la Fiera Letteraria - XV - n. 47 - 20 novembre 1960

Pag. 2 Antichi • canti • • • 1str1an1 Rauli alla guerra Rauli va aJla guerra. perché il corno suona dall'alto del castelliere. Da oriente si vede il nemico. 11 nemico nostro viene sempre da oriente. Da oriente il sole ci abbaglia al mattino, e il nemico lo sa: perciò cala al mattbo il nostro nemico che abita a oriente. lontano lontano. Ma Rauli ha occhio d'aquila e braccio forte. Dice Rauli: e Vado, andiamo!> Rauli seguono tutti i giovani. e le fanciulle lo guardano mentre parte, finché lo \·edono uscire dalla terza, dalla seconda, dalla prima cinta di sassi. che di!ende il castel1iere. Quando è giù nella piana, ancora lo vedono. perché Rauli e H più alto di tutti e spicca come albero grande nel bosco, nel bosco di Elpidio, là, dietro il monte. E il nemico scende ai piedi di Elleri, castelliere munito. Rauli avanza coi suoi, si lancia contro il nemico che u rla giungendo. ?i.la Rauli non lo comprende, perc hé il nemico non parla istriota. Il nemico è veramente nemico. Rauli e i giovani paiono tori arrabbiati. I loro occhi lampeggiano e si vedono accesi fin dall'alto del castelliere. Ma su tutti gli occhi accesi brillano gli occhi grandi di Rauli. S'incontrano. ll sangue sprizza come racqua dalla polla del Quieto. la grande polla dell'Istria. Il sangue copre i guerrieri. ).Ia i nemici fuggono. Quando sono fuggiti, i giovani ritornano sul castelliere. dove le madri attendono che ritornino; e portano il cadavere di Rauli. come bottino delle anime. che vale più del grano con cui si fa 11 pane, più dei sassi con cui si uccidono i nemici. E lo depongono nel mezzo. Bruciano il cadavere del forte Rauli. che le donne bagnano di lacrime giovanili, vecchiarde, di tulle le lacrime femmimH. Chiudono le ceneri nell'urna. Tutti sono fieri di Rauli. Ma Reti. la madre vecchia, lo pinnge in disparte, attende al sepolcreto. che portino l'urna di Rauli caro. Ràndoni porta l'urna. Ràndoni è il \·ecchio padre del forte Rauli. Tutti lo seguono, perché l'urna è grande e pesa assai, e aiutano Ràndoni ch'è vecchio. Tutti lo seguon::>. I giovani bagnati di sangue, le fanciulle con l'occhio smarrito. Ultima ò Kenes, che ama Rauli come prima lo amava, perché l'amore è rultimo ad abbandonare il forte. Davanti all'urna di Rauli Reti e Kenes sono davanti all'urna di Rauli. Kenes non teme più che Reti la scacci. perché le porta via Rauli, suo figlio bello e caro e forte. Reti non scaccia più Kenes, che non può più portarle via suo figlio. La morte è causa di pace per chi va e per chi resta. LA FIERA LETTERARIA Domenica 20 novembre 1960 * Carlo Bernari: Nell'occhio del cavai lo * (contlnu~ P38'.. t) al bisavolo e al nonno per j loro servigi di tintori e di cavamacchie di Corte. Un elemento più sicuro me lo offriva però l'anno ufficiale di fondazione del– l'azienda e 1827 >, dipinto in giallo-oro sul fondo ver– done delle insegne di bot– tega e del cassone che Leo– nora rumorcsamente tra– scinava in gir0 per le vie cittadine. Gli anni della azienda rappresentavano per me gli anni del Mon– do, di quel mondo entro il quale viveva una cor– parazione di affetti, di odi, di interessi: e fuori tutto il resto, che non portan– do il nostro stesso nome ci era straniero e nemico. Leonora stava sulla so– glia di questi due emisfe– ri, né tuttaden1ro, né tut– tafuori, a mezza strada: forse in questa posizione la teneva Luigi governan– dola come si governa una figlia, sempre col timore di perderla per un oscu– ro evento che egli senti– va incombere perennemen– te sulle sue faticose gior– nate. e Se perdi me. voglio sa– pere come te la sbrighe– rai fra questi qoottro bri– ganti>. I briganti eravamo noi, s'intende, senza distinzio– ni, padri. madri, figli, fi– glie, componenti di questa schiatta numerosa che OJr primeva la sua esistenza. e Sih. t'illudi che questi si ricorderanno di te! Al macello ti manderanno, in quattro e quattr'otto. O sotto un carretto di verdu– maio, a mangiare torsoli di cavoli>. e E' buona la crusca e l'avena? E ringrazia Dio che hai mangiato un'altra giornata... La parola ti manca! Solo io ti posso ca– pire!