la Fiera Letteraria - XIII - n. 20 - 18 maggio 1958

Domrnlcn 18 mai,gio 1958 L:A: FIERA: LETTERARI ' Pag. 5 (;ALLERIA DEI NARRATORI ITALIANI * IL GRANELLO DI SENAPE * Estratto da 1111 racconto di GINO DE SANC'l'IS Gino De Sanctis Non appena fu.ori dal collegio e: Nic– codcmo Argento,., Padre Epifani aveva dovuto portare la mano al cappello per– eh Il vento non glielo rapisse. Quel– l'anno. t"ra in ritardo non sololaPasqua. ma anche il vento: pareva aria di marzo quella che soffiava e f1schia,·a: e s'era negli ultimi giorni di aprile. Cammin.n-a inclinato. tra le folate di polvere, Padre Epifnni. percorrendo il lungo marciapiede dei ViUini: sotto il braccio sinistro serrava la sdrucita car· tclla di cuoio. e con la destra aperta continuava a contendere il cappello alla prepotenza del vento, mentre pensava che non ci sarebbe stato nulla di male se i generali della Compagnia di Gesù - invece di sbrigarsela con una risa– tn - avessero accolto la sua vecchia proposta di fornire, al loro • soldati di Cristo>, capelli con sottogola come quelli dei Boys-Scouts: un soldato non può operare con slancio e nello stesso tempo avere le mani ingombre. J H.\CCO~'l'I DI DE SA-"C'I'J/li * ")Iigliaia di chilometri,, ,li P,IOLQ I•llE,IIOI,/ • Prrcorriamo ml11lia1a di chilometri; ma f cuori uma11I ai muovo,10 ,u altre dlslanze. Qualr a'Jl-,,o ml se11nradal mio vicino? 11 Que,ra domanda n,>re l'tilLimo libro dl Gino De Sanctls "Mir,Haia di cl11lometri ,. Cli<' uscirà n giorni rt cura dell'Editore Cescl1i11a. Da molro, for,c da troppo tempo, De Sancrb era a,se11re dal pa.11orama della 110,tra narrativa con un'opera in roltm1e che conferma-,,e le dori di vena e talento -rivelare in « Due litri di ben.zitta )1 rei iu (I Viaggio di rrrorno" che ali valse il pri- 11I0 1>rC'mioSalenro nl'/ 1948. De Scrncri, ci ricorda come debba ripar– i ire il 1uo rempo rra i servizi del giornale di cm è h1vlaro spc>ciale, , viaggi, lc .te<'- 11rggiaWr!' per il ch1<'marografo, la direzio- 11e d<"I qulndicrnol<' polltiro " Europa li– bt•ra io,• d'alrra parte - ci pr<'ci-,a - ha mant<"nuto f<'d<'lrd al ,'mo impegno d1 nar– Talore con un periodico app1.111lamento: i raccOnti eh(' pubblica it1 eselu31va la rer::a J)agi11a del Mes.,aggero. C1 assicura di ave– Te i11tenzio11c di raccogliere e pubblicare In vohoni i J>ltl 1ignfficativ1 degli oltre ce11fo raC'co111f dfs1emf11ar, iti questi anni in riviste e giorunlf; ci par/a inlanro det libro di im111h1<'tH<' Jmbb/icazione e dei Pa<'li n<'i QU{llf sono a111bie111ali i quattro Tacco,ui eh,• il libro COl/11,>0IIQOtlO: i.I Cam– bogia, la Somalia, L'AU-.!lrnlia, u11,Qc1t– tad111a d('l/<' PugHe. Siamo nel ,-uo stu– dio al glornnle pl'r il quale lavora: una piccola uanza clllarn, alla ,ulle .strellc Vi<' ,wl cuore di Roma; alle fXlrett qualche bello r1produ.:10ne di pittori rraliani; sul tavolo, .suoh ,catfali, qualche malcerto tentativo di ordine, contie11e un'allegra inva.sio,w di libri, giorriali, rivfa:rc e fotografie. De Sancti3 pa.rla .dell'lndocrna, della Somalia. e no,rro malgrado ci distraiamo un poco; pe11siamo che li « viaggiare )1 di De Sa11c1i1, rnv1a10 speciale, corrisponden– te dt guerra. In tre, quattro. cinque guer– -rc, che ha viagg1aro e vust,to peT anni in Africa, in Sud America, in Australia, in Indocina, In Corea, it1 Giappone, rion -,ia tanto trn'h1tlma .«>lltaria voC<1ziot1ea co- 110,eere fatti t• luo11l1i e ad os.servare co– sr-umari:.<•,q11011fo e -,oprauu!lo, una teno– cc. corag,gio8a e1plornzio11e morale, un trepidio bisog,10 di partecipare con la pro11ria carica df civilld all'ampio collo– quio delle umane crealltrc. Chi ha detto che il meglio della 110,5travita, la nostra spcra11:.a, è III questa rete di domandt> e risposte fra uomini ,parsi per il mondo, che il caso avvicina una colla, che 11011 s·m– co11trl'ran110 più e 111oriram10 all'insap111a gli trni degli ailrf? Il "t..·iaggiare n di De Saricli.s sl prolunga sen.;:a orgasmi 1.'d irreq1uc1uduu, ma .sen– za .w.stE'; uomo di culwra e di imruedfat11- .,1ma iet11ibihrd. dotato di 11111<'a110 rnclina– ro all"arte, Dr Sonct11 non ,i abba11do11a cerramcnre all'fllu1lo11e di trovare nello spazio quanlo .