la Fiera Letteraria - XIII - n. 26 - 29 giugno 1958

LAFIERA LETTERAR Anno XIII - N. 26 SETTIMANALE DELLE LETTERE DELL ARTI E DELLE SCJENZE Domenica 29 giugno 1958 SI PUBBLICA LA DOMENICA Direttore VINCENZO CARDARELLI QUESTO UMERO L. 60 DIREZIONE. A~lMlNISTRAZIONE: Roma - Via di Porta Castello, 13 - Telefoni: Reda1,1one 555.487 . Amministrazione 555.158 - PUBBLICITA': Ammm1straz1one: "LA FIERA LETTERARIA 11 - Via di Porta Castello. 13 - Roma - TARIFFA: L. 150 al millimetro - A 880 1 AMENTI: Annuo L. 2.700 _ Semestre L. 1.400 - Trimestre L. 750 • Est.ero: Annuo L 4.000 _ Copia arretrata L. 100 _ Spedizione In conto corrente postale {Gruppa 11) • Conto corrente oostale n. 1/31426 A CARDARELLl LA 5aTOR MARGANA 'o~·C/ SIAUO cou,•:rE:I E VOLlJ:I BENE,, ,, L.a nostra ue test1mon1anze: ~ .. ratitudine" da "Paese di Roma" a "Carte romane" Il 20 giugno, nell'osteria ro– mana di ..Angcllno,. a Piaz– za Margana. si è svolta la cerimonia per le quinta edi– zione del .. Premio Tor Mar– gana ». staio assegnato per i mesi scorsi a G.B. Angioletti. Il– debrando Pizzetti. Bruno Zc– vi e Neri Pozza. Mario Guidotti, Gino Mantc– santo. Lino Curci. Luigi Zampa. Gian Crllsparc Napo– li:ano. Gino De Sanclis, Re• nato Muccì, Anna Garofalo, Vincenzo Preparata. Laura Di Falco. Tere510Carpintcri, Raffaele Andrcas:si. Angelo Paoluzi, Livio Jannattoni. Simonetta Bardi, Rossana OmbrC>s.Paolo Bardi, la si– gnora Pcllizzi, Iolene Baldlni cd altri. La giuria. composta da Elio Filippo Accrocca. Pa– squale Festa Campnni.le.Mas– simo Franciosa e Massimo Vecchi, ha consegnato la tor– re d'argento, opera dello scul<ore Roberto Ruta, al poeta Vincenzo Cardarelli. La giuria. conferendo la torre d'argento a Vincenzo Cardarelli, ha inteso onorare in lui uno dei poctt nostri più sensibili e intensi. la cui opera ha confermato le alte qualità di uno scrittore tra i più degni del Novecento let– terario. Il premio. che come si sa ha una ricorrenza mensile ed è destinato a dare un ricono– sc!mento alle personalità più illustri dei diversi settori dell'arte e della cultura. è Alla premiazione - che ha vivamente commosso il poe– ta - erano presenti Antonio Baldin1, Giacomo Dcbenedet– ti. G. B. AngioletU, Giuseppe Villarocl. Nicola Signorello. Ercole Pat•i. Leo,ida Repacl, Giacomo Ocbencdctti ha ri– volto a Vincenzo Cardarclli un affettuoso saluto ricor– dando l"opera dello scrittore prem1~to. DIARIO ALL'ARIA APEll.7'11 * Lalibertà non s'uccide * di 6lJGLIEL1'10 PETROL'fl UI1uurrezione ungherese det 23 otto– bre del 1956 ebbe u·n significaro decisivo per gli intelletwali di turto il mondo, non solo perché fu una di quelle tragedie din– nanzi alle quali nessu110 Può rimanere indifferente; ma anche perché nella realtd sconvolgente del fatti trovò con.– ferma quello spirito particola,re che, du– rante gli ultimi decenni, fla veduto ar– tisti ed uomini di cultura partecipi della vita civile, inseriti con più forza e piìt realsmo di quamo non si sappia nel pa:tscuo. i11 quei comrasli. ideologici che 'fi traducono in lotte µoli1iche. La Rivo· luzione ungherese confermò la parteci– pazione viva della ettltura al.la vita ci– vile mettendo in luce la portata uni– ,,ersale di questa partecipazione. primo 'Jerchè si ebbe per la prima volta la on:tapeti·olez:a che gli intelletrnali. agi– cono in uno spirito largamente ut1ita· io. i,1 qua11to gli ungheresi. come già -li operai della Germania Est gli srn– de1tti polacchi, 1t0mi11i d'oltrecorti,w, agivano secondo lo stesso spirito ed in <iire=ionf' rrnologa a quelli del cosiddetto mondo libero, mettendosi a capo di una rivolta chiaramenre popolare; secondo