La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 48 - 3 dicembre 1961

Domenica 3 dicemlire 1961 LA FIERA LETTERARIA r. I GRANDI SCRl'I1TORI DI TU'I1'1O IL lUO~DO * V Karel Capek: da Hordubal ed altri I L MONDO comune dei fanciulli \! qual– cosa di totalmente dh•zrso. l fanciulli solitari, n..!1 loro gio:o, si dimenticano di sé e di lullo ciò che li circonda e il l~ro dimenticare è fuoti del tempo'. ~cl gioco comune dei fanciulli entrano falli mollo pit1 larghi e il loro mondo comune è dominato dalle- leggi delle stagioni. Al– c~m momento. !lmgo costnngc i ragazzi n g!ocare a P?-lhne d'estate. ln primavera si gioca a palline, quando la terra si sgela: C questa una lci!gC seria e irr~vocabile come quella che ordina ai bucaneve di fiorire o alle mammine di cuocere la torta d1 Pa– squa. Solo pi;1 tardi si \?ioca a rincorrersi e a nascondcrello, mentre che le \'acanzc scolastiche sono J'epoe3 delle ba1tutc a;– ''enturo~e: acchiapprtrc i grilli nei campi oppure m segreto bagn::irsi nel fiume. Nes– sun ragazz:> ai.tenia sente come un onore rt ~ccnd.e.re un I uocherello ncll'cstalc; questo $1 fa 1n autunno, nell'epoca m cui si lan– ciano in a1ia i;li aquiloni. Pasqua, vacanza, e Nn.talc rier~, pellcg1inaggio e festa pa- ~~~i1~ d;,~o}~ailjf:s~kl:/c n!f"~~~~~ t~n°~~ dei ragazzi ha un proprio ordine, i:: 1itual– mente arcic_ola'.o i~ bas..:: alle stagioni; il ragazzo soh:ano gioco con l'etem1tà e il 'I!"!• , branco dei r,1cazzi col tempo. In quel b1<.mco il manno:::chio del fale– ~name non era una personalità d1 1i\ievo · era alqualÌto disprezzato, gli si rimprovera~ va d'esser-a cli mammina e di a,,er paura. i\~a che non a,•e,,a la rag:inel\a per le leste . ,d1 ~asqua, che gliel'intagli.iva iJ signor •._ .. ___Martmek, non poteva procurare le mazze --~.I rr1~1 :n~p~dem~1:ri!I~ ~~:;i~so~epc~e V~~~:; _ . . . da dire fl ~iglio del ,•etmb con i suoi spor- ~ · .- ' chi pani ci.i mastice? li figlio dell'imbian– chino era un'.:iilra cosa; una volta si dipinse tulio il "olio con l'azzurro e da allora go– delle di par1icolcrc importanza. 1\fa nel ,:-, cortile del falegname c'cr;i una tavola su •\ i:, ;i cui si poteva far l'altalena seriamente e in silenzio; non è for.se questo un certo stac– carsi dalla terr:t e cioè un atto che soddi– sfa tutte le aspirazioni? Che il figlio del- _.,:, 0. ;r. l'imbianchino si dipinga il \10lto di azwrro: •~,.. non fu mai invitato a dondola,·si sull'al– talena. li gioco è gicco, un fatto scrio, un fatto di stima; non c'è alcuna uguaglian.r.a nel ~:ioco, c'è o distinzione o sotiomissioni.:. Si deve dire :::he non eccellevo: non ero n,; il .., più forte né il più cora2gioso del branco lovaglia bianca non crn indicibilment~ pu– lita, che il signor parroco cm un bonac– cione grasso t:.•baccoso e il signor maestro uno zi1cllone di campagna -:on naso rosso; ma allora per mc erano la pcrsoniricazione di qualcosa di supc1iore e quasi sovrumano; fu questa la ')1·1maarticolazione del mondo secondo 1e cariche e ì pOt.!ri. Ero un alunno tranquillo e assiduo, cd ero indicato come eseml)io agli altri; ma in segreto 01u•J<1voun f~mito di ammira- 1ione per il fiilio dell'imbianchino, un ma– lad1ino da (ì:alera fatto e finito, che met- 1e,1a in imbn!.lzzo il ma~tro con le sue malefatte e mordeva il dito al parroco. Lo temc,,ano quasi e non sapevano come pren– derlo. Pote,•ano basto:i:irlo come ,ole\lano, il ragaz10 rideva lo1u in Faccia; piangere era al disot10 clella sua selvaggia dignità, qualunque cosa gli facessero. Chissà: for– se fu la r.:os:i più decisiva nella mia viia che il figlio dell'imbianchino rion mi eles– se a suo compai,no. Av~i dato chi sa cosa, se fosse v~nu10 con me. Una volia, il dia– volo sa cosa combinò, una tr::tve gli schiac– ciò il dito; ~li altri ragazzi si misero a gridare, ma lui niente, impallidl soltanto e suinse i de<1ti. Lo vidi rit::>marc a casa tenendo la sinistra insanguinata con l'altra mano, come si trauasse d'un trofeo. 1 ra– gazzi. a froue: gli muggivano dietro: • Gli è caduta una ,rave addosso!"· Ero fuori di mc dall'orrore e dalla compassione, mi tremavano le gambe, mi sentivo male. e Ti fa male?•• sos:pirai tutto ~paventato. Mi guardò con occhi pieni d'orgoglio, d'ardore e di derisione. "E a te le ne importa?