la Fiera Letteraria - XV - n.36-37 - 11 settembre 1960

Le nch1este dJ g1ud1210 che giornaJ.mente d pervengono. troveranno nspo.sta celle apposite rubriche • Verba Vo,.. lant •• • Scripta manent • e • La Fiera risponde• secondo l'ordine di arrivo. Si prega pertanto di astenersi dai soUecid trA FIERA LETTERARIA ORAKJO DELLA REDAZIONE 11·13 daJ me.rcoledl aJ sabato Mano.scritti, foto e disegni non rtch:~u non rt restituiscono A PALAZZO GRASSI UNA MOSTRA Dl GRANDE INTbREbSE * «Dalla natura all'arte» Si sa che le ombre, le macchie (di ruggine o di sal– nitro) le scrostature e le in– crostazioni originarie, ele– mentari, o naturali, hanno sempre ispirato la fantasia degli anisti. Sembra un gio– co, può essere anche un gio– co, ma da Dubuffet ad Afro (per non parlare degli anti– chi maestri) la visione ema– nala dagli oggeui e dalle cose, dagli alberi, dalle roc– ce e dai minerali, la proie– zione ambigua (quello che persino in Morandi cambia e tramuta la sagoma casta dei vasi e delle bottiglie predi– lette) nello spazio di una forma naturale (anche se ha già subito una metamorfosi ambientale, atmosferica o temporale) può suscitare un'immagine, una trasfigu– razione, un segno, un fatto, un ricordo che richiama al– la mente - concretamente - personag~i del mito o del– la storia, materiali della tec– nica e della realtà contem– poranee. Pa11ta rei, tutto scorre ... di R. JJI. DE Aì1/GELIS nasce l'indagine sperimenta– le? E' il risultato che cooia, le forme nuove, cioe, estrat– te prodigiosamente dal caos, da!J'infonne o dall'appa– renza. Niente è certo ed eterno, nella natura, o meglio, nel certo e nell'eterno della na– tura ognuno può estrarre il mito, la parabola, l'immagi– ne che gli occorre per poter continuare a vivere di rifles– so nella caduca fragilità del– la forma umana, di contro alla compatta e tenebrosa massa di ciò che ci circon– da ed opprime. L'artista, col suo intenren– to, ricerca la propria libertà e la ottiene soltanto se rie– sce a distaccare dal magma quanto gli appartiene dalla ~ nascila, per dirillo divino e intercessione della grazia. Ripetere la natura è del– l'automa, non dell'uomo, né tanto meno dell'artista, e al– lora bisognerà davvero in– travedere, più che vedere, distinguere, e quindi sceve– rare soltanto quello che di essenziale è nascosto nella cieca apparenz:t. Con le pietre, i minerali grezzi, i legni, le radici. le montagne, le foglie, i fiori, tura - e la definisce, con i mezzi spontanei della na– tura stessa: l'imitazione è dissolta da1l'arbitrio fanta– stico, dagli accostamenti im– previsti: oppure tutto è au– tentico, 01iginale, vicino al vero come una rosa a una altra rosa, un fossile a un altro fossile; e tutto è pa– tinato da una doraturs an– tica che si riferisce all'enig– ma dell'autunno in quanto stagione e in quanto epoca. Sortilegio clandestino. li danese Heerup affronta il granito, l'arenaria rossa, il marmo bianco e grigio e ,·i scava le sue forme, o me– glio elabora quelle preesi– sl'enti al suo intervento, le 1itrova, non solo togliendo il superfluo, ma scoprendolo con la imm:1ginazione teme– raria, prima che non lo scal– pello e le dita. Le sue figure emblemati– che (è facile adoperare que– sto aggetti\'O, ar,che se con– ,·enzionale) presuppongono almeno un'altra vita anterio– re, senza escludere quella fu– tura, celebrano la natura so– lenne, chiusa, alquanto fer– rigna e a volte addirittura ermetica. Pensi agli Etruschi. ai Faraoni, alle mummie, al– le tombe e ai re1iquari. (Ma forse è un difetto, e un in– ganno, della immaginazione, poiché ogni forma è primi– tiva, elementare, barbarica. Non riesci a sottrarti al fa– scino degli accostamenti ar– cheologici). Se Dubuffet non esita a impiegare ali di _farfalle e anemoni, lappa, marogna agave e spugna; Enzo Mau– ri adopera canne legno cel– lulosa alluminio e filo per le sue arc.h.i.tetture interne, le sue trame aeree che in– ,,entano ambienti illusori in il?