la Fiera Letteraria - XV - n. 34-35 - 14 agosto 1960

Domenica 14 agosto 1960 ----- LA FIERA LETTERARIA UNA 'UOVA DIMENSIONE PER IL llIELODRAl\IlllA NELLO SCE "ARIO DI PALAZZO DUCALE * Architettura veneta per I' "Otello,, . I luoghi nei quali più intensamente sj manifesta la bellezza della natura ed ì monumenti storici posso– no offrire allo spettacolo scenari di alta suggestione. Di luoghi aCfascinanti e di monumenti insigni l'Italia è fin troppo ricca e, spe– cialmente durante la sta– gione estiva. molti di essi sono trasformati in palco– scenici. E' da lamentare soltanto che l'indicazione meramente turistica non di rado prevalga su quella teatrale, sicché casuale è la scelta dello spettacolo e fortuito se non addirittura contraddittorio il rapporto fra la scena e l'opera rap– presentata. Gli spettacoli estivi ri– schiano in tal modo di di– ventare altrettante occa– sioni mancate, mentre per la duplice possibilità di far rivivere in un modo nuovo un ambiente già esistente e di conferire una dimen– sione insospettata ad una opera nota si presterebbe– ro ad esperimenti sorpren– denti. Uno spettacolo estivo di eccezionale interesse, per il felice accostamentt:1 creato, deve considerarsi la rap– presentazione dell'Otell.o di Giuseppe Verdi nel cortile del Palazzo ducale di Ve– nezia. L'impresa, che è stata concepita e realizzata con ardimento anticonformista * di GIOJTAi~Nl CALEtVDOLI Una scena dcli'« Otello• verdi ano nel Palazzo Ducale di Ve nczla essenza del dramma e gli stessi cantanti subivano positivamente la sugge– stione di essere scoperti e indifesi dinanzi allo spet– tatore e si abbandonavano aJ personaggio, come diffi– cilmente accade ai can– tanti. Mario Del Monaco, Marcella Pobbe e Tito Gobbi, che pure sono con– sumati interpreti dell'Otel– lo, mai forse come in que– sta edizione veneziana hanno ritrovato una mi– sura umana di adesione ai tre personaggi della fosca tragedia shakespeariana. 1-.fa la suprema virtù di dar rilievo al personaggio, conservando una vita vi– brante alla folla tumul– tuante che gli si sottin– tende (e questa virtù è un grande contrassegno della maturità verdiana), è apparsa in tutto il suo splendore nelle scene co– rali. Il registn Herbert Graf ha potuto muovere sullo scenario del Palazzo ducale una folla imponente ed ha potuto imprimerle una ricchezza ed una va– rietà di raffigurazioni per le quali la grandiosa ar– chitettura è divenuta ve– ramente viva. Notabili, ar– migeri, popolani si adden– savano sotto la loggia ed il porticato, lungo la scala dei Giganti e ai piedi del– l'arco in uno sventolio di stendardi ed in un lam– peggiamento di fiaccole in– numerevoli. Allora il giuo– co delle allusioni possibili nell'accostamento del te– sto ai monumento si scio– glieva in un echeggiamen– to di .risonanze infinite. Lo spettacolo sotto que– sto aspetto è esemplare, anche perché indica in quale direzione il melo– dramma, che è nella mas– sima parte dei casi ancora imprigionato in un con– venzionalismo estraneo al vero .gusto attuale, può ri– tornare a suscitare un au– tentico jnteresse oltre la ristretta cerchia di un fa– natismo tradizionale che si !a sempre più angusta. Naturalmente è necessario il coraggio. il coraggio di forzare i testi ed i mo– numenti, confidando nello insospettabile margine di disponibilità contenuto in ogni vera opera d'arte. dalla Sovrintendenza de ----------------------------------------– e La Felice•• presentava non poche difficoltà non s<;itanto tecniche, ma an– che stilistiche: anzitutto quella di superare il diva– rio fr.a la composita per– fezione classica dell'edifi– cio ed il clima romantico dell'opera. 