Lo Stato - anno I - n. 2 - 31 dicembre 1960

26 s1c1 m contrasto, i due maestri hanno tentato e tentano disperatamente, con angoscia, di s,fug,gi,re alla realtà d'oggi, avendo come inconfessata mèta il rag– giungimento di un mito fuori della ve– rità attuale: la Grecia antica, vista co– me un porto tranquillo e immutabile, magari come una tomba. Eppure la pit– tura di Picasso è la vita in movimento, in apparenza. Egli passa per il pittore che ha affrontata la realtà del nostro se– colo nei suoi temi più tragici, rappre– sentando in chiave di inumano disfatti– smo (inumano perché fuori della real– tà storica e spirituale dell'umanità) la guerra e la lotta sociale. Ma scavando e scavando con gli occhi e con l'anima nella sua opera, anche in lui, alzato a bandiera rivoluzionaria e 1nnovatrice, appare invece l'ombra di Nietzsche: un falso azzurro glorioso una vitalità im– minente sul e.rollo, una Grecia ricostrui– t.:t saltando i duemila anni criistiani e perciò inesis,tente, solo pretesto a crearsi un punto di arrivo, un miraggio. In De Chirico il dramma è più sco– perto ed è così chiaro che persino sfug– ge al.I'osservazione ed alla V'ista. Peir questo il pittore· italiano presenta meno problemi da risolvere ed a taluni può sembrare specie nella sua seconda ma– mera pur così legata alla « prima » daHo stesso filo che si chiama « eva- . sione >>, persino un pittore diventato « banale ». In Picasso lo stesso dram– ma è un fiume sconvolto, in piena con improvvisi cieli aperti, come (nella mo– stra de « Il Segno»). quel raffaellesco ritra!to di Jaqueline (1959). Da grandi artisti, essi cercano, Picasso e De Chi- 11ico, il porto inesistente, la imposs-ibile quiete del ,mondo e si rif.ugiano nel mito, la falsa Grecia, denunciando così bibliotecaginobianco il loro supenore fallimento la loro im– .potenza a risolvere in chiave e linguag– gio assolutamente d'oggi il mistero del mondo ed indicare alla società una via. Quel continuo disegnare e dipingere lotte di uomo contro toro in Picasso diventa un tormentoso autoritrattarsi, un misurarsi contro il mostro della vita -i~ fondo non risolta e non vinta. La ricerca della Grecia come una ri– cerca della Bellezza e forse di Dio stes– so, (quiete dell'anima) è lampante in un'altra mostra picassiana, pure aperta in questi gior.ni , a Valle Giulia, ma con scopi didattici. Lì vi sono opere ori– ginali del maestro e, tra queste, due teste espressamente intitolate « greche ». Al « Segno » vi è però un Picasso a metà in copia. Si tratta dell'esposizione delle copie numero 44 di una serie di disegni incisi nel linoleum e stampati in cinquanta esemplari. Noi vediamo la mano di Picasso, ciò che essa ha intagliato. Sotto c'è anche la firma, a matita, di Picasso. Ma è pur sempre una serie di « stampe picassfane » ven– dute a prezzi alti e proibitivi. Forse, Pablo Picasso non sa niente di questa mostra e la serie di incisioni, ceduta per il normale com,mercio d'arte, è sta– sta esposta solo per essere « valorizzata >> sul mercato di Roma. Magari a Tokio ci sarà ]a sene 43, a Marsiglia la 49, eccetera. Qui non c'entra Picasso. Ma in una città come Roma si avrebbe il diritto di trovarci dinanZ'i a rassegne che di un pittore ci mostrassero l'ultima produ– zione non solo con l'intento di com– merciare, ma con l'ansia di una « pro– va», di un colloquio con una g,rande città, con un popolo. In altre parole, per una mostra di Picasso si dovrebbe ...__ _,,,, • c:>G • • LO STATO intendere - finché Picasso è vivo e che Dio lo conservi a lungo al suo la– voro - una mostra organizzata da lui ~tesso e da persone di sua fiducia (come i fratelli Russo per De Chirico ), ma sempre con la presenza responsabile, dietro la mostra dell'artista. Una mo– stra diventa così un avvenimento, un incontro diretto con il pittore, come av– viene per De Chirico in queste setti– mane a Palazzo Marignoli. Sulla mo– stra di Picasso c'è invece l'ala fredda del commercio e c'è persino il pcricolo di scambi-are la totale mancanza della presenza dell'art>ista in un divismo, or– ribile per un uomo la cui esistenza continua ad essere intellettualmente, ma sinceramente vicina « agli altri ». Una specie di Upim picassiana è in azione nel mondo a vendere •riprodu– zioni con firme vere e qualche volta anche a stampa, ma che sembrano ve– re, e questi mercati vengono presentati ·come avvenimenti d'arte. Le firme della mostra romana sono . autentiche e an– che la numerazione è autentica, ma la atmosfera da Upi-m d'arte nmane e raggela il visitatore. Bastava un niente a cambiare af'ia, m~gari una lettera del- 1' artista ai -romani, appesa ·in vetrina, in cui si scusava di «non poter venire a Roma» con le copie dei suoi disegni. Sarebbe stato un gesto di rispetto e di presenza, necessario, perché anche i grandi finché son vivi sono più uomini degli uomini e i nostri rapporti con I essi per essere sinceri devono svilupparsi fuor•i del mito e nella schiettezza urna~ na, nel reciproco rispetto. I viventi sot– to la· campana dei Santi, persino se st tratta di Picasso, danno fastidio. GIUSEPPE SELVAGGI

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