>, Questi discorsi mi si pre- cisarono sempre meglio, via via che }asciavo la pri– ma infanzia. Ora li udivo talvolta per strada, quan– do venendo giù da Capo– dlm,:mt.e, o dal Vomero. giunto in piazza Dante. Luigi tirava il freno con un e Ih! > imperioso, già in piedi a cassetta e con un balzo saltava giù. Dice\·a che il cavallo aveva biso– gno di riposo: gli sfibbia– va allora la briglia, gli le– gava un sacchetto di forag– gio al collo mentre lui an– dava col secchio elemosi– nando. acqua daU-uno al– l'altro acquaiolo che a1li– neavano le loro edicole at– torno alla statua di Dante. M'era bastato la prima volta appostarmi lungo uno dei suoi itinerari fissi, e fargli un segno: Luigi mi aveva aiutato a salire a cassetta, accettando per mancia il mezzo sigaro ru– bato al nonno. Ebbe iniz io cosl un ap– punt:1.mento clandestino, che durò an ni, tutte le vol– te che marinavo la scuo– la e avevo un mezzo siga– ro da regalargli. Luigi non clùedC'\•a perché non fossi a scuola: e Tanto tuo pa– dre, che studi ha? Colla terza elementare guarda i soldi che fa!>. Anzi, se era in giornata. di grazia mi cedeva persino le redini per potersela fumare tran– quillo, e poi ciccarsi il moz.. zicone appena spento. In quei momenti, la frusta pronta sul ginocchio col fiocco della quale sfiora– va le orecchie della giu– menta per rammentarle che lui era sempre ll, si ab– bandonava ad un suo mu– gugnante fantasticare, dal quale si scuoteva solo per richiamarmi. Bibbia napoletana * di ,ILBERTO BEJTILACQIJA Sta per iuei re. stam pato da Vallecchi. un corpo.so hbro di Carlo Bemari : un lib ro nuo– oo, pl!r molti cspl!tti riassun– tioo I! simbolico net confron.– ti di una storia umana, di un'intera esperienza pl!rsona– le. Abbiamo parlato di libro e non di romanzo. perchl, ef• ftttivamente, le trectnlo pa– gine che appariranno con il titolo di ...Bibbia napoletan~. raccogiferanno pro,e legate fra di loro non già da uno sptci/ìco nesso costrultiuo. ma da un filo d'a1m.osfera: quella di una dUd che ha dato, a Bemari, un sapore e– vocati~ che non può essere mai abbandonato (come non parlare di una sorra di stU– sulto di sangue, di un'emo=io– ne interrogativa pari a quel– la che si lega ad una conti– nua riscopena di un amorel J. Saranno diciotto capitoli. ria- si a cictnda ai fini, appunto, riati ru tnnati.che integrante– di una generale rieostnk-rone d"ambitnte: ri.10 I! pianto, dunque, menzogna e t:eritd., torti e ragioni, .1toria I! mi– to familiare. strttri da quella forza diremmo coll'oidale che ~ la vera forza dtJla gente napoletana. n libro ri artico– lerd in quattro strioni. La prima aurd per titolo ... Me- ~r~l:)fe J~~~it1,tbi~':-n~e~1~ tt>rza ... S1orie e .1torla ~ · la quarta ... un finali! ien.:a fi'ne,. < Guarda la strada, non in delo >. Il mio fantasticare, a difierenza del suo che si svolgeva sempre a testa china, aveva di mira il cie– lo oltre il breve tetto del– la cabina di guida: e ce n'era d'azzurro sulla mia città, per dissiparvi sguar– di e pensieri! e La strada devi guarda– re. non le nuvole! > s'in– furiava Luigi, appena se ne avvedeva. e O ti credi che Leonora ci ha le ali? E' vero che è intelligente e l'età per capire in mano a chi è capitata non gli manca!>. Quando però iniziava la lunga discesa verso Piaz– za Dante, allora non c'era• no versi, bisognava ricon– segnargli le redini e star queti, mentre lui lavora– va di frusta e di freno, tut.-– to occhi al passo di Leono– ra sempre in procinto pren– der di liscio su un binario del tram n. 6 che allora collegava la Torretta ap– punto con Piazz.a Dante. Qui Lui,i:i faceva sempre tappa: e E ora. diceva alla cavalla, con.solati anche tu, tanto ormai li hai presi tut– ti i vizi di questa fami– glia!>. Una \"Olla osai chieder– gli da quanto tempo Leo– nora \·iveva nella nostra famiglia. e lui tranquillo: e Io l'ho avuta in con– segna che i1 secolo l'aveva già passato. Fatti un po' il conto ... >. Chi dei due, lui o la giu– menta, aveva passato il se– colo, questo non capivo; e. confondendomi. agevolavo le sue fantasticherie. rozza... E va a bottega ... E in serpa ci sono io, guar– da bene, ché son cose che non le vedrai più.-•. ritorno con un vassoio pie– no di tazze sporche fra cui una ('afCettiera napaletana che \'Olava alta fra le te– ste dei passanti, felice del– la sua esistenza: e Tre caf– fè e tre bri,:,sce alla tinto– ria! >. e Subito servito! > rispondeva pronto il ragaz– zo senza voltarsi, sparen– do poi nen·ombra delle tende che ogni giorno an– che se non c'era i1 sole, il caffl'ttiere abbassava da– vanti alla porta del suo locale. e Ah. sospirava allora Luigi. è proprio \.·ero che chi non compra e non \·en– de. non sale e non scende ... Però chi sputa in cielo in faccia gli torna. ricorda– telo,._ Se col primo proverbio ave\'a forse alluso ai pa– renti non parenti. col se– condo di sicuro allude~a al nonno. ribollendogli il sangue ogni volta al ricor– do di chissà qua!! sopereh.:e– rie subite. Infatti subito dopo concludeva: e E Dio l'ha castigato. Strilla ora, strilla quanto vuoi! >. Paralizzato dalla got~ pur non muo\·endosi più dalla poltrona. il nonno continuava a terrorizzare tutti: alla prima contrarie– tà, gridava come un os– sesso. lanciava le grucce contro vetri e specchi. schiacciava la paglietta di Pessi:mo. l'infermiere che veniva ad assisterlo la notte. e Ormai!