11 regista Her– bert Graf, al quale è stata affidata la direzione dello spettac0lo, ha intelligente– mente intuito che la mi– gJior soluzione in ogni ca– so era quella di lasciare il più ampio e libero respiro cosi alla monumentale sce– nografia come alla musica verdiana ed ha descritto il palcoscenico in una vasta pedana costruita dioonzi a quel tratto del cortile che comprende la scala dei Gi– ganti e l'arco Foscari. La orchestra. nascosta alla vi– sta dello spettatOJ1! dietro uno schermo posticcio, è stata collocata lateralmen– te, lungo la stessa parete del cortile oltre l'arco Fo– scari. Se si eccettua un picco– lo trono, nessun elemento scenografico è stato c;o– vrapposto all'architettura del cortile e tutta l'azione si svolge, svincolata da ogni riferimento materiale, sulla nuda pedana. Otello uccide Desdemona ai pie– di del piccolo trono. In uno spazio, che non ha i limiti di una detlnizione scenografica particolare, il dramma è ricondotto dun– que alla sua essenza pura– mente musicale ed· il gran– dioso sfondo dell'architet– tura del Palazzo ducate si er~e senza sovrastrutture. Invito chiarimento deHa ~ poe~:rna e Una poesia ~ durata•· Mi si conceda l'abuso di questa definizione, cosi come rimase nella memoria dalla lettura giovanile, staccata dal suo contesto e più volte ad esso riportata uel gusto dì sco– prirvi cl1iarimemo all'idea personale che il tempo le a,1- dava sm1rapponendo, giacc1tt! si tratta, a mio avviso, di tm predicato filosoficamente reversibile avente implicito il problema della cronistoria poetica nelle. sue detennina– z_ioni di rapporti sociali e. di occasioni temporali. La. evo– cazione • e la « volontd sim– bolico-metafisica• che Macrì nella sua lettera riconosce « anima e struttura di ogni poesia occidentale, condi:.ione Romana Bagni condizionante, libertà e ne– cessità del canto", rilevando– ne la mancanza nella poesia italiana contemporanea, si pone i,i effetti, sotto tale pro– spettiva, quale unico mezzo capace di tradurre ti pro– cesso categoriale per cui dal tempo implicato dell'occasio– ne la poesia passa alla legge della durata, scavalcando con ciò stesso il te.mpo reale nel quale il ~ta viene, tramite essa, significato. Perciò sem– bra esatto intendere semmai come richiamo a tale volontà quell' « appello ali' umano• ver superare una frattura tra LA PRIMAPROVADEL«PICCOLO»DI ROMA * Le "Troadi,, iMinturno Troia. Contro il teatro elegan– te e raffinato, corrotto e cor– ruttore che la fa ormai da padrone sui nostri teatri,. e che viene aiutato e sovvenzio– nato come il prodotto più va– lido della nostra vita teatra- }~•,,~~fn;:if:i~fr1e0 i;e~~r:,e v~:~ teatro sia quella in cui ci sia– mo imbattuti quasi per caso l'altra sera fermandoci tra Napoli e Roma all'anfiteatro romano di Minturno. OSVALDO PURI poesia e strutture che, se « mutate nella condizione e nel destino degli uomini•• non potrebbero evidentemen– te legittimarla come « fatto concreto e visibile. di poetica civilti2 »; appello elle lta, cre– do, mosso la precisazione, invero testimonianza di fede, del Macrì. Una volontd clte A fatica si– lenziosa di clziarificazione e di espressione dell'umano si– no a liberarlo dalle contrad– dizioni dei rapporti acciden– tali e dalla immediatezza del– le occasioni, nella immagio,ie poetica, sempre concreta e simbolica, puntuale e meta– fisica, dove effettivamente la « storia del cuore umano • Ira uno svolgimento universale clie A esso, nella sua ratego– riale qualitd, l'inveramento di un presente nella riproposi– zione del passato a lievitare dentro la coscienza delle nuo– ve generazioni. Ché le con– statazioni di solipsismo e di acronia non toccano la poe– sia, se davvero nel suo «estro eroico• lta «fondato se stessa• e la propria dignit~. Se cioè è poesia vera, quella elle si fa rinunciando all'indulgenza critica ed alla facilità dtl ver– sificare, sacrificando con co– stanza. l'appariscente, il con– sueto, il plaudibile, nella ri– cerca dif/icile e perciò pre– ziosa di noi dentro ed at– traverso nei stessi, anche in apparente isolamento dal tempo, perché unicamente la disciplina alla coeren~a con l'impe,no assunto ci scopre ~fn!in;~~: t~:ft:' fi;~~a 1 ;od~~= l'arte, liberati dalla G0n/11- sione dei rapporti nella legge che la chiarezza dell'opera impone e soprattutto in pos– sesso di un linguaggio non limitato strutturalmente da forme arbitran·c., ma calato nella vita e ad essa aderente senza residui, possibili!