«>lo può dare il tempo; re– sritttito dai coprifuoco di Opro. o dalle co11vulse sparatorie di Port-Sa1d 1 O dai cordiali colloqui co11 il Negus Neghestì, De Sa11c 1l1prolunga Il suo viag,giare. av– vetllttro.ro ed attento, folto d1 1rnrn1ie espc– ri e11ze, J> l'r le contrade della città 11a1l-va o per le rre romane, tra i consueti. amici, 11clle tipografie, o qua 11el suo smdro dove ci varia del libro. Il primo racconto: "Il rr lebbroso)) ha P<'r sfondo la guerra it1doc111ese ed il con– rrairo tra le 11ostalo1ecoloniali europee e l'at..·t·en1ri11110generoso Pd ottimistico de– gli americani. Furono , fra11ce1i, pii espl~– Tatori, gli ,rudiosi gli archeologhi fran– ce,i a rivelare mcz.:o .secolo fa tra le immense .selve del Cambodgie la .tplendida città rocciosa d, Angkor dell'XI secolo, cuor(' dC'lla ctviltd K mer; di.se ppellirono e rico11!>egnarono agli tndocine.si la coscien– .=a e l'orgaolio di appartenere ad u11aan– tica cit..•iltd, alln razza Kmer. S0110prota– gonisti della vice11da una giot:ar1e archeo– loga fra11ce,e figlia di archeologi, naca 111 Indocina, smarrita dirwn:1 al senrn di r111u11ciaad un mondo del quale fa pa-rce; ed 1m americano µert:aso di mes1ia11esi- 1110semplicista ed entusiastaj u11 profeta della frawlla11za che trot·erà la morte in t111'i.,11bo1cata. "La buuola del maggiore Romier )I il ~t'condo racconto, è u11a storia di odio . e di vendetta chp s, svolge nella Somalia italiana occupata temporm1eamer1te dalla Ammir1istra::io11e millrare britannica. u La bambola " e invece una sloria d'amore ispirata da un farro. veramente accaduto: tn Au.~tralia, Utl italiano e 111galera µer av('r ucciso un compag,10 che arei:a in– sultato una bambola. In eua ruomo iden– tificarn for.!P il volto, 11 ricordo di una dorma amata. Nella C'iltti: di LPcce. si svolge la t:i– cenda dell'ultimo racconto: "Il granello di srnapr 1, pubblicato riel 'SS da « L'Os– serratort• politico lc>1terar10 "'· E· una rie• vocazio11e dcll'milmo e del coswme pro– vinciale di trenta anni fa; µer11011aogi rn– dime11t1cabili: un prete trn po' ,amo un po' ,. matto, le signorrnc De Luca. geutildonne, zitelle; dorma Clementlna, dorma. Tom... ma.sft1a 11<'1 grande pala::zo De Luca pieno di r<'nde, dl om'Jre, di ora11di armadi, odoroso di ca11del<' e di confetti e nel 11 l>a.s,o 11 venduto dal frarcllo - Don Ge11- 11ari110 elle cwl'va lrallanaro, giocato al Circolo cwadh10 - le misteriose ed In• quie1a11ti (11quiline; le µCccatrici, le «Louc– ria )1. (Noi abbiamo letto questa doria di "cuori 3emplici II e la Tlteniamo di po– tente sobrlerà e di raffinatiuima arte.) A 20 anni Gino De Sancti.s aveva 1critto: 1t Lo ,rogtra rribtì. 11 101 libro di ricordi dell'infanzia. Subito dop0 andò in Africa, 1>cr la Qtl<'rra etiopica: la rapida campa– gna, la vfltoria, l'lm~ro, il Duce fonda– rorp drll'impero all"apice della wa fortu– na e della .sua 'J)Ole11za, lo .stupore del mondo inf Pro. Gino De Sancti.s 3criue ,, UI 111111 Africa », e la ,ua allen::ione era rivolta nlla narnra, alle voci della bosca– glia, nllr JXlrolr ed ai canti degh indigeni, non agli .squilli delle fanfare ed ai gridi di osa,111a r di rrfonfo. Ricordiamo De Sa11cti1 1 a Bologna, di paasaggio, breve sosrci fra due viaggi africani; giova11e guerriero vittorioao. Parlova della guerra, del grande pae– -'e conquislafo, degli italiani che vi accorrevn110 pieni di .speranza, delle co– ,,rruzlonl, d<'lle ,rrade che il regime in– rra1>rt'r1d('Va; pot fmprovvl3a111ente, prec1- 110, fcrmiulmo, di111<'clic qualcosa non t111dava bl'nc, eh(' anzi r.roppe co,e, le più tiPre, quelle che piiì. gli erano care non andavano bt'rir. Que.sto cl colpi profonda– mente>. Anche no.stro padr<' parlava in quel modo, tentav a parlarci in quel modo. noi ascoltava.mo distratti ed impa...··1Cnri.Le pa role di De Sonctis, pltì. giovane di 1101, e cht' confu,amente ammiravamo ed in– vidiavamo per la recente fortunata av– venwra africana, ci turbarono. Era. la. prima i11crlmit1awra nel 110.srroarido. ca– parbio ottimismo; il primo Invito, - che accogliemmo a china rei inquieti per scmtare phì. a fondo oltre lt' lucenti ap– r>arenzt'. De Sancti! ricorda con amare.:-.:a le 1m• c11µcrlc11zc di ,. Inviato .speciale ,1 nella mroce campogua df Grecin, epilogo della crisi ol1'egli, da anni, aveva come pre1e11- 1iro; ma con piacere ricorda quando diri– geva II il corrir-re di Salerno n il primo giornale libero che 11pubblicava in Italia dopo ucnll anni, redatto in modo fortuna.so, oompo,,ro a ma"o: era appena te rminala la battaglia ,1ella piana di Salerno. i. tede– schi dalle collh1e bombardavano la ciud. Poi « Riioru1meruo ,. a Napoli: e poi an– cora lo ,barco ad An.zio al quale Dc San– cu, prt'.