> conclud'.?va Joyce nellt• ciiltiira italiane, S4. tratterd. come si può in.– tulre da ciò chi! abbiamo det– to. di un m o.1alco a nimato da ragioni bni preci.si !, na1e da un aittnto e.1aml! , a poste– non, sopratutto di quel margine esb1enziale in cui la t•ita deUa_ ciUd partenopea 1sola, con ti suo tono ondoso. i iuol dorati relitti, il .ruo so– prappiù suggestivo e splendi– do. Ci .1ard, ad l!Sl!mpio, nel finale, un acco.1tamento tra gh •esisten.:ialis1f~ (o. per dlrla alla Bemari, i filoso/i prarlci in attesa del niente) I! QUelU che potremmo defi– n_ire i ... romantici pratici,, citando la definizione da fon– te autoTerole. Una Napoli. dunque, ralutata ,u di un plano di amorosa indagine od bpiTazione euTopea? Direm– mo di si., anche se Bernari, di fronti! a questo nonra do– mando e risposla. proprio per qw•l .ruo gu.sto a restare nel– lo minima t:eritd delle we neeoca..'"1onl nel ... milfeu. più Sf'Tnphce e familiare del– le sue espericn.;:e di vita, ar– rfccif"rd forie d n0..10. Ma gid. proprio n questi! colonne, noi sottolineammo, qualche tempo fa. il trntatfuo, gid no– tl!l'olmente consapeçole, di mo.1trare Napoli olla lucl! di una sodalitd diremmo uni– versale I! non più legata .101• tanto ai centri neorclgid (ciol tradi...,onaUJ di un na– poletanismo. oltrt chi! am– bitnlale , anche linguistico in sen.so Jato. In questo tenlati– oo, Bl !mari ,i va ,empre pià 1mpegnando, .rulla base di un lcroro metodico I! appassio– nato, che non si concedi! tre– gua. Per Qentile c011-cession.e di Vollecchi. noi pubblichia– mo alcunt delle pagine più hmpldl! . .1caturitl! appunto da questo l'aooro di ricerca e di su.idio personale di gt'11te ed ambienti: pagine che faranno parte dtfla ...Bibbia napoleta– na •· Si noti con quanto tatto {il pudore dl Btmori. eh.e ~ anche forma di stile e che, nella .sua polioalenza. do– VTl!bbl! tuere oggl!ttO di una ricerca specifica} l'a ma1eria Lirica t:ten.e oDtn.a al lettore. sen=a .1baçature di .1orta.sen– za negazioni del dato obil!t– tiro a facore di un compia– cimento .1opgtttko. sl!Tl.Za in– duoi inu1ili. E'. veTameme il Bemari migliore, sctlto · tn uno _dei suoi momenti più ac– corti. Alla ... Bibbie napoleta– no•, lo .1eritt0Te, lo sappill– mo, leoa molte .1peran:::e e molta attesa. Tra i hbri– .1trenna della prossima fine dell'anno, dunque, ci sarà una nooitd di cui si parlerd molto. di cui si continuerd a parlare. e E cos'è un secolo al giorno d'oggi... Ci a,•essi– mo la voglia di campare. potremmo campare pure due secoli!>. Una rispo– sta che non era una rispo– sta, m a un nuovo adden– sar.si di dubbi; per cui non mi re stava che aggirare le posizioni: Fra le venature gialle solforose e viola, finivo per vedere in quel globo di mo– gano quel che non esisteva: il tram a cavalli, le edico– le degli acquaioli ridotte a due soltanto. ma più fasto– samente decorate con serti di limoni e con bocce di ra– me istoriato. un assembra– mento di scugnizzi al cen– tro dove ora sorge il mo– numento a Dante, suU-emi– ciclo, disegnato dal Van– vitelli. l'orologio luminoso ancora guasto per i vanda– lismi del '60: tale e quale alla piazza Dante all'epoca in cui il nonno l'abbando– nò e si chiamava Largo Mercatello, per il merca– to che vi si svolgeva tutti i mercoledì. o come più tardi fu intitolata Foro Ca– rotino per le 26 statue de– dic3te ad altrettante virtù che il nostro cesarismo aveva scoperto in Carlo di Borbone. Qualcosa era pur sopravvissuto di quel tem– po: un saltimbanco che dà spetu1colo ai passeggeri in attesa di un tram per Ca– podimonte o per U Vome– ro; un cavadenti ambulan– te: un indovino; un foto– grafo: il barbiere sanguet– taro (con le sanguisughe ben in ,rista in una boccia di vetro) pronto ad ac– correre per applicare mi– gnatte sul collo di un mo– ribondo; tutti relitti di un mondo che sopravvive a se stesso e che se incantava– no il ragazzo lasciavano perfettamente indifferente Luigi che non aveva occhi se non per la bottega di zio Federico. Nell'avversione contro gli usurpatori del nonno egli ritrovava cosi un !ilo di simpatia e di amore per noi Barrin. e specialmente per le fem– mine. che erano sei bellez– ze e mai viste al mondo>, tutte sposatesi e col fiore in bocca> come si dice cma purtroppo ad uommi sba– gliati ...