•, fece a denti ~!retti. Rima:;i oltraggiato e respinto. Aspetla, ti farò vedere io, 11 farò vedere io cos:i so sopportar..::! Andai nella bottega e fi::cai la man~ sinistra nella morsa dove ,·cnfono strette le tavole; gi- tà opposta il ra~:i.zzo si dondola in silen– zio e con solenmtà, non si guardano l'uno con l'altro e si dànno anima e corpo al– l'altalena, perchè si amano; almeno, il ra– gazzo ama, anche se non sa come chia– ma1·e tulio ques10, ne ha l'animo col– mo, è bello e tormentoso al tempo stes– so; e cosl 'ii dondolano senza dire parola e quasi come compiendo un rito, quanlo più piano possibile, perchè sia più solenne. Era più alln e più avanti negli anni di me, era nera di capelli ~d era bnma come una gaua n'.!ra; non so come si chiamasi-e t! di che 1w2.a fosse. Le mai.trai il mio rccinlo di schegge, ma non ~e ne dette per inteso, torse non capì eh•; 1 quei chicchi erano le ,mc galline; mi dispiacque terri– bilmente e dn allora il recinto cessò di divertim1i. Quindi ac~hiappò il micino del vicino e se lo strinse al pelto, con spa– vento e :::on gli occhi sbarrati; e da un pezzo di spago seppe intrecciare con le dita una s1cllina che sembrava un atto di ma– gia. 11 ragazzo non rcsi'itc ad amare siste– maticamente, l'amore è un sentimento trop– po grave e tormentoso: di tanto in lanto occorre alleagerirlo facl!ndolo divcutare puro camer:itismo. I ragazzi mi deridevano che f-acevo comunella co:i le ragazzine. era al disotto della loro dignità; sopportai ciò con tenacia, ma l'abisso fra me e loro s'allargò. Una volta lei graffiò il figlio del sellaio: succe'ise una zuffa, ma int>o!rvenne il figlio dell'imbianchino che stringendo i denti con disprezzo disse: • Lasciat:!la. non vcdelc che è una bambina!•· E sputò alla maniera dei iarzoni. ,\llora se m'avesse fallo un (;enno, sarei co1-s~ dietro a lui invece che correre apprcs5o a quella cozza nera; ma mi voltò le spalle conducendo la sua banda verso nuovi succ~ssi. Ero fuori di mc dall'offesa e dalla gelosia. • on ere- Ungrande romanzierececo K AREL Capek, non è soltanto il romau– ziue più importante del suo tempo (l'c elitre deu.r. guerres •J ma a11che il più grmule prosatore ceco. Dopo q11alche rt1cco/ta di 11ovcl/e, che pur essendo come saggi preparatori sono J.?iàmollo 11otevoli, 1 egli scrisse i Calvari ( 1917) e S1orie dolorose e credo di 2verr:e sofferto. Conta poco che I la guardia loeaie salu1a, 1 a mio padre, men- (1921 ), romanzi cmde/i ed ironici dai quali traspare ww visio11e del mondo tragica– meme pessimista, ma ne/lo stesso temvo 'J tre non salutav:i. mai l'imbianchino. Quan- do mio padrn indossava il lungo cappotto nero. per and2.re al consiglio comunale, mi afferravo :i.I suo grosso dito e pr<!lende,•o di fare gli stessi lunghi passi come lui: ve- ' dcte. raga1.zi , che s1gno!·e è mio padre - ad- 1 dirittura alla le!.ta della resurrezione 1 >ona un'asta dei cicli sulla testa del p:i.rroco e la sera prima àcl suo onomastico i suona- • tori del luogo vengono a suona1·e in suo onore. Il babbo sta sull:i. soglia, s1a,•olta senza gremOiule, e acce1ta dignitosamente la cclebr.izbnc della su::t festa. E io. ine– briato dal tormento dell'orgoglio, osscn,o _ i compap:ni che ascoltan-.:>con zelo, con i brividi dietro la schiena, vivo questo giorno · colmo di glo11;1 terrena e toçco papà con la mano. affinché ciascuno \'eda cho! gli appartengo. 11 giomo dopo i raga1.z1 già · non volevano più saperne della mia gloria; ero di nuo,·o colui eh.! non eccelleva in nul– la e che nessuno ,,o]eva ascollarc, a meno che non li invitcsse a dondolarsi sulla ta– ,,qla nei mio cortile. E apoosL'l no. piuttosto mi dondolerò da solo: e per dispiacere e ostinazioni:: mi ficcai in testa di eccellere ) • almeno a scuola. La scuolJ è ancora un moni..lo affatto di– ,·erso. I ragaui non vi si distin2uouo se– condo i propri padri, hcnsì in base ai prn- · pii nomi: non sono più indicati così: quel- - lo è il figlio del ,·etraìo, quell'altro è il figlio del ..::alzolaio, m::t perché uno ~i chia- -~ ma Adam:!c e un altro 13::r:i.n.Per 11 mar- i ,-::·J: _ .._ macchio d.::I falegname fu una scossa a cui .