la Fiera Letteraria - XIII - n. 16 - 20 aprile 1958

Domenica 1U •n,-,i~ T958 LA FTERA LETTETIARIA La CROJ\TACHE DEL * PIACERE misura del * • peggio La poe,ia ridotta a materia scolastica nelle nostre scuole sotto la voce «italiano» è per gli studenti uno sterile esercizio mnemonico, un ,,irtuosismo solitario d'aggettivazione e di linguaggio figuralo per idee. fatti, lodi civili e politiche tl i * Al,,/FOJ\TSO GATTO R ISCRIVO una mia vecchia pagina di diario del '5}._« In. mezzo a tanta cronaca nera e gialla, due tatu ml hanno particolarmente colpito: il lungo sonno della signorina Bctty Sants, che ha dormito per 2~4 giorni, e il caso della cavalla Oretta di Paglia– rma, la saura purosangue di otto anni che gioca e quasi parla col suo padrone. Questi dite fatti straor– dinari significano che il più piccolo disguido dell'or– dine naturale, anzichè preoccupare gli uomini e mi– nacciarli nella loro sicurezza di essere quali hanno sempre creduto di essere, li esilara lnv~ e li diverte. E' leggerezza questo volgere al comico In meraviglia e l'orrido? Per la stessa ragione gli uomini si sentono autorizzati a ridere dei gobbi, dei nani e a trattare con vezzeggiativi e con diminutivi fatti, uomini, spet– tacoli che dovrebbero per lo meno sorprenderli. E' sempre un tentativo di minimizzare la natura di mor– tificarla. Ricordo quel giorno che ad arte e a ragione fu diffusa la notizia del due marziani trovati morti nel disco volante. L'iconografia che presto attecchi nell'immaginazione dei giornalisti che avevano inven– tato la frottola e di quelli che cercarono di trarne una morale, fu proprio quella di due omettini epilet– tici con la testa grossa a forma di valvola. Gli uomini avevano trovato il modo di ridicolizzare una notizia, la cui sola possibilità di essere vera avrebbe dovuto portarli a dubitare In un solo istante di tutte le pro– prie convinzioni e dJ tutti I propri rapporti e n ripre– sentarli indifesi e terrorizzati davanti al caos. Pro– babilmente, I provocatori di allarmi e i giornalisti– sonda dovettero ricredersi: l'uomo crede nei miracoli per difendersene e rimanere incredulo davanti alla possibilità dl farne lui le spese o d'esserne comunque partecipe. Cosi a Miss Betty, svegliatasi dal lungo sonno, nessuno ha rivolto le domande che furono ri– volte a Lazzaro, nessuno ha chiesto notizia del mi– stero. L'hanno anzi invitata con un sorriso a parlare del suo sogno di 254 giorni come di un lungo romanzo d'amore a rotocalco. La trama che ne ha tracciato la bella addormentata è poco più che la rimastica– tura di qualche canovaccio di film (l'infermiera che s'innamora del dottore, ecc.). Nulla da fare. Gli uomini e le donne, anche addormentati per un anno o per un secolo, una volta che si svegliano, ripren– dono gli abiti delle proprie mediocri paure, del propri timidi desideri. E con la divina cavalla Oretta, cosa credete che faccia Il suo privilegiato padrone? La eserciterà a giocare con lui, a imitarlo nelle sue abi– tudini, a rispondere con nitriti convenzionali alle domande che ln pubblico le rivolgerà. Un mediocre spett.acolo da circo. E infatti i direttori delle grandi arene pare se la contendano a furia d'otTerte. Altri esempi? Per lo meno, quel tale fascista che s'era ad– dormentato in una rivista di Taranto per svegliarsi, Ignaro di tutto, In una Roma occupata degli anglo– americani, appena mise piede in terra, si ricordò di essere capofabbricato, amico del foderale, e volle indossare la sua onorata divisa d'orbace. Faceva ri– dere a crepapelle, col facile riso che ci coglie quando ci sentiamo al corrente di una notizia che l'altro, Il protagonista, sulla scena non sa. Ma una proiezione fuori dall'ordine storico lascia il mondo com'è. Spe– riamo che gli addormentati ancora in Corso, tra gli altri Il signor Ralph Abboth che dorme da quattro anni e mezzo in un ospedale di Massachusetts, abbiano