Lo Stato - anno I - n. 2 - 31 dicembre 1960

LO STATO. gliono le scuole, la lotta contro l'anal– fabetismo, le case, le strade, le ferro– vie, così come siamo convinti che i la– voratori meridionali devono essere trat– tati meglio, che la politica tributaria deve essere più giusta e che il credito deve essere più sensibile, più agile e soprattutto più accessibile. Ne siamo convinti tutti e ci domandiamo come mai i rappresentanti di un partito che, nonostante addomesticate opposizioni, hanno sempre fatto parte nel .dopoguer– ra o delle compagini governative, o delle maggioranze che le hanno soste– nute e le sostengono sentano di dover indicare alla pubblica opinione obiettivi che già dovrebbero essere stati raggiun– ti, anche e proprio con il concorso dei socialdemocratici. Ci pare che così fa– cendo essi denuncino anche il proprio decennale insuccesso. Ciò per quanto riguarda la attività che la pubblica amministrazione può condurre direttamente, determinatrice essa stessa di provvedimenti, fatti e si– tuazioni, (e il discorso valga anche per la politica delle iniziative dello Stato e delle aziende alle quali esso partecipa). Per quanto concerne, invece, la con– statata scarsa propensione da parte de– gli imprenditore privati a prendere nel Meridione nuove iniziative produttive o a potenziare quelle già esistenti, il discorso ci pare debba cambiare e ci sembra che sia un atteggiamento in– sincero quello di chiedersi e di chie– dere pubblicamente i motivi di tanto bibliotecaginobianco poco entusiasmo. Perché troppe volte, ormai, essi sono stati anche responsa– bilmente ed autorevolmente indicati. ll principale di essi, quello decisivo, è la mancata indicazione da parte dello Stato dei settori che esso intende ri– servare al proprio intervento diretto e dei limiti entro i quali esso intende contenere tale suo intervento. . In quali e quante mai imprese P•J· t1'ebbe impegnarsi l'imprenditore priva– to con la garanzia sicura che la sua attività non sarà disturbata da una di– retta concorrenza di Stato? Il Ministro dell'Industria e del Com– mercio ha riparlato, anche di recente, oltre che di aree industriali, di esperi– menti e di imprese pilota: è legittimo domandare di conoscere quali saranno qu.este imprese? Si è riconosciuto ormai da molte parti che il sistema creditizio dovreb– be esser migliorato ed adeguato aìle particolari necessità del Meridione, ma ·in qual modo si ritiene di poterlo fare? Affermare, come si sta facendo, che gli imprenditori privati non profittano delle favorevoli condizioni create dallo Stato per intraprendere nuove iniziati– ve nel Meridione, è come dire che gli imprenditori italiani rinunciano, r.vt – dentemente non più interessati a gua– dagnare, a · nuove e pur cospicue pos-– sibilità di profitto. O non sarebbe ii caso di chiedersi se, per avventum, gli incentivi che si ritiene di aver predi– sposto non siano, in realtà, veramente tali o quanto meno siano insuffiàentt 7 o inadeguati? Ciò che meno si addice, a nostro mo– do di vedere, ad un'azione di incita– mento dei privati imprenditori a voi– gersi verso il Meridione è propria quel– la mal celata tentazione dirigistica e statalistica che, un po', deriva dfilta vocazione di una certa parte delb schieramento politico italiano e mo!to anche dal desiderio (o dalla neceHitù) di far presto per scopi politici, che ta– lora contrastano con le esigenze econo– miche e che quasi mai ne tengon'> conto. I privati imprenditori non hanno convenienza ad investire nel A-I ezzo– giorno d'Italia: se ne avessero vi an– drebbero. Se non vi s~endono vuol di– re che la politica meridionalistica fin qui perseguita non è riuscita a creare gli incentivi che possono decidere ad agire un imprenditore privato. Può darsi che gli incentivi che si ritiene di ut-'er creato siano più adatti per lo svi– luppo di una economia che cammina progressivamente verso una crescente pianificazione di tipo statalistico e centrali~zato: tanto è vero che i ri– medi che si ritiene di poter opporre alle lacune e ai mali sono improntati CJd un accentuato interz 1 ento di Stato. E allora diventa una questione fonda– mentale di scelta, per cui il discorso JÌ fa ancora più politico. E il malanno· che ci deriva dal non aver mai vali– damente contrastato certi indirizzi ideologici che non possono non con– durre a certe pratiche soluzioni.

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