«' parte co11 la Special Force. Alla R<"1l1lcr1.:a, De Sancii,, oltre alla peno– nnle parrecipa.zlo11e. dedicò due numeri spC'ciali di u Mercurio,, la rivi,ta che ave– rn fondato e dtretlo pt'r due anni co11 Alba De Ce.spede,. « Anche l'Italia ha t·iruo u è Il titolo di 11110 dei fa1cicoli. De Sa11c1i1 tiene a ricordarci che la prima delle ,ue poe1le dedicate alla Resistenza è indirizzata con pietà a un giovane 30!– dafo tedesco morto 3Ulla 3J)onda di un 1or– re11rc. Chiediamo a De Sa11ctis .se l'essere 11el co111emJ)O narratore e oionialbta comporti nece.s,ariamerite che 1111a cosa. risenta l'i11- flu1.w dell'altra. Quali rapporti intercor– rono ira le dur profeuio11i? La rispo,ta è rt'ci1a: le proft's1lonl nOfl 10110 affollo ge– melle o inrerdlpc11derHi: il giomalitmo è fuori della 1>rofe,sio11e di scrittore: - di– C<' De Sancti1 - uno scrmore può esse– re gion1alista come può e-,,ere medico. biologo, giuri-,ra, economilta. E' un ahe.:– .:010 errore dei chierici della cosidetta "'letterarnra pura II con.siderare il giiorua– li11110u,1 « handicap II per il 11arratore. Pur e,sendo perso11alme11te .scettici cir– ca il valore delle formule, dei gruppi. dei movi111e111i, o come altrimenti •i cltiami- 110,chiediamo a De Sanctis •e in qualche modo ritenga allacciata l a s-tta prosa di 11arratore a correnti ed a 1cnde11.ze; quali prrdi/t'zio11i e> contemporanee af finità di cultura e di gusto pensa abbiano influito sulla sua personalità dt. scrirtore. De Sanctis rllponde di non saperlo affauo. Slamo talmente condizionati dalla ,wco - dice - tal111cr11emodellati dal nostro 1empo fino alle piiì intime fibre che 11011 pouiamo J'Crmetterci il capriccio di seguire volontarrnmentc mode od _aueg_– glame111i. Se mai douremmo cercare tn voi, Pf'r dominarlo, rutto ciò che è"" moda», a1- teggiamer1to. « rendenza 11. De Sanclls ritiene che nella lotta. con la carta bianca dice csauamente: la lotta di Giacobbe con l'Angelo -:-'." la meta da raggiungere puì rara e P!U ambua -,; 11 rc.uenzlale; la ,empllcitd. L'e1primersi con le parole è il modo più comune e più difficile; lo &_for zo di chi .sc~ue de~e ren– dere a ,cioolrer.ti da tutto c10 che e tran– &itorio ed acccuorio. affrancarsi da .tugge– -,11011;e da co11ta111i11azioni,per te11dere solamente a quanto è vero, esi.ste e dura. pcre,me. PAOLO PREMOLI Un minuto dopo. Padre Epifani dovet– te convincersi ancora una volta di ave– re una mento telepatica e quui profe– tica. perchè, non appena svoltato ran– golo che la via dei Villini !a con il \'iale della Stazione. la carità gli jm– pose di agire con deci.1ione e con im– peto. Cinque o sci ragazzi se ne sta– vano cun·i. a mucchio. a riparo dal vento, presso il cancello di un villino: e Padre Epifani, che aveva imparato a diffidare regolarmente dei ragazzi fermi e ammucchiati, si affacciò sul gruppet– to. e intr:wide, fra un groviglio di mani sporche. un gattino bianco e grigio che avrebbe cerlo miagolato di disperazione se non avcs$C avuto un filo di [erro altorno al collo. E così il vento potè f\nalmcnte acciuffare Il cappello del S"e– suita e farlo rotolare nella polvere fino ni l{radini del monumento n Gaetano Brunetti. patriota. Anche la cartella di cuoio finl sul marciapiede. ]Ila. acqui– stata la libert,\ delle mani, Padre Epi– fani riusci a rar molte cose: a impos– sessarsi della bestiola e a slacciarla dal fil dì ferro, a distribuire rapidi scap– pellotti ai ragazzi, a difendersi da calci e spuli (la !(iovanissima teppaglia era anche disposta ,a combattere per difen– dere il proprio diritto alla crudeltà) a riguadagnare 1a cartella da pronte mani rapaci, a riatferrare il capello proprio nel momento In cui, dopo aver ripulito dalla polvere tutto Il primo gradino del monumento, stava Imboccando, svelto come una ruoto. l'altro tratto di via dei dei Villini. e Non vi vergognate. nella Scllimana Santa?