Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

bib Finanza Quaìche settimana fa, il Governo ha fatto sapere che avrebbe portato nella poìlitìca economica una nuova spinta. Lo avrebbe fatto si disse soprattutto nell'intento di approfittare - della buona condù:ione nella quale ci aveva condotti un periodo di congiun– tura eccezionalme~tt: favorevole, per non perdere e anzi per moltiplicare i vantaggi conseguiti. Sostenitori di una coraggiosa e in– telligente politica economica non potem- _ mo che rallegrarci di una tale imposta– zione, ma esprimemmo anche qualche riserva timorosi che le tendenze degli uomini che oggi dirigono la politica generale portasse a qualche esagerazione. Per non fare ii processo alle intenzio– ni, e in questo caso alle buone inten– zioni, decidemmo di attendere per 11e– dere in che cosa l'annunciata spinta si sarebbe concretata. E oggi, dopo aver ve– duto in che cosa essa vada concretando– si ci pare di poter dire che i nostri timori avevano indubbiamente un _fon– damento. La preoccupazione maggiore ct deri– va dagli oneri di cui si sta progressiva– mente gravando il bilancio dello Stato. Da alcune settimane siamo di fronte ad una euforia di "programmi" e_di "pia– ni" che il Consiglio dei Ministri appro– va regolarmente a getto continuo e cre– scente. Programmi, piani e spese in ogni settore, per ogni dove e con impe– gni davvero non indiff ernti. E' perfettamente logico che in un paese democratico, il cìttadino contri– buente si chieda con che cosa si pacr,he– rà e chi pagherà. Siamo in grado di anticipare la ri– sposta: verrà annunciato alla pubbiica opinione che non soltanto non v'è ra– gione di preoccuparsi del bilancio stata– le, ma addirittura che v'è motivo di ral– legrarsi, perché il deficit, almeno nel bilancio '61-'62, sarà addirittura, sia pur di poco, ridotto. E molto probabilmen– tr:le agguerrite schiere dei propagandùti di professione al servizio del Governo avvieranno una campagna per presenta– re agli sprovveduti questo nuovo "mira– colo". Lo slogan potrà esser questo: "si .fa di più e si spende di meno." Lo Stato nobia ·co allegra Ma - si chiederanno i nostri lettori - come può mai accadere? La risposta è semplice. Il bilancio di (ui si parlerà sarà •il prossimo. Pruu– mibilmente non si parlerà di quelli ~ venire non si dirà cioè che le spese che si stanno decidendo saranno ripartite in più esercizi e graveranno poco in quello 61-62 per gravare sensibilmente semprr ldi più in quelli dei prossimi anni. V:: come dire che, intanto, chi governa spen– de: chi governerà dòmani, poi, pagherà, se potrà. Se non potrà non pagherà, o manderà i piani a monte e farà una pt>r– sima figura. L'essenziale è_assicurare ,:a bella figura a chi dirige _oggi il Paese. li "tiriamo. innanzi" classico di mol– ti ambienti italiani potrebbe portare a pensare _ che, dopotutto, convien par– tire: di arrivare non è mai andato trop– po di moda da noi preoccuparsi. Ma in verità, anche in settori dell'opinione pub– blica lontani dal mondo delle cose ecn– nomiche e finanziarie si sentono espri– mer aìtre valutazioni e preoccupazioni: la gente si chiede che cosa ri potrà fare nel domani e spesso e volentieri non trova risposta. La prospettiva migliore che si offre -a coloro che succederanno all'attuale go– verno è quella di poter pagare, di po– ter far fronte agli impegni presi, poi– -ché di nuovi se ne potranno prendere ben pochi. I! bilancio italiano, infatti, ha una struttura sempre più rigida. Vi sono spese obbligate cioè, daile ·quali un moderno Stato non potrebbe in al– cun modo prescindere, che lo impegnano e lo assorbono in larghissima misura, lasciando margini assai modesti per in– terventi sul piano economico. E' ovvio che se questi margini vengono gradata– mente ancor a assottigliati, se non addi– rittura colmati, poco rimarrà per altri provvedimenti che fosse necessario adot– tare. Si sta iscrivendo insomma una ipo. teca sui bilanci italiani per parecchi an– ni: chi tardi (al governo) arriverà, male alloggerà. Ma così come noi non vogiiamo si iscrivano ipoteche sui bilanci di domani, altri ci invitano a non porre ipoteche sui– /' avvenire economico del Paese. Costo– ro vedono questo futuro così roseo da invitarci a non predicar sciagure. . So.- stengono anzi che proprio i provvedi– menti che sj stanno adottando saranno tali da suscitare con nuove iniziative e nuovo slancio produttivo anche ·nuova ricchezza, ciò di cui si avvantaggeranno anche le finanze pubbliche con conse– guente maggiore tranquillità per j tem– pi che ci attendono. Ora, dato e non concesso che si pos– sa profetare alla leggera in un campo come questo ci par doveroso osservare che non soltanto nei provvedimenti de. èisi (saivo alcuni) è criticabile l'aspetto quantitativo della spesa, ma lo è quello ·qualitativo. Ossia non par davvero che i provvedimenti adottati siano i più ido– ,nei a favoriu la produzione di nuov(f ricchezza e un più intenso sviluppo del– /' economia generale. La mancanza di coordinamento e di organicità negli in– terventi che si sono adottati o che si stanno per adottare, dà piuttosto la impressione che si voglia creare il senso appunto di un "attivismo" a tutto va– pore, capace di suggestionare i cerveìl, dei cittadini, magari dividendo le ini– ziative fra questo e quel dicastero in modo che tutti abbiano la loro parte di merito e di successo. Piani, conferenze, comitati, commissioni, sottocommissioni, studi, spese: fino a qui è il certo. Ciò che renderà tutto questo rappresenta lo incerto. Ma si scoprirà domani e doma– ni chissà a chi toccherà di discolparsi da– vanti alla pubblica opinione o di esco– gitare artifici nuovi per•dimostrare l'in– dimostrabile giustezza di cose non giuste. Un motivo fondamentale di preoccu– pazione è l'indirizzo che è al fondo dei– la strada che si segue: la pretesa incen– tivazione dlla iniziativa. economica sta avvenendo attraverso interventi crescen– ti della pubblica amministrazione. La Stato cioè pagherà le iniziative anche dei privati, pagherà per mettere in mo– vimento ciò che non si muove perché esso stesso lo ha fermato on ostacoli di varia natura in altri campi. E quegli ostacoli continuano a crescere e in misu– ra tale che le provvidenze nuove non e;udono gli inconvenienti vecchi e nuo– vi. Ciò eh fatalmente condurrà a forme gmpre meno agevoli per l'iniziativa ìibera e_sempre più destinate a richie– dere il fatale intervento dello Stato. E lciò che, alla fin fin, non spaventa chì lo sta determinando, poiché è chiaro or– mai che con qualsiasi appellativo la si qualifichi, quella che si sta seguendo è una linea social-colìettivistaalla quale si tenta di guadagnare in questi giorni il favore del popolo italiano. • 7 t

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