à di intesa fattiva, di variazione fertile sempre delle /onne classiche cousapevohmmtc. ac– cettate e quindi impiegare nella loro verità storica che. A infine il supporto esisttm– z.iale della \'0lontà metafisica. Premio di poesia « Cittàdi Firenze » II Nuovo Cenacolo Fiorentino bandisce organizzato da Giu- ifgg:lesS~a, J~fa P';c1~~3 N~i Firenze • 1960. Premio di L. 500.000 in con– tanti (contributo di persona– lità enti o ditte, i cui nomi sa~oo pubblicati nell'Albo di Onore dei Benemeriti), al pri– mo classificato fra i concor– renti, per una raccolta di poe– sie pubblicate in volume, dal– l'ottobre 1959, all'ottobre 1960. I volumi dovranno essere in– viati in 9 copie, con nome, cognome cd indirizzo dell'au– tore, al Segretario della Giuna: Aldemaro Nannci - Via del– l'Orto, 22 - Firenze - Telefono 292.082o 291.006, entro e non oltre il 31 ottobre 1960. ◄ S.CR. ]('JCTOB.J( JlN JPR](MO lln racconto di Teresa tJa1•pinteri !fimi giorni della novantenne alla nonna come ,;ta\3. Per tutta risposta la novantenne buttò ancora lontano da sC il bastone. L"'l ragazza si mosse per riprenderlo. Sua madre la fermò: - Lascialo stare dov'é; co– sl dovrà trovarlo sua fiijlia, capirà che non ci resisto piu. Gaetana tarda\·a. La no\·an– tenne :,badigliò, poi all'im– provviso attaccò a piangere il marito e l'altra figlia, morti decine di anni prima: a intervalli si strapp:wa i ca– pelli e la faccia con tulle e ~t:=a~~~~~~!ci~~ll~~fi~~ di sangue che sgorgavano da– gli sgraffi di sotto le unghie. La nuora si disperò. E usci dalla stanza. Arrivò Gaetana: - PercM, madre mia, vi di– !-.perate così? - Passo il tempo, in una maniera ho pur da passarlo. - Pro\'ate piuttosto a dire le orazioni. - Per le orazioni ho tempo tic.lrmi di tutto, come nel sonno. Finché sentii un gran pi:lnto. DicC\'O! • t:hi piange? questa è la \'OCedei miei fi– gli•· Mi dicevano: «Sono ra– gazzi della strada"· A una cert'ora sentii una campa– na. Allora gridai: e Questa è mia figlia che cammina, ma non più coi suoi piedi » e le donne scoppiarono a pian– gere. La Neria pcrtò la tazza del latte. La \'CCChiasi asciu– gò gli occhi e bcV\·e il la11e di gusto. Poi adattò le mani :i.I manico del bastone e vi appoggiò il mento. Ruttò ur,a prima e una seconda- YOlta. La figlia le asciugò il sudore. A\'eva un bel colorito. Si alzò dalla seagiola e Ja notte. Non dormo mai e mosse i primi passi; buttò il se chiamo, ho \'Oglia di SiO• bastone, che andò a rotolare J3rmi. Fin\ di acQuielarsi lontano in me120 alla stan- mentre la figlia le lavava la za. Continuò a camminare faccia, le mani e poi i piedi. arrancando a piccoli passi. Di tanto in tanto emette\fa ~t=fanr~f :i 1:n~~iit~ !~ b~mbf:ri~o~ nd c 0 he ~~~n~ Gaetana tornò puntuale dalla madre. L-l sentl dalla su-ada: cantava, Era una can– zone di partenza, in cui si lamenla\•a di do,·er lasciare il suo cuore e si raccoman– dava che non lo si tradisse. Diceva cantando: - I sette \'Ct,ti sono i miei sospiri, la acqua che bevi è falta del mio pianto. Accompainava le parole coi gesti delle brac– cia e delle mani. Le capitava spesso ora di rammentarsi all'improv\'iSO di qualche canzone dei tempi andati che ormai nessuno più sapeva e sea:giole e i due bauli - alh- smesso di piangere. Gaetana ~egtidi~~dolaf;:a~~nt;i ~if;----------------------, porta; allora si ricordò sod– disfatta che ai due di maggio avrebbe compiuto quattro \'Coline e dodici. Fece il con– to sulle dita delle piccole mani di granchio: le manca- \'ano sette giorni. Scappata fuori dell'inverno senza un raffreddore o una febbre, ormai poteva •pensare sicura all'altro anno. Col ri1orno delle bella stagione la avreb– bero messa a sedere fuori della porta; col \'invai della strada il tempo le sarebbe passato prima i:: non si sa– rebbe più tanto annoiata. Ora aveva da tornare vici– no al letto senza il bastone e non voleva chiamare nes– suno. Si rivoltò \'erso la stanza appcgg-iando le spali~ alla Porta e guardò davanti a sé il pavimento vuoto; le sembrò che il letto si fos– se aUontanato; forse questa \'Olta le conveniva fare il mezzo giro della stanza pe': appoggiarsi alla parete. C1 pensa\'a con costernazione senza sapersi decidere, bat– tendo SO\'ente le palpebre :~~ip~;h~~~i t~t~~~i• alf~ stipite. L3 mano le cominciò a tremare e con la mano le Una • ricerca * di ALBERTO BEHLACQUA. Teresa Carpinteri è nata in Sicilia. a Canicattini Bagni. in provi ncia di Siracusa. Dopo enen~ stata segnalata al :~;'ni; t.tf ~~a [:/os~tte~c!9~~~ ~i,~or i;ar1::~1•~~i~si;n;u;si sei anni dopo, vincendo il pTemio • Prospettive Mend1onah - Corrado Alvaro• (e:r-aequo con Pasquale Festa Campanile), con un manoscritto inedito intitolato • Neanche un pezzo dt piuma,. (il dattiloscriUo venne pol dato alle stam– pe da Carucci, con it nuovo titolo de , La .11gnora dt Belfronte •J. Qualche mese fa, infine, Teresa CaTpin!eri _h?, vinto, con Mario La Cava, il premio •Monaco• peT med11t, con un romanzo che opparird pTOUimamente nella co!le.