Lo Stato - anno II - n. 5 - 20 febbraio 1961

1nri11 toria - dej diversi settori senza una direttiva unitaria che vada oltre i rap– porti personali e la buona volontà dei singoli, contrasta decisamente con la intrinseca interdipendenza di tutti i problemi connessi con la ricerca archeo– logica. « E' per questo che noi vediamo pur– t1'oppo oggi una preparazione di gio– vani fatta senza un effettivo coordina– mento di tirocinio con gli scavi e i mu– sei e senza un preordinato sbocco nella carriera tecnica delle Soprintendenze; viceversa si assiste a una ricerca caotica di occasionali aiutanti da parte di uffici a,·cheologici, senza un piano di recluta– mento concordato con i docenti univer– sitari; insomma v'è una sovrabbondan– za e insieme una carenza di uomini adatti, dovuta soltanto ad un difetto di organizzazione. Assistiamo ad un con– vergere di mezzi e di interessi verso zone e particolari campi di lavoro, con iniziative che costituiscono doppioni inutili, e persino autentici sprechi; men– tre altri settori di non minore importan– za scientifica restano trascurati: tanto che qui si potrebbe dire che il denaro è troppo ed è troppo poco. Lamentiamo l he i funzionari-studiosi abbiano soven– te le mani legate da una assurda prassi amministrativa che li ·induce a scavare, ;cavare, ma toglie loro il tempo e la vo– glia di studiare e divulgare le loro sco– perte. La mancanza di intesa e di tem– pismo, il senso di gelosa autonomia delle singole istituzioni, il prevalere del– !'«amministrativo» sul «tecnico, hanno portato fino alle soglie dello spirito di Lo STATO bibliotecaginobianco corpo, fino alla reciproca diffidenza e perfino opposizione delle Soprintenden– ze e delle V niversità, tra « scavatori -» e ,~ studiosi di tavolino -», tra giovani e anziani talvolta nell'ambito dello stesso ufficio. E il più curioso è che nessuno, individualmente, si rallegra di questa situazione; tutti ne sentono il disagio, ciascuno vorrebbe portarvi un rimedio. Dirò di più: la stragrande maggioran-· za degli archeologi italiani tenta indi– vidualmente, con sincero sforzo, di Cfeare quei ponti di collaborazione che mancano sul piano ufficiale. « Fermo restando che ciascuno degli organismi esistenti (Università, Soprin– tendenza, Accademia, ecc.) debba re– stare pienamente attivo e responsabile p,er ciò che concerne i propri compiti specifici e tradizionali, noi crediamo che sia ormai assolutamente necessaria ed improrogabile la creazione di un centro di coordinamento delle ricerche e degli studi archeologici, di un organo di propulsione e programmazione. Il prof. Pallottino ha poi proseguito elogiando il lavoro svolto dagli stu– diosi italiani per una sempre maggiore conoscenza del mondo antico in parti– colare italiano, e le pubblicazioni im– portantissime che hanno spesso detto una parola definitiva per la soluzione di controversie che si protraevano da lunghi anni. Questo non solo sul pia– no nazionale ma anche su quello inter– nazionale, dove l'Italia comincia a far sentire sempre più la sua presenza, putroppo limitata specie dai pochi mez– zi a disposizione. ·,· « E' estremamente significativo - e, ha detto ancora il prof. Pallottino - che questo o quell'Istituto straniero ab– biano sentito la necessità di avere a Ro– ma una sede e in Italia una concessio– ne di scavi. Altro fatto importantissi– mo è che nell'immediato dopoguerra, tutti i Paesi abbiano scelto Roma come sede di una Associazione Internaziona– le di Archeologia Classica, creazione a.uolutamente nuova, simbolo e stru– mento della internazionalità degli studi in questo campo: alla quale si deve la pubblicazione di « Fasti Archeologici» (già all'XI volume), notiziario ormai ritenuto indispensabile dagli studiosi di tutto il mondo e che ha ora, tra l'altro, anche il merito di costituire uno dei pochi ponti esistenti tra l'archeologia dei paesi occidentali e quella dell'Europa Orientale». Il prof. Pallottino ha concluso la sua intervista-conversazione affermando: « Purtroppo i quadri dei ricercatori, nell'ambito del ruolo delle Antichità e Belle a,·ti, appaiono ormai ridicolmen– te insufficienti alle funzioni moltipli– cate, come un abito troppo stretto at– torno ad un corpo precocemente cre– sciuto. Di tutto ciò vediamo e deploria– mo le conseguenze. si rischia di riporta– re l'attività archeologica ad una funzio– ne amministrativa, togliendole il mor– dente scientifico che è alla base del suc– cesso degli ultimi anni. E' inutile dare denari per pagare il lavoro degli spa– latori, quando mancano gli uomini pre– parati che possano dirigere e controllare uno scavo». G. S. 29

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=