~to 1 af~auib~v;I~!1~e!~j: 1e, l'architettura risulta fra– gilissima, inesistente quasi, ma non se ne può discono– scere la sorpresa, né la grazi.i. E infine Pinot Gallizio che mette a profitto nelle sue pitture le tecniche dell'affre– sco, dei grafiti rupestri, del– le varie caverne di AJtami– ra, in un impasto che inten– de ricreare il mondo alle origini, in una stratificazione di colori tenebrosi, incalra– mati di nero e fuoco, cenere e lapilli, zolfo e magnesio. ------- ì\VJL O§ rJ[' J~ JB:; J[J) 'A\J~ 'J[' JB:; J[ N J[ 'J[' A\. lL J[ A\. CARLO ZAULJ: "Vaso grande• (Mostra di Gubbio) Ce.ramisti a Gubbio * di GIUSEPPE SCIORTll\'O ·otoriamente la cerami– ca commerciale di dubbio :?Usto è prerogativa del Veneto. della Toscana e de 1 l'Umbria: quindi la Biennale d"Arte Ceramica di Gubbio viene ad avere in tutta la regione una ri– sonanza ed una funzione didattica di primo piano. Tanto più che - stando alle dichiarazioni del pro– fessor Benedetti, il quale è uno dei principali orga· nizzatori della significativa manifestazione - la mo– stra vuol potenziare la ceramica e come elemento di architettura e di arre– damento e come elemento di architettura e potenzia– mento sacro>. Forse. dietro queste in– dicazioni, il tema oriiina– rio. sul quale avremmo dovuto discutere cinque critici d'arte e cinque cera– misti convenuti di propo– sito a Gubbio, si e mutato in quello degli architetti che. secondo alcuni. non si gioverebbero bastantemen– te dell'opera dei ceramisti: e in quello che vorrebbe chiarire i rapporti (o i non rapporti) fra la cera– mica d'uso e quella arti– stica: oltre alla validità funzionale della ceramica in genere. Su codesti argomenti la discussipne. brillantemente presfeduta da Carava~lios. si è fatta piuttosto vivace con gl'interventi produtti– vi dei ceramisti Caru.so. Parini e Zauli -da una par– te e dei crit.ki d'arte Fo– gliero e ).loretti dall'altra parte. Noi a~biamo. eoe· rentemente con quanto scritto in altre occasioni. sostenuto che la ceramica d'uso (molteplicit3 di un pezzo) e la ceramica arti– stica (unicità) ,·anno ognu– na per proprio conto: che tutta la ceramica è fun· zìonale (quella d'uso in sinteressato di buona oarte delle opere. n' occa::-fone mancat.a. dunque, per approfomhre il valr,re de~li elt>menti architettonici pre.sE'nti in Bagnoli: la consistenua de:– corativa di un pannello di '.\tiniati: la suggestione del– le forme totemi('he di Ghe– no: la poesia fiabesca rlelle tec;tine di Porcù. L'in(or– male. adottato da ~tene– guzzo. riduce I oannelH a s_uperfki sporcate_ d, semi e colori eratmti: oreferi– bile il dise2"nino minuto e infantile (ma eustns.o) di Lucietti. L'arte sacra esp{lsta a Gubbio ~ po('a o ounto in– teressante: anche Bian<"hi– nj e Lucerni. che sono due ottimi artisti. si son las<'ia– ti prendere dall'abbondim– za deila decorazione oer carlere nel rigido nulla di una volontà propiziatrke piatto::10 che in un emoito di e:eneroso c-anto che me– riti di essere ascoltato e meditato. E perché non possiamo so– stenere lo stesso per la na– tura e per l'arte, che, pro– prio in quello scorrere, in quel mutare, in quel tra– smigrare, accettano un dia– logo. accampano un'ipotesi (o un miraggio) che si tra– sforma in fantastica