la Fiera Letteraria - XV - n. 47 - 20 novembre 1960

LA FIERA LETTERARI 'Anno XV . '· 4i SETTIMANALE DELLE LETTERE DELLE ARTI E DELLE SCIENZE Domenica 20 novembre 1960 SI PUBBLICA LA DOME ICA QUESTO MERO L. 100 DlHl::ZlONE., AMMINlSTRP-ZlONE: Roms • V1a d.1 Porta Castello, 13. 1'eJefow: HedaZJooe 6!:15.487 . AmmJOJStrauone 655.158 • PUBBUCllA': Am.minl.Straz.Jooe: e LA f'U:RA LE'l'TERAKLA" • Vta dJ Porta Cast.elio, 1.3 • fwma . lAKlt tA: L. 150 al millimetro • A BBONAMENTl: Annuo L. 4 000 . Semestre L. 2.150 . Trimestre L. 1.100 . Estero: Annuo L 1.000 . Copia arretrata L. tM> • Spedh:.1on• ln conto corrente portale (Gruppo 11) • Cnnto correnk ~Le a I 131426 IL LIBRO DI CUI SI PARLA * Joyce in Itajlia * di 1''ERDl'fAIIDO 11/RDIA n romanzo di Ja mes Joyce Ulysse.s, che è u.nh· ersalrnente considerato la sua opera ca– pitale, apparirà finalmente presso l'editore Mondadori io una traduziooe italiana alla quale hanno atteso - sotto la supcn'lsione critica di Gia– como Debencdetti - Giulio De AngeHs, Glauco Cambon. Carlo lzzo, Giorgio Mechiori. Sarà colrnat:i cosi una grave lacun:i della nostra cultura letteraria contemporanea e il libro di\·enterà accessibile an– che a gran pane di coloro che non conoscono la lingua in– glese o che non hanno avuto modo di leggere l'ottima ,·er– sione francese di Auguste More! assistito da Stuart Gil– bert, con la revisione di Valé– ry La.rbaud, apparsa nel 1938 con la collaborazione dello stesso autore E' assai difficile dire come e perché proprio quest'opera che senza dubbio, come le altre dello stesso Joy– ce, ha avuto ed ha uo'influs– so detenninante sulla nuova narrati,'3 italiana, sia rim:,,– sta. insieme a Finnegan \Vake. la Work in Progress dell'alta maturità (della quale tutta– via. come anche di UlysseJ sono apparse saggi di tra– duzione piuttosto estesi a cu– ra di Ettore Settanoi). al contrario delle altre. senza ALCIRCOLO DELLA STAMPA * Pablo Neruda a !filano Alcune sere fa. presentato eon acuta di.lamina da Gio– vann.i Titta Rosa, e nato ospite nd salone d"onore del Circolo della Stampa il poe– ta cileno Pablo Neruda. Era presente un folto e attento pubblico, formato da teue– rati. intellettuali. giom.ahsti. e da ..-entendedores ... e culto– ri di poesia. Il quale pubbli– co ha mosl1'ato d'intendere e di gustare appieno la poe– sia di Pablo Neruda (pseu– donimo di Riccardo Ne/tali Reyes) detta. an:i interpre– tata nientedimeno che dal ~o ~zis~ol~~o~~:i 0 St~:hlr:~ sciato Je sue funzioni di bra• vo "co rago .. per fare l'inge– nio.so. il ~'fine dicitore,. di poesi a. In veritd. poche oolt€ d è occorso di assistere a d1--ioni di versi dove l'inten.sitd dei battimani e la partecipazio– ne del pubblico abbia rag– viunto toni cosi alti e in– sueti. Ciò che dimostra in maniera indubbia eh.e la poe– sia. "l'ars poetica"', la pro– fonditd poetica raggiunta da Neruda sono autentiche. E si può tranquillamente ag• giungue: non comuni. Ché. come il pubblico che affoila– va il salone d"onore ha po– tuto subito Tendersi conto. dopo la lettura d1 alcuna suoi ,.,cantos generales , . .si trat– ta di poesia che ;aggiunge vette assai alte e inu,Sttate, ormai unrnersalmerue c9no– sciute. Apparent~€, non (continua a pag. 5) una traduzione ita1iana, tanto più che il suo autore è uno dei più noti, discussi e senza dubbio a.oche letti nel nosLro paese. Le ragioni sono varie e molteplici. Ulysses apparve a Parigi nell'anno 1912 a cura di un gruppo di runici dello scritto– re irlandese, e in una edizio– ne pressoché clandestina, do– po che editori inglesi e ame- ~~~arYa. S~ 0 bberifi= e:. rioso, a questo proposito, an– notare come l'opera di al– cuni scrittori che hanno a\-u– to una forte incidenza nel– la letteratura europea con– temporanea, abbia incontrato all'inizio ostacoli e diffidenze pressoché