Lo Stato - anno I - n. 2 - 31 dicembre 1960

LO STATO Nessuno oggi può dubitare che se anche una apertura a srn1stra potesse verificarsi sul piano parlamentare o ad– dirittura governatiYo, essa provocherebbe anzitutto la frat– tura del gruppo socialista in due tronconi pressoché uguali e successivamente ulteriori frane elettorali della DC verso destra, ben superiori a quella subìta il 6 novembre. Un eventuale nuovo Parlamento, cioè, potrebbe vedere un blocco di centro-sinistra con un margine di maggio– ranza esigua simile a quella attuale del centro convergente, sottoposto alla pressione implacabile di una sinistra estrema e di una destra ben più forti, nel numero e nella decisione, delle formazioni odierne. Dopo di che il parallelo con la Germania we1manana potrebbe divenire perfetto. Paralisi progressiva E' strano, sotto quest'angolo di visuale, che non si dia credito piuttosto allo slogan di Nenni al congresso di Na– poli << per una alternativa socialista », per una nuova forza, cioè, capace di costituirsi intorno a quelle correnti preva– lentemente laiche che ancora oggi insistono in una valu– tazione dei fatti e delle prospettive che appare superata dagli eventi e pericolosa per le conseguenze future. E' difficile comprendere perché ci si rifiuti di ammet– tere che, spostando l'asse politico - e con esso la sua maggiore componente che è il partito di maggioranza relativa - su posizioni politicamente moderate, ma corag– giosamente moderne in materia economica e sociale, con una bandiera di intransigente difesa dello Stato, delle leggi e delle istituzioni, della sicurezza dei cittadini e del loro benessere, perché ci si rifiuti di ammettere, in breve, che soltanto una politica del genere può impedire franamenti elettorali dalla DC verso la destra politica ed al contempo agevolare la coagulazione delle forze del centro sinistra democratico intorno a posizioni sincere di reale alternativa politica. Può sembrare un paradosso, ma è storicamente vero, e comprovabile anche in base agli stessi principi della dia– lettica marxista, che soltanto una politica moderata può far sorgere una alternativa altrettanto mode,rata; e poiché lo scopo finale della democrazia non può essere quello della radicalizzazione politica, del conflitto degli opposti estre– mismi e dell'alternativa di regime, ma piuttosto quello dell'alternativa di potere fra due iraggruppamenti demo– cratici, è lecito essere sconcertati, più che preoccupati, di fronte ad una così totale carenza di visione politica da parte di chi, in atto, de.tiene ed esercita il potere. D'altra parte non ci si può nemmeno meravigliare so– verchiamente, ove si pensi che la democrazia cristiana, negli ultimi dieci anni e da quando ha perduto o rinun– ciato alla maggioranza assoluta, ha avuto per ben due volte l'occasione storica di porsi nelle condizioni più van- bibliotecaginobianco 9 taggiose per realizzare un piano siffatto: la prima con il Governo Pella, nel 1953, e la seconda con il Governo Tambroni, nel 1960. Senonché entrambi i Ministeri, sorti per corrispondere alla esigenza ben eh iara nel Paese di una buona e saggia amministrazione, politicamente moderata, ma moderna e non priva di ardimenti economico-sociali, sono rimasti in– vischiati nelle sabbie mobili delle partitocrazie ufficiali, tutte concordi e convergenti sulla pura e semplice nega– zione di qualcosa che rischiava di divenire troppo popolare se fosse durata. Nel secondo caso poi, quello del Governo Tambroni, la reazione è stata più forte e più disperata per il maggior timore che l'uomo e la sua azione avevano ispirato 11ègli ambienti del professionismo politico e per il concomitante effetto di interessi contrastanti di persone o di gruppi di potere che sono divenuti così i veri responsabili di quanto potrà accadere in Italia nel prossimo futuro. E' difficile che un'altra occasione possa ripresentarsi; o, meglio, che vi sia tempo per una terza e più fortunata esperienza nell'ambito del sistema; seppure ciò accadè.:ì)e è arduo sottrarsi al dubbio che gli attuali dirigenti siano in grado di percepire termini e tempi di esecuzione. E.;.si sembrano, infatti, sentire la stessa vocazione dei teologi .li Bisanzio in maniera così irresistibile da non accorgersi i:hè la cittadella della democrazia, della libertà e dello Stam legalitario non può rimanere eternamente assediata d:il mare e dal monte senza vie di scampo, e paiono per contro convinti della necesstà storica di condurre sempre la bat– taglia su due fronti. Respo11sabilità storiche In questo caso però è necessario, quanto meno, esporre francamente ai cittadini quali siano le prospettive di una politica del genere e quali soluzioni si intravvedano a breve ed a lunga scadenza, se si vuole impedire che si formi una atmosfera di ineluttabilità storica nello svolgersi degli eventi che costituisce il clima più propizio per il ripetersi, anche da noi, della esperienza weimariana. Simile eventualità, fra l'altro, non è solamente colle– gata ad ipotesi o a prospettive future, ma discende altresì dalla valutazione comparati va degli altri elementi di crisi più appariscenti dell'ordinamento di Weimar e di quelli corrispondenti già in atto nel nostro sistema. Tali sono certamente le crisi ministeriali ricorrenti e spesso inspiegabili per il profano non iniziato, le collusioni innaturali fra parti eterogenee sul modello milazziano, la svalutazion~, il deterioramento, anzi dell'istituto parlamen– tare ad esclusivo beneficio della politica di corridoio o di clan, tutto ciò, in ultima analisi, che si ricollega alla esasperazione del partito politico nelle cui attuali strutture e funzionalità è dato di ravvisare pericolosi elementi anti– tetici della vcra democrazia sostanziale.

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