perché /u evidente che i problemi morali e civili a cui sono presenti con una certa unitci gli hitelletwaH, hanno ormai sor– monrato i limiti delle c1tlru-rc nazionali. degli interessi particolari e si esprimnno in un linguaggio largamente universale. Ad ogni svolta di questo genere, si è tentati ii sperare che La lezione sia stata cosi pro/onda da ripercuotersi su Wtti. non esclusi coloro che hanno risolto i problemi in co11trasto ·con la sola supre– ma::ia della forza. con un atto di violenza as.sicuraro in anticipo dalla propria po– tenza. Ma è pura illusione la speranza, giacché gli orrori generati dalla forza sono destinati a perpetuarsi. richiamano l"inasprimenro stesso della violenza: la speranza è vana, se non al di là, del tempo controllabile, al di là di quanto e concesso umanamente prevedere. La tragedia u11gherese 11011 è infatti GUGLIELJ\1O PETRONI (contmna a pag. 2) * cli GIACOJIO DE E,l'EDET'II Gli amici della e Fiera• mi incaricano, cosi su due piedi. di porgere un saluto a Cardarelli. Mi mettono in imbarazzo perchC sanntJ anche loro, come tutti sappiamo. che con Cardarelli non è possibile sbrigar– sela in quattro parole. D'altra parte, il suo grande stile di polemista e di epigrammista scoraggia le frasi di circostanza. peggio poi se sperino di trovare nella sincerità del sentimento una 6cusa della loro approssimatività. Tra gli altri Insegnamenti di Car– darelli, c'è anehe quello di diffidare del troppo par– lato, del troppo umano, del cuore sulle labbra; che per lui è stato sempre l'indiz:o di un cuore debole, forse dl un cuore ipocrita. Tuttavia, ringrazio g;i amici della e Fiero. •: anche se cl colga alla sprovvista, ogni occasione è buona per ripetere a Cardarelli la nostra gratitudine. Qui, a festeggiarlo per il premio e Tor Margana •, ci sono altri amici, vissuti.gli più vicini nei suoi anni più battaglieri: c'è Baldlni, che ha lavorato con lui alla e Ronda•: c'è Angioletti, che da lui ha avuto le prime conferme, forse le più embite, perché gli ve– nivano da un giudice notoriamente implacabile, E, sed1.1toaccanto a me. c'è Repaci, che mi dice di avere scritto in questi giorni un ritratto di CardarellL Noi invece, quell'affascinante e temibile çarda– relli. che da Roma inaugurava un nuovo modo di in– fluenzare e ammestrare la nostr-a letteratura, lo co– noscemmo da Torino. Oggi, t,anti anni dopo, possiamo confessare che lo seguivamo con un tal quale com– plesso di provincia, misto con lo scabroso orgoglio di abitare in una città che era allora tra le capitali della cultura italiana. Forse Torino batteva la bandiera di un.i. cultura, che a Cardarelll non andava del tutto, troppo filosofante per lui, troppo impegnata in altri compiti moralistici e civili. con una impronta di gian– senismo. Fatto sta che a Filippo Burzio, torinese e collaboratore della e Ronda•· noi chiedevamo spesso com'era fatto questo Cardarelli. Lo chiedevamo con una curiosità anche un poco preoccupata. Un saggio di Sapegno sulla e Ronda >, comparso nella « Rivo– luzione Liberale • di Gobetti, testimonia bene. anche nel modo come è scritto, quel nostro stato d'animo. Ma torine'-i o romani. o provPnientl da qual~ia~I altra provincia dell'Italia di allora, dlchtariamo adesso con solennità, se permettete, storica che Car– darelli, con l'esempio del 6UO scrivere, è stato tra quelli che ci hanno insegnato a leggere. A capire un gusto nuovo della parola, che prendeva il suo Incanto sostanzioso, più ancora che dalla tensione di une bellissima e persuasiva -superficie, soprettutto dal nesso in cui era pronunziata, dove collimavano ragione e musica, articolazione del