in.sormontabili nei paesi d'origine: Joyce è tut– tora SC\'eratnente proibito in Irlanda, alcune sue opere so– no state a lungo al bando in Inghilterra: la prima edizio– ne deU'Ulysses, come si è detto, venne stampata fuori ?ai paes~ di lingua i nglese; m quegh stessi paesi er.mo sino a ieri interdette alcune opere di D.H. Lawrencc (per Lady Chatlerley sono cadute da appena un anno le proi• bizioni americane e proprio in questi giorni il romanzo è stato ammesso a circolare io Inghilterra), la stessa. RecJzer– che di Proust \'enne in un primo tempo rifiutata dalla direzione delle edizioni deUa Nouvelle Revue Française, e lutti conoscono come il no– stro Italo S,·c,·o abbia subi– to per lunghi dee.eoni un in– giusto unanime ostracismo da pane della nostra cultura let– teraria militante. la stessa, del resto, che ha ignorato e che ignora uno scrittore eu– ropeo come Pirandello, rele• gato in quel limbo marginale che è per essa il teatro. Si trana, come si diceva dianzi, non soltanto di un gruppo di autori che hanno l.kterminato vere e proprie situazioni di rottura in tutte le letterature occidentali con– temporanee, ma che sono al– tresì gli esponenti di una si– tuazione della nostra civiltà intellettuale, gli interpreti di un dramma dell'uomo moder– no sul quale è fondato pro– babilmente il dramma stesso della nostra civiltà, quello della sua interna scissione. della pluralità dei suoi nuclei psicologici, della disintegra– zione del tempo e dello spa• zio, della contemporaneità tra passato e presente, del sesso come componente essenziale di tutta la sfera affettiva del– l'uomo, della relath-;tà o del– la incomunicabilità della sua esperienza, dell'angoscia esi– stenziale. Si può deprecare un dramma siffatto sul piano puramente mora.Je, Io st può additare come responsabile di una crisi del mondo moder– no; ma non si può non pren• deme alto. D'altronde sir– fatta deprecazione non può non lasciare il tempo che trova: la storia letteraria non si nutre anatemi, e non ~ pos· sibile del resto ignorare una civiltà letteraria che ba il merito, soprattutto, di aver rimesso in discussione tutti i prcblemi capitali della poe– sia contemporanea, ponendo in primo piano quello del linguaggio come elemento es– senziaJe per la scoperta di tutti i motivi psicologici e morali che animano il sot– tofondo di un'opera e che ha permesso altresl di porre 11 problema dell'uomo in pri– missimo piano, colmando l'in- f~~a etrainf.u~~~ 1 ~•o:~ che è forse il principale di– fetto dell'estetica crociana. Immettendo di nuovo nel– la valutazione della poesia una problematica fondata sul rapporto scrittore - lin– guaggio, ma non in senso soggeui,'lstico - intuizionisti· co, bensl in quello di un linguaggio che sia altres\ la storia di tutte le stratificazio– ni interne dell'uomo, cioè di tutti gli apporti che lo hanno condizionato dagli evi im– memorabili. quest.a nuova ci– viltà letteraria, ha posto di nuo,·o in primo piano il pro– blema della realtà, cioè del– l'uomo nella storia e im- (contlnu-;--;- pag. 2) C.arlo Bernart nella sua casa romana CENT'ANNI FAA MILANO NASCEVA L'OPERETTA I LIANA * Breve storia dell'operetta * Nel frattempo ha trionfato, è declinata, s'è spenta * di DOIIENICO RIGOTTI L·operelta visse una vi· la ottuagenaria. Ebbe abiti vivaci nelle sua adolescen– za. vistosi nella sua matu· rità, trine ancora prez.iose nei suoi ultimi anni. Una vita. ammettiamolo, suUi– centemente lunga e soddi– sfacente. ma. alla pari di altre forme artistiche che l'avevano preceduta e che, fiorite in un corpo rigo– glioso, erano appassite an– cora più in fretta di lei. ]e venne negata l'immor– talità. Quando fu per spirare. un bello spirito disse che si doveva attribuire la cau· sa al fatto ch'essa era in• vecchiata troppo precoce– mente. Può darsi: l'ironia