~ • =-"•· per lungo tempo non poté abituarsi. Fino ' " ._ad allora ap1lartcneva alla famigli~, alla bottega, alla casa e al .sl!o gruppo d1 com: pagni; adesso era ternb1lm~nte solo tra 1 quaranta marmocchi. che in maggior parte non conosce\",\ e coi quali non aveva nes– sun mondo in comune. Se con lui si fossero sedu1i il 1,al-)bo o la mamma, oppure al– meno ìl garzone Franz, opoure anche il lriste e lungo signor Màrlinck, sarebbe sta– ta un'altra cosa; li av"ebbe tenuti per la punta della loro giacca e non avrebbe per- '" duto quella aipendenza col proprio mondo; li avrebbe scn1it1 dietro di sé come una spe– cie di difesa. Sar1;bbe scopp1:1to a piangere, ma tcmcv.1 che gli altri lo deridessero. Non fece mai tutt'uno con la sua classe, Gli alu; diven1arono compagni in breve 1empo e si dM•ano colpi di gomito sotto i banchi cd ernno alle~ri: essi non ave, 1 ano a casa la bortcga di falegname né il recin– to di schegce cosparso di segatura, ne il forzuto Franz, né il signor Martinek: non a,•evano null.:t di cui sentir noslalgia. li . una pietà discreta ed una specie di sim– patia \ 1 erso le cose umili e. quotidiane. E' quill(/i la volta del dramma utopistico Rossums's Univcrsal Rotobots (1921) che rag– gi1111se ,m successo mondiale iniz,iando w1a serie d'opue ft1ce111iil progresso del t1U1- 11ismo e del materialismo moderno: l 1 ,le/le sue novelle Capek aveva ,sfr1111ato la tecnica ~ detective stories • ùz modo ori– ginale; q11iinvece si sente chiara l'i11{111e11za del ci11e111a. Ma il ronumziere. giunto a que– sto mome11to ha il coraggio di abbandonare 1111amaniera che gli aveva guadagnato la celebrità; e i saggi, le 11011cl/c, le. 1111pres– sio11i di viaggio e. le co1111ersazio11i di Ma– saryk che pubblica a partire dal 1926 si distinguo110 per la lorq semr,licità, ver una iro11i~dolce e ,ma umanità profonda. Egli raggumge l'apogeo dei suoi mezzi espressivi cou la Trilogia · di cui per la prima volta diamo qui la traduzione in lingua italia11a sotro il titolo di • Hordubal ed pltri ». rai la vite, adesso vedrete! Mi usci,·ono le lacrime dai:li occhi, ecco, adesso mi fa ma– le come a lui; gli faccio ved~rc 10! $1rini.i ~~~•it~ri~ii~a p~t P/f' cioJ;~~~ g~rfs~ù;l'~;~~s~'. Mi trovarono svenuto nella bottega, con le dita schiacciate nella morsa: a tutt'oggi le ultime falangi delle dita della mano sini– stra sono stor;,iate. Adesso quella mano è secca e rugosa come un aniglio di tacchi– no, ma c'è ancora scritto su un rico)-– do - di cos.l propriament-:? Di un odio vendicativo di railazzo o di un'ardente amicizia? . ~,.,, ~-· •• ; 'f ' dcrc », minacciai. • se si fossero buttati a~dosso a noi, io gliele avrei date!». Ma lei lo stesso non capl: moslrò loro la lin– gua e fece proprio come se !O fossi sotto ia sua protez!one. C'erano le vacanze, e a volte stavamo assieme intere giornate; finchè a sera il signor Martinek la ~onduceva per mano alle baracche di tavole al di ià. del fiume. A volte non veniva, e io non sa(>CVO cosa fare dalla disperazione: m'arrampicavo con un librn in mano nel mio rifugio tra le tavole e facev-.:> finta di leggere. Di lontano si sentiva il fracasso dei ragazzi a cui non appartenevo più, e i tonfi delle rocce che saltavano in aria. Il signor Martinek si curvava, come per contm-e le tavole, e bo– fonchiava con compassione: • Come mai oggi non è venuta?•· Facevo fìnta di non sentire e di leggere con molto accanimen– to; ma sentivo qu :i.si con delizia come mi sanguinava il cuore e il ·signor Ma:rtinek lo sapeva. Una \10lta non resistetti più e mi mossi a cercarla; fu una terribile av– \'entura; dovclli attrav<!rsare una passe– rella sul fiume, che quel giorno mi pan•e terribile e impetuoso come non ma1. li cuore mi batteva forte in petto e come in sogno mi 1ecai alle barncche, che mi sembrarono abbandonate; solo la grassa donna della canlina sbraitava e una donna in camicia e gonna appende,•a la bianche- 1ia, sbadigli::mdo mmorosamente come un cagnaccio di macellaio. La raia1.Zif!a nera J.itava seduta su una ca3sctta dmanz1 a una baracca e cuciva alcuni cenci, ammiccando con le lun~he ciglia e tenendo fuori la ~un– ,a della lingua per la troppa attenzione che ci mcttev::t. Senza troppe cerimonie mi fece posto accanlo a sé e nella sua lingua s1ramem cominciò a raccontare rapida– mente, maf,!:nilicam:!nl'!. Prima non avevo mai avuto la sensazione di essere così tcr- 1ibilmente lont3no da casa; come se quello fosse un altro mondo, come se non do– \'CSSÌ più far ritorno a -:asa: fu una scnsa• zione dispera:., cd eroica. Mi mise il suo braccio sollile, nudo intorno al collo e a lungo, umid:imente C con solletico mi sus– i.urrava nell'orecchio; for3e nella sua ling:u-a mi diceva che mi ,•oleva bene, e io ero felice da mo1ire. Mi mostrò l'intemo della baracc.i, dove evidentemente viveva: era bruciat.1 rial sole fino a essere soffocante e puàava come un C;lniJe: app-:!