discorso ed estro della fantasia. Certi attacchi di Cardarelli: e Due donne, in una notte In Riviera, la luna le aveva prese a discorrere perdutamente• ci accompagnarçmo, ci ac– compagnano ancora, come talismani. I Prologhi. i Viaggi nel tempo - ricordo questi due libri, non per– chè Cardarelli non ne abbia scritti altri che contano altrettanto.ma perchè sono stati essi a rivelarcelo - rappresentarono per noi una delle iniziazioni. Cardarelli diceva -allora Leopardi, diceva Nietzsche, e le sue sentenze e le sue didascalie su quei testi sug– gestivi potevano anche essere confutate: in realtà, si produceva subito una trasmutazione di valori, un mutuarsi di musiche. e quei frammenti di Leopardi o di Nietzsche si prestavano per un attimo a lasciarsi leggere in una chiave dorata e gnomica. si schiudeva– no come favi. da cui stillava una goccia del miele cardarelliano. Era certo unn sollecitazione di testi; e tutta,·ia la accoglievamo con entusiasmo. proprio nella misura in cui ci piaceva di ritTovare, anche al– trove, la voce di questo nostro poeta. Ma qui ci vor– rebbe un vero discorso su Cardarelli: quello che pa– recchi di noi hanno già tentato in altre sedi, quello che oggi e qui non abbiamo avuto il tempo di ma· turare. GtACOi\10 DEBENEDETTI (continua"°apag. 2) La pubblicazione delle affettuosa e antica ,,te– stimonianza 11 di Pietro Paolo Trompeo fu sug– gerita poco prima della sua scomparsa, con una lettera Inviata ad Ac– croc08 Il 5 marzo. nella quale si proclamava con– tentissimo dJ partecipare all'omaggio della F'iera letteraria per l'amico che non aveva manooto di salutare all'apparire del suo primo libro su Roma. Caro Bigi:lretti. io non t'ho mai vis!o :1é cono– sciuto. e di te non so al– tro se non che sei un poeta e che hai scritto questo dolcissimo libric– cino. Paese d.i Roma. edi– to con commovente mo– destia, in questi tempi di edizioni sgargianti. dalle e Lettere d'oggi,._ Abituato come sono ai calcoli eruditi, induco dalle tue pagine che de– vi esser nato tra il 1908 e il 1910. perché a un certo punlo dici eh~ l'an– no cruciale della tua pu– bertà è stato il 1924, quando con parecchi tuoi coetanei spasimavi per una prosperosa ragazza domiciliata ai piedi del Campidoglio. nella scom– parsa via Giulio Roma– no. Da buon cavaliere, quella ragazza tu non nomini. pago di rivelarci soltanto l'iniziale del suo nome di battesiri,o: gli eruditi di domani avran– no un bel da fare! Ne nomini invece un· altra, l\targherita. figlia d'un fabbrico.nte di sedie che aveva bottega nella pros– sima (e anch'essa scom– parsa) via San Venan– zio: e ce ne mostri gli occhi azzurri e brillanti nell'interno del suo fon– daco come quelli d'un gatto,., Venne prima que– sta ì\Iargherita o l'Inno– minata di via Giulio Ro– mano? Tu non ce lo di– ci: ma .io calcolo che fra i due amori non ci de– ,··essere stato grande in– tervallo di tempo se è vero che quando ardevi per ;..targherita e ne con– templavi •;ospirando la bottega dall'alto del mo– numento a Vittorio Ema– nuele, portavi ancora Il vestilo da marinaio e a,·evi, come dichiari, 15 anni. I miei quindici anni, ahimè. valli a ripescare. * di PIETRO PAOLO TROJJIPEO Questo tu cameratesco. dunque. con cui mi pren– do la libertà di trattarti. ti sembrerà alquanto anacromstico. Ma come non darti del tu. caro Bigiaretti, dal momento che siamo tutti e due dello stesso villaggio? Tu racconti nelle prime pa– gine del tuo libro. che hai passato gli anni del- l'adolescenza in una casa in via San Venanzio: e si sente, all'accento con cui li rievochi. che quel– li sono i tuoi più dolci ricordi romani. Attorno alla modesta