– zione .. ATetusa • dell'ed1t0Te Scia.scia. Con il titolo de .. Le stelle dell'Orsa•, il To manzo p ro– porrd alla lettura un periodo particolarm_ente. torme.nl~ to della più Tecente storia .1iciliana: cioè il ~e.nodo ~~e co1n cue. con la calata degli alleati (peT esser pm _precua, la CaT– pinteri inquadTa i suoi personaggi in una S1ractua occupata dai militari inglesi J. • Cerco di attenermi sempre. alla ventd dei fatti•, dichiara • la scrittrice• e di teneTe presente.. un criterio di lavoro in cui credo feTmamente: esso cona:isle nel _seguire, quasi c~n una spe cie d! ist~nlo, la voce. _che J•artuta ha dentro di sé. senza far.st guidare o fuorviare da mode ... •. f.~J~;~\~nz~ora~~~:;e dal- :______________________ , - Maledetto il diavolo che vi tiene ritta. Chi v'ha preaato di camminare da sola? - Gridava per la rab– bia, più che per farsi sen– tire; sapeva che la vecchia fingeva di essere sorda quan– do le faceva comodo. Rac– cattò il bastone e la ricon– dusse. Le rughe le coprivano tutta la faccia e ti collo con una rete fitta di. tagliuzzi minuti, dentro cui si nascondeva ca– parbia la forza dei suoi no e dei suoi sl. Lasciò che la rimettessero a sedere, come contrariata da un sopruso, in realtà contenta che la nuora fosse arrivata in tempo. Fin– se di a\'ere l'affanno: tirava il fiato frequente con un piccolo rantolo io fondo alla gola, col grosso labbro che le pendeva sul mento. Co– minciò a sbavare per farsi compatire. La nuora s'infu– riò: - Ora smettetela. Si sentl dentro la bocc..'\, sulla lingua, il contatto ru– vido del fa12oletto, nella ma– no nervosa. Lasciò fare, co– me avesse avuto le labbra morte, la testa penzoloni. Ma si sentiva il petto pieno di forza. Cominciò a pensare wmç avrebbe potuto pas– sare la giornata: quello era il giorno che toccava a Gaelana; l'avevano servita a tumo le quattro nuore, ora toccava a sua figlia. Entrò la Ne.ria, che si era levata da poco, a chiedere le ravviava i c:ipelli, la ciocca nera che le era rima– sta in centro alla fronte. - Ed ora passami il petti– ne fitto. La figlia raccolse tuuo in una mano il magro ciuffetto di c:ipelli e ci pas– sò con l'altra il pettine fitto, piano, per non graffiarle la pelle, che s'intravcd~ 1 a ro– sea e tenera sotto i denti del :itt:~ei-adi~i~~rtl~oTTo~ai~~: tana si fece portare dalla Ne– ria l'ampcllina dell'olio e ne \ 1 ersò qualche goccia nel ca– \'O della mano. Disse Ja vec– chia: - E' poco, versane ar,– cora. Le cominciò a passare sui capelli tutte e due le mani unte. Socchiuse gli oc– chi, che le si perdettero in mezzo alle rughe; assecon– dava con la testa il movi– mento delle mani, che anda– \'ano lente e precise dalla J~ 0 ~v~~ i~~s!~n~~ct ~~~ ria lo raccattò e alielo rimise in mano. Si alzò ,si guardò intorno sospettosa, sogguar– dando la ragaz7,a come non l'avesse vista prima di allo– ra: - Tu che vuoi? Vattene via. - Per me ci ho perso tempo. - Sulla soglia si scon1rò con l:1 m:idre. che origliava nascosta dietro la porta. La vecchia aspettò che la nipote fosse uscita.. ~jci~~fno ~llas 0 fJ~~a j~n~; na: - Non ti ha ancora detto r,icnle? Disse chiaro: - lo non so niente. Allora \·enne fuori la nuora; gridò anche lei, cur.,.a sulla v~hia: - Nonna, le chiavi, perché Gae– tana \'eda. Questa volta fu pronta a frugarsi dentro le tasche del grembiale e a ti• rare fuori le chiavi. La nuo– ra gliele strappò di mano. Disse a Gaetana: - Eccoti le chiavi, è temJ)O che tu \'cda. Vedere cosa? - Saltò su Gaetana, come chi è S\'C– gliato nel mezzo del sonno. La cog1,ata le indicò i due bauli, uno accanto all'al– tro, addossati alla parete, i bauli col corredo e l'oro della sorella morta. Disse Gae1ana: - Apri tu piut– tosto. - Io no, tocca a te che ci hai la pratica. Gaetana si riscnt\: Che \'uoi dire? La chiave girando nel– la toppa diede sotto la mano un rumore di vuoto; vuoti si trovarono infatti tutti e due i bauli. Disse la coin:a– ta: Ora hai visto .lnchc tu; la roba è