~Oa un chio– do c'era un rappotto da uomo, per terra degli stràcc1 e ~lcune ca5:se al. pasto. de~ mobilio. Era buio là, e I suoi occhi m1 fissavano CO.il vicmi e cosl belli che mi "cniva da piangere, non so pcrchè: per amore. per impotenza o per l'orrore. Si sedette su una cassa, le ginocchia sollo il mento, sussurrò qualco<;a come un.a can– zoncina guardan<.lomi fisso ooi larghi occhi: era come se m'incantasse. JI ,,cnto spinse la porta, e a un tratto fu buio completo; era terribile, il cuore m'arrivava in g.-,la,non so cosa succederà adesso; sentii un piccolo fruscio nell'oscurità e la porta s'ap,·i, ella i.ta \'a con1roluce e guan:lava fuori, immo– bile. Quindi '-i sentl nuovamente tuon:il:! la spaccatura del pendio, e lei ripeté: • Bum •· lmprovvis11mcntc dh~entò ancora allegra n1ostra.ndom1 cosa sapesse fare con le cor– dicine; chissà perché n'.!i ;-uici confron!i cominciò a coJmportarsi come una mammi– na o come una piccola balia; mi prese ad– dirillura oer mano e vol~va condurmi a casa come se fossi un bambino. Mi liberai con forza dalla sua m'\no e LOmincia1 a fi– schiare quan:o più fone potevo, pcrchC vedesse che 1ipo ero; mi fermai addirittura sulla passerella e sputai nell'acqua, e ciò per farle vedere che ero grande e non avc\10 paura di niente. A casa mi domandarono clave ero andato vagando; ;ncntii e, seb– bene mentis:;i spesso e facilmenlc come ogni bambino, senui che quella volta la mia bugia era piì1 1:;ravc e più i:randc: pere-io la dissi tropp".>pr<'cipilosamcnte e con foga - mi mer::wi1:dioche non se n'accorsero. TI giorno dopo arrivò come se nulla fosse e 1cntò di fischiare con le labbra 1utonde: gliel'aveva insegnato io, conc,xlendole con sacrificio un pC?.zodella mia superiorità: la amicizia C una g1-ande co,;a. Quindi il mio viaggio alla sua barace,1 m'era facililalo; ci fischiavamo già cli lontano. ciò che dove\'a poi enormcmcn1e ra!Tor.r.:ire la nostra ami– cizia. Ci arr:impicavamo con le unglue sul pendio, di Jove si pot~va veder lavorare i terrazzien; lei si riscaldava wlle pietre al sole come una serpe, mentre io osservavo i tetti della citt:idina e la c~pola a cipolla della chiesa. Com'è distante! Là dove si vede quel tetto incollato, c'è la bottega di fale– gname; il babho sbuffa e prende delle mi– sure sulle tav.:>lc, il signor Martinck tossi– sce e la m3.mma sulla soglia voha la testa d1 qua e di I,\: dov'è andato a finire un'altra volta quel ra)1a1.zoindiavolato? Qua, in nes– sun posto, io sono nascoslo; qui :.,u questo pendlo assolato, dove fioriscono il· verbasco do;o/eb~~~~~a~~:jo~fc~l~u~ ~~~p~Ì~a l~P~f~:~ mite e dove è tutta un'altra cosa. Qui -è un luogo così misterioso: di dove si può veder tutto e nessuno puo ·vedere sin qua. E laggiù hanno pià messo le rotaie e tra– spartano la pietra e l'arg:illn nelle ceste: uno salta ~ul c-arrello e va solo 'iullc ro– , taic, lo vorrei fare ancCl'io, e sulla testa vorrei un turbante di f:.w.zolctto rosso cosi. E abitare in una baracca di tavole, il signor Martinck me la farebbe. La raga1.zina nera mi guarda liss-.:>, è stupido che non posso dirle nienlc. Tenlai di parlarle in una lingua sc~reta: • Javra tivri njevrezovro povro– vnm •, ma non capiva neanche questo. Non resta altro che mostr.trci la lingua l'un'o con l'altro e farsi le smorfie pili terribili, pcrchè cosl sia espresso l'ac.::ordo dei pcn– sied. Oppure lanciare assieme le pietre. In questo momento è la \!Olla delle lingue; la sua è .1gi1e e sottile come un serpente 1usso; la lingua è proprio una cosa Slrana. da vicino pare fatta di tante palline rosa. Laggiù si gdda, ma là si grida sempre. E chi resiste a guardar di pili negli occhi? Strano, i suoi occhi sembrano neri, ma da vicino hanno in sé delle cose verdi e d'oro; e quella testina al ccnlro, quello ,sono io. E improvvisamente i suoi occhi si spalan– carono come per uno soavento, saltò su, iridò qualcosa e corse più per il pendio. Giù lung.