>. Capii solo col passar de– gli annt perché ogni giorno s'attardasse tanto in piaz– UI Dante: il suo disegno era c.liiaro, far crepare di invidia i nostri concorren– gone proprio dinanzi alla ti fermando il verde fur– loro bottega con la scusa di abbeverare la giumenta stanca e di asciugarle la schiuma dopo tante salite e discese sotto il solleone. Appena riverniciato a lu– cido, con un cartiglio gial– lo svolazzante sotto gli stemmi e in cui si legge, . va e Brevetti delle RR.CC . (Real Case) Ditta fondata net 1827 > Luigi era orgo– glioso di quel suo furgone che brillava per un'ora buona in me:zzo alla piazza, sotto gli occhi dei nostri lontani parenti, i quali for- 6e per consolarsi dell'a!· fronte subito chiamavano il ragazzo del caffettiere di Luigi, lanciandomi le redi– ni da sopra a11a groppa della giumenta: e Fattelo raccontare da Leonora chi era il tuo caro nonno. Di– glielo > gridava poi nello orecchio di Leonora: e di– glielo che ci ha fatto pas– sare a noi due. E a noi due soltanto?>. Poi. mon– tando a cassetta: e Bé ora andiamocene. ché qui co– mincia a puzzare. Ah! >. La giumenta sforzava i primi passi. il furgone ci– golava. il puzzo d'orina di cavallo che a\·eva impre– gnato il selciato in quel punto dove venivano a fer– marsi tutte le vetture, si allontana dietro di noi, spanva per fondersi in al– tri odorl ciascuno dei qua– li dominava un'intera stra– da. Ed erano tante le stra– de di Napoli che attraver– savo al fianco di Luigi, in serpa al furgone, sbircian– do la gente attraverso il finestrino stretto quan:.o una feritoia di garitta. (conllnua da pag. 1) plicil3.tnentc quello, per con- ~fr~~ ~~~ti~~~ti~ral;!~ comunicabile che sia la sua esperienza. diretta. per quanto circoscritto cd impenetrabile rass:uaes5:s~tj~za~ 0 ~ita dc:; società e tutta la storia si riflettono nelle st.ratificazfoni di cui è tessuto il suo lin– R:U::i..itgio, nel qua]e si ogact– uva . e si UJ?h·e~l.izz.a ogni sua mtern::i..mtuiz1one o im– maginazione o ricordo o sco– perta interiore. Non per nulla in tutti que– sti scnttori (e in Joyce in modo panicolarissimo. men– tre Jo è assai meno in Proust) ~cf~~'t~~trm~~~ è u~u~!~ n1ralismo assai affine a quel– lo vergbiano. A pane le poe– sie di Clzambu M.u.sic 1 sono i Dubliners ad indicaro quel– li che possono essere in Joyce non soltanto i caratteri psi– cologici di un siffatto natu– ralismo, ma.. al1resl le an– ticipaziom di quella che sarà l'epo~a di Leopold Bloom, ulisside moderno nel pelago ~tf~t~~o~ ~~n;a°~~~nd~~ sue peregrinazioni di com– messo ,·iaggiatore, di marito, di libertino, di ubbriacone ri~~!a d~ffara Li~e ~!~~c;t':;~ dell'altro Ulisse. I Dubli11ers e l'Ulyssu, sono, almeno nel– l'ispirazione iniziale, stret– tamente legati tra loro e si può rurc senz'altro che nei racconti del primo il se– condo sia già lutto o quasi tutto in nuce, sia pure in una chiave in ceno senso .. ,·er– ghiana •. nel senso almeno di certe affinità tipicamente iso– lane e della scoperta di una popolare realtà tutta interna che non è quella del verismo francese o tedesco dcli 'ul– timo ottocento. Letteratura in esilio E' inutile agaiungcrc che il naturalismo dei Dubliners è già filtrato, ma non in senso cosl totale come per l'UIJsses, nelle esperienze di linguaggio che erano state proprie dei suoi compatrioti Yeats e Syn- ~6i.il J~~~la n~~~~ Del r esto non tutti i racconti dublinesi sono coevi, ma fu– rono distesi prima della loro pubblicazione, in un periodo di circa quindici anni, quin- d~0 ~ricxro'nJ g~~tect!! t il lungo esilio di Joyce dalla sua ciltà: i Dubliners e cosl pure l'Ulysses, sono tipici documenti di una Jet~ 1eratura di esilio, con tulle le implicazioni ironiche, no– stalgiche, memorialistiche che una letteratura di esilio com– porta, con tutte le deforma– zioni di una realtà e di un lingu3ggio che appunto sono dettate da un odio-amore pertinace e lunghissimo; e in· sicme dalla testimonianza di un legame ancestrale dello scri1tore, amoroso e sensuale nelle sue ,·arie personifica– zioni simboliche o meno, con la sua città e con la sua storia, e del distacco di Joyce, non soltanto su un piano di razionalità, dal cattolicesi– mo e dal nazionalismo do– minanti presso i suoi concit– tadini, o meglio dal loro pro– vinciale (e nello stesso senso cosmico) nazionalismo catto• lico. In quei quindici anni ci sono in gran pane, se non andiamo e.rrati, anche quelli di Trieste l'affettuosa amici– zia con Svc,·o, con Bcnco e con altri triestini. Sve\'O non fu affatto un imitatore di Joyce, ma )3 sua vocazio– ne gli è in gran parte atfinc, anche