La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 17 - 23 aprile 1961

LAFIERA LETTERARI 'A·uuo XVI . N. 17 SETTIMANALE DELLE LETTERE DELLE ARTI E DELLE SCIENZE Domenica 23 aprile 1961 SI PUBBLICA LA DOMENICA * Fondalo da UMBEl{TO fl{ACCHLA * Diretto da DIEGO FAl:H31{1 QUESTO UMEHO L. 100 DIARIO DELL'APPARTATO * ''Nuovi argomenti,, vecchi equivoci e * cli GAETtliU} ~1nCA1\ 1 GEl~I Ovvero (tGiusti son quat– tro. ma non vi sono in– tesi l), secondo vede la lo– ro situazione Pier Paolo Pasolini. che è lui pure uno del gruppo. Saremo in arretrato. credo, perché mi riferisco al numero 46. settembre-ottobre 1960. di i< Nuovi Argomenti 1), la rivista bimestrale diretta da Moravia e Carocci. Ma qui non si tratta .certo di informare per cronologica rassegna; si tratta di re– gistrare qualche cosa che rientri nel quadro dt que– sta prospettiva appartata, di reagire. positivamente o negativamente a seconda. a qualche eco che ci giun– ga dal proscenio. da quel di qualcuno che potrebbe essere sospettato di potere rappresentare. oggi. quella parte negativa. se proprio si volesse forzare la pro· spettiva consacrata in que– sti ultimi tempi o decenni. E quello « stilismo puron ? Se la posizione attuale del gruppo corrisponde ancora a quella assunta per la durata della rivista « Offi– cina 1), ci pare di ricorda– re che i suddetti giovani ottennero il rispetto. la considerazione e l'ammira– zione dell'ufficialità critica e culturale del nostro pae– se; che ebbe per loro alte parole di riconoscimento e di incoraggiamento, come se attendesse da loro la giusta rivoluzione (lettera– ria). mentre il povero sot– toscritto. troppo impazien– te e insofferente di tutta quella letteratura e di quel gergo. non riusciva a ca– pire come un vero atto ri– voluzionario potesse ese– guirsi in tanta agghinda– tura. e sulla base di una selva di note. « allegati 1>, ecc. che potevano anche fare impallidire le acroba– zie della critica più erme– tica. Era come se degli obesi volessero darsi al– l'atletica leggera. E' curioso. ma. ()er stra– na fatalità, i più agitati (Contln~ pag. 2) Paul Léautaud In un disegno di A. Rouvcyrc Stanno imparando a conoscerci meglio * • A rito logie di poesia a,nericane Alla purtroppo breve e sparuta serie delle pubbli– cazioni antologiche anglo– americane sulla nostra poesia del Novecento oc– corre aggiungerne altre due. Con molto piacere. Appartengono all'ultimo biennio (segno che. Corse. si va sbloccando la dura situazione di misconosci– mento cosi a lungo pro– trattasi) e risultano pre– gevoli, oltre che per l'at– tenzione critica secondo la quale son regolate. anche per la distinzione tipogra– fica cui sono improntate. L'una C Life of a Man di Giuseppe Ungaretti. nel– la scelta e nella traduzio– ne (con testo a fronteY di Allen Mandelbaum, e re– ca l'insegna di tre editori italiana * di ENRICO FAl,Qlil (Hamilton di Londra. New Directions di New York. Scheiwiller di Milano) per concessione di un quarto (il Mondadori). ]v'Ia ad ap– prontare la stampa. con l'usata severa eleganza, e stata la Stamperia Valdo– nega in Verona, che al– l'uopo si e giovata in co– pertina anche di un inci– sivo ritratto eseguito da Roger Chastel al modo di una maschera cinese. più di ottanta copie l'og– gi introvabile opuscolo di La guerra (da noi ristam– pato, col gruppo P-L-M: 1914-1919, in Dernieri ;our&, nella collezione Opera pri– ma: Garzanti - Milano, 1947), chiedendo asilo nel– la tipografia dove si stam– pava il settimanale Sem– pre avanti per conto del nostro Corpo di spedizio– ne in Francia. al comando d e I generale Albricci. e C'est ici que l'on prend le bateau > si leggeva nel • rotondo cul-de-lampe: ed è di lì che il nostro poeta e andato sempre avanti. fino a risbarcare sul lido tirrenico d'Enea. punto dove. collocandosi. 