-, il tracciato un nugolo di per– sone rotolava verso la cantina. Dietro a loro erano rimasti -r;olo i picchi sparsi qua e là. KAREL CIAPEK (da .., Horduba! ed altri,. di imminente pub– blicazione presso le edizioni S1lva - J\If/anoJ ALLJE ORIGINI DEL Pag. 5 GIOVANNI STRADONE: • Glo collere subacqueo•• vei-de scuro e nero A\. H '][' lf § '][' ][ ] '][' A\. IL J[ a N Il * Le lito;:raf ie di Stradone tH GIA1~Flf,IPPO CARCA,H) In Italia, ue/ secolo scor– so, poche fui-0110 te Urogra– fie d'arte: dalle illmtraz.ioni dei e Promessi Sposi • ese– guite dal Pi11elli,al e Ritrailo di A. Cano"a • di Paolo Gu– g/ielmi, dal • Teatro di i\far– cello • di G. Fossati al/'• Au– lOritrat10 • tli Francesco /-layez., ancora da w1 • Ri– tratlo di A. Canova• di Giu– seppe Cornieuti alla riprod11- z.io11edel quadro di Augusto Cendron •l..cs Willb• ad ope– ra di Michele Fanali. E se all'inizio del nostro secolo è Francesco Vitalini a imporsi co,i le sue sognanti vedute a colori delle Alpi ricche di sole e di neve, in epoca a noi più vicina rag– giu,igono felici risultati, fra gli altri, Ercole Dogliani, Giovanni Minguz.zi, il Cisari, lo stesso Carbonati con le ~~~,c~i;ai:e1ft'Jf ~~o~f~ic•t11~ Boe110 e Giovanni Guerrini. Ma la litografia Ila al/rat– to anche i più famosi pittori contemporanei, i quali pare si siano divertiti a lasciare traccie della toro arte i111111 modo che fosse più accessi– bile ai meno abbiemi. Così B01111ard, Pissarro, Renoir, Rouault, Utrillo, Vlaminck, De Pisis, Salietli; e fra i vi- 1·e11ti, Camvigli, De Chirico. Braque, Matisse., ciascuno di essi inconfondibili ne.i loro soggetti preferiti: le donne, i cavalli, gli uccelli. i 1111di /am111i11ili. Ed inoltre Mino Maccari, Omiccioli, Purifica– to, Levi: e Picasso e Chaga/1 e Salva/or Dali, fastosamente pleonastico in quel suo e St. Jacques rie Com pastelle•· E I fra gli scultori: u.n. Marini, 1111Greco, 1111 Faz;.1111. L'artista d'oggi che si in- NOSTRO * suisca nel linguaggio lito– grafico - ed è anche il ca.so di Giovanni Stradone - non può essere allrallo, come il– lustri predecessori del passa– to, dalla curio.sità della ri– cuca storica o documentaria. Personalità spiccata di pitro– re, Stradone., avpunto perché integralmente volto ad una :1~~e~~~;z.:e s~~~~f'c1ti T;~~= ticolari • mauicre • pittori– che, è dotato di una origina– lità che. è sempre con.se.guen– ::a più che causa determi– nante della sua opera: e ne.I– la litografia sembra trovare gll eleme,ui di uu alfabeto ricco di poetica sugge.stione. Quella cattivante incorpo– reità, che nei suoi quadri affida le forz.e compositi1•e a/le risorse del colore, e che pure .scaturisce da un dise– gno in w, certo senso clas– sicamente comresso alla lo– gica dell'ispirai.ione, rimane la nota dominante delle sue litografie, che, sia pure nel fascino di w1 segno grafico quasi primordiale., si elevano quasi alla fastosa ricclre;,;:a dell'affresco. Ci riferiamo na- ~~,~~~e~J,~ ~¼~st 10 §;:fdo,1: ricrea su nuovi impianti cro– matici, Jactndo ditiagart, con la dovizia del buongustaio, uno stesso motivo, per così dire, attraverso sapori diversi. E' il caso, ad esempio, del e Giocoliere subacqueo•, che. nella prima versione, in pro- 1'ad'autore., Stradone ha sen– tito itt w1 tono di ,•ude scuro sopra un fondo ttero e e/re, succe.ssivamente., si è ri– proposto in 1111'antinomiadi t•c.rde cupo ed argento. E se, analiz.z.ando le opere di Stradone, ci sembra irri- le,•ante soffumarsi sulle tec– niche., cercare di ir.dividwlre un e modo•, non e mvece po.s.ribileprescindere da quel– la gioiosa e se1·era insieme e puntuale calibratura che e t.n lui, fra la re.alta corporea ed il fantasma poetiCXJ.E' que– sta la sua dote precipua, la sua qualità distintn-a e de– tenninante. Cosi non e ne– cessario indagare. a quale. realta contingente .si ncolle– ghino i suoi ormai celebri personaggi da circo che haJt– no distmtto l'estetica confor– mistica del pagliaccio tradi– zionale, per dare un ru,01·0 e incantevole peso di w,umità a tanti individui di quel mon– do ru110 particolare, magico e fiabesco; rumovato segno della putttualità con la qua– le l'artista aderisce al fa.sci– no di determinate sue i.spi– ra;:ioni, conroletamcnte libero da preconcetti estetici, e per– ciò autentico interprete di motivi poetici viventi e ,•is– suti. Si ossen•i così: • La bella ~icl p~~~:ia li!rf:af:ce~t~ 01 f\f Biennale dell'lndsione. Italia– na Contemporanea di l'ene– ::ia: un soffio di aure.mica ,•,:tia poe.rica, w1 inrio alla ,·ita, ironico e. mordace. a,,– l'Olto in w1 armonico i·erde, colore elle ha il po_tere di isolare le immaguu come salto una sfera di cri.stallo. Il e Banditore del circo,, altra composi::ione litografica giocata su due colori, aran· eia chiaro e rosso, pur non rinunciando ad ima C01tie– nita puntiglio.sità sallr!ca, riesce ad essere., 11elsuo rn– sieme, ancli"e.ssa colma di un fervido, umorfstico e pathos•· NOVECENTO ~~ 'i.I -.f. figlio del fal-:gname sedev:i. sconcertato e Ì!' { con la gola serra1.1 nel fonnico\io dcli~ classe. 