se su un piano cultura– le Svevo stesso era assai più vicino a Maupassant, a Zola e al verismo francesi. e non si deve dimenticare a questo proposito il a:rande prece– dente di Cechov comune ad ambedue; comunque noo po– chi di quelli che dovevano essere i motivi culturali jO)·~ fi\~ti ~~l~~~ o~:.i~=~~ stimonianza di mutui ricambi sul piano dcUa scoperta di una cultura tipicamente mit– teleuropea si legaono nelle mcmonc della si&nora Livia Veneziani S,·cvo, la vedo\·a di Italo, apparsi negli scorsi anni presso le edizioni trie– stine dello .. Zibaldone •, a cura di Lina Galli; cosl non è difficile che S\·c\·o, nella sua ansia di essere o di di– ventare uno scrittore italiano, abbia oonoorso alla conoscen– za, assai profonda del resto, che Joyce ebbe della lettera– tura italiana cosl da giusti– ficare anche su un piano di attenzione culturale quelle che erano state affinità sarei per dire elctlÌ\fC e climatiche, e a questo proposito si ri- :=utHvolc~or;_o~:if~ nesi per la lraduzione italiana dell'importante studio bio– grafico-critioo di Patricia Hutchins Il 1rondo di James Joyce apparso di recente presso gli editori I.etici tra– dotto dallo stesso Sanesi e da Cathy Barbcrian; cosl ~ mc non sarebbe difficile repe– rire fonti oomuni dello scrit– tore irlandese con quello italiano. mi~;~~ro~~c ~~flf ch~ 00 soJ~ stati i filtri italiani della sua Dublino, sia di quella dei racconti dublinesi sia di quella dell'Ulysses, ed anche in Finnegans Wak.?: non di rado testimonianze italiane fi~:~ 0 e ~cl~~~rirs~~icot~\~ ca-linguistici, nelle assocm– zioni mcn1ali, dei richiami a luoghi, a personaggi, a oc– casioni. Sottile italianisant e c_onoscitore della lingua ita– liana come l)OChi stranieri (e va agaiunto che gli amici parigini cli Joyce, Larbaud. Crémicux, sono anch'essi acu– ti italianisantsJ, lo Jo,·cc non aveva dcll 'l ta lia e della liniU,3 italiana una conosc.cn – za soltanto lette raria, ma proprio a Trieste egli avcu fi~~i~~c~{uarl~~~• d~ ciltà, allora a:rande emporio marittimo e commerciale del– l'Impero Austro-Unganco, delle infinite commistioni lin– iW,Sticbe dialettali e pcr– gali che oomJX)na,•a una si– mile posizione. E' quast ct:.r– to che l'Ulysses sia stato con– cepito prima del 1903, prima cioè del sogaiorno italiano dello scrittore; ma è altret– tanto certo che negli anni del soggiorno triestino siano stati scritti in gran parte i racconti di Dublinus e Sia stato lavoralo e nella sua fa– se preliminare scritto lo s1cs– so Ulysses. Uc curioso do– cumento, illuminante anehe sugli apporti linguistici del periodo triestino è Ja lettcr-d a Svevo spedita da PariJli Il 5 gennaio 1921, in un per– fetto e divertentissimo italta– no abburattato di termini gergali e di frasi auliche, conclusa con un ultimo pe– riodo in dialetto triestino non senza oommistioni vien– nesi - una lettera che Carlo Emilio Gadda potrebbe be– nissimo controfirmare anche se vi manca la testimonian– za di certo suo innato baroc– chismo -, lettera nella quale lo scrittore irlandese prea3 iJ collega di Trieste di rin– tracciare una sua mappa ed altri appunti triestini neces– sari all'ultima stesura appun– to di Ulyss~. • • Come si dicc\fa all'inizio d1 3ucste note, è piuttosto dif- p~;lcitUz~s~~1a e rk~~ per cosl luna:o tempo pri,•o di traduzione ttaliana. tan- }f~~ù !crio ch~J:ti~t~~~\~-. a un certo livello, in conti– nuo progresso, e, assai pi\1 che la sua fortuna, sono sta– ti in oontinuo progresso i suoi influssi diretti e indiretti sulla nuova narrath'a ita– liana. Gli amici italiani L'opera di Joyce è cono– sciuta in Italia all'incirca daali anni attorno al 1920, forse assai pi\1 per la solle– cilaz.ione dei suoi amici ita– lramsants l.arbaud e Cré– micux, che a causa del suo SC.iUl'iorno trieslino e delle ruticiz.e triestine. Non sono certo gli ang.licisti italiani deU'epoca, a offrire al pub– blic;o italiano l'indi~onc di Joyce, direttamente e per lo– ro esperienza, anche se essi, come il Cccchi ~à negli anni del primo jopoguerra, ave\'a– no presentalo al pubblico ita– liano scrittori come B:irbcl– loin. come Bccrbohm, come la Woolf, oomc la M3ns6eld, co_meHuxley, come La.wreoce piu o meno coetanei di Joyce ~el~c~ekrcs.~!7t_ oro~~ cercheremmo il nome o una recensione per Joyce ncUe pagine della Ronda. Ma nel ~~l~radcf Pl=g~ ~ t~: duz.ionc di Carlo Linati del dramma joyciano Esuli, cd è merito principalmente del J..!nati, di Eugenio Montale, dt Alberto Rossi e più tardi anche di Giacomo Dcbenedel– ti, se il nome di Joyce in– comincia ad apparire come indicazione costante per &li indirizzi della nuo,-a lettera- !