chiesetta dei Camerinesi. oggi demoli– ta. si raccoglieva una sorta di paesetto (a Ro– ma li chiaman così) che tu descrivi benissimo, GALLERIA DEGLI SCRITTORI ITALIANI Libero Bigiàretti a cura di E. F. A CCROCCA Scritti di: ElioFilippo Aceracea Siro Angeli Carlo Bo Carlo Bernari Giorgio Caproni Franco Costabile Libero deLibero Arnaldo Frateili Lorenzo Gigli Giuliano Gramigna LivioJannattoni Nino Palumbo Domenico Purificato Adriano Seroni Giacinto Spagnoletti Giambattista Vicari e 1111 :u•tif'olo dello sc1·ittorc> con le sue stroizature e i suoi slarghj e il vec– chio albergo della Co– marca e dove si raduna– vano i camerinesi di pas– saggio a Roma ,._ lo ve– do sempre cogli occhi della memoria la pro– spettiva che si aveva guardando dalla parte di via Aracoeli attraverso il cortile del palazzo Muti Bussi: i due portoni del palazzo, elegantissimi nelle loro sagome baroc– che. sormontati da due mazze incrociate e dal– l'emblema della mano combusta, quale convie– ne a una famiglia che fa risalire le proprie origi– ni niente meno che a Muzio Scevola, si corri– spondono per la diago– nale, e di là dal secondo appariva. grazie a una di quelle ingegnosità di cui gli architetti secenteschi avevano il segreto. la facciatina quasi paesana di San Venanzio. 1n quel paesetto tu avevi diritti di cittadinanza. perché sei marchegiano e, come spieghi. d"una terra e di– stante appena una quin– dicina di chilometri da Camerino ,._ Ma io, figlio di padre buzzurro, in via San Venanzio ci son na– to. e la chiesa del mio battesimo è San Marco. A misurar lo spazio che intercede trn la facciata di questa ch~esa ·i? quella che le fa riscontro del palazzo Muti Bussi. oggi che i due nobili edifizi si guardano in tralice at– traverso una radura po– polata soltanto di pochi alberelli, chi sospettereb– be l'esistenza del nostro paesetto? Ai miei tempi era an– che più paesetto. C'era ancora il palazzetto Ve– nezia, quello vero, che bloccava l'area sud-ovest della grande piazza at– tuale. e non questo rico– struito che vediamo ora. C'era davanti a San Mar– co un minuscolo giardi– no intersecato da picco– li viali e recinto di can– cellate, p3radiso di ba– lie, di bambini, di bam– binaie e di corteggiatori di bambinaie. C'era. a un passo dal giardino, tra l'alto muro di cinta del palazzo Venezia e una li– starella di casupole. il vi– coletto di madama Lu– crezia. col busto di que– sta veneranda matrona. che a quei tempi era un personaggio vivo e non un pezzo d'archeologia. ---------------------------------------------------- '-------------------------------, ~on c'era, invece. a sbar- * 11., l,IIJll(J DI Cf_;, SI l'ARLrt * UHO:\ACHE Ut<;L PIA.Ct<;Rt<; ::i;p~o~ia 1 ~can~1t,:~~ l~OESIA E Nii\NIERISNIO • nei • racconti di Buzzati * di l'EIIDI.I' u·no J!IRDIA I Ses.~an,a racconti di Dino 1 è redattore. il congegno della es.:::enzio.leispirazione), il ro– Buzzati appar::; 1 di recente m narr3z.one di Buaa~1 potrà mai_tZO li_ deserto d~i Tartari, un volume dei (•Na1ratori variare più o meno come du- a~_n al giovane _sc~·1ttoreu~a italiani 11 pre~:::o I edi ore rata e come estt.'nsione, la p,u 1:3rga notoneta, si pa1lò Mondadori possono e~sere tensione della sua atmosftra di lui come di un Kafka ~o– considerati con una o u:>:io· pOtrà essere in maggiore o in strai:io. e nella sua na.rrat_1va ne compiuta dallo ste 1 0 au- mino1 grado O':iSes_sivae ca- si vide una sorta d1 _ironic_o, toie nel corpo di una proJu- 'riC'.a.- mi si passi .la parola ma denvat~, surrealismo_ m z.one novellistica che è tra le 1 1- d1 sw-pe,.1se. ma 111 ~o::otan-ritardo. o d1 nflcs~o. e smo più lnteressant: e tra le più za esso ci rivela J'u1rn:li.