sembrava imminente il loro intervento quando Londra con una sortita diplomatica propose di ado– perare quel rottame giuridico che è la Commissione Internazionale di Controllo, reintegrandola nelle sue funzioni. Mosca levò grida di esul– tanza. Facendosi scudo della tesi brit.annioa, nelle more delle tratta– tive diplomatiche, si sarebbe potu– to rafforzare il dispositivo insurre– zionale comunista senza contare che, a intervento americano rientrato, c'era un motivo di più per addossare ogni responsabilità della crisi alla bellicosità dell'uscente amministra– zione Eisenhower. In effetti la crisi rientrò, nel senso che mentre a Washington c1 si gin– gillava con spettacolari scambi di consegne, Mosca intensificava l'invio di materiale bellico ai ribelìi comu– nisti, quali ripresa l'offensiva sba– ragliavano l'imbelle esercito nazio– nale laotiano nella scaramuccia del– la Piana delle Giare. Nessuno può negare nègli ambienti del Dipartimento di Stato, che l'ini– zicdiva di Eisenhower di porre in al– Zanne il dispositivo di sicurezza nel– l'Asia sud-orientale fu presa in pie– no accordo con K ennedy. Tutti sono persuasi che mai un Presidente uscente avrebbe lasciato in eredità al successore una tale « grana » sen– za almeno consultarlo. La prova, anzi, è che tutte le gazzette pfù o meno ufficiali scrissero, tn America e fuori, che la minaccia di interven– to nel Laos mostrò quanto poco fos– se fondata la credenza che in perio– di di trapassi di potere, negli Stati Uniti c'è vacanza di autorità. Dun– que, ciò che fece Eisenhower fu f at– to con Kennedy, per Kennedy: era questi che avrebbe, poi, dovuto af– frontarne le conseguenze. Perché gli Stati Uniti, cioè Ken– nedy, ritennero di dover mostrare subito i denti, alle prime avvisaglie di minaccia comunista nel Laos? Semplicemente, perché il nuovo Pre– sidente intendeva trattare con la Unione Sovietica da posizioni di forza. Infatti, disse più tardi nel messaggio sullo Stato dell'Unione: « Non dobbiamo aver paura di trat– tare; ma guai se tmttassimo per paura ». Una dottrina ineccepibile. Ebbene, ancora una volta la Gran Bretagna si pose di traverso. La questione laotiana finì all'ONU, impaniata in interminabili logorree. Poi, Krusciov prese a « fare il buo– no » in attesa che K ennedy si spri– macciasse alla presidenza. Tanto buono che persino un caso del tipo U-2, o quasi, fu passato sotto silenzio (se n'è avuta notizia solo qualche giorno fa, ad incantesimo rotto). Ciò non di meno, nel Laos continuava– no a giungere armi e rifornimenti sovietici in misura soverchiante; fal– livano puntualmente tutte le mano– vre britanniche per costituire un go– verno neutralista allargato ai comu– nisti (cinque portafogli su 16) e la situazione militare si aggravava. Di colpo il mondo apprese che i ribel– li comunisti erano arrivati alle por– te delle due capitali: Luang Prabang e Vientiane. Il Laos rischiava di es– sere tagliato in due, come il Viet– nam dopo la battaglia di Dien Bien Phu. Per la seconda volta, gU America– ni rimettono in allarme il disposi– tivo militare della SEATO. L'inter– vento sembra im,minente, quando Londra si rifugia nelle pastoie diplo– matiche. Sostiene che l'imminente riunione dei paesi comunisti del Patto di Varsavia metterà molta ac– qua sul fuoco; che la Cina comuni– sta sta per essere ancora una volta isolata; che Mosca è disposta ad una tregua d'armi purché sia salvata la faccia. Ma, intanto, passano i giorni e vanno tutti a vaniaggio del poten– ziale bellico dei ribelii. E mentre si manda un diplomatico a Mosca per trattare la tregua d'armi, Macmil– lan vola a Washington, per impedire che K ennedy ponga fine all'agonia del Laos: abbandonandolo al suo destino comunista o soccorrendolo. L'irritazione americana è al col- 7

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