11 maestro .ci sì soffermò. • Tu sci un raganino buono e tranquillo•. disse ii– conoscente. 11 marmocchio diventò rosso e gli vennero agli occhi lacrime. di fclicilà fino ad allora sconosciut'.l. Da allora nella scuola divenl.~ il ragaz"?ine>!>uono e tr::tn- - quillo. cos.1 dh!, si compr.:-n~e. lo. di,•idc,•a ... ,. {~ pjù profondamente da q.u-.:gh altn. . ,<, • gn1nfca ne~~aco~~a u~~I ~;~~};: 11 : ~~~d~ 01 ;.s:~: 1 ricnza: qui per la pnma. vo!t_a. il fonc1l!llo si scontra con l'ordine. gcrar=ntco della v1l~– Fino a quel tempo, è ,·ero, de';e. ascoltare .chiunque; la mamma dà ord1m, m_a la mamma è nostra, e mam1:1a sia QUI per cucinare, e la mamma bac!a pure e acca– rezza: a volte il babbo s1. corruccia, m.a altre volte può arrampicarsi sulle sue gi– nocchia oppure affcrr.irs~ al suo g_rosso , dito. Alire persone grandi a volte gn~an~ A qucll'epoc.1 accadde che la strada fer– rata ani,•o alla nostra cittadina. Già da tempo veni,,a costruita, ma ora era pro– p1io vicino; anche nel cortilctlo del lalc– gnamcsi pote\oascn1irecom: facevanosal– tare le pielre sui poggi. C'erano divieti tas– sativi, noi ragazzi non dovevamo andarci. sia perché facevano scoopiare la dinamite, ~ sia pcrch~ c'cnino st1":lne persone di tutti i colori; il diavolo creda .1 quella canaglia, si diceva. La prima volta mi ci condusse mio padre, così vidi come si costruisce la fer– rovia. Mi trovo convulsamcn1c str.:::110 al suo dito, avevo paura di ..;quella gente•; abitavano in ba1acche di tavole, tra l'una e l'altra erano tese ci.elle corde d.1 cui pen– deva la binnchea-i::i strnppata, e la ,baracca pii1 grande era la canlma con una donna cattiva e tutta vescich•!. che sist~matica– mente impre:::ava. Uomini seminudi sc:wa– vano lungo il tracciato con i picchi in ma– no; gridav.1no qualcosa al babbo, ma que– sti non rispondeva. Poi c'era. là uno con una bandicrimt rossa in mano. • Ecco vedi, qui si farà il botto•• disse il babbo, e io mi afferrai a lui ancora più convulsamente. • Non a, 1 er paura, sto q•Ja io •, dice papà con sicurezza, e io sent~, sospirando beato, come lui sia !orte e potente; niente può succedere là dove c'è lui. Una \'Olta una rngazzina tutta cenciosa si fermò presso la pali1.zata ci.elht nostra bottega, ficcò il uaso :ra le pannocchie e farfugliò qualche cosa. • Cosa sta dicen- Una rivista rarissima: ~~IlCommento,, oppure lanciano inveuiv~. ma. non g}1 si dà troppo retta e si scappa. via.- 11 st~nor maeslro è un'altra faccenda; 11Slinor. n_1ae– stro è qui per nprendcre e dar ordm1. E , ,· 'Si non puoi fuggir via e nasconderti in qual– che posto. devi solo diventar rosso e. spa– -· - vcntarti della propria vergogna: E mai non 1~.\ }:a:ri:~ic~[ ssi~ledi~~ep~fu°~~~~'dt~~P~;!~ sta sempre su di te, irr.iggiungibile e in: toccabile. E il signor ;,ar:-oco, ancora d! più; quando t'accarezza la testa, non sei solo accarc1.zato, ma decorato e elevato al -:,tl f1r: 0 ~rc~J ~ 1 1\tt~c~ 1 ~i a~~rii{ ~i ~stic~ 1 11.nt ~~ ~i G!..:o riconoscenza e d'orgoglio. Fmo ad allora il marmocchio oYeva avut~ il proprio. '"!1on: do e intorno a lui c'er.i una quant1ta dt mondi chi~si, msiteriosi: quello d~l for.– naio del m:irmista e que!li dcgh al1r1. Ad~so il mondo intero si dispone. in dut: gradi: in un,) c'è il mondo supei:,or~. d1 cui fanno p:irte il signor macs!ro, 11signor parroco e quindi ancora q_uelh che po~so– no parlare con loro: il s1gnc_>r f~m:i,ac1sta e il dottor.! e il notaio e . il g1!-1d1~c:e quindi qu.:l mondo comune, m cm. s1. tro– vano i padri coi loro figli.. I pa~n ,•n:ono nelle bott~ghe e .nei negozi e s affacciano appena sull::t sogha, come se <.lovcssero sta– re sempre .11tacca1i alle prop:,c cose; quel– li del mondo superiore si trovano_ ip "'!e1:7.o alfa pia1.1.a,si s-alutano con gr:rnd1 mchmi e . si fermano a parlare op;,ure fanno un pez– d~ '~.- zo di strada ..:ssieme. E per loro nella l~t– --- - toria della pia1.za c'è un tavolo apparccch1a– .. ..,,.__ to con tovaglia bianc_a, m~ntre le altre b~~a~~~i~~~/ u!c:h:~. ro;~ :o~~e; q~~'ìì; ti;J• 11°,in~~~ò cJ~-a~Ott~aca~~fv~ri~nas~~~i tando a farfu~fotrc. Qumdi Franz chiamò il babbo. JI quale s'appoggiò alla paliz– zata e disse: e Piccola, cosa vuoi •? La pic– cola ripeté quel che diceva :mcora più in fre1ta .