• gridò dietro alla turba in fuga Padre Epifani. l\fa la turba in fuga sal– tabeccava e faceva sberlef!i perchè non si vergognava affatto: nessuno li aveva abituati a vergognarsi nelle settimane comuni: e perciò non si vergognavano neppure nella Settimana Santa. • Sembra uno straccione> disse la ta– baccaia di piazza del Liceo Palmieri alla !1glia. quando lntra\lide. per un secondo, passare dinanzi alla porta del– la botte,ca Padre Epifani. la sporca to– naca schioccante al vento, il cappello impolverato messo a sghimbescio. Un secondo è piccolo battilo di eternità; ma era tempo sufficiente per la tabaccaia di Piana Liceo Palmieri per giudicare un uomo. Padre Epifon.i, del resto, era co– nosciuto a Lecce come tipo bislacco. di modi eccentrici. e particolarmente tra– sandato nel vcsllrc. Dicevano di lu1 e ò un poeta • ma Intendevano e un anar– chico• oppure e un matto>. La figlia delln tabaccala. che aveva il naso aguz– zo, disse: e Se fossi suo superiore lo tra– !-fcrlrcl >. Non sapeva. la (;mciulla dal :~~ 5 ~r=~~~~~ ~1';f1j cÌc~~~~~~~~ipaj;ev~~~: Cani, dli Qt1:\lche anno. era stato e tra– sferito> « Lecce dal Convitto Pont:mo di apali per motivi di tra!andalezza e di stramberia. 1'"'igurarsi che si era mes– so a proteggere cd alle\'are una capra nel Convitto Pontano. fondato per pro– teggere e ,ollevare I rampolli delle mi– gliori famiglie partenopee. Di tanto in tanto. Il Padre dava una sbirciatina nella borsa. e sorrideva. in– tenerito dai due occhi che lo fissavano: piccoli occhi lucidi. ma cosl grandi a confronto del musetto sparuto. e Hai la bocca rosa come un agnellino di Pa– squa•. Il gattino poreva non sentisse bene. e di tanto in tanto faceva vibrare !"orecchio destro, come per chiedcrec che hni detto? 11. Avrebbe voluto dirgli tan– te cose. Padre Epifani: avrebbe voluto comunicargli I suol mesti pensieri circa i risultati dello strozzamento di un al– tro Agnello millenovecentodiciannove anni prima, (I). Padre tpi(anl era assalito da forti dubbi in proposito. non tanto quan– do assisteva alla malvagità dei malvagi come quando constata,·a la freddezza e la indifferenza dei buoni. Egli avrebbe desideralo vedere i buoni battersi per il bene almeno con lo stesso entusiasmo che quei ragazzacci a,·e,·ano messo nel difendere 11proprio diritto al male. Se– condo Padre Epifani, la carità era una. come una era l'indifferenza: non si po– teva essere indiflcrcnti ,·erso gli ani– mali e caritatevoli verso gli uomini. Co– nosce,·a benissimo la risposta teologica che distingueva fra il e fine ultimo• degli uomini e quello delle bestie. ma aveva sempre constatato che gli uomini venivano aiutati anche a prescindere dal lo o e fine ultimo>. Pensava che Dio -aveva salvato dnl diluvio il bravo NoC e con lui tutti gli animali: cd era certo che l'Onnipotente Signore non aveva salvato gli animali solo in funzione di bistecche e di uova per gli uomini. perdi~. se cosi fosse stato, non avrebbe salvato i leoni, le giraffe e gli ornito– rinchi. Guardò ancora fl micetto e dis– se: • Non aspettavano neppure il Vc– nerdl Santo per ucciderti• e si ricordò che era mercoledì e che in quel merco– ledi di millenovecentodiciannove anni prima 11Maestro avc,·a confuso gli Scri– bi e i Farisei sui gradini del Tempio di Gerusalemme: e Guai a voi Scribi e Farisei ipocriti che pagate le decime e tralasciate la carità, reliquistis miseri– cordiam •· L'aveva letto nel messale quella mat– tina stessa. Quando imboccò il portone del pa– lazzo De Luca c. finalmente nel patio, fu Cuori dalla rapina del vento, Padre Epifani si andava ripetendo a mezza voce le parole di San Giovanni: e Oh! fossi tu caldo o freddo!... ma perchè non sci 11e caldo né freddo io ti scaccio dal mio cuore•· La citazione gli fu in– terrotta sulle labbra da tre mendicanti che gli si accostarono piagnucolosi: e Padre. Padre bello!• e Benedica, Pa– dre mio!~ Nel patio, nell'angolo della cisterna. altri mendicanti si stringe,·ano attorno alla Rafcla, la vecchia domestica delle signorine Dt' Luca. che distribuiva il pane; e segnava una crocetta accanto ai nomi e al nomignoli dei mendicanti elenrati nel libro delle elemosine. Quan– do la Rafela si accorse di Padre Epi– fani. gli andò incontro con il suo passo strascicato e solenne, nocchiuta, curva e storta come un olivo decrepito. e Non vi buttale addosso> chiocciò ai tre men- dicanli che stringevano dappresso il ge– suita. e Buon giorno, Padre Epifani - disse baciandogli per sbaglio la mano sinistra. La mano destra di Padre Epi– fani era affondata nella inverosimile tasca della tonaca a cercare l'ultimo santino e gli ultimi spiccioli - ti aspet– tavamo più tardi. Le .sigr1uri11e su' sc11,– re a San Giovanni, ma mo' tornanu. Accomodati in casa. Sali ... Sali di sopra. che mo' finisco e venio ... Ma che hai qua dentro? Gesummaria, 1 nnu musciu! Un gattino ... no. no che ml fa impres– sione>. e Bisogncrt'bbe dargli un po· di latte• disse Padre Epifani. • Non ci portare musei in casa - dis– se la Rafcla - lo sai che le signorine non vogliono, e poi io non li posso vedere•· e Ma bi~o,rnerti pure collocarlo>. e 1 oi i topi non cc li abbiamo. E che ne so! Prova co' mesciu Qui11tu... a quello le bestie gli 1>lacciono. Che non J?li piace a quello? Aspetta. che te lo mando a chiamare. Tu. Raffaele-Fem– mina. ,•a qua dietro. alla bottega di mesciu Quintu lo statuaro. Digli che lo \'uole Padre Epifani. che Venga subito. ,-a... 