la Fiera Letteraria - XV - n. 27 - 3 luglio 1960

Domenica 3 luglio 1960 t~ FIER~ tETTERARIA Diario Poetico di E.l'lllCQ ACCATl1l'O Un filo di luna nel ciuifo del pino una freccia vorrei possedere. Arrovesciati su questa terra lacrimata che possiede l'urlo del sole e l'abbandono delle ombre le nostie zzioni sono devastazioni come nell'Antieo Testamento e attendiamo catastrofi 1942 Il treno m'ha incatenato alla sua e mi ritrovo ebbro e girovago Adoro le montagne segnate d'onnipoteilza adoro il mare e mi fa morire nel silenzio delle sue isole. I miei occhi di pianto accompagnano le stelle e vagano nei cieli dove la vela bianca si dibatte perduta. Ho tanta voglia di scendere dal treno camminare per strade di paese follia fermarmi ad una porta con la scritta nera. :Mi sazierei con un boccone darei le briciole al cane agli uccélli parlerei con la gente alla buona su la strada nell'acciottolato conterei tanti cuori sicuri come scrigni. Teorie di uomini camminano architettura umana. Prospettive s'immergono linee sofferte, e s'aprono piani. Uomini-pietre tesi cercano respiro. UN .! J-RTIST.ll. RELIGIOSO Queste poesie di Accatino - e.stratte. da una raccolta ine– dita che abbraccia quasi ven1'an11i,con frequenze irregolari, libere - hanno una loro stona avventurosa, segnata di lum;he (iacem.e nella miniera dei diari e poi di primi viaggi, timidissuni, iu cerca d'amicizia; dt perdite e di ritro– i•amenti. LA loro leurice prima e sempre fedele è staia la moglie del piltore, che col suo segno sottile ha am1otato sugli originali, in fonna di crocette., le sue preferenze, con e.sili e.sciamativi ha lasciato segno dei suoi piaceri di amorosa lettura - e chi pili della sua dom1a porterd amore ai versi d'un poeta? Ora altendono un editore e, per quanti ne può avere la poesia, leuori. D«aduto il mestiere di poeta, è il tempo del Grande Dilettante, che solo garantisce veritd di commotione e sinceritd di scrittura, che non sa nulla della poesia come problema e vivi!: la poesia come illuminazione. Quel poco che Accatuto ha scritto è nato da un profondo bisogno di chiare:.za, ha atte.so l'attùn.o di nece..ssitd, ha trovato nude parole per '(issarsi. Nessuna parola ~ pattuita col compiacimento. Il loro valore primo è di trasparire una animo., di farci entrare direttamente in una vita. Accatino è pittore: ha la figura imperiosa, i capelli gu} imbiancati su tui viso maschio, solido, d'alpino; gli istinti legati e incatenati da una timide.z:.a che spalanca sugli occhi intennittenze luminose., di fanciullo immaginoso e solitario. Ed è poeta: è stata una gioia leggere i suoi versi, che testi– moniano scopertamente una vocazione d'artista religioso, di gigante ossessionato dal sacro, dal mistero. La. raccolta completa annota anno per anno, in frammenti di fuoco biblico, una storia segreta. Una storia di vita: dat tempi di passione della gue."a ai tempi d'ansia e di slanci.o del dopoguerra, dalla solitudme nomade all'amore. trovato, gridato nel contrasto di te.nereua e di e.saltazione. E ima storia di linee, di colori, di visi, di forme, che prima di /arsi quadro vivono, i,1 germi verbali, una loro bollente preistoria: è qui il pittore. moi contento, il ricercatore, che. insegue ar– chitem,re, temi, grafici mobili nel momento in cui balena,10 - fantasie pitagoriche -, ne scava gid i significati reconditi, Ii ct111ta.Vi souo poesie, tra cui qualcuna è ora pubblicata, che sono quadri cantati, disegni di parole luminose, pen– siero pittorico allo stato lirico, come credo non sia mai stato scritto rtella nostra lingua. A corredo e illustraz.ione dei versi, valgano i disegni di questa pagina e delle precedenti, un po' in fretta scelti da una prodm.ione paurosa