non è spesso lontana dalla verità. Gli strali della cri– tica le erano stati lanciati contro quando appena ave– va emesso i primi vagiti. < Aberrazione ed ibridi· smo d'arte,. avevano sc.rit• to col loro inchiostro rug· gine i compassati critici dell'Ottocento: • ostraci– smo ,. avevano gracidato masse di spettatori. fedeli del sacro tempio del me– lodramma, che mai avreb- bero permesso la sostitu– zione d e 11 e loro Leonore turgide con le molto meno sostenute Lolò; per questo l'operetta dovette elargire subito i suoi capolavori. Più ancora dell'opera buffa di stampo italiano, capostipite dell'operetta va considerato il < vaude– ville,. francese. Se proprio dobbiamo riconoscere co– me padre Florimond Her– vé. che nella primavera del 1848 aveva conquista– to il cuore delle midi.net– tes parigine con le su e squisite < musiquettes,. in un atto, patrigno <et pour cause,._ fu quel tedesco di Colonia, naturalizzato francese, che risponde al nome di Giacomo Offen– bach. E, aggiungiamolo. la operetta non poteva tro– vare <nurse> migliore di Parigi. Parigi, dove già la canzonetta era salace e tutta frizzi. era il terreno ideale sul quale Offenbach potesse giocare le sue sa– tire, satire poi dette non da un arrabbiato ma da un buontempone quale egli era in realtà. Poteva ora la satira inguantarsi nel melodramma troppo pe– sante o incalzarsi nella canzonetta troppa gracile e. sua volt.a ? No di certo. Bisognava quindi trovare una via di mezzo. Aggiun– gendo alla parte cantata una parte parlata. ]'ope– retta sopperi alle esigenze. La caricatiura. il frizzo, la battuta mordace si trova– rono agevolali. E cosl l{l neonata ebbe dai parigini, i quali non guardarono ~~ftr defior~ :i~~ti~era~ messi in ... musica. battesi– mo festoso. Rossini stesso ne sottoscrisse il certifica– to di nascita: < Abbiamo (in Offenbach) il Mozart dei Campi Elisi ,._Altri do– cumenti non era più il ca– so di richiederne. e La BeUa Elena ,. fu accolta con 228 rappresentazioni consecutive. Chi più ascol– tò quel tale che giudicava la < Vie Parisienne,. una <schitarrata ,.? Ma se Parigi ha in 0['– fenbach il suo piccolo im– peratore, Vienna. l'altra capitale galante dell'Euro– pa dell'ottocento. è già si- c continua--; pag. 4) UN FENOMENO INCONSISTENTE * E RIDICOLO ( §OHllTTOHll J.N PHJ.MO JP.ll.8.NO) A PAG. 3 Carlo Ber,iari: corsi televisivi per analfabeti presentati da Vladimiro Cajoli; « Me– daglione ali' italiana» per Domenico Rea, di FrancescoGrisi; « L'arte del fischio» di Elio Ta– larico. Al più lieve odor di stal– latico, un sa]to di memo– ria, e mi rivedo come allo– ra nell'occh lo del cavallo. Il rigati.no azzurro che in– dossavo si rifletteva in una fitta rete di llnee ricurve, sempre meno curve però, via via che nti allontanavo da quel globo color di mo– gano con venature viola• cee e gialle. A distAflza si sagomava alle mie spalle lo stipite del retrobottega, poi la fuga del buio corri– doio con una macchiolina di luce in fondo, appena una goccia di biacca: era la porta di bottega del nonno, che si apriva su via Chiaia, nel sole. La sera, terminato il tra– sporto degli abiti su e giù per Napoli. il cavallo ve– niva introdotto clandesti– na.mente attraverso il por– toncino accanto in quel# re• trobottega dove il nonno tanti anni prima aveva in– stallato il suo laboratorio di tintore, trasformando la strada in un torrente che ogni ora cambiava colore. Di quel tempo sopravan– zavano: un gran vascone (perennemente riempito da una fontanella priva di chiave d'arresto). a cui si abbeverava il cavallo; un lungo secchione di legno in1isso al muro, (nel qua– le il nonno selezionava i panni da tingere) e ora trasformato in mangiatoia; la pedana per le caldaie e i foconi, ora adattata con poca paglia a lettiera; e il tavolone per lo stam– paggio di motivi