Lo Stato - anno II - n. 4 - 10 febbraio 1961

Critica e responsabilità Gli ambienti letterari italiani sono minati dall'assuefazione al peggio e dalla predisposizione a stare al giuoco dei furbi Abbiamo altra volta accennato alle responsabilità che hanno i poeti nel de– cadere della poesia odierna; ma non c'è dubbio che il dìscorso diventi più pesante e impegnativo se ci si rivolge alla critica, il cui compito specifico è quello di orientare, oltre che di vaglia– re e giudicare. Lasciamo da parte la critica accademica, portata per sua na– tura a considerare le cose un pò da lon– tano e comunque a prendere in conside– razione gli scrittori e le loro opere quan– dc hanno già raggiunto un ragguarde– \·ole stadio di sedimentazione: tutto sommato è un bene che sia così, perché altrimenti diventerebbe del tutto impos- . sibile addivenire a una qualsiasi classifi– cazione. Resta dunque la critica « mili– tante », quella dei giornali quotidiani, dei settimanali e delle riviste più in vena di buttarsi nella polemica immediata. Essa sottintende sempre una prepara– zione solida, intesa ed aggiornata e, soprattutto, molta sensibilità ai problemi del gusto e della cultura. Nulla di meno improvvisato e improvvisabile della cri– tica militante della quale, tanto per chiarire le idee ed evitare gli equivoci abbiamo il piacere di far parte), perché essa ha l'esigenza ed il dovere della ce– ltrità e della immediatezza. Difficil– mente, ad esempio, il critico militante ha la possibilità della distesa informa– zione, e della calma stesura, sicché è necessario che egli si sia già formato un bagaglio culturale capace di soppe– rire a tutte le necessità della fretta. Dif– ficile mestiere, che porta a tutti i contat– ti e pone chi lo pratica quasi sempre al ct·ntro della mischia: ma d'altro canto proprio questo è il suo fascino. Fatte le presentazioni, passiamo ora al discorso cui accennavamo. Quale milizia pratica la maggior par– ti'."della critica militante? Bisognerebbe rispondere subito: tutte e nessuna. Escludiamo naturalmente da queste con– siderazioni la critica marxista: quella è sempre a posto e conseguente; sa quello che vuole e quello che deve fare; per e5sa l'arte è un mezzo di immediato e pratico uso, ed ha una strada così net– tamente segnata che non le è possibile sgarrare, in nussun senso. Il critico marxista conduce il suo gregge con maestria e decisione, pronto a distribui- Lo_ STATO bibliotecaginobianco r~ nerbate agli animali che escano fuori ddla mandria e ad invocare per essi la suprema libertà dell'autocritica a coman– do ed obbligata. Così facendo la critica marxista forma un blocco di assoluta compattezza e rappresenta un pericolo di straordinaria gravità per la cultura in modo specifico e in genere per gli avversari dell'ideologia comunista. E gli altri, cioé quelli che hanno la possibilità di dedicarsi liberamente alla considerazione dei valori letterari ed estetici, come si comportano? Qui na– turalmente cominciano i guai, perché non si sono mai sentiti tanti strilli d'in– dignazione per il degenerare della poe– si..1e della narrativa, per la sua povertà d'ispirazione e di espressione; ma al tempo stesso non si è mai visti da parte di tanta critica una assuefazione al peg– gio, uno stare al gioco dei furbi, una incapacità ad uscire dai morsi del con– formismo quale è dato constatare in questi anni. Gli esempi che si potrebbe– ro portare sono molti e tutti probanti. Come si è comportata la critica - e co– me si comporta -- di fronte al dilagare, voluto e programmatico della letteratu– ra del sesso? Tranne qual_che raro ed encomiabilissimo esempio, ha fatto e fa salti mortali per giustificarne gli eccessi, nel tentativo di far passare la pornogra– fi.! per arte, giustificando con una gene– rale moratoria scrittori, critici, e lettori. Sappiamo benissimo qual'è la psicolo– gia della società odierna e quale è la libertà interiore che ormai la caratteriz– za, sicché non chiederemo il ripristino dei puntini sospensivi che ancora Guido da Verona o Pìtigrilli credevano di do– ver adoperare. Poiché per giustificare l'ultimo libro di Moravia si è fatto ri– corso al Marchese de Sade, a Gide e a Lawrence, assolvendoli dai loro peccati onde assolvere i nepoti, diremo che si può accettare per buono L'amante di Lady C hatterley in quanto esso rappre– senta l'indagine, spietata ma non com– piaciuta, sui complessi sessuali di un popolo e in quanto il realismo erotico di che il suo autore si serve è giustifi– cato da una esigenza di completezza estetica. In altri termini il libro può es– sere giustificato dalle ragioni dell'arte. Ma di qui a tutte le gratuite porcherie che si scrivono tradendo proprio l'arte, la coerenza e la necessità estetiche, il passo è· lunghissimo, e purtroppo mol– ta critica nostrana non lo avverte, preoc– cupata com'è di non essere considerata utrica o di uscire dal « giro » che le fa molto comodo. Abbiamo citato il caso più clamoroso, ed evidente a qualunque lettore anche se non addentro alle segrete cose della arte. Ma quanto si potrebbe dir~ sulla ingratitudine con la quale scrittori di scarso valore affrontano il problema del linguaggio e dell'esprimersi in arte, e sulla stupidità o acquiescenza della critica che ne fa un problema critico, discutendolo con molta serietà e severi– tà, non accorgendosi o (facendo finta) che l'autore dal quale sono partiti non · c'entra proprio niente con quel proble– ma? Non per niente abbiamo dovuto leggere critiche molto spocchiose di so– lennissimi critici sul linguaggio di Pier Paolo Pasolini, e abbiamo dovuto sentir dire che d'Annunzio fa decadere la lin– gua italiana laddove Moravia o Pasolini la fanno rinascere a nuovo splendore. Come si potrebbe definire questo feno– meno, diciamo così, di daltonismo cri– tico, non potendo permetterci di chia– marlo cecità e insensibilità critica? Passando in aria più respirabile, ci sa-. -rebbe da considerare l'ostinatezza, o la buona volontà, con ·1a quale taluni cri– tici continuano ad aggirarsi nel labirin– to da loro stessi creato per eccesso di entusiasmo verso il decadentismo, la letteratura analogica ed i loro derivati. Si ha ormai l'impressione del classico pulcino nella stoppa. Laddove Croce accettò di contraddirsi (taluni dicono di evolversi, ma non è la stessa cosa) facendo piazza pulita di tutti i poeti del decadentismo, i suoi successori - seguaci o avversari che siano - per svolgere un filo ormai tanto sottile quanto confuso, si impaniano sempre più e cercano giustificazioni dovunque, mettendo addosso a tanta gente rispetta– bile (al Carducci, per esempio, e perfi– no al Leopardi) il vestitino fronzuto e delicato del decadentismo. Ma, per es– sere giusti, qui bisogna dare la sua par– te, e non piccola, anche alla togata cri– tica accademica. Abbiamo fatto solo qualche esempio, quanti ci bastano per poter dire con sufficiente legittimità che la maggior parte della critica letteraria odierna è malata di timor del prossimo, di con– formis.mo , di quieto vivere. Chiedetele tutto, ma non di mettersi contro i luo– ghi comuni e le fame costituite. Questi libertad ad ogni costo, che se pon hanno 27

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=