Ìt1~1~~~di tfj~~di av~~~~ della Woolf, di ElioL Sempre nell3 traduzione di Carlo Llnati appan-cro nel novem– bre 1926nel Convegno alcuni brani dell'l.'lysses; due rac– con ti dei Dublinus, llrabv e Un ca.so pietoso, appai0no nell a stess a rivista nel maa– gio 1929 tradotti rispctti,·a– mcnte da Llnati e da Nina Ruffini. Una prima traduzio– ne dei Dublrners (Gente di Dublino) appare, se non vado err:1to nelle edizioni Corbac– cio nell'anno 1932; nel 1933 press o il Frassinclli di To– ri.no , per la Collana Europea dirett a da Franco Actonicelli, la bellissima traduzione di Cesare Pa,·csc del Potrait of tl1e Artist a.s a Young Man, con una introduzione di Al– berto Rossi ( Dedalus, ritratto dell'artista da gi:ovaneJ: nel– l'anno 1940 appanrero nella rivista Prospe.mve diretta da Curzio Malaparte alcune par- ~'Orf itin;:;;:':ss l~kÌoy~ ne:Jla tr.iduzionc di Ettore Scuanni con un saggio di Alberto Moravia. Una secon– da traduzione dei Dubliners \ide la luce a cura di Fran– ca Canco&I1i nelle ed izioni Einaudi nel 1949 e la t :rn.du – z.ione di Stephen Hero (Ste- {f~l;i~cJ° l~ra p~uifo editore Mondatori. M:i.nca,•ano ancora, dun– que, sino ad oggi tra le tra• duzioni itali3rle di Joyce solo ~/~: °dffficoftlù clini~"!;: ~li cquh•alenti italiani del linKUaglPo adottato, e sia ~::e· in~~rer il diNi~ià ambientali (che non sempre ~li editori si tro,·ano in if3- do di poter affrontare in un paese come il nos1ro) Ulysse.s e Fimies:ans Wakc. Per il fu~~o tia~ri~o es~~n~ 0 &: che ~ubl naturalmente altre sollecitazioni, in alcuni prou– stiane, in altri magari cccho– ,·iane, gidiane o lawrcncianc e in quello poslbcllico in Rea, in Prixo, in Montella, in Sermonti in Testati. E!.– scnziale era tuttavia l'indi– cazione joyciana della ri– conquista di una obbictth·i1à proprio attra,-erso l'incb~nc psicologica, la scoperta dello Slratificazioni de! lingtl3g:gio ~nde~I~~o~cl pv~i:UC:C~i\'~ mcn1c filologico, ma filologi– co-psicologico. Giustamente poteva scrivere Vit1orini, in un ~aggio sulla lctter:1tura amcric:ma in eran parte ri– portato in Diario in pubbli– co, che .. il liniiuag-gio, que– sto modo di intendere i'uo– mo che. rinnO\•andosi, mu– lando, scopre il resto dello uomo, aveva a quel tempo un culmine in James Joyce>, e Pavese dichiara esplicita– mente nella risposta a una i~chicsta del 1946.per la ri– vista Arttusa (nponato in I.a lellerawra americana e altri saggi, p. 247) di e essersi lasciato influire• (come nar– ratore) da Joyce o dalla tatura un esplicito di\fieto, in quanlo - e non senza er– rore - quel libro era oon– siderato quanto di più re– puanantc potesse esistere a un'etica e ad un'estetica to– talitarie (anche nella Russia sovietica Joyce è considerato un a1;1tore_ da condannare), 1ut1a,,a arcolò senza osta– celi la tr.lduz.ionc francese non troppo facile. del resto" a un lct1orc italiano che noti conoscesse ali intimi recessi dell'ane joyciana; quanto alla work m progress, è noto come le difficoltà deU'Ulysses \rj si trovino eccezionalmente moltiplicate a causa di una assoluta disintegrazione sin– tatticerlinguistica sul filo di MSOCiazioni mnemoniche, mitiche, culturali, di com– mistioni e di mutazioni 6- lclogiche che rasentano a volle i limiti dell'automati– smo. !~11~ s:~~~. ,:ut~:;~ld– ~~i:c q~:tcco~~~. I! ~~; jo~an~iD~ ~~!P~~~~ St_ può fare a meno di com- nostra narrati\a con1cmpo– p1accrsene, anche se alla m3i:- ranca, è tuttavia 9-uella che gior parte di coloro che si J>flSSadal ..naturalismo • (e rendono conto, anche in sia pure da un naluralismo Italia, dell'enorme posto che tutto particolare) dei Dubli– occupa l'opera di Joyce nella n~rs_ <!-1 rapporto organico letteratura mondiale contem- tra ~p1ra2.1one e società, tra poranea, l'Ulysses è, in :m cspenenza umana e tecnica modo o nell'altro, un libro ~arratiya. e soprattutto tra in massima parte già letto, •f!!ma1nnaz:ionc e struttura, comunque una traduzione d1 Ulysse.s, il che significa che risponda - come que- superamento del na1urnlismo sta - a molte a:aranzic cui- stesso e ritorno della nar– turali e critiche, può essere f?tiva a una grande dimen- ~~~:1J1t~cch/:Jre 1~~vi: ~~~ ~~~i ~~~e s~o%: frequenti nodi di espressione era tmphctta nella poetica di rispendenti ad aa~vigliate Jcyce il tentati\'<> di identi- j~~~onji r:;.~lof';1~ta ~ ~~~~a n;I :t~~arrop~~~~J: "Casi,, gran parte de1cnninante di un uomo in una città e di sulla nuova narrativa ita- una città in un uomo ma Liana almeno dal 1928 ad l'uno e l'altro e:.tcsi 'sino oggi. Essa ha avuto anzitut- a identificare i loro limiti to, direltamentc o indirella- con i limiti di un universo, e mente, una funzione di rot- naturalmente di un uni\"erso tura di cui non sempre gli tutto umano. Era questa la s1essi scrittori, acquisiti ad lezione essenziale che do\.