1--------------------------------------------------- alcuni personaggi operanti Mediante una oculata se– lezione che dall' AUeg-ria (1919), attraverso Senti– memo del tempo 0933) e H dolore (1947), perviene a La terra promessa (1950), il volume vuol essere ed è un' antologia rappresentativa dell'intera produzione poetica unga– rettiana. e nel contempo si configura t:ome una spe– cie di sua ideale autobio– grafia in versi. Ne è c.:>n– Cerma il titolo, che ripete quello messo ad intesta– zione generale sopra cia– scun volume della raccol– ta in corso presso Monda– dori e che •è lo stesso già adoperato da Jean Chuze– ville per le due edizioni (Gallimard: 1939: Mer– mod: 1953) della sua scel– ta e traduzione francese. ... L'altra pubblicazione è anch· essa antologica e prende titolo da Wl'opera dello stesso Ungaretti: The Promised Land, and other poemi. Comprende quat– tro poeti: Saba, Ungaretti. Montale, Quasimodo (ma ben .avrebbe, conciliando critica storica e critica estetica. potuto estendere l'inclusione ad altro me– ritevole autore: sol che in~ formazione, equità e buon gusto non fossero in disac– cordo); scelti. tradotti (con testo a fronte) e introdot– ti da Sergio Pacifici, non– ché presentati da Henri Peyre, ambedue docenti neU' Università americana di Yale. Veramente, per essere esatti, alcune tra– duzioni sono state eseguite anche da altri studiosi: volenteroso Pacifici. Ed é nuova prova dell'interesse che anche la nostra poesia contemporanea comincia a suscitare negli intellettua– li anglo-americani, dopo tanta indifferenza e tra– scuraggine. Una decina di traduttori, alcuni dei qua– Li poeti. quanti son quelli, egregi e volontari, della presente antologia. costi– tuiscono una bella schie– ra. che vogliamo augurar– ci continuerà, debitamente sollecitata e nm'!ritata a recar sussidio. di là dalla Manica e dall'Oceano. alla conoscenza del Novecento poetico italiano, ma slar– gandone i termini ed au– mentandone g I i autori. Perché alla fine tra i quat.– tro ed oltre i quattro poe– ti cui si e ritenuto di do– ver restringere il campio– nario, ce ne sono anche altri che, a farli conoscere nella loro originalità. ci si guadagna culturalmente e non si corre alcun rischio di provocar confusione. Ma un po' dipende anche da noi. dalla nostra resisten– za a slargare il cerchio: e come per gli adulti e per gli anziani. cosi succede. ma con minore ingiusti– zia. anche per i giovani. l quali. fino a ieri, sembrava che. oltre un certo limite cronologico (quello, arbi– trario ma ingegnoso, della cosiddetta e Terza Genera– zione> poetica del '900), sembrava che neppure esi– stessero. se non che oggi, dopo il ncstro generoso Repertorio del '56-'57. stan– no invece per avere e stanno già per ottenere le loro schifiltose antologie. Tra giovani poeti e giova– ni critici sono in parecchi a sollecitarle. ad esigerle: e qualcuno già ci lavora. (Cfr. 1'1. Petrucciani, Poe– sia pura e poesia esi– stenziale: Loescher 1957: JL JB:: 1[' '][' JB::JR JB:: FJRA\.NCJB::§J[ * nella società letteraria pre– sumano di tracciare linee e bilanci. e di condizio– nare ... stavamo per dire la letteratura! Ma qui nasce lo scandalo. o fequivoco. Perché da un certo tem– po in qua. alcuni, stando e operando nel limite del– la parola letteraria: o. con– cediamo, poetica. preten– dono di esserne fuori. e-di determ..inare J'ambiente in tutt'altro senso; presumo– no di influire e di agire oltre quel limite. Ma non sarà per caso la letteratu– ra che. a furia di auto– contemplarsi. si è fatta prendere dal bisogno spa– simoso