• lo non ti capisc-:> l>, disse il babbo con gravi1à, "chissà cli che razza sarai. Aspclla qua • ! E chiamò la_:nnmma. • Gua~: da che occhi ha questa ~1mh:.t». Aveva r:11 occhi grandi, neri CO';}ci3:lia lunghissime. • Che bella 11, sospirò mamma meravigliata. • Vuoi mangiare•? La bimba niente, solo guardava con quegli occhi. La mamma le portò un pezzo di pane imburrato, ma la piccola scuoté il capo. • Forse sarà italiana o ungherese•. fece papà con incertezza. • Oppure romena. Chissà cosa .vorrà•· E se ne andò oer i fatti propri. E allora il si– gnor Mariine!C tirò fuori di tasca una mo– neta da venti centesimi e la poi-se alla bimba senza dir parol:i. Il giorno dopo, ritornando dalla s_cuola, vidi che stava sedu1a sulla nostra pahzzata. • E' venuta da tè•• disse Franz ridendo, e io mi imbronci::ti serh1men1e; non la curai proprio. benché pescasse in chi sa cosa, forse do,•cva essere una tasca. lo scintil– lante ,·cntino, e se lo guard'.lva, per fa.rme– lo notare. Sul mucchio di assi voltai una tavola di traverso, -perché fosse un'altalena, e m'installai su una delle estremità; che mi importa se l'altra pu.nrn' tocca i_lciclo; voltai le spalle a tutto il mon~o, 1mbr~:>n– ciato e in certo modo corru.'.:.c1ato. E im– provvisamente la tavola con me sopra co– minciò a vacillare salendo in aho; non guardai affatto, ma f'.ui invaso da una in– dicibile feli:::1rà, quasi dolorosa. La tavola mi dondolò in alto, felice tanto da farmi venire il capogiro; mi piegai rer far peso dalla mia pa1 te suU'altalena ."= toccar terra, l'altra cstr-mità rispose facilmente e leg– germente ci stava seduta la ragazzina a gambe Ja'rgbc e non di~va !'icnte, si dor1;– dola in silenzio e con solennità, all'estrem1~ I L COMMENTO: rivista rara, ultra-rara. Ne uscl solo un numero: il pri– mo (16 febbraio 1908). Stam– pala a Milano dalla Stampe– ria Editrice Lombarda di L. Mondaini (Via Tadina 47). Quallro pagine (cm. 34,::24). Gercnle responsabile: Amos Mantegazza. Articoli brevissimi: 20, 30 righe. Critiche, denunce. To– ni un po' spavaldi (gli in– chiostri di Papini - Prezzoli– ni - Soffici: un "articoletto" è anche di Alessandro Casa– ti, e nello stemmato cala– maio si trafuse una goccia di "acidi" degli amici toscani). Toni che preannunciano cer– ti umori clamorosi della futu– ra !Acerba. Non figura il nome del di– rettore né dei collaboratori; mà si sa che era diretto e scritto da Giovanni Papini (che in quei giorni s'era fat– to crescere "due lunghi b:i(– h Wla celta": due baffi bri– nati dai rigidi mattini mila– r,esi), da Giuseppe Prezzo– lini e da Ardengo Soffici (ap– pena ri1omato da Parigi con una grande smania di ''rin– novare•• di "ringiovanire''); consigliere: Alessandro Ca– sati. 11 primo numero fu an• che l'ultimo: il clima (non sono quello mc1eorologico) non si addiceva ai tre tosca– ni. Specialmenle Papini e Soffici sospiravano i quieti orti e i bei cipressi della loro Firenze. Per i futuri animatori de la Voce (nascuà in sul fi– nire di quell'anno) erano giorni molto inquieti. La morte del Leonardo li aveva 1.!sciati. insoddislatti e no– stal~ici di nuove "avventure". Da M.ilano Giovanni Papini scrisse a Prc:a.olini (22 gen– naio 1908): "'Caro Giulia– no, hai il coraggio di dire che l'eccesso di pessimismo è passato? Mi pare che tu sia proplio al colmo dell'ecces– so. La sfidu::fa è in te origi– naria: ricordi una nostra conversazione nei Viali verso Porta alla Croce nell'autun– no del 1899? Fu allora ch'io dovei ti combattere per la prima volta la :ua non-fede in 1e stesso. Poco dopo co– minciasti a lavorare, forse io sono colpevole di averti se– dotto e di averti portato e aiutato a produrre, Ma puoi dire veramente che questa sfiducia sia giustificata? ·In Italia tu sei "qualcuno" e non si polrit far la stòria spirituale degli ultimi anni $Cnza parlare della tua atti– ,·ità. La malinconia non è ostile alla fecondità, ricor– di il terribile periodo mo– nacheso di Hebbcl? Le sue più grandi cose le ha fatte dopo e a più di trent'anni. D'altra parte il rammaricar– si dei pochi effetti dell'azio– ne somiglia ai lamenti dei * di CARLO ltIAR'l'INI filant~pi sulla .mancanza di riconoscenza. Bisogna fare anche poco, ;::,erl'azione, con fede ma senza dimenticarsi che anche l'agire (nel mo– do nostro) è in fondo un pensare, e