sorte migliore. Ci dicano almeno d'avere incontrato un r,gioniere che sbagliava le somme. M A L'ITALIA, cos'è? Che cos'è quest'Italia? T~tti. più o meno mostrano di credere che sia im– possibile una risposta concreta a che del parì sia Inadeguato, parziale, ogni ritratto .:he si tenti dell'Itahn, paese ricco di contraddizioni, logoro stori– camente e pure inedito per meraviglie come una terra vergine. Tutti, più o meno apertamente hanno unn propria idea della civiltà come di una ,;erità fossile che invano si tenta di portare alla luce. A una giusta e consapevole prova di spirito patrio, di lealtà demo– cratica, di responsabilità sociale, gli italiani verrebbero sempre meno, rifugiandosi in una continua licenza privata che non li esime dal giudicare severamente i connazionali per trar facile conclusione sull'inutilità di ogni tentativo, non diciamo di adempimento, ma di conoscenza dei propri doveri. Una tematicn di virtù astratte e possibili verrebbe a sostituire la pro- 1ica delle virtù concrete, In stessa libertà civile e politica si eserciterebbe nella contemplazione e nella speculazione dei vantaggi che assicura e non dei limiti e della solidarietà che impone. Insomma la condizione dell'« italiano possibile)) potrebbe ancora essere estesa a significare la condizione dell'italiano che non è mal quale dovrebbe essere e che trae par– tito dalla sua stessa impossibilità dì esser definito, educato, ritratto. Noi non crediamo a questa comoda diagnosi degli Haliani che jovrebbero essere tutti, uno per uno, un problema o meglio un rebus per chi li sta a osservare. Non crediamo del pari agli omaggi ~utorevoli resi all'Italia, paese da accettare quale è col suo bene e col suo male, da amare con punti– gliosa diffidenza o addirittura da assolvere con mal– celata complicità. Crediamo sia questa la via che porta gli italiani a esagerare e a misconoscere un momento dopo il I( valore>) del proprio Paese, cacciandolo in temerarie avventure di potenza e mai provandolo nelle sue legittime fòrze. Noi crediamo che un ri– tratto umano e storico dell'Italia sla possibile, da connettere pezzo a pcz.zo da tutte le immagini che ne testimoniano la vita e le opere. La varietà e la mol– teplicità degli aspetti; Il colore crudo o patetico di tante piccole verità attinte alla sorgente del gesto o delJa parola; il paesaggio delle stagioni e delle 01·c sui volti che se ne lasciano illuminare e sorprendere; la cronaca nella sua lampante brevità: l'ironia im– prevista dei significati c'le tengono sospesi a un filo gli episodi più brulli e disadorni: la pregnante evi– denza dei personaggi che si caratterizzano nel pro– prio intervento sulla scena e giurano di essere se stessi, soltanto se stessi, anche se nessuno ne dubita. spaccando lo verità dei luoghi comuni; l'incorporea trasparenza di altri personaggi che non si lasciano mai vedere del tutto e amano far considerare ambi– gui la loro Identità e il loro sorriso: pietà e stupore insieme, ignoranza e saggez.z.a. verginità e letleraiura. maniera di vivere e fatica di scoprire per sè i primi atti deUa vita. comporranno il ritratto di una Italia che sembra Car suoi tutti gli interrogativi dell'amore, "Ma che cos'è quest'Italia? i1. E' probabile che la domanda resti ancora sospesa dopo la nostra lunga risposta che sarà sempre incompiuta. Noi vogliamo che resti sospesa perchè ogni lettore, pur aggiungendo altre immagini a.I coro delle nostre, si persuada che è lui solo a trovare nel mondo deUe Italie possibili 1·1talia che cerca. P ERCHE' n ~uola i giovani sono portati a credere che i poeti non hanno mai avuto figli, ma puri e insoddisfatti amori ideali? Credo sia proprio la scuola a cristallizzare questa immagine edificante di una poesia poco meno o poco più che ermafrodita, angelica per definizione, descrittiva e divagatoria da una parte, innocente e astensionista dall'altra. Non è