e fanta– siosa simbiosi? gli animali. le schegge, le --------------------------------------------------- limature, i frammenti, è pos– sibile ricostruire l'universo e riinventarlo in quel clima Da non dimenticare la presenza di alcune scuole d'arte <Castelli. Lucca. Mo· dena. )Jovi. Bari. Isernia. Roma. ecc.) che. sull'esem– pio di quanto avvient allo ·annuale Concorso di Faen– za. troviamo in quasi tutte le mostre ceramistiche. Ciò noi consideriamo un erro– re. in quanto si frastor– nano i raeazzi dalla seve– rità dello studio oer por– tarli a oresunzioni e ad e.saltazioni che non e:io,·a– no al loro apprendimento. Ci sono delle mostrE" di~ dattichE" dedicate alla c;<.""uo– la. ed e eiunto che ci s:a– no: ma non si facciano fil?l.lrare i rneazzetti accan· to ai maestri. Abbiamo detto gioco, o forse gioco non è se pre– suppone una logica iniqua, un taçlio di sbieco, come in certt diamanti, una ricerca che si affida con la stessa compostezza alJe imposizio– ni arbitrarie della luce e del– l'ombra - richiamate, evo– cate intorno a immagini qua– si sempre grottesche, chi– meriche o addirittura me– dianiche. Ma che importa da dove ~~:rn~~s~e ~~~~~n~~ definire e ritenere effimero? La mostra allestita a Pa– lazzo Grassi in Venezia, e inaugurata a mezzo luglio, vuole documentare un itine– rario di ricerche similari che, in talenti cosl diversi, parte da un modo da interpretare le forme e le immagmi che la natura proietta nello spa– zi.o, ed allinea esperienze che vanno dalle • sagome • di Munari (estratte dalle roc– ---------- ce) in controluce (e qui dav– vero le ombre e le luci si equivalgono nel loro abissale fcnrore), mediante l'i111er– ve11to guidato del fotografo Di Blasi, ai frammenti di Etienne Martin che si avva– le del catrame, se non del colore per offuscare i suoi totem in legno (di Etienne Martin bisognerà, ancora ri– cordare gli • oggetti trova– ti •• cioè a dire le sculture ,za,urali, già staccate dal m:1- Ilproblema O'Annunzio (continua da pag. 5) fronte alla sostanziale ne– cessità di esaminare molti degli aspetti che legano D'Annunzio al suo tempo non soltanto sul piano dello, poesia, o nel river– bero di una poesia, ma in que11a che era la vita del suo tempo, non esclusa quella pubblica, e Io ha fatto con grande finezza e discrezione anebe in ra– gione degli elementi nega– tivi che risultano da co– desta rontinua contamina– zione nell'opera dannun– ziana della poesia con tut– to j] magma spesso ango– scioso della vit.J. del poeta e delle sua partecipazio– ne alla vita del suo tem– po. Si può dire anzi che grandissimo merito di questo libro del De '.Mi– chelis sia quello di aver di nuovo inserito il D' An– nunzio e la sua opera nel suo tempo. riscoprendo in esso quella parte cospi– cua delle radici del dan– nu~..z.ianesimo ,che ormai non possono più esse– re strettamente delimitate nella vecchia definizione del dannunzianesimo stes– so. e sarebbe veramente assai interessante (pur– troppo in questa nota manca il tempo e lo spa– zio) rilevare in questa sua indagine quanto di dannunziano o di men che dannunziano il D'Annun– zio stesso sia stato trami– te nella letteratura italia– na di questi ultimi cin– quanta o cento anni. Quanti problemi della no– stra attuale letteratura non passano per la strada, se pure con diversi inten– ti, percorsa dal D'Annun– zio? Vi passano in modo particolare tutte quelle li– nee europee che si dipar– tono dal decadentismo, e jJ libro del De Michelis ci sembra fondamentale per la loro individuazione, in modo particolare dopo che alla nostra coscienza c,ri– tica si sono aperte quelle prospettive che la cono– scenza di Proust. di Joy– ce, di Musil. .di Broch ci permettono di osservare nelle loro peculiarità e nella. peculiarità dei loro valori essenziali, come non sarebbe .stato possibi– le qualche decennio dianzi. FERDINANDO VIRDIA Fus~a 11::~:n~!i1ael~~tep~~!