di mordersi la co– da? E di girare quindi fu– riosamente su se stessa? Tanto vero che Pasolini si lascia sfuggire che, dalla 11 posizione scomoda e do– lorosa >1 in cui i quattro (Leonetti PasoUni Paglia– rani Roversf) si agitano e si travagliano (ma Pasoli– ni dice ben di più, e as– sicura che <e ci si arrabbia– no. si angosciano. si mor– dono le dita, qualche volta. battono la testa contro il muro n). al colmo di tale esasperazione « gli vien vo– glia di tornare indietro. dì starsene pacificamente a fare dello stilismo puro ... Ma non possono più or– mai: la loro ideologia è irrever.sibile i1, Che cosa intendeva dire: che sono 'entati di t( tornare indie– tro i1 a ricalcare i propri passi. che un tempo essi muovevano sulla traccia dello << stilismo puro >1, o Léautaud e Martin dn Gard il burbero e il ;:entile Forse nessun periodo della storia delle grandi letterature europee è sta– to tanto commentato, de– scritto. esaminato in ogni suo aspetto quanto quello intercorso Ira le due guer– re in Francia. Di esso sap– piamo o possiamo sapere tutto anche senza averlo vjssuto da vicino senza avere conosciuto personal– mente i protagonisti. I dia– Ti gli epistolari .i ricordi. gli studi critici o biografi– ci, i sa~gi di ogni -genere sono numerosissimi. La lo– ro ricchezza ed abbon– danza è cominciata in realtà già avanti l'altra guerra essa risale ai primi anni del secolo. Da allora si può dire che sia con– tinuata ininterrotta. Il pe– riodo d'oro rimane tutta– via quello che grosso mo– do va dal 1,910 al 1,940.La straordinaria fioritura de– gli ingeg.ni più dive~i c_he: la Francia ebbe allora. gm– stifica il continuo ed atten– to ritorno a quegli anni in volumi autobiografici. sag– gi e diari. Il principe dei diaristi è * di GIACOJIO A1\'T01'111II Paul Léautaud. Altri: An– dré Gide, Julien Green, François Mauriac. Valery Larbaud. Henry de Mon– therlant. senza dfoÌentica– re il povero Charles du Bos eccessivamente prolis– so ed a volte anche un po' ridicolo ma non privo di qualità nei momenti mi– gliori -!lanno meriti diversi, mirano ad un esame di co– scienza o ad una ra(figu– razione del proprio mondo intellettuale. Paul Léau– taud invece pur senza tra– scurare elementi autobio– grafici. abbondanti anzi per certi periodi. ha chia– mato il suo diario Juornal Uttérnire proprio perché ha inteso in primo luogo ritrarre con esattezza l'am– biente letterario parigino nel quale viveva. La sua esistenza è stata lunga e per quasi sessant'anni fu dedicata esclusivamenle al– le lettere. Non meraviglia quindi che il suo diario. che esce postumo a cura di Marie Dormoy ammirevo– le di intelligenza e devo– zione al non sempre facile e comodo compito. sia al– quanto voluminoso rag– giungendo forse. i quindici tomi. Il • Jaurnal Litté-raire vente dj pateracef.li e di trugli. I giudizi espressi nel JournaL LittéraiTe so– no a volte sommari ed an– che magari jngiusti ma nessuno ha potuto mai mettere in dubbio la sua onestà cristallina, nessuno lo ha mai accusato di es– sere mosso da motivi spu– rii nel formularli. Il suo orizzonte era limitato, co-· me frequentazioni, come esperienze vissute ed an– che come letture. Questo si fa sentire molto nel diario. D'altra parte non bisogna cercarvi quello che non c'è perché non ha mai inteso di mettercelo. Paul Léautaud era fin troppo cosciente dei propri limiti. Non ha viaggiato e letto come Valery Larbaud. An– dré Gide. Julien Green. non ha avuto crisi religio– se di coscienza né grandi passoni amorose, né forti ambizioni. Il suo mondo era quello delle lettere francesi centrate attorno affinato poi con una lunga esperienza di uomo di vita ritirata. dedito con esclusi– va passione