ornamen• tali sui vestiti da ballo, sempre ingombro adesso di carte, cartoni, spaghi, piombi, chiodi e attrezzi. e torno torno al bordo tem– pestate di g:-c:;si g~! di cera annerita dalla cera– lacca; tutti segni evidenti di un continuo imballar ro– ba per i clienti che vive– vano in provincia. Ma c'erano molte altre cose che sfuggivano all'oe– chio mesto e pensoso del cavallo, o perché distanti dal suo sguardo o perché mai sfiorate dalla luce del– la debole lampada che ser– viva ai ragni per appuntar– vi un capo delle ragnatele che pendevano dal soffit– to; ma queste cose le pos– so agevolmente recuperare separando i cento cattivi odori che si addensavano in quel camerone: le aspre esalazioni che proveniva. no dalla porticina sgan– gherata del gabinetto; l'a– fror di pelo che si eflon• deva dalla striglia e dalla brusca, chi sà dove naseo– ste; l'alito dei muri goc– ciolanti salnitro; il miscu– glio di acidi e di alcali che si sprigionava dalle deci• ne di boccette senza tappi coi solventi di più rapido impiego nelle smacchiatu– re; un profumo di grami. gne e di biade in cui ser– peggiava il dolce sentore Nell'occhio del cavallo delle carube, ogni giorno sempre meglio occultate perché non ragazzi non le si potesse raggiungere ... < Fanno male! ,. -. Questa era la lrase con cui si cer– cava di distoglierci dalla golosa ricerca; ma i miei cugini ed io non rinuncia• vamo alla caccia delle ca– rube, se non per affondare furtivamente la mano nel. la mangiatoia e rubarne al cavallo che ne era ghiot– to più. di noi. Quanta malinconia e che rabbia esprimeva allora lo occhio del cavallo che im– pedito dalla cavezza non arrivava ad addentarci le mani come forse desidera– va. )fa scalpitando e dan– do di muso nel secchione di legno richiamava l'at– tenzione di Luigi il coc– chiere. che accorreva be– stemmiando: < La volete finire? Con tutto il ben di Dio che si spreca nelle ca– se vostre ... ,._ giungeva che i numeri era– no tanti e che noi era\'a– mo troppo ragazzi per ca• pi rii. e Figurati>, soggiunge– va dlora, e che il nome Leonora, sai chi gliel'ha messo? Tua zia la pazza,._ Non l'avevo mai cono-– sciuta, questa zia, se non attraverso i racconti di fa– miglia; ed erano cosi fa– volosi, così ammantati di reticenze che la mia men– te d.:>Veva per forza collo– carli in un tempo remotis. simo entro magiche quinte di coleri e rivoluzioni, fra le quali pendevano così come erano collocate nella vetrina le date dei brevet– ti che 1e Real Case (i Bor– boni, gli Aosta, i Murat, i Savoia) avevano concesso (continua a pag, 2) * A PAG. 5 « uttere inglesi » di Gia– como Antonini * A PAG, 6 Dal « taccnino» di Ar– dengo Soffici,presentata da Giuseppe Sciortino: una galleria di disegni. * Inoltre: Reunsioni, ras- segne di cinema,pittura, notiziari, varietà. 11 ILNEMICO N STRO VIENE S MPRE DA ORIENTE» * Canti dell'antico popolo istriano VENEZIA, 22-10-1960 Egregio Direttore, Lei sa che la Jugosla– via pretende la e restitu– zione.> degli arch.lvt e delle opere d'arte del– l'Istria, anche se di pro– prietà privata. Cioè chia– ma re::otitl<.don~ ciò eh~ non è taJe. Perciò, avendo lo trovato io uno cli detti archlvi quanto Le mando io traduzione, devo pre– garLa cli voler pubblicare senza le pur necessarie indicazioni, pcrchè non sarebbe proprio il caso di consegnare agli slavi un prezioso archivio d'ltalla– oJtà patente, che es– si distruggerebbero se.nz: a. esitazione, se è vero ch e comperano al mercato antiquario vecchi libri sull'blrla e U destinano al macero: e questo a0 con certezza. Vorrei dunque pregar– la di pubblicare questi « canti• senza neppure la mia firma: tutt'al più con la sigla F. S. Con dlstlnli saluti. L'offerta di Kenes Il sole sorge e tramonta. La luna tra.monta e risorge. La bellezza di Kenes sorge sempre, non tramonta