~ stinazione). Il pittore-scultore giappo– nese Sofu Teshigabara se la fa con i fiori e con le nu– vole, e infatti • Le nuvole bianche vanno e vengono • s'intitola un suo poema cal- ~ff: :n~e~~~e<: è leggenda, di fronte agli oc– chi ammirati e scettici de– gli allestitori della mostra) che dice notizie del cielo fo forme emblematiche e flui– de. Come meravigliarsene? Le occulte presenze degli an– tenati guidano la mano ala– cre e ispirata del nobile ar– tista che gra.fisce, scolpisce, dipinge, o seleziona fiori ra– dici, steli e foglie nei subli– mi arazzi dell'ibekana. Vere e proprie metamorfosi sono le sue opere di scultu– ra che il maestro definisce globalmente Vite, e ci pre.. sentano la lotta e la soprav– vivenza, la battaglia e il trionfo - scomposto tuttavia dal ghigno del demone in agguato. Le cose e gli anima– li, le pietre e i fiori di roccia vi acquistano un agghiaccian– te stupore, che, in un primo momento richiama la morte, prima di atteggiarsi in ca– parbie e feroci figurazioni di vita, forse soprattutto per Je lamine di ottone che ri– vestono il legno come un'an– tica e favolosa armatura. I bronzi di Germaine Ri– cbier hanno dei mostri na– turali le belluine e straziate forme e sembrano ricavate nell'interno di una miniera, ombre riflesse sul buio delle pareti, come per effetto di una lanterna magica: cultu– ra, storia, mito, niente man– ca al loro monumentale ac– camparsi, in terra di uomini, quah messaggeri di una pre– istoria e di una poesia alle quali gli uomini, le creature di Dio, hanno imprestato più di una cadenza. E inten– diamo riferirci soprattutto .all'immagine di don Chi– sciotte, desunta con il ri– cordo più lucido dall'inter– pretazione del basso Scialia– pin, protagonista dell'omo– nimo film russo dedicato al cavaliere dalla trista figura. (E', dunque, l'ane umana, l'equivalente della natura divina? Certo, in questo caso, poiché il mito poetico è di– ventato a sua volta storia e natura e quindi oggetto di tra.figurazione da parte di un altro artista che lo ha rin– venuto nel panorama acci• dentato e fertile della me– moria). Non lasciate,,i ingannare dagli scherzi flore.ali di Jean Dubuffet: egli dipinge, sca– va, scolpisce e canta con le foglie, i gambi, i petali e i colori sovrapposti; egli, in definitiva, interpreta la na- ARTISTI J[TALJ[ANJC * Romeo Darieo, pittore carsico- Dare un'idea del • linguag– gio~ e del • mo,zdo :io d'uu artista, che opera in pieno clima d'arte conlempora,zea, no,z è certo agevolissima co– sa; tanto me,zo se il discorso non si articola sulla visione stessa de.Ile cose prodolle usceu.do così dall'i,1evitabile genericità che non riesce né a inquadrare l'opera, ,tè a de.- finire la personalità dell'arti– sta. Questo, perché l'arte con– temporanea., uscita dal gene– rico, ,accollasi in e isole,. e discesa nell'individuale, si presta a facili equivoci e., in ogni modo, compromette ogni buona volontà di chiarezza e di precisa individuazione. una considerazione, questa, che va te11utain de.bilo conto nel va– lutare l'opera del Daneo, nel quale obbiettività d'arte e soggellività d'impressioni si compongono cosl che la let– tura delle. sue alluazioni è tutt'altro che immediata. in esse, l'impeto della sensazio– ne e la misura della concet– tualità si compongono come un tessuto