alle 1ettere, Maurice Martin du Gard scrive naturalmente male nè malgrado l'elaborazione è riuscito a correggere co– testo difetto ne Les Mémo– rables. Lo stile è scialbo trasandato a volte scorret– to tanto da destare mera– viglia che esso non sia sta– to più attentamente rive– duto prima della pubbli– cazione. A Maurlce Martin du Gard durante lunghi anni direttore de Les Nouvelles Littérai-res quando il setti– manale aveva a Parigi una importanza ed un'influen– za del tutto perduta dopo la fine dell'ultima e-uerra fa difetto pure la spregiu– dicatezza di Paul Léautaud. Malgrado mende che ne delimitano ia portataLes Mémorables rimane però anche nel secondo volume di un grande interesse per la conoscenza della vita letteraria francese nel pe- (Continua a pag. Z) Un giorno bisognerà scriverla la storia della fortuna (e della sfortuna) all'estero dei nostri poeti e si constaterà come ad Ungaretti. specialmente in Francia, non sia mai stata lesinata una posizione di primato. Cominciò - ri– cordate? - Pierre Jean Jouve, con gli Innt, nella Nouve1le Rev-ue Française dell'ottobre 1931; e son del '54 Le cinq livres nel e texte francais établi par I'Auter et Jean Lescure >, non senza alterazioni rese necessarie dal passaggio di lingua ma non mai taJi da non far ricantare nella memoria l'ineffabilità (c!r. De Robertis: Tempo iltu– st-rato, 27 maggio 1954> del testo originale. Per quanto sia anche da ricor– dare che, tre anni dopo Il porto sepolto, offertogli in omaggio durante la guer– ra dal e gentile Ettore Ser– ra> (ed è ormai palinse– sto ambitissimo). fu l'Un– garetti stesso. nel '19. ad allestire in Parigi e in non Mortimer Clapp, Bergin. Johnson, Weaver, Creigh– ton, Clynn Congley, En– glish. Merrill. Wall, pur sotto l'alto patronato del A pag. 3 Unaantologia essenziale della GIOVANE POESIA BELGA * A pag. 6 le « svedesi » di OTTONE ROSAI M. Costanzo, Studi per una antologia: Scbeiwiller, 1958). Tanto meglio. pur– ché non ci tocchi veder dei pulcinotti andar in giro con le penne del pavone. Le due scelte non deno– tano, naturalmente, sover– chia pungevolezza dal pun– to di vista critico. Ma nep– pure occorreva. bastando che soddisfacessero alle preferenze dei nuovi let– tori cui son destinate e più o meno ricalcando. dt– (Conun;-; paa. 2) :~=~dt::~~e ~~1if~~.~ ~o::= l---------------------1 (Mercure de France edit .. Paris) è giunto ora al to– mo nono che va dal mag– gio del 1931 all'ottobre del t,932. Si è in un periodo in cui Leautaud partecipava attivamente ancora alla vi– ta letteraria parigina e pur dichiarando di non voler conoscere nessuno rifiu– tandosi di frequentare i caffé i salotti ed i bar al– lora di mvda vedeva una quantità di gente ed era al correo te di tutto. Le annotazioni abbondano cen– trate sempre sul Mercure de flrance. rivista allora. ed ancora per qualche an– no fino alla morte di AJ– fred Vallette che ne fu il fondatore. abbastanza in– fluente nell'ambiente pa– rigino e molto letta al– l'estero anche se già sor· passata daUa Nouvelle Re– vue Française. Quello di AHred Vallette C con quel– lo del redattore capo lo svizzero Louis Dumur il nome che più spesso ricor– re nel.l'indice. Perché Paul Léautaud piuttosto critico e scettico di temperamento poco disposto a lasciarsi impressionare da chicches– sia dava al Mercu-re de F-rance un'importanza che sorprende in un uomo co– me lui. La forte emozione avuta quando giovanissimo venne ammesso in quel santuario delle lettere di accesso alquanto difficile che il Mereure de France era nell'ultima decade del secolo scorso gli rimase per tutta la vita. al sesto circondario di Pa- ,----------------------------------------- rigi fra