Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

La trama de « I cugini » mostra Im• pensate somiglianze con la vecchia sto· riella del topo di città e del topo di campagna: il topo di campagna, sem– pliciotto e spa.ruto, va a trova.re il cugi– no di città che fa la bella vita, ha una barbetta mefistofelica, parla come il ce– lebre Mariarinini di « Lascia o raddop– pia » e trascorre la beata giovinezza fra donne, champagne e orgette. Il topo di campagna, buono, ingenuo nonché ap• passionato lettore di Balzac, dopo un primo periodo di smarrimento, finisce per capi,re che la v•ita del cugino super• topo è fa.Isa e vuota, anche se infiorata di trionfi non meritati. Ma a questo punto il film diverge da.Jla storielia: non è il topo cattivo bensì il topo buono a morì,re. Se ·l'autore accidentale ddl'as– sassinio è il cugino di città, il vero re– sponsabile, come nel vecchio racconto, è il gatto, cioé qualcosa di superiore a entrambi, il fato, il destino. Dai personaggi della vicenda, da cer– te compiacenze del regista per alcune immagini, per alcuni ambienti, emerge un quadro completo de,i « luoghi comu– ni » di certa cultura f.rancese di ieri e di oggi, tutta imbevuta di « buon gu• sto» ma fondamentalmente sU:perf,iciale e legata a pochi schemi d'estrazione let– teraria: pallidi superuomini che voglio– no fare della propria vita una raffinata opera d'arte, una sor.ta di cocktail di ci– nismo scandito dalle note di Wagner, provinciali ingenui come il famoso « buon selvaggio » non contaminato dal– la società vagheggiato a suo tempo dal Rousseau, ragazze bruciate dagli occhi stanchi e dal sorriso materno, citazioni classiche fra un cognac e l'altro, feste studentesche macabre e cupe come .una cerimonia funebre, e su tutto una spruz• zatina di temat•ica sociale, nello stile di un'inchiesta di costume degna di un Oayatte giù di morale: chi sono i col– pevoli? i padri o i figli? oppure la so– cietà? Sono questi gli argomenti « rivoluzio· RECENSIONI nari » che i nostri giovani leoni riescono a mettere assieme. Quanto più credono di opporsi ai loro padri, di ripudiare le simpat•ie e le mode di vent'anni fa, più si dimostrano degni eredi di una cul– tura irriducibilmente decadente, epigoni di quello sviscerato amore per l'eleganza formale che r•ischia di trasformare il te– ma più :rovente in una « occasione » di bello scrivere. Le rivoluzioni artistiche di cui la Francia è inesauribile fornitrice, le sco– perte, i casi letterari, i movimenti di rot– tura, si succedono senza alterare sostan– zialmente un panorama abbastanza mo– notono. E in definitiva anche i film della « nouvelle vague » sono utili soprattutto come un'attendibile cartina di tornasole di certa cultura francese, di certi vezzi che esercitano un innegabile fascino an. che sul nostro cinema, di un << enga– gement »· molto più apparente che reale. Lucrn DANI Dal Concilio di Nicea al Vaticano secondo Emilio Cavaterra ci ha dato un vo– lume prezioso di introduzione e di pre• parazione al prossimo Concilio Ecume– nico, che, come è noto, prenderà la di– zione di Vaticano II. Un grande avve– nimento per la Chiesa a cui non tutte le generazioni hanno la ventura di as• sistere. Sinora si sono svolti venti Con– cilii, di cui Cavatorra riporta le vicen– de in prosa efficace e piana, alternando gli aneddoti curiosi alla parte più seria, rappresentata dalla definizione dei dog• mi, dalla condanna contro le eresie, dalla strutturazione giuridica e gerarchi– ca della Chiesa Cattolica, che attraverso queste assemblee di Vescovi e altissimi Prelati si è andata assestando nella sua forma attuale. E' una storia eroica che fonde la dif– ficoltà di certe dispute teologiche nella gran luce di testimonianze semplici e evidenti, come il ricorrente martirio del clero e dei fedeli nel corso dei secoli. Il primo Concilio si aprì a Nicea il 22 maggio del 325 e t.recentotredici Padri, in quell'occasione, pronunziarono la condanna contro l'eresia di Ario. F.ra i 30 bibliotecaginobianco prelati riuniti nella grande sala del Pa– lazzo di Costantino v'erano Pafnunzio della Tebaide superiore, orbo per le tor– tucre; Paolo di Neocesarea, mutilato al– le mani; Protamione di Eraclea con le ossa infrante, ultimi superstiti dell'epo: ca gloriosa delle persecuzioni pagane. Centinaia e centinaia di anni sono trascorsi da allora, ma alla vigilia del ventunesimo Concilio, nella prima En– ciclica del Sommo Pontefice Giovanni XXIII, leggiamo frasi che ci ricordano direttamente l'età dei martiri e delle persecuzioni. Dice il Papa nella Ad Pe– tri Cathedram: « Ed ora, mentre rite– niamo doveroso esortare tutti i Nostri figli in Cristo ad evitare con ogni cura i funesti errori che possono sovvertire non solo la religione, ma anche l'ordine sociale, si affaccia alla Nostra mente l'immagine di tanti Venerabili Nostri Fratelli nell'Episcopato e di tanti cari sacerdoti e fedeli che si trovano in esi– lio, in campi di concentramento o in prigione per non aver voluto tradire il proprio ministero o apostatare dalla fede». Queste ricorrenze nel martirio, queste testimonianze di tribolazioni, sono do– lorose, ma anche edificanti e confortan– ti: la Chiesa del Silenzio sta già dedi– cando al mondo una sublime imitazio– n~ del Cristo nella sofferenza, mentre attorno alla Cattedra di Roma fervono i lavori preparatori del Vaticano II. Al bel libro di Cavaterra faremo so– lo una osservazione, che riguarda il ti– tolo: l'espressione « i parlamenti », ri– ferita a così solenni assisi, ci sembra troppo facile, di gusto giornalistico, una similitudine infelice, anche por il pre– stigio spesso assai discusso di cui godo– no tali istituzioni chiacchierone e risso– se. In una intervista tenuta dal Segre– tario di Stato, Cardina!e Domenico Tar– dini, è stato chiesto se « si può dire che il Concilio sia un Parlamento mon– diale a carattere sacro », e l'illustre por– porato ha così .risposto: « Sotto un certo e ben limitato aspetto vi si potrebbe vedere un'affinità, in quanto nelle se– dute di studio e di discussione i vescovi possono liberamente esprimere il loro pensiero e voto. Tra un Concilio Ecu-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=