à del ad og?1 si può dire che alla signifkative della mirrath·a suo procednnento t~cn1co _e fe(ji_el:avera o presunta de.Ilo italiana L'Ontemporanea. così I il .caraaere pressoche 1dent1: scrittore alla sua t~mat1.c~ da permettere di apprt.fondi- ,co, dall'un<,1 .tir altra prosa., di corr1spo~d.a un~ u~1f~rm.1t~ re non soltan o j temi e i mo-1 lo.luni suol pcrsoi:iaggi fond3~ d( luoghi comuni -~e1 g1_ud1Z1. tivi ricorrenll di un'arte sin- mentali, e tuttavia ti BuzzatJ S1 tratta 1:l\:ece 01 una. pro– golare, ma altresi di scoprir· .- e lo dimO'-tra~o que~ti ~uoi !onda fedelta dello ~crittore ne i sottofondi, d! ch:arlrne sessanta racconti messi I uno al suo mo?do poet.1co, un le origini. le ispirazioni, i le· acl·anto all'~!tro qu.as1 a ?t~- m~n_d~ p_oetico,che sm dalle · Il Bu zati è uno n-oiare le p1u larghe poss1b1- ongm1 e tutt uno _con un . . p~enu. . z.. f d -'li a lit'à di confronto _ e tut- mondo morale preciso. con Omo lluzzat1 scr:ttore tra I Pili e ,. 1 h ··tt . - una visione della vita che qu~lli che i ono i_mf:~~i 0 1 ;é~-~ : 1 1~~ 0 0 \ e;~~~c!,c:~e: 0 \~ 1 ~ie impegna lo scrittore nel pro- ~ azionali.là che c~clude ogni nah della ::oua. l~P . - ri~erve di idee e di scoperte fondo e lo impegna senza ;iutomat1smo .. ogni abbando– ~: ~~l'~.;; ~~:r1~. 1 •;~s~:Ò ~;~e sono pressorhé inesauribili. Possibilità di equivoci. Occor- no .all_aallucm~ztone pur~ e p . ma , oprattutto ci appaiono re por mente a questo pro- semplice, al clima ossessivo ~~~- vf 1 ~l!n~natndi;:t:~·: 1 z~Ì verar'n_ente inesauri.bili I; _sua P?Sito che se si può parlare dfs'~o s~t~:z~o~~-s~!;~ psicolo· s.tile e di lin,l!uaggio tra i f~ntas1a e la SUD unmagma- d1 uno_ schc_ma kafkiano _og _ · . . suoi primi e i • li più recen- zione. . surreahsla _sia ~el procedi- Il racconto di Bu~~at1 p1.e- ti docutnenti narrativi; dal Quando nel 194_0 1Isuo ter- mento tecrnco. sia .nella pro- suppon~ s_empre un _m_venz10: lungo racconto BOrnabo delle zo libro (successivamente al so. (e su quest~ 111P_are.non ne preliminare che e m ogni montagne, apparso nel 1933, Bcirr1abo era apparso un al- possano esserci dubbi), e al- caso un atto di volontà dello sino a qualche ultima prosa tro racconto lungo: Il segre~o tret.tanto vero che_ n~lla nar FERDINANDO VIRDIA ~ubblicata dalla terza pagina del Bo.~co Vecc!uo. che m razione del Buzzat1 s1 a~ver- ~el giornale milanese di cui certo senso ne nprendeva la te sempre la presenza d1 una (continua a 11ag.2) * orientali del paesetto, quel monumento a Vit- --- T torio Emanuele che ha une, scarpa e niezzo ::t~oil::: 1 :m::;~~;~\ * di .-lLFONSO GATTO Parafrasando una frase di Goethe sulla felicità degli antichi, si potrebbe dire che gli uomini della anteguerra erano contemporanei dei propri proble– mi, dovevano cioè risolverli come noi oggi dobbiamo risolvere i nostri. Non ci sono, per la vita morale degli individui, stagioni favorevoli e stagioni sfavorevoli: ci sono soltanto alcuni periodi storici in cui l'indviduo, più facilmente che in altri, può trovare a:uto nella società di cui ra parte. o'ire, sia pure genericamente, che la moralità di oggi è in regresso rispetto all'anteguerl'a, sign!fica porre questo dilemma: abbiamo, noi di oggi, perduto le virtù morali degli uomini di un passato cosi pross!mo o è colpa loro .di questi stessi uomini, la decadenza che ci v:ene attribuita? La risposta non è dubbia e per essa sarebbe ben strano che si cre– desse a un'• anteguerra• e a un «dopoguerra• così nettamente distinti da opporli rispetto al grado della loro virtù. Né è permesso credere che posso essere stata la