Lo Stato - anno II - n. 5 - 20 febbraio 1961

nismo » dell'on. Storti) il segretario della corrente sindacale socialista ha risposto offrendo l'unità sin– dacale anche con i comunisti, negli stessi termini che erano stati spezzati dalla scissione del 1949. Il problema della << democratizzazione » del PSI, così di moda al finire degli anni 1950, non ha la– sciato traccia di sé negli anni 1960. Si è addirittura sostenuto, da parte dell'organo ufficiale democri– stiano, che la prova di democraticità il PSI la dà degnandosi di collaborare con la DC. Di queste prove, il PCI è disposto a fornirne dozzine ed a condizioni migliori. Non c'è dunque dubbio che la collaborazione che la DC intende instaurare con il PSI è una colla– borazione con una forza che non si distingue ideo– logicamente e politicamente dal comunismo. In nes– sun luogo ove la cooperazione DC-PSI è avvenuta, è stata possibile nemmeno una dichiarazione di anti– comumsmo. I decreti del S. Uffizio Ora la questione della cooperazione del comuni– smo è una questione che è stata disciplinata dal di– ritto canonico attraverso due decreti del Sant'Uffi– zio che hanno fatta specifica applicazione a tale caso di norme canoniche vigenti. E' per riferimento dunque ad una precisa di– sciplina canonica che si pone ora il problema dei rapporti tra la figura del cattolico e quella del de– mocratico cristiano nel senso che ha questo nome t. questa figura nell'Italia del 1961. I decreti sono applicativi di un principio ge– ' nerale stabilito da Pio XI: « il comunismo è intrin– secamente perverso e nessuna forma di cooperazione con esso è possibile per un cattolico». La natura del comunismo è talmente anticri– stiana che non sono applicabili ad esso quelle forme di cooperazione che, invece, si possono prestare ad altri uomini e gruppi che non agiscono secondo la fede e la morale cattolica. Cioè: la natura di falsa religione e quindi la finalità anticristiana è così immanente al comunismo che non è possibile ritro– vare in esso e che in minime proporzioni quella relativa indifferenza per rispetto al fine ultimo che è invece possibile ritrovare in altre forme politiche e culturali non cattoliche e che consente una rela– tiva cooperazione con i cattolici. Si può anzi aggiungere che questa intera ine– sione dell'azione dei comunisti (e dei socialisti, che come abbiamo dimostrato •nel precedente articolo sono, anche ideologicamente, appartenenti al comu– nismo) al comunismo è ancora maggiore in un par– tito comunista all'opposizione che in un partito co– munista di governo dove, in qualche modo, si può Lo STATO bibliotecaginobianco ancora esprimere, un mm1mo di rispetto delle esi– genze dell'ordine e quindi di un minimo di oggetti– vità e di possibilità di cooperazione, secondo quanto stabilito per la cooperazione ai governi tirannici. Quindi il « dare appoggio» ai comunisti è inter– detto ai cattolici in modo assoluto perché il « dare appoggio » ai comunisti, posto quel che si è detto prima, significa necessariamente cooperare al loro fine. • Questo prova ancora una volta, se non bastasse, ìa conclamata adesione all'ideologia marxista-leni– nista per cui di per sé anche i dirigenti del PSI che « professano la dottrina del comunismo materia– lista anticristiano», cioè che accettano interamente la ideologia del loro partito sono, in quanto apo– stati dalla fede cattolica colpiti dalla scomunica), che il PSI è colpito, per la sua sola azione politica, cioè per il costante appoggio dato al PCI, dal de– creto del Sant'Uffizio. Questo spiega perché i cattolici non possono fare alcun atto di cooperazione politica con coloro che cooperano cori il comunismo e ne professano la dottrina. Non basta che i cattolici non vogliano il fine voluto ,dai.comunisti. L'intenzione non basta in nessun caso a giustificare la cooperazione con chi vuole e fa il male. Bisogna che ci sia proporzione tra il bene voluto ed il male permesso e che non ci sia nessun altro mezzo e che infine il male non sia direttamente operato. Ciò che il decreto del Sant'Uffizio nega è che queste condizioni si verifichino mai nel caso del comunismo e dei suoi cooperatori: ed è per questo che la Chiesa proibisce in universale la cooperazione con il comunismo. La cooperazione con il PSI sarebbe possibile per un cattolico solo alle seguenti condizioni: a) che il PSI rinnegasse « la dottrina del co– munismo » e cioè il marxismo-leninismo; b) che rompesse ogni cooperazione con il co– rnumsmo. A queste condizioni è possibile una cooperazione dei cattolici con il PSI: come è fatta attualmente , dai democristiani, essa è una rottura dell'obbedienza dovuta da un cattolico alla Chiesa ed è un tradi– mento dei principi cattolici. Essa crea una contraddizione tra la figura del cattolico e quella del democristiano come essa at– tualmente esiste. Ed è appunto questo caso che è contemplato spe– cificamente da un decreto del· Sant'U.ffizio del 14 maggio del 1959. Tale decreto afferma « non essere lecito ai cat– tolici, nell'deggere i deputati, dare il suffragio a 3

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