stata rubata. - Rubata! - Sorrise amara Gaetana. - Sicuro, rubata. - Dissero a una \'OCC madre e figlia. - E ora è la non– na che de\·e dire chi è s1a10. La no\·antem,c era ridh'en– tata muta e dura, come di legno. Fu la Ncria a gridarle an– cora dentro l'orecchio: - Dite chi è stato. La \'CCChia non si mo\·cva e a Gaetana il cuore scoppiava dalla pe– na. Sbottò: - Lasciala in pace. smetti di tormentarla. La ragazza continuò a gri– dare: - Dite chi è stato. Gaetana vide sua madre al– zare lentamente un braccio. puntare il dito su lei. - Io? - Gridò. Sua madre abbas– sò la t esta una prima, una secoi.da volta, poi balbettò: - Tu e Mimma. - lo e mia figlia? La \'ccchia disse ancora s\ con la testa. Gae– tana si disperò: - Male– dette, che le fate dire? - Le si inginocchiò davanti e le afferrò le mani: - Pensate all'anima \'Ostra, madre mia, Potreste morire dannata. Aggrottò ìc soprac– ciglia e cercò di ritirare le mani. Disse: Lasciami. - Al– lora mi cacciate via. Non parlò. - Badate che non metterò più piede in questa casa. La vecchia non rispo– se. Gaetana si avviò \'erso la porta lei,tamente, voltandosi indietro a guardare sua ma– dre. La Neria le richiuse la pcrta alle spalle. Allora la novantenne cominciò a ge– mere con un lamento lungo, disumano, che a momenti parc\'a il pianto di un neo– nato e l'ululato di un cane. Cosl durò per tutta la a:ior– nata. La Neria scappò di casa. La nuora e.creò di 1,on sentirla coprendosi le orec– chie col cuscino, ma non riusc\ a raccapezzare sonno. Solo all'alba, quando sem– brò che la vecchia si acquie– tasse, si addormentò. Quan– do si S\'egliò a giorno fatto, la colpl il gran silenzio. Sal– tò dal letto: la novantenne in camicia giaceva nel mez– zo della star..za. Rcspira\ 1 a ancora. La prima emozione nuo– va che lo spettacolo comu– nica è quella dello straor– dinario potere di espansio– ne della musica verdiana, che riempie il luogo, si adegua alla sua immensi– tà e alla sua bellezzza. I personaggi sono statue co– lossali, che possono soste– nere il confronto con i Gi– ganti eretti al vertice del– la scala. La seconda emo– zione nuova, essendo l'or, chestra - diretta da Nino Sanzogno - disposta late– ralmente ed invisibile, è per lo spettatore quella di trovarsi per la prima vol– ta a diretto contatto con i personaggi del melodram– ma, di sentire la musica come una loro espressier ne immediata e non come un filtro attraverso il qua– ~e le loro passioni arrivano arricchite, ma anche rese Abbiamo avuto occasione. di leggere, giorni fa, certe punte polemiche di giornali romani contro 11nnuovo En– te del Teatro Popolare che ambirebbe, tra l'altro, a ri– dar vita al « Piccolo Teatro dtlla Clllà di Roma•· ma dobbiamo dire subito che, al– meno a giudicare dalla prima prova offerta - « Le Troadt • di Euripide presentate nel sugestivo Teatro romano di Minturno - questo nuovo Ente ha dato una bella prova di serietà, di impegno e di badare a quell'essenziale che molto spesso a teatro viene dimenticato, A cominciare dalla scelta e dalla elabora– zione del testo, allo spettaco– lo agli attori. Si sarebbe d;lto, a leggere. i manifesti, che si voleva puntare tutto sul richiamo dt quell'illustre attrice che è J:m,q__aGrama– tica; e invece, almeno per noi, se pur l'interpret~zione .di questa grande attrice merita ogni elogio, quello che di p~ù ci ha colpito è slata proprio l'orchestrazione dell'insieme dovuta a un regista già abba– stanza affermato, ma certo non quanto le sue indiscusse qualiti2 meriterebbero, è stata l'affermazione di una attrice, Mila Vannucci, che, non si sa perché, ,,e.diamo . cosl _ poco partecipare alla vJta abituale del nostro teatro: non erava– mo soliti sentire sulle nostre scene la sinceriti2, l'intensitd, lo stile allamente tragico che questa attrice ha dato allo stra.zio di Andromeda; e come non rilevare le prove della Mare.scalchi (delirante Cassandra), Mau.era (un fre– mente Menelao), di Pisu (im– ponente P(!seidon). del _Rug_– gieri (plasttco Alttbto), di Mi– randa Campa (veridica Atena), della Paul (frivola Elena), in– terpret i tutti variam ente egre– gi, ma egualmen.te convinti dei loro personaggi; come non sottolineare la indimenticabi– le prova offertaci dal « coro delle troiane»: è qui che il regista Ottavio Spadara lta dato forse il meglio d~ ~e ot~ tenendo risultati plastret e d1 recitazione che ci hanno pro– curato una emozione profon– da e alta. Quale e quanta at– tualiti2 c'è in questa tragedia di Euripide! Lo si sent~va nel silenzio, nella comnu:~zrone, e soprattutto nella speaale q'fa.