musivo, apparenre- RO:\IEO DMTEO: e Periforia » mente omogeneo, fallo in realtà di tessere differente– mente signi'ficative. Si crea cosl q11eltanto di ermetico e quel tanto di prof/erto clze so– no la nota saliente delle sue composizioni: composizioni statiche, accorte, generate co– me da emozioni e riflessioni dissoltesi in musica. • Tetti rossi> e e Santa Cro- ce > rimangono per questo i momenti più ricchi ed espres– sivi. Ne.I primo - un agglo– me.rame.,zto di edifici, serrato come in una prigionia di li– nee verticali e.d orizzontali, intorno a cui spazia un cielo vaporoso, quasi pieno di lan– guore - i due motivi de.irigo– re e del bisogno di libertà poetica, di incanlamento, so- 110 più che. palesi: una specie di au.toritrallo nei momenti di dissidio più acutamente av– vertito. Nel secondo - con quel gran CU.lo dipinto cou l'amore e con la grazia di una tenerissima confessione, do– minante sul paesaggio basso e disteso e raccontato co,r ac– ce,zti di colore che ricordano debussettiane annonie musi- cali - la parte poetica ed in– cantata ha il sopravvento. E' come mz passo ava,ui verso wta decisione: e par che così sia per tutte le conferme c.on– zenute ne.Ila,se si vuole, sor– prendente attività attuale: uri atto pittorico d'abbandorzo as– sol1llo all'istinto, all'emo:.ione, alla traduzione. immediata dello spettacolo naturale nel– la sua più elementare sugge– stio,ze pittorica: sprau.i di luce. elle sono le. cose stesse; piante, e.rbe, bra,zi di le.rra e. di ci.e.lo, che cantano con la loro semplice, elementare vi– talità. Non per nulla rl pae– saggio è quello de.I Carso, il Carso rude e chiaro, cantan– te e pieno di dignitoso riser– bò, st,lcChiante l'indole.de.Isuo porolo e quella del suo pit– to, e. il pittore, qui, nou medila, non si macera più: assapora in perfetta le.titia la gioventù sempre nuova e rigogliosa, immemore ma fattivamente creatrice, della natura. Un col– loquio, diremmo, strello ed intimo con la ,zatura, per un bisogno dr ascoltarne la ,,oce ge,zuina, di rialimentars"i alla sua forza primordiale.. Un al– lo, comunque, che, tra la fa– ticosa elaborazio,ze delle cose di maggior momento, ha un significato incisivo: come di una chiave che clnarisse la lettura della produzione pre– ce.dente nel suo atto origi– nario. La sorpresa della produzio– ne attuale. è perciò soltanto apparentemente ~orpresa. LA coerenza co,ztinua trasportala soltanto cou una maggiore inclinazione verso il fallo pittorico in sé, verso la pri– ma, immediata impressio11e. Uno svincolamento, quindi, sepptffe momentaneo, dalle influenze intellettualisticlte. Ma coerenza tuttavia perché essa fa parte. di quel costante bisogno di adeguamento della pittura al mondo interiore ARTISTI ITALIANI * Giorgio (Jeliberti, friulano Attraverso l'ultima produ– zione di Ce.liberti (1957-)9«}) è possibile traccinre un pro– filo dell'artista, poiché questi ultimi lavori sono come w,a felice sintesi delle varie espe– rienze pilloriclt.e, per mezzo delle quali Ce.liberti ha preso coscienza dei suoi mezzi espressivi e. dei motivi a lui più congeniali. La vena pitlorica del Ce.li– berti è essenzialmente pae– saggistica: a contatto con gli alberi e con le case la sua fantasia si accende e i colori \librano, creando atmosfere di un'intensa suggestione. L'oggerto, il particolare na– turalistico, nella tavolozza. di Celiberti, sono quasi un pre– te.sto attraverso cui trapassa l'emozione. L'oggetto, sia esso una casa o u,z albero, non è mai realisticamente definito ma neppure completamente dissolto, perchè all'artista non interessa uz quanto