bastato per noi che Dante sia sceso da vivo nel suo e nel nostro inferno, non è bastato che Petrarca si sia macerato con la sua vita nella materia stessa della poesia, non è bastato che Leopardi abbia assestato confini fisici e silenzi terrestri all'idea musicale della lirica che l'età sua gli porgeva. Non è bastato tutto quello che è venuto dopo nella poesia europea, ignota spesso a professori e a riilievi. La poesia ridotta a materia scolastica nelle nostre scuole sotto la voce «Italiano)) è per gli studenti uno sterile esercizio mnemonico, un virtuosismo solitario d'aggettivazione e di linguaggio lìgurato per idee, fatti, lodi civili e politiche che potrebbero esser detti anche in prosa c~n maggior chiarezza. Ne consegue per loro la con– vmzi_one che i Poeti, prendendo al largo e in lungo I.a vita che gli altri assaltano bruscamente, deside– rando eterriamentc quello che potrebbero subito avere, siano santi, virtuosi, impotenti Insieme, inabili al commercio e alle leve. Anche pcrchè gli uomini che sono volgari e non vedono al di là della propria bocca e del proprio sesso - anche questi usati m;ile, seriz'arte per mancanza di fantasia - sanno in fondo di esserlo e prO\·ano un'ostinata t;ioia a credersi ~ a farsi ancora peggiori. Al.,FON"SO GATTO PER IJJV POET1l - SCRIVE RILli.E - LA P.4.ZIEJ\TZA E' TIJTTO * Troppa fretta, oggi, di pubblicare C'è un'impazlenza, in troppi giovani autori di versi, che non torna del tutto, ,econdo noi, a loro onore e ·a loro profitto. Hanno tentato 17 poesie, e già vogliono (pronto a rimetterci) !l'Editore che g'liele stampi e gliele lanci. Hanno trovato Lale Edltore, e già bra– mano, serivendo lettere cariche di • am– mirazione•• il Critico che di doro parH, o meglio ancora l'Antologlsta (tal è il pal– liho di questa ,secondoa metà del secolo) ,ollecito nel • registrare la voce•. E quando tutto questo Meccanismo del Sogno non funziona ell'isbante, dMII allora a Intingere inohiostro conttro l'Editoria, o contro la pigrizia e fa pusillanimità deHa Criti ca, qu est 1 ultima Incolpata senza trap– pe amba.gi (quasi essa fosse una balia, o come se una balia e ta'le -scopo fosse sul– !iclente) del non ireggersi iritte. e quindi del non camminar per il mondo. di cotan– te sacrificate operette. Mah, diceva queHo. Tutto 01ò al nostri tempi (e che brutto segno di vecchiaia è dir così) non succedeva, o fino a un certo punto succedeva. dal momen1o che - allora - non pareva tanto necessario pubblicare o aver giudizi quanto, sic et aimplfciter, scrivere ogni qu-alvolta non se ne ,poteva fare a meno. Ohè se poi la pub– blicazione avveniva (e non sappiamo nem– meno noi come avveniv-a), e con quella Il giudizio deUa • critica Qutorevole •. pos- 6iam dire con una mano sul cuore, ma non del tutto tenorilmente, che né l"una cosa né l'altra ci sognammo mai di sollecitare. Noi abbiamo sempre CTeduto, certo con ingenuità, ohe ie ,poesie hanno le gambe (corte quando sono bugie, meno corte quando sono più v,iclne a11a verità) e che perciò. con ba.li gambe, finiscono 5empre col camminare d a sole, purché, si capisce, si Jasei loro il tem{J0 di lrrobusti':'Si e non le si avve-nturino nel mondo (col rischio di finir sotto la prima blcicletita che pas– sa) quando ancora hanno bisogno delle dande. E anche abbioamo sempre creduto che se esse sono sufficientemente belle, e sanno andaT dritte per la foro stl"a'da, sa~ ranno proprio i critici a notarle e a indi– cai•le (appunto come si fa con le ragazze promettentd), i quall invece rimangono maledettamente imbarazzati (e zitti quan– do sono persone perbene) tiu11te le volte ohe si vedono capitar tira i ipiedl le crea– turine sprovvedute e traballanti (quel frettolosi abbozzi che ancQTla attendono il soUlo d'una vi,ta consapevole e piena) che la vanità di certi padri costringe. innanzi tempo, a salir le alt,ru.i scale, le manine an'OSS'3te dalla fatica - e le guance dalla vergogna - di aver dovuto aiutar le gambe nella preroatiura e 9?tOPOsitata im– presa. • di GIORGIO CAPRONI flT\é?) non bastass~ro più, hanno comin'" clato ia piovere sul nostro tavolo, forman– do un lago destinato in gran parte (certo per colpa della nostra pigrizia) a diven– tare, e a restare, uno stagno. Siate più prudenti e più pazienti.i, è la risposta collettiiva che vor.remmo dare al 78% dei nostri troppo :fiduciosi corrispon– denbi, e cercate di approfondire in voi il E:enso della responsabilità che ha un pa– dre verso ogni suo t!igliolo. 