– liti2 dell'entusiasmo con cui il numerosissimo pubblico Ira seguito e ha coronai? lo svol– gimento e la conclusione dello spettacolo, elle iniziatosi ver– so il tramonto s'è concluso nella notte illuminata dei ros– si bagliori dell'incendio di UN VOJL. UME Jll>J( ALJBER'JCO * NEPPJ( l'orecchio: - E' appiccicosa come una cimice, tale e quale sua madre. Ma tu, tu perché non viene più spesso? -Tra un mese Mimma pren– de marito. Le si apJ>Olil:giò al braccio e cominciò a cam– minare coi suoi piccoli pas– si; la figlia le tenne dietro. sostenendola. Quando furo– no in centro alla stanza, la novantenne si fermò, lasciò il braccio della figlia e fece perno del bastone. Disse cir– cospetta: - Da questo punto dovrà partire il tramezzo. La figlia non capiva. Le si fece più dappresso, :ibbassò la \·oce, perché sentisse lei so– la: - Quando Mimma sarà sposata, lasciale la tua casa e vieni qua con tuo marito. Alzate in questa stanza un tramezzo per il \'Ostro letto. - Cose lontane; ho ancora da finirle il corredo e da farle un po' d'oro ,almeno un paio cli orecchini. La vi– de avvicinarsi ai due bauli lungo la parete e ammiccare maliziosa, in segno d'intesa. Batté due colpetti sul coper– chio: - Qui c'é tutto il cor– redo e l'oro di tua sorella morta. La riportò a sedere che gi~ tremava in tutto il corpo e alzava ancora il pianto sulla figlia, morta trent'anni prima, al tempo della spagnola. Le strinse le mani, supplicandola cli tacere. La vecchia levò la vo– ce più alta e spiegata, il fiato le veniva chi sa di dove: solo lei ricorda\ 1 a. Sta\'ano tutti ad ascoltare, come fos– se risuscitato un morto di cento anni e avesse ripreso a parlare. Non s'intcnuppe nemmeno quando vide entrare la figl ia; come la voce si spei.se sull'ultimo motivo, stett e muta, quasi dopo aver detto una preghiera, con gli occhi chiusi.. il mento in– chiodato sul petto. Non ri– spose al saluto della figlia, come non avesse sentito. La Neria ossenrò piano: - Oggi non è in buona. Gaetana in– sisté per farla parlare: - Vi ho sentilo dalla strada; è staia una bella canzone. Al– lora la vecchia sembrò ri– scuotersi: - Passo il tempo. Te1,eva gli occhi ancora chiu– si. Ci fu un lungo silenzio. All'improvviso riprese a par– lare: - Questa di solito la canto a tuo padre, che se la merita. Era un uomo che man;:iava lavoro in\'cce di pane e il la\·oro finl col mana:iare lui; quarantacinque anni non è età da morire ... Ora che si era decisa a par– lare, ammassava le parole in fretta, lanciando di tanto in ta,,to strane occhiate alla Neria, che entrava e usciva dall'altra stanza. - Una sera lo vidi tornare, che sedeva sull'asino voltando la faccia alla coda. Mi disse che era tutto in sudore e ali dava fastidio il vento sulla faccia; per questo si era messo a sedere al contrario sull'asino. Allora capii che era fuori di senno e lo feci mettere a let– to; dopo due R'iorni era mor– to. Tornò a chiudere gli oc– chi, il mento inchiodato sul petto. Tutta lei pareva una porta sbarrata. che rimanda– va indietro chi \'Olesse en– trare. Allora. l a Neria si ac– costò e le gridò der.t.ro l'orec– chio: - Nonna, nonna. Metà. del corpo era morto; restava vivo un occhio, che fissa\·a dinanzi a sd pieno di paura e un braccio che brancolava nel vuoto, come volesse afferrare un sostegno. Quando la portarono sul let– to, sembrò riprendersi; il lato buono aveva preso la forza e il sangue dell'altro. 1 figli, le nuore, i niPoti le slaV'3no attorno aspettando di vederl:l morire, ma lei co1,tinuava a tenere l'occhio vi\'o, grigio cd enorme, fisso alla porta, stringendosi con la mano il petto al posto del cuore. Chi le sta\•a vi– cino poteva sentire i tonfi di quel suo cuore forte. Le Portarono il viatico. Alla fine fece c:.enno al figlio maa:giore di avvicinarsi, gli soffiò sulla faccia con mez– za bocca: Chiama Gaetana, che mi scateni. La novan– tenne raccolse il fiato c quasi gridò: Nor: farmi mo– rire dannata. La figlia la sentl piccola e sparuta come una bambina dentro le brac– cia. - Tutto ..