·cva una poe1ic3 che ormai era essere .raccolta dallo speri– nella stessa :ttmosfera della mc1?tal1~n:~ n3rr:1th-o post– epoca difficilmente si sono bellico 1talmno. Purtroppo iJ resi conto. Essa, dirci, è pc- decadentismo e il psc-Jdo- ne-trata, assai prima di ritor- ~~mo dei suoi protairo- (continua da pag. 1) d!real~lu~ic:cnti i~~i ~~ ~ ~:ruh~~• !iclsp~: Ippolita (Urici, Milano) di su tm piano teoretico e cri- guaggio e non nel rapporto Alberto De,ui d, Pirajno. tico, nclla stessa filigrana tra linguaggio e strutturo che pur lianno incuriosito di una civiltà letteraria. )'indicazione joyciana, tor: qualc~e supucilioso lettore Figli e nipoti 1~! 0 co- sn~~smug ~rt; !~ ~ft~ui' ~a ~1ùpi~o~nlei :~~~ lt d u rol virtù? E quanti altri auton di Joyce ~s~a ! ~'Ofg!re a(n~{1 s~~ ~~a're~tib~t~ar~ucocir~~ E' impossibile infatti con- ~l~)~a~~ fi~c :u~~I~~ tre dorn1e e passando ad altro c.cpire un certo tipo di rea- meglio in funzione di stati genere, non c'è proprio nulla ~~?n~t~~~n~i,i~=o~!1~u~ d'animo particolati e indivi- i: ~~fari':. ie b~ienf:~na;c; poelica di Vcraa (una spie- ~:Olis~ciSiaci~r:I m:!~1~ scluna, Milano) di Adele ~1:!~n~.:iicsiri~~:.e~~u~~ ~t~~ ~aqu~/::1°~ ~17~ ~~%~ 0 1.0: 11 St;ia11: 0 t!~C::J ~iro~ ~s~ucf1~'esJ~~: e t=L~ di~~ ~~ 'VRi~~~u~ 1 lrr;;;,o'I' l'alt~= Siate le rai(ioni della narra- ra Vinctnti? E a11che nel thra di ispirazione naturali- campo della poesia: chi tien stica e venstic:a), come ~ im- ~ d'occhio il -fiorire dei ;u;, 1011 :1S:/!:!c ~~~glojS:yda:o ~ ~~i~':tb: O t!Jgj;::sP:a q::;J':'- a parte, naturalmente, S,·c..-o, ra dei Di Pilla (1939) e dei che di tale conta!Po sarà Serafini (1945)? (Cfr. Tempo successh•amcntc uno dei va- d'esilio e ~rchctta di carta: ooli più attivi - in Al,':ll"O, .\fondadon, Milano). Al tem- in Mora,ria, in Pavese, in Vit- po dl!I repertorio della Gio- torini, nello stesso munici- \'3.rle poesia ci pan:e d'a\·er f~li~~~:o~~rc~ P~g::i: lr---------,1 ~e':t~!r':f.~nre,'tff1é~~~fa,t ~;:;, tali nel fondo dcll3 Napoli EDITRICE bene aurun,ia, trai- a Panna ne.I '36. A tre anni borghese di Bernari, ncll'an- Cm.nale espcrtenu, uamloa ma- di distan~, costui ~ gid un gosc.ioso mondo familiare dei noscrtttl, poale, DO\"elle, roman• meuo an.:iano. Le nuovi.ssi.• personaggi di Bilenchi, nei d, Aggi nr1. pubblicando ~ me generazioni poeticht van- di~:~n~clfi~b\~o, ~ic1fiuc!ll l&ndaad o k opc~ mcntevoli. • P~n:1d.!~:'b~afcft ;f,~ghJ:~ Benedetti, sempre per resta- coodlzJonJ dJ particolare ru-ore. E si può immaginare, si pu~ re nell'ambito di u,1 reali- Scrh·uc: L'APPRODO DELSUD, pretendere nulla di più smo narrativo italiano pre- Lungo Tcall'O Nuo,-o, 29, Napoll. e spontaneo> e di più e in- bcllico, realismo narrati\.-O genuo ~? e Se è come dici tu >, in– sisteva: e Leonora do\·eva già stare col nonno quan– do mise bottega a Chiaia >. e Gli è rimasto perfino nell'occhio, figurati>, e Che cosa? >. e E guarda>, m'ingiunge– va forzando la giumenta a piegare Ja testa in modo che potessi scrutarle l'oc– chio: e Che ci vedi?>. Avevo quasi paura di di– re e Niente>; esitavo, fin– ché non in travedevo come in uno specchio convesso, le linee ricurve della bot– tega di fronte a! monu– mento a Dante. Apparte– nuta al nonno ed ora fi– nita per non so quali tra– versie ereditarie in mani estranee, sull'insegna vi si leggeva ancora la e F > - iniziale di Federico, il mio bisavolo, - seguita dal no– me e Barrin >, da cui una conc_orrenza sgradevole per la ditta e Fratelli Barrin >. e E allora?> m"incitava Luigi, sempre tenendo bas– sa la testa della giumenta alla mia altezza: e Che ci vedi?>. e La bottega di zio Fe– derico >, balbettavo infine. e Ma che zio e zio. Quel– lo ti è zio come io ti sono padre. E poi quell'effe chi sa come gli è rimasta sul– la targa. Guarda meglio>. Mi a\·,·ìcina\•a sempre più all'occhio infastidito che Leonora sporgeva dal sac– co di crusca: e Non ci vedi il nonno?