1 manoscritti (i datliloscrllti) sono vostri figli, nessuno ne dubita. E come tali (è sacrosantamente giusto) li considerate vo– stre creature, dotate, oltre che di un cor– po, di un'anima; ma - ripetiamo - pro– prio per questo non siate impauenti, e siate invece prudenti. con loro, senza tToppa fret.ta di veder Ticonosci-ute in loro (finchè non le rispecchieranno in pieno. o con la minima approssimazione possibile) le vostre eventuali vir,tù. Cercate, da buoni padri, di ,perfezionar– ne l'anima, prim:a di preocouparvi troppo del loro successo mondano. Un buon ingresso nella società, con l'In– chino del Commendatore o iii porgimano della Commendatrice, non vale a sa1var l'anima, credeteci, quanto non vale l'abito (la presenza: le refere.,ze ,accettate) a !are il monaco. Seni.a conta•re che fa via del Buccesso (vedete che non parliamo di glo– ria, ,per non rimanda:rvi facilmente a.I Leo– pardi) nòn è quella che più istantanea– mente Imbocca la poesia. I I successo in poesia, oggi più che ma i, sl riduce all'attenzione di quattro riviste specializzate, che nessuno legge Cuor del– la cerchia degli interessati, e noi vi do– mandiamo cosa ve ne fate di tale atten– zione (e Vi proponiamo di meditarvi su), quando invece la vostra mir3 segreta è ohe la •gente• (il •mondo•: niente di meno) 6'i occupi e iparli di voi. Cerca.te un'altra stTada, allom, ad esem– pio Iscrivendovi a una T'Ubrica televisiva, o, se avete più • tempe1,amento •• a~ssi– nando la moglie in modo inedito. dal mo– mento che è questa la vera via del succes– so, oggi. Il resto (quant'è vero: quant'è sacro– santamente vero) è Letteratura, e cioè qualcosa che conta gli uomini Ci lettori) sui quali vuole in qualohe modo agire, non nello spazio d'una mezza generazione ma nel tempo (relativamente infinito) della storia, sia pure • minore•· garl si accorgerà dopo dieci anni dell'oc– casione perduUl. Ci viene in mente, a questo propOS1.to, una lettera notissima che Ralner Maria Rilke scrisse, il 17 febbraio 1903, all'allora ventenne Franz Xaver Kappus. il quale aveva dnviato al Poeta, ,appunto, un • ma– noscritto in visione•· La riassumiamo per sommi capi, lieti di aver trovato una cosi autorevate conclu– sione al nostro discorso, e soprattutto il •consiglio• ohe tanti giovani, e meno giovani, ci stanne ohiedendo. 11ascerannO dei versi, allora. non penserete lontanamente a chiedere se Questi versi sono buoni. Non cercherete più d'interes– sare dcli<: riviste per questi lavori, poichè ne godrete come di un possesso naLurale, come uno déi vostri modi di vita e di e&pressione (...) Mi sembra d'aver messo il punto a tutto quello che interessa. In fondo no.'l ho tenuto che a consigliarvi di crescere secondo la vostra Jegge, grave– mente, serenamente. Non ipotrest.e turbare con più vfolenza la vostra evoluzione ohe dirigendo il vostro sguardo all'esterno, che aspettando da1l'esterno -delle Tisposte che solo il vostro ,più intimo sentimento, nell'ora più deliziosa, sarà !orse in grado di darvi (...). E come se tutto ciò non bastasse, ag– giunge Rilke in una successiva lettera: • Aspettate con umiltà e con pazienza l'ora della nascita di un 'llUOVo chiaro– re (...). Il tempo, qui, non è misura. Un anno non conta: dieci anni non son nien– te l, ..). La paz:ien::a è tutto• (1). GIORGIO CAPRONI (l) Lettere a