mai. Quando il sole s'alza Kenes sale sulla cima del castelliere. Kenes guarda il sole, beve l'aria fresca colla bocca calda del sonno. Kenes getta ogni abito a terra e nella sua completa belleua assorbe l'aria fresca con tutto il corpo stupendo. Kenes si fa baciare dal sole. Kenes scende verso il sepolcreto del castelliere, lungo la cinta di sassi che lo difende dai nemici. Presso 1e urne deUe ceneri Kenes si offre, olocausto, ai morti. perché difendano i vivi. Così fa ogni giorno Kenes. E il sole continua e tramontare, la luna a risorgere. Chi ascolta l'offerta di Kenes? La al ''caso _,, letterario L'allusione agli sprechi di casa, - e quindi all'in– giustizia di cui gli sprechi erano il segno più eloquen– te - ancor più clie le no– stre monellerie. avevano il potere di distogliere i no– stri genitori dalle loro oc– cupazioni; che specie il sa– bato sera consistevano nel contar danaro, metter da parte l'occorrente per le spese d"esercizio, e suddi– videre il resto in quattro parti eguali, e ancora sot– trarre dagli utili di uno dei quattro fratelli la somma che questi s'era fatta an– ticipare nel corso della set• ti::13n.;:.: ed t'!":l l'ope:-az.!o– ne che da,•3 luogo a dis– sapori. a dispute, spesso a liti. Il nonno allora era già a riposo da qualche anno, e non poteva far più la voce grossa per placa– re gli animi. Vi provvede– va Luigi, sgridandoci, e spudoratamente alludendo alle spese incontrollate che si facevano neUe quat– tro famiglie: <Oggi proprio bo speso dieci lire per la carne a casa tua, e tu vai a rubare le carube a quel– la povera bestia? ,._ A que– sto grido qualunque opera• zione veniva sospesa nel– lo sgabuzzino di legno che s'apriva ne l corridoio, e appariva.no i genitori. Nes– sun o dei q uattro però si decideva, se uno non dava l'esempio sfilandosi la cin– ghia dai calzoni. Da quel momento cominciava • la caccia, che terminava solo quando avevamo riportato uno alla volta le carube alla mangiatoia. maledi– cendo quella bestia che non sapeva stare ai no– stri scherzi. Dieci bacche in fondo le avevamo tol– to! Con tutto quel fieno e quella crusca che man– giava! E cosi, insultando la bestia con glì epiteti più astiosi, la paragonavamo alla Checca. la vendicati– va e recalcitrante mula che allietava i nostri gio– vedì dalle pagine a colori del < Corriere dei Piccoli,., Perciò non fummo molto sorpresi scoprendo qual– che tempo dopo che 11 ca– vallo era una femmina: trovammo anzi una rispon– denza logica fra il suo ses– so e il nome di Leonora. che per noi suonava come quello di una vecchia bi– sbetica, egoista e golosa. iJa. a proposito. quanti an– ni può vivere un cavallo? A questa domanda Luigi ci proponeva un calcolo as– surdo per la nostra mente: L'amore di Kenes vi~~soqr!a;~~ •è d!f 0 éf:~~~a/! do. la maggior parte degli editori non fa che cercare, br<,,.mare e sognare di mette– re le grinfie sopra wi e caso• simile. E non diremmo che lo faccia per ri.sarcirsi di spe· se sballate e rimettersi in se– sto. Potrebbe, allora, linnrar– s, a quei particolari tipz di pubblicazioni che dal • roseo • al •nerastro•. dal • fumetti– stico• al • puulistico •, ri– sultano fortemente redditi:., per la grande diffusione cui vanno soggetti tra i consu– matori di minore esigenza. Sulla scorra dell'esperien· lft, si può im·ece sostenere che, a sollecitar gli editon r:ella ricerca spasmodica dr sempre ,mo·N •casi• da stromba1.:.are, è piullosto la persuasione ch_e nesszm altro modo sia migltore per dimo– strare il proprio fiuto e im– porre 11 proprio prestigio. .