Lo Stato - anno I - n. 2 - 31 dicembre 1960

LOSTATO cose magan venss1me ma assolutamen– te insufficienti a spiegare una realtà che è ben più complessa. Semplificando al massimo le enun– ciazioni degli autori, si può dire che i dirigenti sovietici succeduti a Stalin (prima Malenkov e poi Krusciov) han– no ritenuto che il continuo progresso dell'economia sovietica avrebbe potuto essere assicur~to soltanto da una mag– giore adesione dei lavoratori al regime, ossia da quel fattore soggettivo che, in una al fattore oggettivo rappresentato dal capitale, determina la produttività del lavoro. La produttività è notoria– mente il tallone d'Achille dell'econo– mia sov.ietica: nulla di più logico, quin– di, che i nuovi dirgenti del Cre,mliuo abbiano cercato di aumentarla, da un lato con incentivi materiali di vado ge– nere e dall'altro con un miglioramento dell'atmosfera nella tJ_uale vivono i la– voratori. Stalin riteneva che il poten– ziamento dello Stato sovietico sarebbe stato assicurato nel migliore dei modi dal terrore e dall'incubo dell'aggressio– ne; ,i suoi successori hanno pensato in– vece che sarebbero stati ottenuti risul– tati migliori in un clima di minore ten– sione e di più favorevoli prospettive di benessere per i cittadini sovietici. Queste autori l'occasione per grattare sotto la scorza delle statistiche ufficiali e per dissolvere i r11itiche ancora sopravvivo– no in Occidente a proposito della rapi– dità dello sviluppo economico del– i'URSS e che maiauguratamente sono stati alimentati dalle conquiste tecnolo– giche sovietiche e dall'alla•r•mismo susci– tato dalle autorità americane (ma che avrebbero detto allora gli autori delle nere profezie di un Kennedy-). Stringa– ta e convincente è poi la dimostrazione del carattere eccessivamente ambizioso degli obiettivi che si propone di rag– giungere il piano settennale in corso e sopraHutto dell'infondatezza delle pre– visioni di Krusciov relative al prossimo raggiungimento del .livello produttivo degli Stati Uniti. L'ottimismo di Kru– sciov esce ridicolizzato dal raffronto con le cifre. Rimane peraltro a dimostra– zione del fatto che ai metodi coercitivi staliniani gl attuali dirigenti sovietici preforiscono sostituire, nella funzione di stimolo per i lavoratori, la prospettiva di un rapido raggiungimento del tenore di vita amencano. Nel complesso, l'economia sovietica esce ridimensionata dalle pagine di 31 D'Angelo e Paladini, senza che a taile scopo gli autori debbano compiere uno 6forzo particolare. Gli sputnik non deb– bono celare la realtà di uno Stato che è ancora lungi dall'essere industrializ– zato, nel quale la produttività è a un li– vello più basso di quello degli Stati oc– cidentali e che tiene impiegata nella agricoltura una percentuale enorme della manodopera. A ciò si aggiunga l'abisso che divide il tenore di vita degli alti burocTati da quello dei lavoratori,. e che gli autori non mancano di sotto– linea-re con abbondanza di dati. Nelle poche pagine del libro è così accumulato un abbondante materiale di riflessione, t-accomandabifre pàlrticolar" mente a coloro che conservano del– l'URSS una visione unilaterale e che pure non possono certo esserne distoiti da una propaganda che fa leva spesso più su un genedco moralismo che sul- l'informazione. La Sfida di Krusciov, Problemi eco– nomici e politici dell'URSS dopo Stalin, di Sergio D'Angelo e Leo Paladini, Fel– trinelli Editore, Milano 1960, pp. 200, Lire 700. considerazioni probabilmente non so'- CORRJSPONDENZA no sufficienti 1 per spiegare in maniera esauriente la fase malenkoviana del « di- sgelo» e quella successiva, kruscioviana, della « coesistenza pacifica», ma rap– presentano un prezioso contributo. Notevole è la cognizione di causa con cui gli autor,i affrontano l'esame dei più importanti provvedimenti adottati negli ultimi anni nel campo dell'econo– mia, dalla riforma della gestione indu– striale alla vendita delle macchine e dei trattori ai colcos, provvedimenti spesso erroneamente interpretati, magari sulla scorta di cons.iderazioni ideologiche po– co pertinenti. [)i particolare ,interesse è poi l'analisi dei piani economici: la constatazione del fallimento del piano quinquennale 1956-1960, parzialmente sostituito con il piano settennale varato dal XXI Congresso del PCUS nel gen– naio 1959. Questa analisi fornisce agli bibIotecag1nobianco Signor Direttore, ... ~ .. Mi sembra che la parte dell'edi– toriale da sottoscrivere senza riserve, sia quella ove viene affermato « che il compito di difendere l'ordine civile dalla sovversione comunista spetti, in modo primario e prevalente, allo «Sta– to », considerato che l'anticomunismo dei partiti e ,dei sindacati ha fatto fal– limcn to. Mi permetto di aggiungere che non poteva non fare fallimento, quando si consideri che tutti i partiti italiani nel dopoguerra - a cominciare dalla d.c. -- hanno operato, di fatto, entro gH schemi propri dei marxisti. Basti, per la d.c., considerare quanto vi sia ri– masto 1wì suoi programmi e nella sua nzion<' dPllc « idee» di Dc Gaspcri del ' 1 1. 1, d1e JJ ulla o quasi, avevano a . che fare ('On lt> idee dei :Moro e dei Fanfani. La slessa iniziativa legislativa è sem- pre stata, salvo rare eccezioni, con– dizionata dalle sinistre. Si è persegui– ta una « politica di cose» che muo– vendo prevalentemente da considera– zioni di ordine economico- e sociale, ha finito per ingenerare in larghi stra– ti dell'elettorato cattolico la convin– zione che le basi dell'impegno politico marxista erano buone moralmente e valide politicamente; oltre che confer– mare - e ,cjò spiega la sempre più ampia dilatazione elettorale delle si– nistrr ---- j Social-comunisti circa la bontà delle loro tesi ..... . Sante Bonaccorsi Roma Nei prossimi nzuneri chiariremo an– cora di più il valore ed il significato df'lle nostre tesi circa la portata del pcrif'o!o chP rappresenta per il popolo italiano la mancanza di strumenti atti

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