'S1ignuria sali a casa. Padre. io vengo subito>. Raffaele-Femmina - Il più intrigan– te dei mendicanti - cinguettò "agli ordi– ni 11 con quella s.ua vocetta da eunuco, e corse via con r apidità Insospettata per uno sciancato. Girò l'angolo di Pa– lazzo Dc Luca e si Inoltrò nel vicolo. Padre Epifani sali la e scala nobile> che si apriva sul lato destro del cortile: menava dritta. con venticinque gradini, al vasto pianerottolo del primo e unico piano. A metl\ della senta. in una lu– netta del soffitto n botte. c·era uno sbia– dito affresco di Fran Francesco di Pao– la. A Padre Epifani non piaceva: quel vecchio barbuto, curvo. e con gli occhi al cielo - con tutto il rispetto dovuto a un santo - aveva un'aria ipocrita. La porta dell'appartamento era soc– chiusa. Padre Epifani vi entrò e fu col– pito dal caratteristico odore di antichi– tà di casa Dc Luca: era un odore misto che proveniva dalle pesantissime tende che addensavano le ombre dappertutto. dalle decine di .armadlonl chiusi a dop– pia mandata: odore di stoCfa vecchia. di naftalina, di candele, di confetti alla mandorla: di poltrone. divani e materas– si Imbottiti di crine. e un vago sentore di riposta dispensa: sacchi di farina e di zucchero, ceste dl mele. e sacchi di patate. Sulla con~olle n specchio dell'ingresso, Padre Epi!anl notò ln Quaremma: un rozzo pupazzo di stoffa rappresentante una vecchia, tra ln strego e la betana; al suol pic-d~ unn melo, mezza marcia, con dentro· tnfllèta una penno di gallina. La e pupazza• .,imbolegglava la Quaresi– ma: era là dal mercoledl delle Ceneri: allora la mela ern matura e le penne di gallina erano sci: le sei settimane che dividono il Camevalc dalla Pasqua. Il sacerdote lasciò il suo malandato cap– pello presso la Quaremma. Traversò il •salottino• nel quale s"aprivano quat– tro porte: come un crocicchio obbligato dell'appartamento. La porta del • salo– ne• era dirimpetto a quella dell'in– gresso. Padre Epifani vide se stesso avan– zare da tre porte quando entrò nel sa– lone semibuio: tre volte la sua testa semicalva e i suol capelli grigi in di– sordine. Era quello un eHetto di spec– chi che l'aveva sempre colpito. l1 gesui– ta. campagnolo di nascila, non aveva mal capito per quale ragione i salotti delle più devote famiglie leccesi do– vessero essere cosi ricchi di specchi. Il curioso era che. se non riflettevano il vano della porta del salone e le figure umane che vi si avanzavano, gli specchi, per una loro studiata dlspaslzione, non ri– flcttev.ano altre Immagini, cosi che erano come vuoti laahettl di luce opaca e gial– lasta nel buio paesaggio del salotto. Biso– gnava rar l'occhio a quel buio per non dar di ginocchi nel divani e nelle poltrone e per non urtare le innumerevoli maioliche ctlspost,g sulle consolle:; e sulle « alzate 11. ì\la via via che l'occhio si assuefaceva alla penombra, ti giungevano dalle pareli i Crcddi sguardi di parecchie generazioni. I pittori leccesi dell'ottocento e del primo novecento immaginavano già trapassati i loro modelli, e dipingevano loro la morte nelle pupille. In un angolo del salone, pl'Csso la finestra abbuaiata dagli spess\ sipari, si Intravedevano il tavolo da ri– camo e il curioso cavallelto del tombolo. Il gattino, forse impressionato da quel buio. tirò fuori una vocetta tremula. Pad're E pifan i infilò la mano nella borsa, lo ca– r~ z.zò: "Stai buono, agnelluzzo, compor– ta ti da furbo 11. Udi il passo strascicato della \"ecchia Ra!ela. « Ecco qua. Padre mio. D1 solito le elemosine le facciamo il sabato, ma Sabato Santo siamo invitate tutte dalle suore di Galatina e facciamo Pasqua in campagna; cosl abbiamo anticipato. Eh! Stavolt:t doppia razione di pane e due lit e di più, due lire di più per ciascuno, bene inteso: Ma non se ne vanno: pcrchè aspet– tano i ◄1 frulloni n, eh! le signorine li han– no 11 male imparali 11; ogni Pasqua un 1( frutt ane 