nel volume; il Grande Dilettante della smilza raccoltirta di versi è infatti un Grande lavo– ratore: e qui mi fenno, perché non Ilo il dono di capire d'un disegno, d'un quadro, oltre le immediate indicaziom d'un mio gusto greu.o e ignorante. I profondi discorsi de.I critico d'arte mi riescono altrettanto incomprensibili clte. i quadri di cui parlano: una incompren.sibilitd illimitabile. e che, confesso, mi spaventa. Credo giusto solo aggiungere che. que.sti disegni sono anch'essi d'anni diversi, come le poesie, passi d'un faticoso cammino al quale auguro le più belle. mète.. PIETRO CIMATTI Enrico Accatino: « Ritratto,. Pag. 5 IL LIHH:0 01 CUl !SI Pfl.HLlJ. * Cancogni, Ross * di FERDl.l'A.\/DO lilRDIA Due scrittori come Man– lio Cancogni e come Renzo Rosso, in apparenza non hanno altro in comune che la pubblicai.ione. recente, di due libri nella stessa collana di narratori diretta da Giorgio Bassani per lo editore Feltrinelli, tutt'al più, quindi, l'appartenenza ad una medesima linea di gusto e di civiltà letteraria di cui in certo senso è ga– rante la scelta editoriale. Di una generazione che or-– mal tocca i quaranta anni. U primo, col romanzo testé apparso Una. parigina, è alla sua quinta opera nar– rativa, uno scrittore dunque che ha già un suo posto Inconfondibile nella nuova narrativa Italiana di questo dopoguerra (ma il suo pri– mo libro, un breve roman– zo, apparve sulla fine del periodo prebellico nelle edi– zioni di «.Lettere d'oggi> di Giambattista Vicari). Più giovane (credo non ancora trentenne) Il Rosso con I tre racconti raccolti sotto 11 titolo di uno di essi, L'ade– scamento, è al suo primo libro, e può essere conside– rato uno scrittore nuovissi– mo, anche se due del rac– conti raccolti in questo vo– lume si erano !atti notare neHa rivista Botteghe Oscu– re diretta dallo stesso Bas– sanl. Eppure come dicevo dian– zi, nonostante questa dif– !erenza di età, ed altre di 1943 Giornale 1948: di Rodolfo Doni cui si parlerà più oltre. so– stanziali alcune per la va– lutazione di uno scrittore. va annotato in essi una continuità di clima e dl sVll-uppo letterario: Canco– gni appartiene a una !!nea U cui !Ilo. in un certo sen– so si diparte dal nuovo realismo prebellico, ricco di diverse inclinazioni e di di– versi umori, non teorizzato da una particolare poetica o da es!g:enze troppo risen– t tte ed eversive di linguag– gio, la linea dei Pratolini, del Benedetti, dei Bilenchi, del Bernari, dei Bigiaretli, dei Quarantotti Gambini, per citare ! primi nomi che sal– gono alla memoria. Rosso come Picchi, come Saviane e come altri nuovissimi narratori, appartiene a una generazione che entra nella narrativa italiana in un se– condo tempo ristretto alle esperienze del neorealismo sperimentale e dopo la co– siddetta cesplosione dialet– tale•, ma che st riallaccia alla linea di un ,nuovo• realismo prebellico che sal– ta. in una parola, a pie' pa– ri non l'esperienza auten– tica di un ricambio più ric– co tra letteratura e società, ma quello che In questo dopoguerra è stato un vero e proprio e.rilancio delle avanguardie• attraverso la poetica e attraverso la po– lemica di certo pseudo mar– xismo sperimentale. Si trat– ta, occorre dirlo, di due scrittori quanto più lonta– ni da ogni impostazione ot– tocentesca o da ogni qua– lunquismo narrativo, di lin– guaggio come pure di con– tenuto, sarei per dire di un anticon!onnismo assoluto anche su un plano politi– co o almeno in quello che è Il loro giudizio &Ullasocie– tà italiana di questo tempo. Sono una creatura rozza e semplice e ti contemplo, o Signore, con timore. Nella prima età ho ascoltato la voce dei tuoi elementi o Signore ho contemplato le tue cose ti ho adorato tanto