Lo Stato - anno II - n. 10 - 10 aprile 1961

mo. Tra poche settimane comince– ranno le grandi piogge nel Laos e qualsiasi eventuale operazione mili– tare sarà preclusa. Salterà fuori al– lora, per la quarta volta, la soluzio– ne del taglio salomonico di un pae– se, come già in Corea, come nel Vietnam, come nel Congo (regime di Gizenga), come in Germania, come un giorno, forse, a Cuba. La conclusione che ne traggo– no i popoli del mondo è ohe nono– stante il tintinnar di speroni, l'Occi– dente ha paura, è pericolosamente diviso e che sarebbe follia resistere al Comunismo nelle prime giornate di aggressione in attesa di un aiuto che non verrà. Ha tremendamente ragione Ken– ne·dy: « Entro la fine del mio man– dato, sapremo se dovremo sopravvi– vere come nazione con l'ordinamen– to attuale » (dal messaggio sullo Stato dell'Unione). La relazione • economica Un commento alla Relazione ge– nerale sulla situazione economica del Paese può dirsi in gran parte scon– tato. L'eccezionale andamento del 1960, infatti, ha suscitato tale una euforia che a più riprese sono state redatte e diffuse note consuntive, sicché quando è giunta la Relazione già se ne conoscevano la sostanza e gran parte anche dei dati. Non -c'è che da tornare a discorsi già fatti, che del resto il Capitolo V della parte prima della Relazione ben riprropone. Si dice in esso che la alta congiuntura registratasi fra la seconda metà del 1959 e la prima del '60 va considerata come deter– minata dalla « eccezionalità degli eventi economici succedutisi nel 1959 e nel 1960, ed il cui concorso ha con– tribuito a mantenere lo sviluppo del nostro sistema economico su _un li– vello superiore a quello medio. di lungo periodo ». Si aggiunge che << qualcuno di questi eventi è venuto a cessare nel corso dello stesso 1960» e si fa osservare che « il quadro della evoluzione congiunturale dell'anno non sembra mostrare aspetti parti– colarmente sfavorevoli, anche se la fase espansiva è stata più contenuta, in ispecie intorno alla metà" dell'an– no, ed anche se l'attività produttiva interna ha segnato un rallentamen– to nel tasso d'incremento». Le e-spressionì del relatore sono prudenti e non potrebbero essere di– verse in un documento di tanta im– portanza. E d'altronde le risultanze di queste ultime settimane del 1961 hanno consentito di fugare qualche eccesso di timore che gli ultimi mesi dell'anno scorso avevano inge– nerato. Nonostante ciò, •a differenza di quanti, e son molti, hanno ritenuto di richiamare l'attenzione della pub– blica opinione sugli aspetti più posi– tivi della nostra situazione econo– mica, noi riteniamo di non dover celare quanto meno il difficile im– p-egno che proprio da essa deriva. Neppure il Relatore lo nasconde, quando, dopo aver tracciato un « primo profilo indicativo del ciclo 8 bibliotecaginobianco in corso nell'attuale ·fase di svilup– po del sistema economico italiano», cosi conclude « ai nuovi investimen– ti - ai quali è stato collegato in mo– do più stretto; nel 1960, l'assorbi– mento delle nuove forze di lavoro e di una sensibile aliquota di non oc– cupati o di sottoccupati - sono le– gati, pur sempre il futuro aumento del reddito e l'ulteriore incremento dell'occupazione». E qui si dovrebbe aprire il discorso su questi nuovi investimenti, specie su quelli pubblici, e parlare di essi significa affrontare in sintesi tutti l problemi della politica generale eco– nomica. Ma che dire? Indipendentemente da ogni rela– zione e rapporto, gli italiani avver– tono tutti, e maggiormente in questi ultimi tempi, la mancanza di una politica economica chiara e ben coordinata. Il rumore che si è andati facendo da qualche tempo su pro– getti e iniziative interessanti vari settori non è riuscito a coprire quel– lo mosso peraltro dalle lamentele e dalle assai spesso giuste proteste di varie categorie. Le promesse di un bene futuro, che siamo disposti a credere scaturite dai buoni pz:opositi, non son riuscite a fugare le perples– sità per i molti mali reali ed attJ.Lali. I progetti di molte cose nuove po– co si comprendono quando si const– dera che ancora neppure sono stati messi in atto gli incentivi predispo– sti un anno e mezzo fa e che è stato r.allentato l'iter di provvedimenti che già da anni urgevano. Si può obbiettare che il rapido cor– rer dei tempi e il mutar delle situa– zioni costringe alla ricerca di stru– menti e di· mezzi e di provvedimenti sempre più adeguati. Ma ciò che preoccupa è proprio che fanno pri– ma i mali ad aggravarsi che i rime– di ad essere applicati e a sortire un qualche effetto. L'impressione che si ricava dalle decisioni prese negli ultimi tempi da coloro che dirigono la politica economica è che ci si trovi a mano– vrar le leve di essa in modo non coor- dinato, talora anzi confuso, volendo da un lato incoraggiare iniziative e sostenere lo sforzo in atto per non perdere il passo con una serie di grandi progetti che peraltro sem– brano non saper uscire dalle formu– lazioni programmatiche e non ac– corgendosi di far dall'altro il contra– rio, seminando scoraggiamento e scontento con indirizzi e provvedi– menti che frenano i nuovi impulsi: basti considerare la politica fiscale, il non chiarire ancora dove vuole ar– rivare l'iniziativa pubblica, l'indeci– sione sulla linea da tenere nei con– fronti con gli altri Paesi. Chi ha occasione di muoversi spesso per l'Italia e di rompere l'iso– lamento in cui sembrano essersi chiusi molti organismi e dirigenti, e di aver contatti diretti con la realtà quotidiana, con situazioni ed uomi- ' ni di ogni categoria e di ogni con– 'dizione, si trova assai spesso in gra– ve imbarazzo considerando da un lato le risultanze dei documenti uf– ficiali e l'ottimismo che ne promana _ e dall'altro la realtà concreta, di quei piccoli fatti ,che sembrano tra– scurabili eccezioni e che sommati uno all'altro finiscono per far la re– gola e la regola è questa: non vi sono poi tutte quelle rose che si vor– rebbe far credere. Anz.i, molte spine sembrano aumentare. Si vuole convincere gli scoraggiati visitatori che han modo di accostarsi alle regioni centro-meridionali del Paese, che per trovar riscontro nella realtà dei maggiori progressi di cui si fa vanto nelle relazioni ufficiali bisogna guardare all'Italia Setten– trionale, che, si dice, ci è invidiata addirittura dagli americani. Magra consolazione, almeno per i gover– nanti, la cui ambizione dovrebbe es– ser piuttosto quella di poter provare d'aver cominciato a superare il pe– ricoloso dualismo della nostra eco– nomia fra settori: diversi e diverse regioni. ·Ma di questo non v'è traccia. Ed è come dire allora che, stando alle premesse e alle .promesse, i conti non tornano.

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