un giovane poeta, a cura 01 G. Degli Ubcrt1s. Cya, Milano, 1945. Pag. 3 Carlo Broccesco: Annunciazione. (Parlrl, Lou,·re) DIARIO ALL'ARIA A.Plj;R'l'A. * Dove oaliamo andar * di GfjGLIEL!IIO PETR01\il Non si dovrebbe ave\· paura di ripetere troppo spesso le cose In cui si crede, an– che a rischio di aver torlo, .se per cerU argomenti esistesse davvero il torto e la ragione. Del resto da più di un lustro sono abituato a pensare che, nei costumi di oggi, deve esser !orse meglio aver torto in buona fede e per argomenti verso i quali si ha un assoluto disinteresse, che aver ragione con argomenti che si pro– fessano per un calcolo particolare e ve– nale. Ma è bene ripetere anche, giacchè siamo in vena dì ripetizioni, che per arte la ragione di essere è viva esiste anche qu.ando è o sembra Jmpunemente ispirata dal diavolo, contro la luce la giustizia e la bellezza; l'arte è cosa umana, è sco– perta di ciò che siamo e di ciò che è lo spirito della nostra contemporaneità, e se noi e un qualche periodo danno lspira'lrionl basse e magari abbiette, in arte esse pos– sono acquistare un valore che non assu– me mai completamente tutte le vesti di un atto negativo. Non si dovrebbe, dunque, aver paura di ripetere per un'altra volta che è neces– saria una revisione della storia e dei va– loiii artistici della prima parte del nostro secolo, una revisione che includa un'idea accettabile dei legami che debbono pur esistere 1.ra 1 primi delle due guerre ed i dopo; di questi legami che oggi sembrano non esistere come se Vi fossero dei vuoti, dei tagli, che jnvece non possono esserci perché, malgrado tutto ,il mondo non è mai finito e l'icominciato. Mi vien fatto di ripensare a queste cose per tante ragioni, ogrri volta ragioni di– verse. magari qualche volta contraditto– rie, ma pur ragioni che, se non altro, de– nunciano un'esigenza che penso nòn pos- &a essermi nata dal nulla, penso deve ri~ spandere a qualche cosa di a.uai analogo che turba la coscienza ,a molti altri. Questa volta, scorrendo tre o quatl:ro Hggi tra gli ultimi apparsi e non tra i peggiori sulla letteratura attuale, tutti 6\!ritti da persone assai giovani, comun– que di formazione recente; ~eggendo un gran numero di riviste letterarie (perchè malerado l'impressione che non ce ne sia, non bastano le dita di tutte e due le mani a contare ae riviste letterarie, variamente sovvenzionate, che escono nei posti più impensati della .penisola) leggendo tutte queste cose, solo in uno dei saggi ho tro– vato il nome di Enrico Pea, non vi ho trovato que1lo di Giovanni Com!sso: come mai? Si badi bene, dico due nomi che mi sembrano molto 6lgnificatiVi e non faccio un elenco, riserbandolo appunto alle stes– se persone che per ora dimostrano di igno– rare la necessità di conoscere davvero qual'è il panorama intero della nostra cul– tura letteraria. Andando solo a memoria, sempre in questa sede, sembra che nes– suno si rammenti di Barilli, sembra che Savarese non sia esistito, che Savinìo non abbia 6CI'itto nulla. lo non intendo qui fare una questione di •valori•, di pure scelte oggettive; voglio invece domandarmi se è mal possibile che si continui ad ignorare l'interezz.a della nostra recente 6loria letteraria, continuan– do purtroppo ad indulgere vef'!o toni dra– coniani che sembrano dire: questa è la 6ituazione italiana, questa è la storia cul– tura-le ed artistica del nostro paese; sem– brano scoprire il segreto dei duri trav~gli passati senza chiedersi se, per entrare dentro JI segreto di una epoca, non biso– gna possederla, penetrarla ed esaminarla con una analisi quanto mati completa, con una conoscenza che non si lascia intluen– z.are da 6chemi che, oltre ad essere già ratti, sono schemi che accettano vuoti e ignoranze da attribuirsi solo ad accadi– menti contingenti, a perigliose dif!icoltà di ricostruire una storia reale in un tempo che ha dato una cont-radiz.ione dopo l'altra.. 