Lo Stato - anno II - n. 4 - 10 febbraio 1961

il coraggio di intrupparsi palesemente a sinistra, fanno (per amori diversi e di diverso genere) i cripto-sinistri, i sinistri rosés, tanto per gradire ed essere gradi– ti, portati sul terreno più proprio del loro mestiere: sono .conservatori ad ol– tranza, conservano tutto, dal parnassia– nesimo al simbolismo, dal verismo al neorealismo, e perfino il marchese, de Sade quando sarebbe proprio ora di guardare le cose con vero senso critico, stnza tabù e con un minimo- di speri- colata sincerità. Ma forse è voler troppo d~. questa scombinata nostra società, fatta di rivoluzionari in poltrona di pelle e macchina di lusso, di reazionari che vogliono fare la rivoluzione, di cri– stiani che si. sentono la vocazione del paganesimo, di letterati che fanno· i pit– tori e di pittori che scrivono critiche racconti o romanzi, mentre ci sarebbe tanto da fare in casa propna. N. F. CIMMINO Mon1msen: uno spirito libero di fronte alla storia di Roma La riapparizione di un'opera fonda– mentale quale la « Storia di Roma » di Theodor Mommsen, non poteva certo passare inosservata. La nuova edizione, che la Casa Sansoni presenta in due vo– lumi, costituisce senza dubbio uno de– gli avvenimenti editoriali più impor– tanti di questi ultimi anni. Quotidiani e riviste se ne sono oc– cupati, dandole l'attenzione e l'interesse che essa merita. Se ne è anche occupato - e non po– teva mancare - Paese Sera libri, che non perde l'occasione per dimostrare, aàcora una volta, quanto lontano possa condurre l'ostinata intenzione di travi– sare sistematicamente fatti e personaggi per farli rientrare nel quadro di una arida speculazione politica. Nello stendere il suo testamento, il grande storico tedesco non poteva cer– tamente supporre che esso sarebbe stato utilizzato, sessanta anni dopo, per di– pingere 1 ui come un precursore degli .odierni intellettuali di sinistra, e per pre– sentare la sua opera come un prodotto ti pico della, cultura ·progressista. Questo è tuttavia quanto ad opera di Paese Sera è in questi giorni av– venuto. Che nelle estreme parole, scritte a conclusione della sua vita, come in tante altre manifestazioni delle sue idee e del suo pensiero, sia contenuta la passioné politica di un uomo di parte liberale, avverso alla mentalità ed al costume che dominàvano il suo tempo ed il suo paese, è evidente ed è anche abbastanza noto. Chi ha familiarità con l'opera di Mommsen, conosce perfet– tamente, del resto, la tendenza liberal– democratica che faceva di lui un uomo 28 bibliotecaginobianco dell'ottocento, inserito nella generale corrente politico-culturale dell'epoca. Queste sue caratteristiche dovevano na– turalmente porlo in contrasto con la Germania degli Hoenzollern e di Bi– smark, che era nata e si andava svilup– pando proprio in antitesi a quella cor– rente, e che già poneva, con la sua esi– stenza, i termini di quella grande con– trapposizione di principi e di forze che dovrà poi riempire, con il _suo urto, tutta la prima metà del nostro secolo. Mommsen era dunque personalmente schierato da una parte ben definita. E se egli avesse veramente, svolgendo la. sua opera di storico, « trasferita in essa la sua passione di uomo politico libe– rale, avverso agli Junker prussiani», così come Paese Sera sostiene, buon diritto avrebbe l'organo paracomunista di an– noverarlo fra i suoi precursori. Nulla del genere può tuttavia essere riscontrato, nell'opera del Mommsen in generale, e nella « Storia di Roma » in particolare. Presente in alcune enuncia– zioni di principio, isolate tra loro, e poste a parziale commento di alcune conclusioni teoriche, la tendenza ideo– logica personale dello scittore, scom– pare completamente nell'esposizione dei fatti, nella ricerca dei nessi e delle cau– se, nel disegno dei personaggi e nell'in– terpretazioni dei loro conflitti. Se così non fosse, l'intera opera, nello svolgimento del suo racconto, dovrebbe portarne il segno. Si vedrebbe allora il pacifista inorridire di fronte alle guerre di conquista e all'assoggettamento di popoli e regioni, l'antimilitarista disap– provare lo spirito e la fierezza di legio– nari, e consoli e centurioni. Una menta- lità democratica dovrebbe logicamente parteggiare per demagoghi e tribuni, bollare gli aristocratici e i senatori, esaltare il movimento popolare di ri– volta contro la Costituzione gerarchica e piangerne la fine quando essa stessa dà luogo al prevalere delle legioni ed alla instaurazione della monarchia. La prima parte dell'opera del Momm- ' . . sen e invece interamente consacrata a tracciare il disegno ampio e solenne, pro– porzionato · nelle sue parti, cadenzato nei suoi tempi della conquista dell'Ita– lia prima e del mondo mediterraneo poi, attuato da quella grande mente colle– giale capace di agire per secoli sempre uguale a se stessa e sempre fedele alle stesse finalità che fu il Senato di Roma. Con la fredda logica dello scienziato, vediamo enumerate e sviluppate le cau– se dei successi, la giustezza ·delle guerre e la necessità delle conquiste; soprat– tutto vediamo nella sua luce più chiara l'insostituibilità per un'opera del genere, dell'aristocrazia senatoria, solo organo politico capace di rinnovarsi di conti– nuo, mantenendo attraverso il tempo la omogeneità della sua composizione e la continuità del pensiero e dei propositi: Quando la grande crisi rivo_luzionaria si avvicina ed esplode, il Mommsen sa individuarne le cause nelle reali condi– zioni del tempo, e non nell'applicazione degli « immortali principi» che domi– nano il suo secolo, e nei quali egli stesso credeva. La prima delle cause, del tutto estranea a questioni ideologiche di tipo « moderno », egli la indica nella neces– sità, dettata dalla vastità stessa della conquista, di trasformare il comune ur– bano di Roma, che aveva mantenute in– tatte le proprie caratteristiche costitu– zionali, in uno stato che coincidesse giuridicamente e politicamente con gli effetti vi confini del suo dominio. La de– cadenza del corpo aristocratico, ed il suo costante scadimento di tono e di capacità, rappresenta la seconda éausa della crisi, divenuta a questo punto ine– vitabile. L'assoluta obiettività che pre– siede alli'ndividuazione dell'origine, ac– compagna nell'opera anche la descrizio– ne dello sviluppo del moto rivoluzio– nano. Una acuta analisi delle leggi di Grac– co, ne mette in luce il valore· essenzial– mente distruttivo, tese come esse erano soltanto a scardinare il potere della ari– stocrazia. La ripresa e l'attuazione, in periodi necessari, delle stesse leggi da parte di Cinna e di Mario prima e di Pompeo e di Cesare poi viene sempre illustrata in questo suo valore prevalen-

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