• devo._ dirti... - Singhiozzava la novan– tenne. - Non importa più niente, più niente. Ma lei insisteva, ormai con un filo di voce: - La Ncria. sua madre ... una notte ... qui... mi volevano strozzare... se non ti dicevo... quello che dissi... dei due bauli. - Ora state in pace, madre mia, in pace con tutti. - Le scostò la mano dal petto e le distese il braccio lungo il fianco, appoggiò la sua mano al J)OSto del cuore. A poco a poco il petto si compose e il cuore finalmente cessò di battere. lln ''ritratto,, del Caravaggio più distanti. Un valente musicologo osservava che l'orchestra anteposta alla scena crea nel melodramma un a quarta parete musicale che ne è elemento essenziale, poJché caratterlstJca del melodramma è appunto quella dì rappresentare e di mostrare la vita attra– verso il trasparente cristal– lo della musica. Ma 'non meno valida è l'osserva– zione contraria che il me– lodramma è poesia com– piuta ed unitaria solo in quanto la musica sia. in– trinseca nel personaggio e divenga suo modo imme– diato e insostituibile di espressione. Ed in questo spettacolo, nel quale fra il personag– gio e lo spettatore era sol– tanto un libero spazio, la musica appariva più inti– mamente riportata alla Con i tipi dell'editore D~ Luca è uscito un volume d1 Alberto Neppi dal tìtol? Il pittore maledetto. Il .hbro reca anche un sottotuolo: Ritratto del Caravaggio. Non si tratta di un lavoro condotto su documenti o su testimonianze dei con1empo– ranei, siano essi storici co~~ il Bellori (1615) o cromsu come Gio. B. Passeri (1610), ma di «vita romanzata•· L'autore apre la' sua narra– zione con la storia «ester– na,. del famoso quadro del Merisi, « La morte di. Ma– ria » oggi al Louvre. $1 rac– cont~ che Michelangelo Me– risi avrebbe tratto ispira– zione dalla visione di una annegata nel Tevere. Da questo aneddoto il Neppi trac lo spunto per una nar– razione particolareggiata del trasporto dell'annegata nello studio del Metisi, e qui « ec– co che il macsll"O, nell'atti– tudine di un animale in a~- ~:~~. s! d~1rnaea:Cu1 1/ 0 1~~~ tezze muliebri in iscorc10, f:;i~. ~~lt::ia~!~ J!f1~m~hit me lucide e pendule ... • (pa– gina 11). L'autore ci fa sapere che il fratello dell'annegata, \'e– nuto allo studio del Cara– vaggio, e non era entusiasta della progettata trasforma: zione iconografica, da lw ritenuta perlomeno azzar- dosa• (pag. 13).. . Da queste pnrne pag~ne sorge nel lettore la ~nvm– zione che • La morte dt Ma– ria • sia una delle prime opere del Caravaggio, men– tre è accertato che deve es– sere collocata nel periodo più maturo dell'artista, quello della «Madonna dei Pala– frenieri •• del e S. Gerola- mo•• della e Cena di Em– maus •, ecc. li modo come viene de– scritta la genesi artistica dell'opera in questione fa pensare che nell'autore sus– sista ancora la convinzione romantica dell'ispirazione co- mc « invasamento creativo•· In queste condizioni possono sorgere opere buone per '" Fiera di via Margutta: i ca– polavori, come quelli di Mi– chelangelo Merisi, sorgono lentamente, senza « furori • e «folgorazioni•• come tutte LIBRERIA D'ARTE * "Crack" di Vivaldi A chiusura estiva delle mostre è doppiamente pia– cevole salutare il Iibro– album di Cesare Vivaldi, Crack. edito a Milano, che pre.1enta una folta galleria di opere col vantaggio di alcu– ne estro.1i.1.1imeautopresen– tazioni. I pittori in vetrina sono: Pietro Cascetla, Piero Dora.zio, Gino Marotta. Fabio Mauri, Ga.,tone Novelli, Achille Perilii, Mimmo Ro– tella, Giulio Turcato. Ce.1are Vivaldi che è un po' l'Apot– linaire 1960 di questa nuova banda di irregolari di piazza del Popolo, premette agli exploit dei suoi ,,,compagni di .1trada,. una specie di fe– lici.uimo manifesto, lirico ed elegia co, nel quale sembra qua.si farsi il pro/eta di tanti Allah certo più. muniti di scimitarre (e di lamiere, fer– ri, chiodi, carta straccia), che di pennello. Si diri2 che Crack, in obbedienza anche ad un titolo eh.e ricorda il testamento dl Fitzgerald, ri– prende scopertamente più di una istanza avanguardi.1tica. dal futurismo al dadaismo al .surrealt.!mo. In effetti questi. nove pittori, che Vivaldi ci descrive ìn blocco, disincan– tati ma non .1/ldudati. saturi ma non .1tanchi, scettici ma non aridi, teneri ma non sentimentali, innamorati ma non appassionati, .1ono as.,ai diversi l'uno dall'altro: in alcuni la ripetizione è rncat– tata da un continuo dinami– smo storico, in altri è solo uno stucchevole se pure abi– le gioco .1enza e.1iti. Anche nelle loro dichiarazioni non tutti .1anno mantenersi in quel clima stralunato e luna– re del loro poeta, vi riescono soprattutto Turcato, Mauri e Ca.scella. Ma non vogliamo scompaginare il Crack che sta, tutto .1ommato, cosi bene insieme, malgrado il suo .1J)1lrio e precario schiera– mento. Staremo pOi a vede– re, caro Vivaldi, con il pri– mo razzo per la luna, chi di questi nove pittori si avvlerd subito veno la grande av– ventura, e chi. invece. se– guendo una incallita abitu.– dine, andrd: a rimorchio con la seconda cona, più sicura, pitì. collaudata, più reddi– ti.zia. LORENZA TRUCCHI le cose serie e solide. Certe opere Possono essere dipinte o scritte in un giorno, ma hanno bisogno di anni di incubazione. 11 genio non è improvvisazione. I momenti salienti della vii.a del Merisi sono legati dal Ncppi alla nascita di certe opere. E anche qui si genera nel lettore un equi– voco estetico: l'opera cara– vaggesca è vista come tut– t'una con la vita avventu– rosa e travagliata del Merisi. 11 che è contro l'opinione di tanti studiosi accreditati, per 1 quali il Merisi può essere considerato un «classico•, e l'ultimo dei classici,. per l'armonia delle sue opere. Ancora più grave ci scm• bra il fatto di equfrocare sulla « grandezza • del Cara– vaggio. Il valore cli Miche– langelo Merisi è una sco– perta recentissima, di pochi decenni. Sia i contempora– nei del Merisi, sia gli stu– diosi dei secoli posteriori non sospettarono mai la grandezza del Merisi, di Questo geniale pittore, da cui trassero linfa un Vela– squez. e un Rembrandt. A parte la poca simpatia che abbiamo per queste « vite romanzate•, sarebbe stato molto più esatto met– tere per sottotitolo «vita di un pmore "· li termine « ri– tratto" non riusciamo a in– tenderlo se non come e pro– filo critico•· Sembrano delle inezie, ma non lo sono, poi– ché sono indicative di tante cose, specie quando un libro è dato alle stampe da un editore «specializzato• come può giustamente considerar– si l'editore De Luca. SALVATORE CHIOLO - La volevo pettinare ma non ebbe la forza di sedersi in mezzo al letto; le portai la testa fuori del cuscino e le disfeci la treccia, i capelli le arrivavano a terra; le ri– feci la treccia e non si mos– se, rimase mezza fuori del letto con la trec.cia che le fa11t~C: :n~~~~o;e 1 dlie~! mani come ad una morta e gliela rimisi sul cuscino._ Gaetana cercava di calmarla: - Ora basta, ora basta ... Ri– prendeva con nuova lena: - Poi mi ammalai, stetti sette giorni tra vita e morte; non si sapeva chi dovesse morire prima, se io o lei. Quando mi svegliavo, mi dicevano: e Sta meglio,. e tornavo a dimen- Continua\•a a tenere ali occhi chiusi, caparbia, ma li aprl di colpo, due occhi gri– gi di gatto che annega, quan– do sentl la nipote gridare: - Dite, ora che c'è vostra fi– glia, dov'è finita la roba dei bauli? La novar.tenne richiu– se gli occhi e cominciò a sbavare dal grosso labbro rivoltato sul mento. La bava le colò fin sul petto. - Non fingete cli essere sorda. - Tornò a gridarle la ragazza dentro l'orecchio. Gaetana si scosse: - Che vuol dire que– sto? La ragazza rise sornio- L'ultimo respiro le uscl di bocca come l'alito di w1 uccellino. lnf ormazioni librarie ' REBELLATO • IL SERTO DELLA MONTAGNA• di Pietro Il Pe– trovic Njegos - Traduzione e commento di Giu– seppe Urbani dell'Unlversltà dl Trieste. Il capolavoro della letteratura. serba, che con i •Canti popolari•, secondo il giudizio di Grimm, Goe– the e Tommaseo, è divenuto il rivale dell'«lliade.i. e del cCantico dei Cantici». VALLECCHl • L'~f~1rT 9~~0RTE • di Luigi Compagnone - pagg, Dal fondo di questi racconti soffiano brividi di letteran.l!a esistenziale. cl giocatori•, «I leoni», cGli appcstaU•, «Gli strilloni•, cl falsi innocenti.i., siamo tutti noi: le maschere più o meno deformate che si muovono sul palcoscenico di quest'epoca. Un bel li– bro: un libro poetico, un libro vero.

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