mio Signore. Oggi <1on ho come prima la semplicità che mi rendeva lucente. Nell'ondosità del grano rivivo la vita. Isola Piana esposta al maestrale dalla tua torre ricevevo il vento, capre belavano sulle scogliere. Contavo i marosi come rughe d'un caro volto, per la prima volta ero lontano da casa. Ero pescatore e distribuivo pane e vino ai pescatori. Isola nuda e selvaggia sulla tua sabbia appresi a ,iver solo mi avvicinai a Dio col desiderio di conoscere. Vita cli pescatore! E incominciai ad amare le notti di luna. La luna s'addensava rompendo le tenebre e noi si vagava con il volto nell'acqua e i remi lenti. Eravamo fantasmi al raggio della lampara e i polipi dalla fiocina venivano a stamparci sulla carne le loro ventose. In me c'è il vagabondo che si oppone ai doveri dell'uomo di fermarsi maturarsi e costruire. Il girovago è una creatura che ama ama tutte le cose e lascia loro un sorriso non sosta mai si esaurisce si confonde con l'universo. Creatura con le mani forate non prende lascia per tutti te.'lendo uno scontento sepolto Creatura che ama errante con gli uccelli. 1944 II nostro amore è gra.'lde ma siamo sempre soli tutti soli innanzi all'indefinibile in una adorazione isolata. I moti dell'anima risuonano nella solitudine ascoltati soltanto da Dio. Gli uomini e le cose non possono comprendere, è solitudine sempre più solitudine 1945 Sento l'odore dei nidi la paglia secca iJ vento nei vigneti ha l'acre delle uve acerbe. C'è un tepore che noi chiamiamo estate umori circolano quasi a tumulto gli occhi hanno languore siamo come ruote girate piccolo polline cli immenso fiore il vento ci porla. 1951 Caserma di Scandicci. Firenze, 30 maggio 1943 Ogni giorno, nei mo– menti ,più tristi, quando gli eventi della guerra mi vi-etano ogni altra occupa– zione oltre quelle imposte dal servizio, come lo scri– vere, il leggere, e, sdraiato su quel mio lettuccio di soldato, vo ripensando, con un dolore ora violento ora mortificato, alla imminen– te sconfitta che da ogni parte ci minaccia in questi giorni di triste vigilia, e ne immagino i tremendi effetti. e vedo le nostre fabbriche menomale e sop~ presse, le nostre colonie perdute, la disoccupazione dilagante. la nostra gente avvilita dagli stranieri; e i disordini nelle città: e le vendette; quando m'im– magino in una pittura or– ribile questi effetti della guerra perduta. quasi non mi sembra possibile che Dio misericordioso possa permettere tante sventu– re per questo popolo che è in fondo innocente. Pure non so vedere altra pro– spettiva; l'intero quadro della .guerra mi most.ra questo: la Russia. ben ar– mata e aggressiva; l'In– ghilterra, padrona del 1i1e– diterraneo e delle nostre isole; l'America, padrona dei nostri cieli; la Francia, la Grecia, il Montenegro, in rivolta; la Spagna e il Portogallo, isolate e indif– ferenti; la Turchia ,non belligerante> e ostile; Ja india con qualche velleità di ribellione ma remota; il Giappone non così pa– drone dell'estremo oriente come la sciocca propagan– da dice; e la nostra popo– lazione, affamata, sfiducia– ta. rassegnata. sordamente ostile e ribeIJ.e, in attesa di una pace a qualsiasi prezzo. Sì, tutto fa pen– sare a una sconfitta totale. E allora. quando questo quadro mi si presenta e mi opprime, non mi resta nel mio intimo che quello sguardo d'invocazione a Dio. che non può permet– tere che questo popolo, dopo anni e aMi, secoli, di privazioni, di morti e di rovine, debba sopportare altre vergognose sventure. * 31 maggio, notte Se ascolto bene, al di là delle quattro mura di questa caserma, nel silen– zio lunare della notte, odo cantare le rane nelle poz– zanghere in mezzo al pra– to. Alta la luna e bistonda; e un& struggente tenerezza