Saint-Sulpice e zioni pmona1i. ma per SUL TEATRO !TALTANO ALL'ESTERO ~;t~i. p~~izi°:I~ro ch~o~en1~ * ::7d~::~o ~~,'~;l~zz:rsi 0 r~ - Una conversazione d Fabbri riassestarsi sulle fonda- menta del vecchio mondo , A t • t [ tt • e~~~~;:"ii1J~~rii•~:i:didi~ su ' uor I e ra h Il ,O l'I ,, espungerU come c or p i estranei (si legga l' e Os– servatore della Domeni– ca >1 ... ). Ed è quindi uma– no che essi in qualche mo– mento tremino. O rimpian– gano gli ozi del poeta ita– liano». A prender la cosa sul tragico. ci sarebbe da ver– gognarsi a non essere dei quattro. Confesso tuttavia che non conosco le allu– sioni. o minacce che siano. de ((L·osservatore della Domenica 1>; e per il mo– mento non riesco a pre– vedere come quei giovani scrittori avranno a subire le conseguenze del pro· prio impegno rischioso e totale. Ma il discorso di Pasolini sembra riferirsi non tanto a provvedimenti politici verso la loro ere– sia. ma piuttosto ad una situazione civile e morale che implichi 1utta la so– cietà intorno a loro: e tutto intorno a loro tende a nor– malizzarsi. a riassestarsi ecc. >1. Quindi è l'intera so– cietà italiana. affogata in ogni conformismo. che ,, espungerà ), da sé. per espulsione naturale e mec– canica. quei quattro << cor– pi estranei "· Già. gli II ozi del poeta italiano,,! Ma chi saran– no mai. quegli oziosi? Dei viventi. o gU antichi arca– di? Non è ben chiaro nemmeno questo. Risulta poi. da un altro ango~o. che Pasolini è rispettos1s– iimO e grande estimatore Il nostro direttore Ila te1111- to 1111a conversazione in vtirie cillà d'Italia, per il ciclo del– l'A.C.J., su: • Autori e tt:ad11t- 10ri » un tema che è III so– sta11zà,una ricerca del perc!1é i n!>stri maggiori commct.lw– gra(i abbian(! sempre dov.1110 conquistare m terra strnmera il successo,. prima di essere riconosciuti - magari a denti stretti - in casa. Stando al vrogram111a pre– stabilito, la conversazione avrebbe dovuto essere prese11- tata sotto forma di diago/o fra lo stesso Fabbri, nel ruo– lo di amore drammatico e Thiern· Maulnier, in quello di traduttore. Ma si è invece i11opinatame11te trasformata i,1 1111a conferenza, _r,er l'as– senza del Mault1ier dovuta a forza maggiore. • Peccato, ha detto Fabbri, perché 1101 due, come due appassionati "istrioni" avremmo dello cose del teatro che magari 11011 sarebbero state wtte ili accordo fra loro, ma che avrebbero completato w1 di– scorso interessa,-,re e vivace intorno al teatro». . Fabbri Ira verò :mppltto al– la mancanza del ,lialogo ri– cremulo, con lt1;~t!a be11n~ta abilità e sens,bllllà scemca. la figura tlell'assente, che è suo tradurro,e in franCC;Se. O!Jpo avere fatto wz rllrat– to dell'amico Maulnier che, nonostante non sia neppHre bartez.:.ato J un impegnato cultore del problema religio- ;~~ ~~L~:r~s~a,;t~~~~ C~les~li~~ dire che iu Italia il teatro re– citato è meno attuale che al– trove i11 q11anto ,:li italiaui e vivOno • giornalmente un lo– ro particolare . teatro_ della vita. Tanto che m Italia, per· ché un aurore possa avere 1111 qualche successo, questo suc– cesso deve essergli riconosciu– to prima a/l'estero, e .che solo dopo tale C0'1S~craz/O!le la sua opera parra vemre rei11tegrata in patria. A docu– mento di questa particolare posizione nella quale vengo– no a trovarsi quasi sempre anche· i migliori autori italia- ~:ie~~fo~;: "de;~~hi°;;;~':Jia:i~ alcuni episodi che ranno ca– ratterizzato la prima consa– crazione all'estero dei primi pitì imporranti drammaturghi, Betri e Pirandello. Ha citato, ver esemtJio, tuta lettera inedita di Pirandello, amareggiatissimo, quando gli stessi critici che gli erauo stati ostili accampavano di . averla e scoperto•, tlovo i ~rand, successi in Francia e m America. Ha ricordato la figura di Ugo Belli, morente, consolato dalla notizia del successo parigino della sua • Ile des chévres ». Ha parla– to anche delle sue versonali esperienze, quando si ascolta– va in lingue sconosciute. Che cosa dunque impedisce ai 110- stri autori di affermarsi in casa? Fabbri pensa che la sto– ria della mancan::.a di co– scienza unitaria sia w, vo' ,m J,,ogo comune. Quanto ai requisiti che si richiedono ad una commedia perché resti valida anche nel– la traduzione, sono quelli classici: universalità di pen– sieri e di sentim,mti. hl pra– tica sono le commedie che si v'assono tradurre pitì fedel– meme. Se un'opera 11011 s, presta ad essere ascoltata in diver– ,;e Jjngue .significa che rl suo autore è rimasto fuori della contemporaneità: è stata I::, 11etta conclusione dt PabtJri. Sotto un aspetto burbero malgrado il suo sarcasmo e la violenza di certe prese di posizione Paul Léautaud all'incontro di quanto sup– pongono quanti non lo co– nobbero durante la vita e non lo conoscono realmen· te negli scritti era un uomo di sentimenti delica– ti, di una fondamentale pure1.za, di una grande bontà d'animo, di una leal– tà esèmplare. Povero (ino all'estremo quale era ri– fiutò sempre vantaggiose offerte di altri editori per rimanere fedele agli im– pegni presi col Merc"re d~ Prance anche se questi avevano perduto il loro vero senso dopo la scom– parsa di Alfred Vallette e di Remy de Gourmont che --nella gloriosa rivista degli anni della sua giovinezza furono l'anima. Paul Léautaud non ac– cettò mai alcun compro– messo. la cosa è tanto più notevole quando si sa che l'ambiPntf> in cuì visse f>ra fatto di accomodamenti so- Saint-Germain-des-Près. i suoi maestri lo Stendhal degli scritti autobiograii. Diderot più tardi Voltaire. Quello che ha voluto fare lo ha fatto in un modo ammirevole; ,perché biso– gna anche ricordare che il JournaL Littéraire lo scris– se durante lunghi anni per proprio diletto senza pen– sare ad una eventuale pub– blicazione. Questa venne decisa soltanto molto più tardi quando lo scrittore avanzato negli anni con un innegabile distacco verso gli uomini e le cose con– tinuò a scrivere come da decenni era avvezzo a fare senza mutare stile od im– postazione pensando che a tagli e correzioni si avreb:– be provveduto più tardi al momento della pubblicazio– ne quando egli da témpo non ci sarebbe stato più. Il discorso cambia quan– do da Pau1 Léautaud si passa a Maurice Martin du Gard del quale è uscito ll secondo volume de Les M émorables (Flammarion edit. Paris) che va dal 1924 a.I 1930 e copre quin– di un periodo corrispon– dente ai tre precedenti vo– lumi del diario di Léau– taud. Alla base del libro di Maurice Martin du Gard vi è pure un diario od al– meno una raccolta di ap– punti ma contrariamente a quanto è avvenuto con Léautaud dove più tardi nulla è stato mutato dal– l'autore quanto allo stile ed alla composizione la materia è stata attenta– mente elaborata in modo da presentarsi come un li– bro diviso in capitoli e scritto soltanto apparente– mente in forma di dfario. Inoltre mentre Paul Léau- 1aud ha un dono eccezio– nale di stilista coltivato ed CONTINUA LA NOSTRA INCHIESTA SUI PROBLEMI DEL TRADURRE * Il lrad1ilto1·e e il re1Jiso1·e * di l~lll"INO POCAR Più spine che rose Non c'è attività umana che si svolga sempre, come dicevano i latini, rebus secundis. in un'atmosfera costan– temente favorevole e propizia, in ambiente sereno, su un letto dì rose: qualunque cosa facciamo, slamo costretti a lottare contro difficoltà d'ogni sorta, contro la materia sorda e renitente, contro gli uomini ostili, e a cammina– re sulle pietre aguzze, in