perciò capace di soddisfarci di per sé. Cosa dovrei dire io, del resto, che mi son messo innanzi più ci.i te e ora sono nulla 1?iì1 di un povero giornalista nn– chiuso in una camera mobi– liata di Milano, e senza gran– di speranze per l'avvenire•· L'ozio obbligatorio Vogliamo leggere, gua e là, nei quattro foglietti Pi questa rarissima, ormai in– lrovabile, rivista? L'.articolo di tendo fu de– dicalo a L'ozio obbligatorio. • Gli italiani, non sapendo imjtare gli inglesi nelle cose saggic, si coat:ntano dì se– guirne le pedate nelle cose slupide.. Domenica scorsa ab– biamo avu!o in Italia la pii– ma domenica inglese - non ancora perfetta ma già ab– bastanza noiosa. Tutti quelli che lavorano ~ meno colo– ro incaricati di far ridere, piangere e ubnacare i loro ~imili - sono condannati a un riposo ininterrotto di ven– tiquattro ore. La tendenza. al– la pigrizia periodica, ch'era già abbastanu robusta nel– l'anima italiana, viene inal– zata al grado <li legae. Una signora napoletana - certa Matilde Serao - ha calco– lato che a questa mani:!ra i n.'.lpoletan~avranno ogni anno novanta gi'.:>mi di festa e riconosce che sono un po' troppi. Un economista un po' bislacco - Giovanni Ru– kin - sosteneva che il la– ,·oro è un oggetto di lusso . La sobria Italia vuol fare economia anche di questo e preferisce l'economica fan– \nullonaggine ecc. ecc.». Ma a noi interessano di più gli "articoli" che riguardano notizie e costumi letterari. Vediamo Cli ultimi sospiri delle Riviste. e Da qualche tempo le riviste italiane son vittime di un misteriosa pe– ~tilenza che una dopo l'al– tra, improvvisamente, le ab– batte. L'anno scorso si spen– se a Firenze lo scarmigliato ùonardo col :idicolo prete– sto di esser troppo letto -: a1 primi di questo anno son morte, tencrameme abbrnc· date, le due gemelle roma– r.e Prose e Revue. du Nord. Anche gli Studi Religiosi di Firenze h9.noo sospeso le lo– ro pubblicazioni e dopo an– che il loro direttore, Don Minocchi, è stato sospeso. A Trieste è scompan;o per sem– pre l'ignorato Palve.se. e si hanno timori per la vita del Coenobium e della Nuova Pa– rola. Ma i negozianti di car– ta si rassicurino. Accanto ai ~i~-:~ti <jàe?~~~at~ i s~= na sono stati già stampati con lusso due numeri di una Vira d'Arte, pi~11a d'illustra– zioni e di l.>uonavolontà - a Rema è sorta una ccmtami- 11atio della Nuova Antologia e della vecchi;i Rassegna /nter- 11az.ionale :.otto il nome di Rasseina Contempora11ea - pure a Roma esce ora Nova et Vetua, furibondo attacca– brighe del modernismo prag– matista - a Milano un grup– peltino cli e,:-giovani monar– chici sta preparando un 1;– .suscitamento cii Critica e Azione ed esce ora il Com– mento il quale sarà miij'.liore di tutti gli altri per la stessa ragione che i!Don Chisciorte era ,per Montesquieu, il mi– glicrc d!i libri spagnuoli es• sendo quello che canzonava tutti gli altri•- Onoranze a Corazzini Protesta per un tardivo ri– conoscimento a Sergio Co– razrlni: Onoranze a Sergio Corau.ini. -: Problema non aritmetico, ma facile a risol– versi. D'lta la popolazione intcllcttuate di Roma .:: la ~anti q~3;!~~•fra ~fg:C,dc~h~ 1omualdeag:cranno e domc– nicoliveij'.geranno in un teatro pubblico intorno al "poeta bianco", che hanno: l) nella loro qualità di àirettorì, n– fiu1ato le pag:ine dei loro fog:li e n,,iste alla sua pro– sa e ai suoi ,,e1!=i; 2) nella loro qualì~à di inquilini d'Aragno sorriso di lui e del– la sua scm;,lici1à; 3) nei lo– ro discorsi, scritti. azioni, sputato, parecchie volte in un giomo, sui suoi ideali; 4) e come facenti parte dei clans letterari, turibola10 agli icioli che egli aveva calpe– stato; 5) e come lctton. nu– trito l'animo di tutte le ri– sciacquature e vomitature che ca:H odiava; 6) e come pcttea,oli e amici di pettegoli, udito magari su loro il suo biasimo, che c:-a spesso \lec– mcnte e forcu.:o •· Un ai.usto riconoscimento al ~~~~s;oina~~ti~~z=t:r~~ N~~ S:rtppi~o quanto siano. im– portanu e mtercssanu I pa– piri rreci che il prof. Vitelli comprò tre o quattro anni or sono in Egilto, ma siamo meravigliati e soddisfatissi– mi che in Italia s:isian petulo trovare in poc.J tempo ven– tisettemila lire per lo ~cavo metodico di una reiionc ca:i?iana dove si spera tro– "are dei paoiri senza bisogno di comt='rarli dai librai arabi del Cairo. Qu~sto silfnifica (continu;-;- pa1. 6)

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