>. « Sih, mentivo. che pas– seggia col bastone•. Sape– vo che negli ultimi tempi i1 nonno andava in giro con due bastoni. e Che passeggia e pas– seggia! Scende dalla car- letterari Inutilmente, dunque, Car– darelli ammon) che .. la prt– cocità in letteratura è un /em merio borghe:se. Troppo epigrafi,co? Ma nnetttte che solo il lolsir bors:hese può offrire a_diciotto anni questo "antaggio mostn,oso, di po· ter parlare del mondo senza conoscerlo, soltamo percht /i~1 dalla pii, tenera infanzia, ci s1 ~ fatto studiare il lati– netto, la rettorica, la storia nawrale, e si sono avuti sulle ginocchia gli atlanti, i libn· di viaggi, e ogni a_ltrogtnere di stampe scolastiche t me– raviJliose Cosiccht a diciotto anni il nostro gio,•inotto può credere di aver accumulato m_2aenorme esperienza ... •. A dtci~tt(?, ieri; oggi, a dodici, a dieci, a otto ... E se non te rie accorgi, se non gridi d'esultanza. se non ti affretti a voltare le spalle a chi non è imberbe, sei un disfattista. Ma non il solo fer1omeno ddla precocità o della ca– sual_ità degli 0:1tori complica, oggi, la mansione del critico let_terario in Italia. Tra i mille modi in c ui se ne osta– cola l 'esercir.io , non ultimo c'è an che quell o d'im:entare e millantare sempre nuovi e casi •· E fossero almeno nuovf sul serio: i più hanno le stimmate della produr.ione in serie. Il che, realmente è w1 bel caso. ' ENR.ICO FALQUI Aumentate leassegnazioni dicarta dell'Ente Nazionale C linlosa e Carta Il s_upplcmen10 del Bollettino beneficiato di un premio di menstlc • CcUulosa e Carta • consumo. Degno di rilie\·o in pubblica le rclazio~i e i rcn- proposito è che dal 1951 cioè ~iconti dcll:Escrciuo 1959 del- da quando sono state adÒttatc I Ente Nazionale_ Cellulosa e provvidcnz.;. m f-a\'orc della Carta ~a.I quale nsulta eh~ ~u- st~pa, le richieste di carta rante_ Ianno d~rso _le ncb1c- abbiano a\futo un andamento stc di as;sc~aziOJ?,Cdi ':3-1:"ta _da costantemente a.scendente, por. parye ~Cl giornali quottd1aru e 1ando il consumo a due volte penod1a sono ammontate a e me-zzo quclJo dell'inizio del 2.528.266quintali, con un incrc- dec:cnmo. mento del 3 per cento rispetto Una intensa attività è stata al 1958. Dalla pubblicazione si esplicata d.ill'Entc nel scltore ricava, in_ollfC.. un quadro agrario, sp ecie per quanto ri– quanto mat s1gmficativo dei ri- 2tiarda la razionaliz:zaz.ione dcl– s1:1llati,con~ti dall'Ente nei l'indirizzo colturale pioppic olo. d~,·ers.1 setton della sua atti· A 924.361 esemplari ammonta yttà. 1:,c relazioni e i rendiconti, il !lumero delle pioppelle di– mfa1t1, conc_ernono non solo il 'ilnbuitc, parte a prezzo ri– campo agncolo-forcstalc, ma dotto e pane gratuitamente anche quel10 editoriale (quoti- con un aumento pari al 3 20 diani, periodici, riviste di cui- per cento nei confronti dd– tura, libri), ù quale è un cam- l'anno 1958. Inoltre \3 rilc\-ato ::ftiu!lonficnide'rfe id:C ~~t.~ti~~ ~~asj~i~i~~n~c~~li ~= del nostro ordinamento demo- cahpti (che. com'è noto, hanno C!"3tiCO, di una importanza che c_ome; prev~le:ntc destinazione c1 scml:ra superfluo sottoli- I Itaha mendionalc) che 1oc– ncare. cando il nWPero di 661.151 è Rilevato che 1 prezzi di c:cs- aumentato rispetto all'anno sione della carta in bobine prea.dcntc neUa misura del 62 concordati con le Cartiere na: pc: c~nt~. Per quant~ riguarda zior..ali presso la Segreteria gc- poi l ass}stcnza tccn1ca, l'En– ncralc del Comitato Infermi- te ''3 art1colan~o tutto un pro- ~~~t~~ ~di~59b~~°sua~~ r~:a ~rv~Jf\!~t~si sive riduzioni rispetti,·amcnte dlfcsa ~tosamtana 10 seno alle a decorrere dal mese di fcb- suet Azic_nd~ . braio e dal mese di maa:gio: , Nel 19:,9:mfi_nc, è p_ro~gwta va anche notato che come in 1 !J~ra ~ci van organ1Sm1 spe– prccedenza, per oin.i chilo· c~ahuatt_ nc_l campo ~ell'atti– grammo di carta ritirata dai vtù sc1~nti6ca, . Spcctc per giornali, !e Cartiere hanno con- quan,to nguarda d settore del– cesso un bonifico di L 275 la nccrca. Occorre sea:nalarc all'Ente che a sua vo1t8 tle ~be tale attj,•ità si è s~olta ha ~alto bc~e!ìciare _i aio~al!. ~ri fs~!~r;-'=.e n;~~~1!n~– U\"esl!~tTJ1/:n~0rr:zi.ocl1~0 _il l'Ente ha espletato le sue n: masto sosta~mcn;c imm~= ~~e C::a~~~~to =~·i'l~tii ~I? duran~c _il d~~ _cser- come il Centro di Sperimen~ CJD? fin~nnano. L unica inno- tavone airicola e forestale di v~onc tntr?<1ot~ nel qua?ro Roi:na, l'Istituto di spe.rimen– d~• _prov,·c.:hmcntt . lendenu a tavone per la pioppicoltura di ~gliorarc le prowtde~ a fa: Cas:aJc Monferrato, il Labora– ,ore della. stampa e 10 pan tono di spenmentazione car– tcmJ?<)ad tncrementarc _i con-, t~na di Roma. il f.Ab oratorio sumi, è _stam che a J>:UU_re da! d, ,artotecmca sp «ia.le di M.i– m~ ~ .settcmb~ ,1 • aiomalJ lano e il Laborato rio d i speri– quotidiani e pc.nodict banno mentat_ion.e grafica di Roma. XVI SELEZIONE ·'SIA" (Concorsi IOl>O) R0\1/\NZI - ì\:O\ ELLE POESIE - TEATRO Chiedere iuunedkltamrule il ll,·r,olnmruln a EDIZIONI u SIA,. • Bologna, Audlnot, 10

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