\fa è persuasione errata per• chi muovendo dal presuppo· sto· clze si tratti di un cca· so • .sensa:.ionale, atto a far cl1iassosamente colpo sopra una ,·asta cercllia di leHori disillusi e si•ogliati, non na– sconde di mirare ad un suc– cesso maean· andante pur– ché sowabbondante. E que· f,~ 0 ~mdii,,:,~~~';;u: s~t:C:~~1:obi~i 1•tmdita che quasi mai coin– cide con l'elaborato consen· so della critica verso un'ope– ra letleraria di genuino e oneinale merito artistico. Diversanrenu. non vedrem- mo l'editore andare in cer– ca del •caso• come di un toccasana contro l'annosa crisi del I,bro e non senti– remmo mutarsi in certezz.a il tn·ste sospetto che, all'alto pratico, per non tardare ad acciuffarlo e non lasciarselo portar via, s'accontenta di un autore di meua tacca, p urché dia all'occhio e pro- 1· oc.hi magari .scandalo. Non t anto sr ambisce, come sareb– be nawrale e come è. stato in passato, alla scoperta di w1 nuovo vero e degno au– tore, quanto, se 1'0gliamo essere sinceri, si punta sulla nomea di un qualunque au– tore che faccia parlare di si per ragiom non sampre col– legate alla valentia, alla tec– nica, alla lezione della sua opera, bensl alle circostan– ze più o meno singolari e curiose ed attraenti della sua vita. L'ecce:ionalitd del • caso • de,·e pogs,are più su ele– menti biografici che su ac– certamenti critici: come ta– le è destinata a non aver durata Iroppo lunga, né re– sisten:::;a troppo solida. Piìt effimera della moda e più capricciosa della stravagan– :a, resta ~,data ~Ila_ fug• gevole-zz.ad1 una cunosllà tra pettegola e dispeuosa. Pet– tegola perché tende a intru– folarsi nei fatti privati del– l'autore. com piacendosene quanto pH, sono intimi; di# ,r;pettosa perché scopre uno <;pir1tello di pretenziosa ri– n1/5a co•1tro ,a presunta •Or· )f.. di ENRICO FALQUI dinaria amministrazione• delle manifestazioni lettera– rie degli scriuori addett_i-a~· la,·ori, patentati, profess:_om– sti. I quali, essendo scruto– ri-scrittori, restano peraltro gli autori, i produllori di maggiore affrdament~, quai:: lunque d1 maltlrauone pru lenta. Ma quindo? Ma dove? In un mondo clze ,•a di furia come quello d'oggi, fa– talmente l'ultimo •caso• ha dirillo di precedenza assolu– ta. Guaz al le11ore, al co,is:· gliere, alla vedeua che se lo è la.sciato sfuggire. Quanto tarderà a vederlo carpito dal– la ditta concorrente ed esal– tato com.e un trofeo di vii– torio nella battaglia per l'ac– caparramento de,-• casi?•· /~ cnterio douinale, che armar soprintende alla valutazione dei s:,ccessi letterari legati al chiasso, provoca incertez– ze e confusioni grandemente nocive per i cedimenti e g~i errori ai quali costringe c/11, invece, la.sciato libero di giu– dicare secondo il proprio savio e rigoroso criterio, non esiterebbe a scartare certi equivoci ed illu.son prodotti letterari, senza preoccuparsi di abbandonarli allo sfruttamento rivale. E c-,iteno più se,.·ero ~ sempre quello di cercare lo scrittore autentico, distinguendolo dal casuale, Ma, per uno buo- 110 che se ne può rinvenire, tra i casuali, quame centi– naia non bisogna avere d coraggio di scartarne e man– darne al macero? Prima si pcssedeva un tale coraggio, e si era elogiati per il buon uso che se ne faceva. Non per nulla i •casi,. lettera– ri di ieri erano ben altri– menti fondati. Si ripensa al • caso • Svevo. Ma oggi? Siamo in tempc d'in/lazio· ne: quel che non piace allo editore A. manda in vi.sibi– lio l'editore B; quel che lo A crede immeritevole di pubblicazione, pubblicato dal– l'editore B ottiene premi ed elogi... Con quale coraggio si può respingere un'opera, se poi, accettata subito da un altro editore più a corto di materiale o più temerario. cdpita di vederla incorona– re? Le ragioni, per le quali era stata respinta, sono for– se risultate sbagliate, inesi– stenti? Peggio: a superarle e ad annullarle è il diffe• rente e più arrendevole cri– terio di giudizio .•Casi• del genere SI son dati anche ul– tim<,,.me>1tee lzarmo prO\.