tale, ma in quanto capace di su– scitare tm'intensa emozione e.vocativa, elle spesso trascor– re sino a toccare punte espressionistiche, specie quando il soggelto è un gat– to, tema ricorrente. in molti quadri del Celiberti. Non è forse arbitrario ri– cercare la genesi psicologica di certi motivi ricorrenti nel– la tematica di un artista: i felini, che cosl spesso sono fermati dal pennello di Celi– berti, sono qualcosa di più che. un soggetlo preferito. Forse per Celibe.rii e.ssi sim- ::,~~1t:i:~ t-obil:':11 1m:~:: trabile. Quei felini, acce.nnat1, quasi e.vocati da rapide pen– nellate, guardano lo spettato– re e lo interrogano, cosi co– me spesso fa verso di noi la realtà, ponendoci delle mute domande, che spesso ci assil– la110per anni senza mai tro– vare una risposta definitiva. Non direi che tra le "figure e i paesaggi sussista una so– stanziale differenza. emblema– tica: la figura è sullo stesso piano di una casa o di m1 albero nella fantasia di Ce.– liberti. Il problema umano, in questa fase., non sembra interessare molto il Celibert1. Merita un'attenzione. parti– colare "l'uso del colore U, Ce– libe.rei. Sin dai suoi pmm. quadri, la ~rie. de.i •tram,. e delle e serre • ( 1948-49 ), il co· lore non è stato mai sentito da Celiberti con indulgenze edonistiche, ma sempre, sia pure con maggiore o minore consapevole.ua critica, in fun– :.ione, rigorosamente. emoti– va. lA auica e.motiva, in que– gli anni, spesso soverchiava il problema e.spre.ssivo. Celi– berti allora appariva assilla– to dal bisogno di sistemare la folla delle sue. emozioni cromatiche. A guardare t quadri di que– sta mostra si e.o.pisce quanta strada è stata percorsa.; e. la prima rosa clte salta all'oc– chio è il controllo emotivo clze traspare da questi qua– dri, costruiti nell'intelaiatura cromatica. Que.gli stessi gatti, che sorgevano velocissimi da colpi di" auboncino, oggi emergo,zo lentàmente da que– ste tempere, quasi a stento, e. i colori non gridano più ma si diste.ndo,10, scorro110, trascolorano, si adagiano in piccole z.one, spari.sc.ono per riapparire. subito dopo in pennellate veloci ma sicure. l'albero e. la casa sono sempre esplorati nella loro essenza policroma, ma cou qualche cosa· di più. Al di là dell'immagine, evocatrice- del– l'oggetto, il piuore tende a farci presentire. dell'altro: / 'emoz.io, ze ,wn trapassa più sul quadro allo sla'to greu.o, ma viene de.cantata, filtrata, elaborata, sino a diventare., qualche volta, irriconoscibile; da questa iudtjinitez.za sorge quella carica di suggestione., me.,w appariscente su un pia– no cromatico di quella degli anni passati, rna più ricca. e più complessa. lA tavolou.a si è fatta meno e squillante :io ma più sottile, il segno è me- 110appariscente., ma più incì– sivo. Ul pen11ellata ieri • gri– dava :io, oggi parla in sordì– tur, ma dice più cose e co– struisce. di più. SALVATORE CHIOLO che. è, ù1 fondo, bisogno d1 sincerità, di fedeltà a se stes– so. La pillura del Daneo na– sce. i,zfalti come u,z bisogno appartato e quasi pudico di una estrinsecazione come. per offrirsi, attraverso le.attuaz,10- ui concrete, una più chiara interpretazione di se. stesso. E' per questa perfella ade– re:11walla vita interiore eh.e nella piltura locale: il Daneo occupa una posizione singo– lamzente delineata. E' fra tutti gli artisti del luogo urto ~i~nt 1 !lern~:~ ~ari::; costante della sua pittura un altro non indifferente fattore. de.Isuo imputato successo, in– dizio tanto {'iù significativo della presenza. di una perso– rtalitd vera e propria quan– to più numerose e. facili sono le tante suggestioni