1 nostri giovani studiosi che ne pensano dei panoram.t critici e storici che si fanno oggi in altri paesi, nei quall nulla si tra– scura, tutto si riesuma, non 60lo per esat– tez.za. di anaUsi, ma anche perchè in quei paesi si considera patrimonio spirituale e ricchezza ogni manifestazione della pro– pria cultura? Molte sono le persone che, in Itabia, pa– trebbero. darci completi tutti gli ~rumenti necessari ad un esame, ad una revisione che abbia significato di rinnovamento, ap– punto perché non accetta le lacune con– venzionali tanto profondamente scavate in questi anni, perché presenta la realtà nel– la sua interezza e con l'obiettività storica che esige l'esame di tutto, senza prere 4 ren:re temporali o .influenze di polemiche esterne ed estemporanee. Finchè avremo un costume critico la .. cunoso, con!ormista nei riguardi di alcuni errori in gran parte puramente tecnici. noi potremo avere tanti Jntelligentì dnda'" gatoni che cercheranno di darci 41 volut del n06tro tempo, ma non potremo mai conoscere quel volto; non pctremo perciò saper bene da dove veniamo, di conse- 1Uenza, dove vog1iamo andare. Il nostro lamento é iiustl!lc.ato dai trop– pi manoscritti {d',lttilosorittl, iper la verità) ehe da qualche tempo. come se le belle lette.re d'Jncitamento e d1 plall!io {a qual Ogni poeta non jnsincero. anche se non grande, questo tempc cc l'ha nel petto. e non ha bisogno per questo di mandar manoscritLi in visione o di sollecitare (più o meno gar,batamen•te) giudi21i, col rischio d'incontrare l'indisponibilità - in quel momento - del destinatario, il quale ma- • Caro Signore - scrive Rilke al signo•r Kappus. - La vostra 1etteI'la mi e giunta da poco. Tengo a I'lingraziarvl della vostra preziosa e larga fiducia. Posso fare poco dt più. Non entrerò nella maniera dei vo– stri versi, essen-domi estranea ogni preoc– cupazione critica. Del resto, per afferrare un·opera d'arte, non c'è niente -di peggio delle parole della critica. Esse conducono soltanto a malintesi più o meno felici (...). Detto questo, posso aggiungere soltanto ohe i vostri versi non attestano di una maniera vostra. Contengono, nondimeno. i germi d'una personalità, ma t.imld1. e tut– tora coperti (...). Ml domandate -se i vostri versi sono buoni. Lo dOma.ndate a me. Lo avete già domandato ad altri, li mandate alle riviste, li confrontate con altlri poemi e vi allarmate quanòo certe redazioni scartano i vostri tentativi ,poetici. D'ora innanzi (,poichè m'avete permesso di con– sigliarvi) vi prego di. rin un.zia re a. tutto ciò. l! vostro sguardo è volto verso l'Cster– no. E' questo, ami.tutto, che non -dovete più fare.Nessuno può portarvi consiglio o aiuto, nessuno. Entrate in voi stesso, cer– cate il bisogno che vi !a scrivere: esami– nate se trae le sue radi<,i da'! profondo del vostro cuore. Confessate a voi ,stesso: mo– rireste se vi fosse vietato di seri.vere? Questo, anzituUo, chiedetevi nell'ora più silenziosa della V09tra notte: • Sono ve– ramente costretto a scrivere?•· Scavate dentro di voi in cerca della più profonda rispos1.a. Se questa risposta Garà afferma– tiva, se voi pobrete far fronte a una cosi grave domanda con un forte e semplice: • lo devo•, allora co9t"ruite la vost,ra vita secondo qu~-ta necessità. La vostra vita, Hno nella sua ora più lndiMerente, più vuota, deve diventare segno e testimone di un tale impulso (...). Utilizzate, per esprimervi. le cose che vi circondano, le Immagini dei vostri sogni, g,11 oggetti dei vostri ricordi. Se 1a vostra ,giornata vi sembra povera, non accusatela. Accusate voi stesso di non ~--sere abbastanza. poeta per chiamare a voi le sue ricchezze (...). E se da questo ritorno in voi. stesso, da questo tuffo nel vostro rproprio mondo Vetrata del Duomo di l\lllano. Areanrclo Gabriele a.ttrlbulto al Foppa GUGLIELMO P&rBONI r

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