di una notte di maggio. Io qui, alla gialla luce del– la stanza, la fascia azzurra del servizio, tentando di vincere ogni rumore, di raccogliermi ogni volta dopo le interruzioni per chiarire i dubbi e i pen– sieri che mi occupano in questi giorni. Iersera, a vespro, mi distesi sulla proda di un fosso. schiac– ciando il fieno tenue, il viso rivolto all'azzurro, dove la luna, sbiancata, ,principiava il \•iaggio. Ma la stanchezza mi prese pre– sto e mi 'rinse quasi il torpore. Tornai muto in caserma e l"amarezza e la noia soffocai nel giuoco e poi nel sonno ... Dio, fino a quando se– guiteremo a combattere e a soffrire senza un vero scopo? * 1 giugno, a vespro Sono come una ferita toroida ... Giorni così desiderati che perdo ad uno ad uno senza apparente rincresci– mento. E l'anima in questa vita persa in volgarità non ha più fremiti. Sere che s'empion d'odo– ri e di colori; e la luua è alta in mezzo al cielo; colli fiorentini con le ,punte fer· me dei dpressi, ville chia– vetri spingendo le nuvole .grigie e i dolci colli toscani risplenderanno al sole. Ri– troverò ,pure qualche ora da dedicare ai miei studi .• Ma potessi spiegar qui con compiutezza questa no– stra comune sofferenza di soldati sl che ciascuno vi si sentisse rispecchiato fe– delmente. Ma forse il mo– tivo è troppo sparso e non so raccogliere i miei sparsi fantasmi. Eppure dovreb– be essere così facile rievo– care quelle semplici cose della vita borghese che ora mi fanno tremare al ri– cordo ... Passeggiate a sera nelle vie del centro tra le ra– gazze sbracciate. Soste, at– tese sui marciapiedi: quel– la bottega di libraio che era divenuta il recapito delle mie vanità. Folti ca– pelli biondi che ho rivisto all'improvviso la sera pri– ma di partire. E il cuore mi dette un fremito. E l'altra: capigliatura re e doviziose dai nomi ,gentili e famosì. Là, oltre quel colle, sopra la grigia distesa di ulivi, sta Bello- ' sguardo; e Foscolo vive ancora intento alle Grazie. Una pallida riva s'allun– ga dietro il ,pante sulla via; nell'acqua una barca af– fonda. Io passo e non vedo; né ricordo. Penso ad un altro maggio. Scavalco an– ni, anni. Penso a volti cari, lontani; senza voglia ... Poi si disfanno le pallide im– magini. Torno in caserma strascicando i piedi. con una sola frase io bocca: sono come una ferita tor– pida ... * Campo di Laterina d'Arezzo> 3 luglio fulva rialzata sulla nuca lasciando scoperto il collo bianchissimo un po' esile. dolcemente incavato. Mi sorrise: si '\IOltò due volte a guardarmi. Ricordo il nostro primo incontro: lei indolentemente appoggiata allo stipite della porla che g-..iardava la pioggia; per il freddo aveva i brividi s;ulle braccia ... Ancora: ,pallida. bruna. occhi neri: schiva: mi al– za\•a due occhi taciti. seri: io passavo ... * 6 luglio Fino a quando. Dio, co– manderai che questo tuo seiwo continui a me.sco– larsi nel branco. dorma in un comune stanza, mangi a una comune tavola. non possa mai. ritrovarsi in solitudine, non passa mai abbandonarsi ai suoi pen– sieri: sempre \·enga di– stratto dalle voci che escon Ma se almeno finissi di pensare, se almeno mi di– menticassi n e l servizio quotidiano senza essere colto ognj poco dalle im– magini della felicità per– duta ... Appena i ricordi mi pungono sento languirmi il petto come se vi mancasse, il sangue. Se almeno ces– sassero le immagini davan– ti agli occhi E già e per due volte ho cercato di trascriverle e non ci sono riuscito. Mi sono disteso sul letto, ho cercato di dormire e di dimenticare; ho cercato anche di far propositi. Ma la nostalgia r.on passa. La guarirà poi il tempo col lento far– maco dell'abitudine. Que– ste pareti nuove mi diver– ranno a paco a poco fami– liari; gli