11 a testa. E le signorine sono giusto andu.te al Convento di San Giovan– ni, e mo' tomano coi pacchi n. La Ra(cla aveva in mano libro e ma· lita: un vecchissimo arcangelo del Giudi– zio. Sul libro mastro della contabilità ca– :-itate\"ole erano scritte annotazioni come queste· « La Cavaliera 11 lire una e cin– quanta: anticipate settimane tre. « Raf– faele-Femmina 11, lire due e cinquanta: anticipate settimane cinque. ◄1 1\Jario Li Piedi,, assente. « Vecchio del Sedile» è troppo lurido, è uno schifo 11. ◄1 I fruttoni di Suor Gesuina sono una squisitezza: cioccolat.1 e IT\armellata! - 'di:;se Padre Epifani - chi sa che festa farebbero i miei carcerati! 11. /Il Tu stai scmpc alli Bobbò (2) ... quelli sono briganti e malefcnunine, altro che frulloni: ... C'è tanta povera t;ente che ne h:t più bisogno ,1. " E poichè tutti la pensano come te, compresi I miei superiori, cara Ra!ela, i miei briganti e malefemmlne rimangono sempre senza fruttoni - disse padre Epi• tani continuando a carezzare la bestiola - ~ppurc la Pasqua è !esta loro >1. 1<1\10' commc1 n dire bestemmie, Padre". « Non lo ~al dunque che U Venerdì. San– to è anche San Laarone? Se c'è WlO che in Par~diso ci sta d1 certo, è Il buon la· arone. SI chiamava O1sma, Rafela; e se– delle alla destra ael Padre la sera stessa d1 Gesù, ora nona». "Che specie di prete, sei tu, 10 non lo so. Prete per gatta, sei. La buon'.an1ma di Donna Evangc,lna doveva sentirli!» dis– se la R.itela raddrizzando a [at1ca il busto e puntando il dito nocchcruto a uno det quadri della parete. Donna Evangelina, aaUa sua immensa cornice, guardava dr1t.– to dinanzi a sè: pareva un maresciallo dei carabmleri, morto sul campo, e le altre maniche a sbuflo sembravano le spalline di un.i gronde uniforme. ,,Oonnu Evangellna - disse i;orrldendo Po1drc J::pllnnl - a quest'ora sarà salita 11t Paraa1~0 sull'ascensore delle Indulgen– ze, m <ontlc1pol>Ulprevisto 11. Hafela annul pro1ondnmentc, senza rac– cogliere l'lrontn. 11 01 questo puoi stare !lcuro, padre: hai vogua a raccolte di ulive che sono finite in Messe! Per questo lascia fare a Suor Gesuma e alle s1pnu– rlr1e. E fanno bene: 1'1mportantc è sal– vJrsl ranuna, me lo dovresti inseil)are '1alg11uria ». Pad11: Epifani r1spullc, come spesso fa· ceva, con una cita,uone: • Chi vuole sal– \'arsi si perde•; e aagiunse: « E• l'anima d~gli nitri che dobbiamo salvare. Questo, puoi stare sicura, avrà dello Santo Oi– smJ il. Donna J::vongclina e a Don }'ran– cesco Moria buon'.anima 11. "Permesso"! a ddu ,rac lu mu,ciu? >J, Questo voce ilare e squillante giunse dal– l mgresso; cd entrò mcsclu Qumto con il slnale da luvoro, e Il cappello di carta in capo: sapeva di collo. Padre Epifani mostrò il aattmo al ma– stro cartapcstJiO. « Eccolo, Il poverello: ha ancora I segni sul collo. Ancora un mi– nuto e certi monellacci !'.avrebbero uc– ciso. Crealural "· ".Mu1c10 di più, 111111c10 dl meno•··· L'opeuno e 11 prete, msiemc, si volta– rono a Culminare la vecchia che aveva bestemmiato, Mesciu Quinto si portò .al petto Il gatto, che si aagrappò con le spi– ne delle unghie aJ suo grembiule di tela, tremando spaurito. "T1 prendo come aarzonc a bottega - di:s~c Quinto - stai tr.anqulllo, padre, a que to sperduto cl penso lo. Come l chioma?"· " i\le1·coledl " r1spo3c ~cnza esitazione Padre Epifani, e lornò a dare un'occhiata alla vecchia, ricordandosi del Maestro che era entrato In Gerusalemme su un'asina seguita dall'asinello saambettnnte. SI udi un rotolio d1 corrozz.a giù nel– l'atrio. 1 mendicanti SI addos arono al mw·o ucrchè hl carrov.a delle Dc Luca irruppe al trotto nel portone. Un cocchiere leccese che si rispettasse, a quel tempo, non im– boccov,1 mal un portone al passo: ne sa– rebbe andato di mezzo Il suo prestigio. Lo scHlpttlo de&li zoccoli e il rumore cupo delle ruote rimbombò In quell'Imbuto dt pietre :squadrate che era Il patio. Il ca– vallo scosse il collo, forse per ravviarsi la criniera scaru!Tata dal vento. 11 coc– chiere balzò di e.assetta e si precipitò ad aprire lo spartcllo. Apparve prima Donna Clcmenllna, baffuta e severa come la ma– dre, vestita di nero fino alla punta delle dlt.:1: dette uno sguardo ai 1, poveri» e divenn.! ancor più severa. t1 Tonino - disse al cocchiere - prcndt lo ,catolo e vieni su, e .attento, che è roba delicata >1. P1111sò !r.1 quel cenciosi a testa alla, e im– boccò le scale. Donna Tommasina, più grassottella, le trotterellò dietro. Anche essa aveva un'ombra di peluria sul labbro, ma il vi!lo era più roseo e temmlnil~. 