della pit– tura contemporanea. Dagli anni 1946 e '.fl, ne.i quali ot– teneva due primi premi, agli inviti alle Quadriennali di Ro– ma ed alle Biennali Veneziane degli an11i 1948-52, dal succes– so della Pe.r.sonaleall'Odyssia di Roma, o alle. parte.cipaz.io – ,,; alle. Mostre in Austria, in Australia, alla Parker Ari Show di Washington, o nelle stesse decorazioni eseguite sul • Conte Biancamano :io e nelle aule dell'Università degli Stu– di di Trieste, ,1 contenuto ed il linguaggio della pittura ri– mangono singolarmente in– quadrati in un mondo spiri– tuale. immutabilmente ed ine– quivocabilmente uguale a se stesso. Di questo mondo, così autoctono e cosl assorto nel– le sue. voci e nelle sue medita– zioni, l'opera alluale., che ap– parirà in pubblico durante l'anno, è, come abbiamo det– to, un commento elle. clliari– .sce ed addensa il significato di tutta l'opera del Daneo: oltre che ancora, e solitt1- me11te, wt atto di fra,zca cor– dialità di linguaggio. BRUNO MAI.LE NINO CARUSO: • Va.SO• senso pratico, quella arti– stica in senso estetico) e che bisogna sempre più accentuare la differenza fra artigiano ed artista. Qual,i artigiani, per .spie– garci, indicavamo i ripro– duttori delle caratteristi– che ceramiche eugubine; mentre fra gli artisti con– sideravamo Caruso e Zauli che hanno ex-aequo vinto a Gubbio i duei premi più significativi. Il convegno. necessaria– mente strozzato per dar luogo ad altri numeri del programma p'restabili– to. non ha però toccato il punto più int'eressante e. in un cert.o senso. più ap– passionante: i r.apport1 ira le ceramiche esposte a Gubbio e gli orientamenti molteplici dell'arte {pittu– ra e scultura) contempo– ranei. Sotto questo profilo sarebbe stato interessante esaminare la tendenza del– la ceramica contempora– nea a diventa·re e espres– sione maggiore >: donde la applicazione alla ceramica di tecniche proprie a 11 a scultura (c'era. in merito. un caso singolare: quello di Gambone);·la crescente preoccupazione dei valori tattili e -spaziali, •l'accen– tuazione 'del carattere dt- ~el suo complesso la Biennale di Gubbio ha !.1113 sua linea e risoonde a precisi interessi soecial– mente artistici. Gli orga– nizzatori hanno il merito di una consapevole co– stanza e di un meditato orientamento. Sanno quel– lo che vogliono; e non trascurano nulla pur di attuarlo. Da Gubbio abbiamo fat– to una rapida puntata su Gualdo Tadino. dove si inaugurava una e mostra internazionale> che ha co– me tema le Olimpiadi E' francamente diffkile met– tere insieme una mostra cosi brutta e sistemata senza decoro. Pure. accanto a dilettanti e a mestieran– ti. alcuni artisti buoni, pre– senti con opere di rilievo. li abbiamo trovati. Il primo premio di un milione e stato assej?Jlato al finlandese Kisko Maki– nen per una Lotta di buo– na fattura. anche se d'ispi– razione troppo scoperta– mente wotrubiana. Sareb~ be stato più logico dividere ex-aequo tale premio cQn un italiano. poiché ce ne erano alcuni non inferiori al finlandese. Per esempio: Carlo Zauli. La giuria cosi facendo avrebbe a~ito con giustizia e non avrebbe arbitrariamente mortificato l'attività. ceramistica na– zionale. Lo studio di Giorgio Cellberti llllflllllllllllllrtlfllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllfllllllllllllllllllllllllllllllll1111111111111l1111111111111111lt11111111111tlll1lllll1111111111111111111111111111fllllllllltlllllllllllllllllfllllllllllllllll1111111111111111111111111111llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll1 CAMPARI

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