sconosciuti diver– ranno buoni colleghi forse. Cesserà anche questo ven– to fastidioso che sibila dai Enrico Acca.tino: Studio pe.r ona « Crocefissione JI da ogni parte, dal fetore che sale dagli angoli del cortile, dalla vista di gente strappata. sudicia; dalle mura accecanti di calce– struzzo? Fino a quando comanderai che venga an– noiato dalla volgarità e dalla inettitudine, dalla inettitudine? Soldati unti, barbuti. Colleghi nitidi. ,presuntuo– si. Non amo nessuno, non stimo nessuno dei miei superiori. Veramente. se tra questi carcerati in grigioverde. devo scegliere qualcuno per dargli la mia stima e il mio affetto. scendo tra i fanti semplici. Amo la sentinella. su• data, immobile sotto il sole nella garitta, o a notte. passeggiante nel bui o. baionetta in spalla. coi suoi pensieri. Amo uno a uno i miei anziani quando si allinea– no ,per il rancio e sfilano porgendo la gavetta con la mano grossa. Amo il capoposto, il ser– gente d'ispezione che fan– no con me il sen•izio per lunghe \·entiquattr·ore 1 at– tenti alla pulizia. al cam– bio della guardia. Amo, il mio attendente. volenteroso. Amo tutti i miei uomini quando passo nelle camerate dopo il e silenzio >. e ciascuno s·e avvoltolato nella coperta sul e castello> e russa tranquillo con l'espressio– ne intenerita dalle nostal· gie dell'ultima veglia ... Ma vorrei essere su un fronte di combattimento con loro. conoscendoli a fondo uno per uno, conver– sando durante l'attesa, del– le famiglie lontane. am– maestrandoli e imparando molte piccole cose. Sarei sempre seguito, son sicuro, nelle battaglie ... Essere al fronte: combattere per un grande idea.le ... Ma resterò qui. finché non mi comanderanno. ad avvelenarmi di recrimina– zioni e di stizza. Non voglio questa guer– ra. Negli occhi di lutti i miei compagni. bravi o sciocchi, simpatici o noiosi. 1 e g go questa medesima stanca inascoltata repulsa. * 7 tu.glie Cielo stellato sopra la loggia del1a caserma: e nel buio. lontano. oltre la linea nera dei colli, il ri– verbero rossastro d e 11 e fiamme e il rombo delle bombe: la distruzione e la morte anche stanotte su questa nostra Toscana. Ma se alzassero gli oc– chi al cielo i distruggitori. a questo sfavillio di costel– lazioni, a questa scrittura fiammeggiante che il pa– dre eterno ha scolpito sul caPo degli uomini... E. dianzi. il tramonto! Il cielo, appena caduto il sole, era d'on colore unito, d'ametista pallido, senza una nuvola, e pareva pro- mettere qualche evento di bontà ... E poi è venuta l'incur– sione ... * 8 lugli.o E ristappo il calamaio con atto di stanchezza. La stanza ombrata, saet– tata dalle mosche che tes– sono fili immaginari: un lavamano, un vuot'acqua, un lettuccio di ferro, il riflesso verde della finestra smagliante di sole ... Ecco, ecco, appena s·è avviata Ja ,penna sulla car– ta odo la straziante trom– ba: è cotta la zuppa. I 'Poveri diavoli staranno in riga con le braccia tese, ,pelose, le .ga\leUe. Il sole piomba diritto. Le perle di sudore sulla fronte del cuciniere; il marmittone nero fumo con le stelle grosse dell'olio pomido– rato. A uno, a due. gli sca– miciati si annicchiano ne– gli angoli con l'alluminio tra le ginocchia. Ripete ri– pete la tromba. le accalda– te gote del suonatore. E colpi di legnaiuolo odo ton v~i divérse e fisthi. E le mosche saettan nella stanza. Vorrei essere un alto falcaccio come nelle metamorfosi delle favole per involarmi... E invece sto qui, a lagnarmi del mal di stomaco iper Jn troppa acqua bevuta ieri. a sgocciolare questa piog– ~erella di parole; sto gru· !alando con acredine come i rospi nella belletta... E vorrei :prender l'abbrivio e infilar la finestra come certi ladri aereovolanti dei film ... Oh. non ricordarmi. cuor mio, la dolce bellezza di questa estate nascente! quel caro paese silenzioso e poverissimo sul colle. ma che ,potrebbe offrirmi una stanza per intessere i fili d'oro dei miei forti giocondi delicati pensieri. E a sera scendere per la polverosa via affiancata da– .gli alterni cipressi dove nascosti giù nel verde, si abbracciano gli innamora– ti. dopa che il sole rosso è appena caduto dietro l'ul– timo colle, e Giove lan– guido brilla senza la pia– strellona della luna. ... Giocondi miei pensieri che vi rinserrate ora a forza. e scioglierò forse un giorno; ma quando? * 19 luglio i\fi raccontava ieri un collega di aver incontrato due bambini profughi di Livorno. accompagnati da una madre stracciata, ve~ stitl appena da una federa da guanciale adattata alle spalle con due fori. Cosi giungono, si salvano i pro– fughi sotto i bombarda– menti. E i responsabili che fino all'ultimo non rinun– ciano a proseguire questa follia! Maledetti, maledet~ ti, si levava il grido dei superstiti dalle macerie dopo il bombardamento. RODOLFO DONI (Coctlnua) Toscano, U Cancogni, an– che in questo romanzo ri– vela la limpidità, ia sem– plicità, l'estrema sicurezza di un linguaggio che è nel– lo stesso tempo popolare e letterario, cioé di una ri– spondenza assai stretta tra realtà e linguaggio, una prosa narrativa di un'asso– luta cnaturalità•, e non è improbabile che, come tut– ti l toscani provvisti di gusto moderno ll Cancogni si sia adoperato a ~lette– Tarizzare• (mi si perdonl questa orrenda parola) una si.tfalta naturalità. E' inu– tile aggiungere che la sem– plicità di linguag.gio dei Cancogni è al servizio di un mondo tuttaltro che semplice nel suo sottofon– do psicologico. Giornalista politico legato a una pole– mica rischiosa perché si rivolge ai due fronti di quello che è ormai la cri– stalliu..azione degli schiera– menti, il Cancognt è un acuto morallsta moderno. Ma non vorrei con questo convalidare un luogo co– mune suUa 6Ua ispirazio– ne: moralista non significa qui che U Cancogni tenda a convalidare uno ocherna, ma piuttosto che i suoi perso– naggi e le loro vicende in– terne ed esterne, sono gui– dati più che da una ragio– ne morale, da una profonda intuizione morale. Che pol questa profonda lntuiz.lonc morale coincida altresl con una altrettanto 1)rofonda ragione morale dello scrittore, è logico per uno scrittore cosi limpido e acuto. Sembra che Can– cogni voglia raccontare sol– tanto una storia, una qual– siasi storia dettata dalla vita contemporanea, ma al– la fine ci si Tende conto che dal Condo della vicen– da, che si dipana quasi per una sua naturale cadenza di eventi, esploda U giudi– zio perentorio verso la so– cietà. In Plmlico, che era la storia di uno sfortunato cavallo da corsa, ,per 11 qua– le, una ragazza di Milano scende passo passo nella scala della prostituzione: a prima vista si sarebbe letta in esso soltanto una sorta di cronaca di un mondo di allevatori e di 6portivi, con un personaggio emblemati– co del costume contempora– neo, con un contrappunto tra ariosi paesaggi degli al– levamenti e dei campi dl corse e un aspro mondo cit– tadino; ma l'Inquieta co– scienza dello scrittore sali– va a poco poco In primo plano sino a lasciare av– vertire, pur sempre nel to– no distaccato e nell'estrema obbiettività della narrazio– ne, un suo dissidio insor– montablle. Ma neglf altri l!bri, Azorin e Mirò, la .fun– zione tra la vicenda e n mondo morale dello ecrilto– re Poteva dirsi totale e sen– za residui. Cosi In questo suo ultimo romanzo, Il racconto di una amara e pur fel!clssima esperienza giovanile lascia avvertire oltre la superfi– <:e della narrazione, tutta (ConUnua a P-'i• 6)

RkJQdWJsaXNoZXIy