mezzo ai rovi e alle spine. Non si può dire che il traduttore rappresenti una eccezione a quest.a regola. Egli deve battersi contro le dif– ficoltà del testo l:he ha davanti a sé, deve tl;."ovare il tem– po per tenersi al corrente dell'evoluzione della lingua sua e dell'aJttui, deve vincere la cpncotrenza degli in– competenti, deve lottare per far valere i suoi diritti mo– rali e materiali, specie di fronte agli editori, combattere ancora per ottenere un giusto riconoscimento della sua attività non abbastanza apprezzata dalla pubblica opi– nione, e cosi via. La sua strada non è cosparsa di fiori, ma irta di guai, di umiliazioni, di tristezze. Una delle tante diC!icoltà da affrontare si chiama e revisore>. Necessità del r~visore Quando infatti una casa editrice pubblica traduzioni da lingue straniere affida - se è una casa editrice che si rispetti - i lavori ricevuti dal traduttore ai suoi re– visori. Sappiamo tutti che anche Omero qualche volta domlicchia. Anche l'ottimo traduttore in un momento di distrazione, di amnesia, o, diciamo pure, in un caso di ignoranza o di troppa fiducia in se stesso, può commet– tere un errore. E' bene pertanto, anzi utile e necessario, che un revisore coscienzioso peschi questo errore e prov– veda a correggerlo o a farlo correggere. L'editore non può e non deve esporsi alle critiche dei lettori che rive– lerebbero lo sbaglio: ne va del suo prestigio e, se la cosa si ripete, della diffusione dei libri che stampa. Con quale danno per l'andamento della sua azienda, ognuno può immaginare. Il revisore, dunque. è necessario. Ma come ed entro qua!i limiti deve svolgere n 51.locompito? · Egli confronterà la traduzione con l'originale stra- niero, riga per riga, frase per frase (e a tal fine è ovvio che deve conoscere la lingua straniera), vedrà se la tra– duzione corrisponde al testo e segnerà i passi sbaglìati proponendo la traduzione esatta. Traduzioni divt!rse ma buone Sopra tutto dovrà tener presente questo fatto: di un medesimo testo possono darsi più traduzioni, e tutte buo– ne. Non esiste una sola traduzione possibile, come di un quesito matematico esiste invece un'unica soluzione. Il testo, filtrato attraverso lo spirito di più traduttori buoni. assumerà, nella traduzione, aspetti diversi, ma sempre validi. L'aspetto sarà tanto più bello e fedele quanto più il traduttore sarà attento, sensibile, congeniale alrautore che trnduce: ma ciò non toglie che un'altra traduzione, diversa daHa sua, sia accettabile, purché sia fatta con onestà e si tenga su un piano artistico e culturale pari a quello dell'autore. Consideriamo ad esempio due traduzioni tedesche dell'Infinito di Giacomo Leopardi. Rainer Maria Rilke traduce i primi versi così: lmmer lieb wa.r mir dieser ein.same HUpeL und das Geholz, das fast ringsum ausschliesst vom ferne,i Aufruhn der Himmel den Blick. Hennan Gmelin invece: Lieb war mir immer dieser stille Hii.geL Und diese Hecke, die ein gutes Teil Des Jer-nen Horizonts dem Blick verschUesst. Se nella prima traduzione è molto bello l'attacco (uguale al lesto: sempre caro mi Cu ...), quell'alato •tonta– no peso dei cieli», pur non apparendo nel testo, può essere difeso come slancio di poesia. La seconda traduzione sarà meno alata, ma in compenso è più letterale. Essendo poi onesta e piana come l'originale, è certamente accettabile quanto la prima. Quale revisore oserà mettere le mani in queste tra– duzioni che, essendo, se vogliamo. di diverso valore sono pur sempre buone? Spetterà, se mai. al critico d~idere quale sla mlgliore, e anche qui la decisione dipenderà dalla sensibilità del critico. (Contln~ pag. 2)

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