11 Benedica, donna Tommasina 1, fece Rafl'aele-F'emmlna. Donna Tommasina mosse appeoa il ca– Po per tutta risposta, e segui la sorella su per le scale. I tacchi duri risuonarono a ritmo alterno sui gradini - toc, ~oc..• tac, tac. A metà scala, all'altczz.a di San Fr..incesco di Paola, la loro mano destra si mosse senza Il soccorso della volontà e tracciò un rapido segno di Croce. Quando furono al pianerottolo, le due vecchie "slgnurme >1 affannavano: «: MaledetlC' scalci Come è che la parta è aperta? Rafela! 11. « C'è ?ndre Eplfnn1 » disse Donna Tom– masina, scorgendo il cappello del gesuita presso la Quaremma, sulla consolle. <t Chlamatclo cappello questo ! - com– mentò Don~a Clementina - guardai - e se lo dglrò tra le mani - ta pena, pena fa 11; poi prendendolo per la falda con la punta di due dita guani.ate, lo ripose sulla consolle. Continuando a sfregarsi le dita una con l'altra, traversò l'ingresso ed entrò nel salotto; e Donna Tommasina dietro, ondeggiando. Per un momento, nei laghetti giallastri dcg:I specchi v1 furono sei signorine Dc Luca. "La Reverenda nostra ci ha trattenu– te ,., disse Donna Clementina sfilandosi lo spillone aal cappello ornato di ciliege nere, luttuose. Donna Tommasina (u la prima a baciare la mano al Padre; il quale, come al solito ,lottò per impedir– glielo. « Vi aspettavamo ieri - aggiunse Donna Clementina consegnando spillone, cappello, ciliege e veletta alla Rafela - sp~riamo che abbiate buone notizie da darci,, poi si voltò verso Il cocchiere che era sopraggiunto con i pacchi: ((Poggia là, Tonino"· "Occorre altro?,,. « No, non ci occorre altro. Perchè i Po– veri ~tanno ancora abbasso"! >1 domandò alla Ra!ela. « l frulloni, Donna Clementina! Non se ne sono voluti andare senza I frulloni n. « Peggio dei bambini - commentò la De Luca, e, indicando alla Rafela uno dei pacchi - distribuiscili, e poi chiudi il portone. E tu? ». La domanda era rivolta a mesciu Quinto. Lo statuaro accennò un mezzo inchino e rispose: ◄1 Mi ha mandato a chiamare Il Reverendo Padre >J, « E che è bottega questa? che ti pre– senti C'0n il grembiule e il cappello di carta? E questo? Chi ha portato questa bestia in C'asa? Via via che sporca ... por– tatela via 1,. ,. E' quello che sto facendo ... perciò mi sono permesso .., >1, « E' un mio tro~atcllo 1, spiegò Padre EpUani non sapendo trovare una formula p.ù sintetica. o< E di chi doveva essere? Queste sono sempre trovate vostre!>,. « L::> prendo a bottcgu 11 assicurò mesciu Q~i~to~roposito _ disse donna Clementi: na _ codi giusto tu, mesclu Qulntu: sai che ha detto nostra sorella Gesuina?,,. « Che ha detto? •. « Che se Ja statua di San Luigi Gonza,a non è pronta almeno quindici giorni pn– ma della testa del santo, e cioè I primi di eiuano, te ~ puoi pure tenere: Il con· vento non ~a che farsene. Altro che gatto: )J • Eeh! Suor Gesuina! - disse mesclu Quinto - quella sempre con le minacce! C'è un m~!>C di tempo, e m una mesata io ci consegno 11paradiso Intero alle mo– nache di San Giovanm ►•. t1 A scnt irvl parlare! ... - gli disse Pa– dre Epitam, scuotendo la tesla grigia - Sono quattro mesi che mi portate ID giro col San Rocco dei carcerati: l'ho fatto, lo sto facendo, lo tarò... cd è un San Rocco da nicchia, un san rocchetto da niente ... ,,. «Ma padre mio bello ... ,, esclamò con un grande vivace aesto Il carlapestaio av– viando una lunaa discolpa. « Non tate cosi che spaventate il gatto - Jntcrruppc il Padre - andate, andate ... e provntc a dargh un po' di latte». " E va bene, vado. Andiamo, muscetto, andiamo ... ossequì Donna Clementina ... e non dubitate per San Lulai; i colori e gli occhi cl mancano: è &ià asciutto. Ossequi, Donna Tommasina >1. Donna Tommasma si tirò md1ctro al pas,agglo dell'uomo col gatto. « Non vi piacciono proprio le be– stie! 11 le disse mastro Quinto. • Le rispettiamo"' ma ci lanno im– prc!slone 11. Non accadeva mal che una delle De Luca rispettasse da sola una cosa, o la amasse, o la detestasse. Le Dc Luca, sia quella del convento di San Giovanni, sia quelle del palazzo, rispettavano, amavano, detestavano, compativano tulle assieme, solidamente. DI solito, nella vita del se– colo, era La voce di Donna Clementina a signlflcal'<' Il pensiero collettivo; ma nei rapporti con l'Altissimo Il blascichio di Suor Gesuina (al