Lo Stato - anno II - n. 8 - 20 marzo 1961

d'ogni su.pporto ideologicamente va– lido. L'anticomunismo vuoto e parolaio, che si limita, tutt'al più, ad una azione d:t concorrenza demagogica al comunismo sul piano del contingen– te, ma che non sa opp01'Tealla stra– tegia del comunismo una pro'J)ria strategia e, diciamolo francamente, • che all'idea .comunista non sa oppor– re, in termini di realtà po.litica, va– lori derivati da una idea universale, questo anticomunismo è finito per– ché esso è diventato, come il libe– rale di Heine, alleato di quel diavolo all'esistenza ,del quale non crede. Infatti non s-ape,r fronteggiare il comunismo sul piano unive,rsale e in modo globale, combattere tl comuni– smo solo come una espressione dia– lettica della politica moderna e non considerarlo invece una eversiva espressione sociale e morale, equiva– le a ne.garne la pericolosità e, in definitiva, la consistenza. A • mali estremi, estremi rimedi: ad, un male universale, un rimedio universale! Un rimedio che solo il millenario pat-rimonio della tradizione cattolica può offrirci; ma bisogna muoversi senza impacci e senza indugi, per– ché « siamo giunti all'ultimo quarto d'ora, all'ora dello sforzo intenso », come ammonì Pio XII. Chi ha orec– chie per intendere, intenda! "C'est la l'argent qui révolution " fait « C'est l'argent qui fait la guerre»: •' una proposizione universalmente ac– cettata. Ma se, parafrasando, si aggiun– ge « et c'est aussi l'argent qui fait la rivolution », allora si corre il rischio dì essere accusati di caccia alle streghe. Perché la prima frase va bene e la se– conda no? Semplicissimo: perché la guerra sa di militarismo e di reazione, quindi va svilita come semplice que– stione di denaro; mentre la rivoluzione, negli ultimi due secoli, l'hanno fatta quasi sempre le sinistre, e perciò va presentata come azione spontanea, pura da contaminazioni venali. Non è esclu– so che un giorno, quando inizierà la fase delle rivoluzioni contro le sinistre imperanti, verrà impartito il contrordi– ne e si potrà - anzi sarà d'obbligo - dir male della rivoluzione. Allora, per– fino i comunisti e i « barbudos » sa– ranno fieri di dichiararsi controrivolu– zionar~, perché rivoluzionari saranno gli altri, i controrivoluzionari di oggi. Ma a tutt'oggi, poiché il contrordine non è stato ancora dato, dir male della rivoluzione è quasi come dir male di Garibaldi. Guai a non credere che la rivoluzione è fatta dal popolo, libera– mente, spontaneamente! Guai a imma– ginare che per portare il popolo in piazza occorre un'organizzazione, sia pure approssimata, embrionale... E' la tesi che abbiamo sostenuto recente– mente, su queste stesse pagine, a pr_o– posito dello storico evento quarantot– tesco. In quella occasione, si è detto, i diyersi moti fioriti a primavera in tut– te le contrade d'Europa, non erano, Lo STATO bibliotecaginobianco non potevano essere il semplice portato di un comune sentimento ·democratico e liberale, ma la realizzazione di un piano organizzato in precedenza - lo abbiamo dimostrato, fornendo tutti gli elementi necessari - e realizzato da determinati ambienti, ben coscienti del– la loro azione. Tutto questo, però, implica qualche conseguenza: ogni organizzazione ha bisogno dei mezzi necessari a vivere e ad operare, ha bisogno di finanziatori. Questo è il motivo - sarebbe lapalis– siano, senza la malafede o la superfi– cialità della storiografia di sinistra, che va per la maggiore - per cui tutte le rivoluzioni, anche quelle proletarie, hanno avuto dei finanziatori; cioè, in termine corrente e spregiativo, dei vili capitalisti che hanno pagato con monete sonanti le spese della rivoluzione fatta dal popolo. La stessa rivoluz.ione francese del 1789, come documenta Henry Coston nel suo libro « Les financiers qui mè– nent le monde », fu organizzata e con– dotta a termine con il danaro di un certo numero di capitalisti: dal Necker che distribuiva generosamente un po' di « livres » fra i deputati del terzo Stato, ai banchieri Prévoteau, Delessert, Boscary, Chol, che partecipavano ai moti con le armi e con la borsa. E non si trattava di piccoli banchieri: Boscary era presidente della « Caisse d'Escomp– te », il più forte ente finanziario fran– cese del tempo. Qualcosa di simile si è verificato nel 1848. In quèsto caso, finanza significa Rothschild, la dinastia bancaria che a quel tempo dominava l'economia di tutta l'Europa. Alcuni storici hanno so-– stenùto che i moti quarantotteschi fu– ·rono condotti contro i Rothschild, e non a favore o al soldo dei medesimi; ché anzi, costoro ne temettero gli ef– fetti, sulle proprie persone e sui propri beni. Forse, è vero che certi eccessi del– la piazza abbiano preoccupato non poco taluni membri della nota dinastia ban– caria, ma ciò non significa, necessaria– mente, che essi fossero nel campo op– posto a quello della rivoluzione. Anzi, gli elementi a nostra disposizione di– mostrano esattamente il contrario. Ricorriamo ancora al volume di Henry Coston, per rilevare che a Pa– rigi - dove il quarantotto otteneva i risultati più clamorosi - Yaa' qov Rothschild, meglio noto come James Rothschild, otteneva dal governo rivo– luzionario due poltrone ministeriali, per due suoi amici: Crémieux e Goud– chaux. E' un po' troppo per un_ ne– mico della rivoluzione ... In particolare, Adolphe Crémieux, dopo quello dell'amicizia, aveva un al– tro valido motivo che lo legava al finan– ziere: la comune appartenenza alla massoneria. Anzi, era proprio il fra– tello Crémieux a rispondere, in quegli stessi giorni, alle felicitazioni del Grande Oriente per la riuscita della ri– voluzione, con un chiaro discorso: « La République est dans la maçonnerie ... La République fera ce que fait la maçon– nerie, elle deviendra. la gage .éclatant de l'union des peuples sur tous !es points du globe... ». Di questa massoneria erano alti dignitari il protettore di Cré– mieux, Yaa' qov (James) Rothschild, e Amschel (detto Anselme) Rothschild. E un altro membro di quella numerosa famiglia di banchieri, Lione! Roth– schild, militava nel partito « whig », che a quell'epoca era il partito del libe– ralismo inglese, il partito che aveva sof– fiato sul fuoco delle rivoluzioni europee. Lo stesso James Rothschild, inoltre, si onorava dell'intima amicizia del poeta Heinrich Heine. Chi fosse, politicamen– te, Heine, lo dicono i suoi stessi versi, i versi del « Lied der schlesischen Weber » (Canzone dei tessitori della Slesia): « Non han negli sbarrati occhi una lacrima, / Ma digrignano i denti e a' telai stanno. / Tessiam, Germania, il tuo lenzuolo funebre, / E tre maledi– zion l'ordito fanno. / Tessiam, tessiam, tessiamo! / Maledetto il buon Dio! Noi lo pregammo / ... E maledetto il re! de i gentiluomini, / ...Maledetta la patria, 29

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