presunta «moralità• dell'anteguerra a gene– rare le colpe e gli errori che ci sono tramandati. La v!ta morale non si conclude ne: giro breve delle sue inibizioni o nell'obbedienza a un regime di servitù che può persino impegnarsi a garantir~e un costume e a nasconderle le vergogne: e sia per i popoli sia per gli individui. ove la si privi di iniziativa e di libero arbitrio, conf:da alla lunga nella rovina di se me– desima per ritroval's:. Non è perciò nemmeno da con– testare l'obiezione che la guerra di per se stessa con le sue rovine e con I suoi lutti ,abbia potuto essere più corruttr:ce dell'ideologia che la provocò e ne esaltò lo svolgimento sino alla crisi militare del '43. In real– tà la guerra. provnndo giorno per giorno gli errori che l'avevano mossa. ci svelò l'inerzia de!Ja nostra vita morale, ci re:st:tuì l'orientamento che avevamo perduto, m'.se alla frusta i mali che ci ostinavamo a non vedere. Non poteva essere senza perdite questo travagliato bilancio di disperazìone: ma in esso bru– c!avano le false parole e le apparenze di un ordine che aveva creduto di risolvere nell'autorità i suoi stessi contrasti. Ci appare tuttora miracoloso il modo con cui. rispetto a quello che avrebbe potuto essere l'immediato disguido della libertà malamente usata, si limitò nell'equilibrio delle parti politiche in con– trasto e degli uomini tra loro. il contagio funesto del ma:e e delle aberrazioni. Ci sembra di poter concludere che le pro\re della ritrovata moralità della nostra società sono da toccar con mano proprio nell'indicazione dei mali e delle contraddizioni che apertamente la travagliano sino a metterla in crisi. La vita morale degli individui e dei popoli, per non essere stolta e aberrante restaurazio– ne ~i pr.incipi d"autorità confessionale o politica, si esprime m questa dura. eterna lotta per il bene. un e bene• continuamente provato e tentato da tutti i suoi mali, come il bianco dal nero Ogni italiano consuma in media solo una scarpa e mezzo all'anno. Oltre che una conclusione. la triste veri.tà statistica è anche un'allegra Immagine. con– ~emamone. Allegra se presa alla lettera per quello italiano che tra tante acrobazie riesce a camminare con _una scarpa e mezzo. C! viene in mente la famosa s~ona d_el pollo: Secondo le statistiche. ogni francese (e megho cambiar nazione· per carità di patria) man– giava due polli all'anno. Il_??vero diavolo, il solito povero d:avolo, si chiese: « Ch,ssa. forse non me ne sarò aC"corto i1. Ugualmente ALFONSO GATTO {continu"a""a pag. 2) ì quando studiavate il mo– do di dar la scalata alla statua e di penetrare, pi– rati, nella pancia del ca– vallo d'oro. A' miei tem pi, c·era un arco fatiscen– te. sotto cui si passa,·a per sboccare in piazza Venezia: ultimo avanzo del corridoio che una voi to. collegava al palaz– zo di Paolo 11 la torre di Paolo Irl. .:;i,llora già demolita. presso la chie– ~a dell'Aracoeli. L'arco, al sommo. era inghirlan– dato di cespugli. e i fiori selvaggi vi facevano a primavera un bellissimo vedere: la natura riaffer– mava i propri diritti e sopraffaceva la storia. Grazie a quell'arco, ho sentito per la prima vol– ta la poesia romantica delle rovine. ì\Ia il mio più antico ricordo del paesetto. e forse il più dolce, e quello d'un'ostes– sa di S. Venanzio. l'ostes– i-a del Cavallo bianco, an– cora fresca e fiorente sot– to un fulgido diadema di capelli canuti. Si rac– contava nel vicinato che fosse incanutita in una notte. come Maria Anto– nietta dopo la mancata fuga da Varennes, per l'impressione d'un fatto di sangue in famiglia. A

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