-O– cato allarmi e rimostranze: perciò, co,r;l continuando le cose. si presenteranno sem– pre più frequenti, con cre– scente increscioso imbara~o dei presunti responsabili. 1 quali, invece, meriterebbero un premio per la costanza della loro coerenza e per la impopolaritd alla quale van· no incontro, noncurando il supplizio della maldicenza. D'alcronde il buon esito di un • caso ,. su mille ba– sta a riaccendere ed infiam– mare speranze sopite: fa ria– prire cassetti e ri.spc,lverar manoscritti abbandonati; ar– ma la mano di gente che mai più avrebbe osato ci– mentarsi nell'esercizio dello scrivere e adesso ci si butta con arroganza; suscita illu– sioni del tutto fallaci ma non meno accanite nel voler ot– tenere esaudimento. E di· sgraz.iato chi non con.sente, non agevola, non favorisce. Vanno a rnba cosl i giovin• celli come i vecchietti: alla sola condizione che destino sorpresa. Ma ci sono stari tana enfants prodiges: e tro-– van subito posto in prima fila con gli adulti di mag– gior levatura. Mai tanti Sten– ditoi redivivi: con la smania di riguadagnare il tempo perduto in rinomanza e pe– cunia. M:zi ta,iti Rimbaud outsiders: con la sicumera di saperla più lunga e d'essere i cfg t;~~~ difficile anche la vita dei poveri critici preposti alla lettura dei te– sti. Perc11I non uno dei tan– ti. degl: infiniti testi vien loro risparmiato; e, con la una o con l'altra sigla edi– tonale, tull1 vanno a finire sul loro tavolo, davanti ai loro occhi. Come riuscire a esaminarli tutti? Non sard già accaduto e quante volte non continuerà ad accadere che un'opera degna passi inosservata e rimanga sco– nosciuta, mentre altre non supe.riori ve,igono portate ai sette cieli: Nel genere del • romanzo storico> del nostro tempo, chi di noi ha letto, per esempio, le 726 pagine di Salvatore Spinelli (li mon– do giovane: Ceschina. Mila– no) e le 762 di Francesco Mannacio (Musica proibita: Voce, Firenze)? Saranno dav· ,·ero inferion alle 403 dello (continua a pag. 2) < Eh. fatti un po' il conto,._ Su quali cifre Si dovesse impostare il conto egli non diceva: ma strigliando la bestia e sputacchiando sali– va ingiaJlita di cicca sog- L'Italia lettèraria nelmondo n centenario della proclamazione del Regino d'Ito:ha sar4 commemoTOto in America datl'lstituto italiano di cuttura e da van aunei e sodali..-i con particolare riguardo alle no– ure conqui.tte cuiturall Una o due volte al mese la radio giordanica dedica una trasmissione del suo programma arabo agli scrittori italiani_ dei quali ,tiene letto qualche brano di poesia, tra– dotto m arabo. Vengono anche trasmesse musica e canzoni italiane. Della rubrica letteraria è incancato il signor lssa Naun funzionario del Ministero dell'Istruzione e cultore di studi italiani, al quale l'UNESCO ha receotemeote assegnato una borsa di studio di sei mesi da tra ..correre in Italia. L'opera di F ranco Venturi sul populismo ntuo è stata pubblicata dalla ca.sa Knopf di New York nella cer.stone di Francis Haskell, e sta amrando 1·atten.zione dei CTit.tci amencan1. Kenes è la più bella. Kenes ama Rauli. Rauli è il più forte. Rauli ama Kenes e la vuole per se. Kenes ha detto a RauJi il suo amore. Rauli ha risposto: e Ti voglio!,. Kenes ba chiesto: < Non sono bella? > Rauli non sa che cosa è beUo. Rauli vuole ciò che vuole. E Rauli vuole Kenes. Ma RauJi non parla. Rauli soltanto egisce. Rauli non sorride. perché il forte non sorride. Per questo Kenes ama Rauli. . la Rauli muore in guerra. Kenes davanti all'urna di Rauli ripete sempre: e Vieni, amore. l'aspetto. Sono per te solo. Vieni, amore, t'aspetto. Sono forte anch"io, Vieni, amore, t'aspetto, o scendo con te, là sotto: vieni amore t'aspetto, sotto quella pietra fredda fredda. per vivere nel caldo del tuo amore. Vieni, amore. t'aspetto vieni. Rauli forte. ' Vivremo là, sotto quella pietra fredda nel caldo del nostro amore,._

RkJQdWJsaXNoZXIy