Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

tro le oligarchie dei partiti, avrebbe potuto meritare un genuino sostegno popolare: la sua era una poli– tica che presupponeva l'appello del Presidente al po– polo contro le nuove oligarchie. E tuttavia egli ri– fuggiva da questo appello e si limitava ad usare del più alto istituto dello Stato come un mezzo di ege– monia personale sugli oligarchi. La contraddizione tra la forma e la sostanza della politica dell'on. Gronchi apparve appunto quando, nello scorso anno '60, maturò per il nostro Presidente quella che possiamo chiamare l'occasione della pro– pria politica. In quel momento il sistema partitocratico aveva messo a nudo le sue contraddizioni. Il principio del– la collaborazione tra i partiti, che era la condizione del suo funzionamento, non trovava più una for– mula in cui manifestarsi: le varie sfumature e com– posizioni del termine centro che avevano sino ad al– lora fornito i termini alle combinazioni oligarchiche, erano tutte venute meno. In quel momento il sistema partitocratico si era inceppato: sia pure tempora– neamente aveva cessato di funzionare. Non rimaneva altro che il governo del Presidente. Non c'era dubbio che il governo del Presidente, espresso dal ministero Tambroni, non potesse che essere un governo di battaglia. Esso aveva ostili i partiti., i signori della nuova legittimità, in ciò che avevano di comune e vulnerava quindi il· regime nella sua stessa natura: pure molte e vaste erano le forze civili che il governo del Presidente poteva mo– bilitare nella sua azione. Solo che a questo punto il fantasma del passato fu così forte da isterilire la feconda intuizione dd presente. L'autonomia dell'istituto presidenziale non era stata interpretata solo come avente un valore in se stessa, ma anche e sopratutto come la condizione dell'incontro tra cattolici e socialisti. I problemi delle collaborazioni politiche che il quadro dello Stato liberale aveva fatto maturare nella breve stagione del primo dopoguerra ossessionavano Gronchi come avevano ossessionato De Gasperi. L'on. Gronchi in realtà non stava cercando di ri– .solverela crisi del '60, ma quella del '22. Egli vide i socialisti ed i cattolici di sinistra con– vergere non attorno al governo del Presidente, ma contro di esso:. bastò questo perché egli non sentisse più in sé l'audacia di combattere una battaglia nel Parlamento e nel paese. E pensare che la battaglia nel paese si poteva quasi mimetizzare, almeno in un primo momento, dietro la copertura delle elezioni amministrative, combattute nei termini politici tra– dizionali. Così l'on. Gronchi sacrificava una feconda intuì- Lo ·stato bibliotecagi nobianco zione politica attuale ad un mito frutto di un ritardo culturale: e permetteva che il sistema oligarchico eli– minasse il governo del Presidente e riconducesse la Presidenza all'obbedienza dell'oligarchia. Ora in questa sede non ci interessa prevedere se si determinerà nell'anno in corso una nuova occa– sione per un governo del Presidente e se l'on. Gron– chi abbia cuore per tentare una operazione politica così forte e ardita. Affrontare le oligarchie non è cosa da poco: le loro ramificazioni sono sottili e vaste, le loro solidarietà sono vigili ed operanti anche attra– verso la contraddizione. Vorremmo far notare piuttosto la posizione che la figura di Gronchi ocrnpa nel quadro della storia del movimento cattolico cui indubbiamente esso appar– tiene. Ora Gronchi appartiene indubbiamente, come De Gasperi e come Sturzo, a quei cattolici che ritennero possibile un fecondo compromesso tra lo Stato libe– rale ed i cattolici del tipo di quello praticato nd mondo anglosassone- ed in parte anche in quello francese: un compromesso limitato che salvaguar– dasse sino in fondo la dottrina cattolica ed evitasse qualunque compromesso sul piano dei principi. Questa salvaguardia fu un'intenzione positiva, so– pratutto di quella grande figura che fu Don Luigi Sturzo, ma anche di De Gasperi e di Gronchi. Tuttavia essi dovettero poi operare in tempi in cui occorreva una tesi autonoma ed originale, una capacità non di salvaguardare soltanto la ragione della dottrina cattolica, ma di farne un effettivo principio di valutazione storica e politj~a. A questo essi sono stati impari: ma le loro posizioni vanno però distinte con chiarezza dal modernismo politico dei Fanfani e dei Moro, dell'attuale sinistra democristiana, che po– stula un'aperta convergenza dei cattolici sulle posi– zioni moderne più avanzate e ritrova l'unità, così difficile per uomini come De Gasperi e come Gron– chi, in un'aperta soggezione ideale a posizioni non cattoliche. Noi non sappiamo se l'on. Gronchi sia destinato o no ad una nuova elezione presidenziale: ma dal punto di vista storico il settennato (45-53) di De Ga– speri e quello di Gronchi hanno una esemplare affi– nità e costituiscono due parti di una medesima storia. La loro figura e la loro cultura sono classiche 1 espressioni di un tempo di transizione. La grande 1 crisi con cui si chiude il secondo settennale dei popo– lari apre così un nuovo periodo politico e storico per il nostro Paese. Ed i termini con cui tale periodo si aprirà dipendono ora in buona parte dell'onorevole Gronchi. G. BAGET-Bozzo 3

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