secolo Amalia De Luca) era r!tenuto di maggiore cfllcacia per tutte. Amalia aveva ormai sessantacinque .1nni: decisamente non era più una • ra– gazza 1►• Polchè era dieci anni più anziana di Clementina e di tredici più di Tomma– sma, aveva loro fallo da mamma alla morte d1 Donna Evangelina, quando la severissima moglie di Don Francesco Ma– ria De Luca era corsa su, alla destra del Padre, a ricercare fra la !olla Il devoto sposo che l'aveva preceduta di pochi anni senz.a chiederle il permesso. Donna Amalia si ern ritirata in convento, con la sua porte di eredità, allorchè aveva giudicato compiuta la sua missione: la quale, biso– gna dirlo, era compiuta davvero, nel senso desidcruto dalla madre scomparsa: il cuo– re di Clementina e d1 Tommasina era stato cucinato per molti anni in un pen– tolone ribollente di preghiere, di suppli– che, di tridui, novene e undenc, e si era cotto, asciugato e rinsccChlto a dovere: Donna Amalia aveva potlito, con l'animo tranquil:o, chiudersi alle &palle le porte, le grate e le «ruote» del convento di San Giovanni. La missione di Amalia, pur– troppo, era tallita solo con Don Genna– rino, unico maschio De Luca, nato tra Amalia e Clementina. Nell'Intenzione di Dio, forse quel maschio era venuto al mondo perchè non si spegnesse il nome di una pia casata: ma egli aveva tralignato, e aveva varcato le soglie delle più riposte salette da gioco del Circolo Cittadino Lec– cese: i maschi, s, sa, sono dirncih a gui– darsi. Comunque, Dio, nella sua sapienza e giustizia, aveva posto un energico ri– medio: da circa dicci anni Don Gennarino era paralizzato In una « camera a paga– mento >1 dell'Ospizio delle Suore di Gala– tina. A ogni festa, dal convento di San Giovanni di Lecce partivano per Galatina i dolci di pasta di mandorla, confezionati In cassette di legno Imbottite di paglia. I?al palazzo DI! Luca, ogni du~ mesi, par– tiva una laconica cartolina postale: dieci righe scritte per obliquo sul dorso del cartoncino giallo con calligrafia a chiaro– scuro, nelle quali, con pochi errori di or– tografla e di grammatica, si assicurava il paralitico che le sorelle, grazie a Dio, stavano bene e pregavano per lui. Quando Clementlna e Tommasina ri– masero sole con il Padre, senza neppure invitarlo a sedere, ripetettero la doman– da:. « Allora, che notizie ci portate, padre Ep1fa111? )). « Non cl tenete sulle spine, Padre Epi– fani II cantò Donna Tommasina. li gesuita allargò le braccia: «: Purtrop– po, brutte notizie, brutte! Con le Lotteria non c'è niente da tare. Sono ammanigliate bene ~n Questura, e la Pre[ettura non ha neanche un appia:lio per agire: ho tentato, vi assicuro, ho tentato ... ,, Donna Clementina battè la mano guan– tata sul tavoino di noce scuro. "Neanche un appl&llo? Dunque Io scan– dalo pubblico non è un appiglio. Dunque le malefemminc sono messe alla pari delle gentildonne, in questa città? Come si vede che c'è stata la guerra! Socialisti, ve lo diciamo noi, socialisti sono quelli del comune ,., Padre Epi!ani s1 aspettava quello sfogo: e se ne stava, paziente, a seguire il via vai che la vecchia aveva iniziato quasi a trovare conslalio lungo la schiera degli antenati. « Questa è punizione di Dio! » andava ripetendo Donna Clementina sfi– landosi i guanti per la rabbia e geltan-. doli uno dopo l'altro sul tavolino. E Don– na Tommasina, con la delusione dipinta sul volto roseo e molliccio, faceva eco alle lamentazioni: l'I Paghiamo I peccati di no– stro !rntello, noi. Come si dice? Paga il giusto per Il peccatore! )1, Padre Epifnni pensò un momenlo al peccatore; e gli parve che Don Gennarino De Luca stesse pagando a interesse troppo alto e crudele le serate al Circolo Citta– dino. Era andato due volte a trovarlo, a Galatina, nella « camera a pagamento"; e la sua imma&ine di decrepito precoce, impicciolita e smunta dal candore del let– to, dalla biancheua delle pareti, dalla va– stità delle camere e dalla !reddezza bian– ca delle suore, gli aveva ispirato un or– rore di cui aveva chiesto venia all'lmma– colacn che, anch'essa più bianca che ce– leste, gelata nella nicchia di calce con- templava l'orto dell'Ospizio. ' t1 Ma che tempi sono questi - incalzava Donna Clementina - se nemmeno i ge– suiti riescono a spuntarla sulla pre!ettura e sul comune? )), « l "bassi 11 del vicolo furono venduti regolarmente a suo tempo - disse Padre

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