la Fiera Letteraria - XIII - n. 15 - 13 aprile 1958

LA' FIERA LETTERAR Anno XIII . N. 15 SETTIMANALE DELLE LETTERE DELL ARTI E DELLE SCIENZE Domenica 13 aprile 1958 SI PUBBLICA LA DOMENICA Diretfore VINCENZO CARDARELLI QUESTO NUMERO L. 60 DIREZIONE, AMMI1 lSTRAZIONE: Roma _ Via di Porta Castello, 13 _ Telefoni: Redazione 555.487 _ Amministr. 555.158 _ PUBBLICITA': Amministr.: e LA FIERA LETTERARIA> • Via di Porta Caste "l.lo , 13 • Roma - TAR.: Commerciali L. 150 Editoriali L. 80 al mm .• ABBONAMENTI: Annuo L. 2.700 _ Semestre L. 1.400 - Trimestre L. 750 • Estero: Annuo L. 4.000 • Copia arretrata L. 100 - Spedizione in conto corre.nte postale (Gruppo 11) • Contocorrcnte postale n. 1/31 426 DIA.RIO ALL' A.RIA. APERTA * Presenza dello scrittore * di t. UGLIELJJO PETRONI Identificare gli uomini di ogni att:vità, di settori particolari, di categorie, di clas– si, è uno degli aspetti più nuovi e impor– tant.i del nostro secolo; far di essi delle «masse>) le quali hanno interessi comuni da difendere, da comunicare, da unifor– mare ad altri interessi, ci ha certamente portati a poter individuare le esingenze più importanti della soc!et.) moderna, le strutture più confacenti ad una buona organizzazione che si avvicini alla giusti– zia ed alla equità, e che impedisca di ignorare i problemi ai quali spesso si vor– rebbe voltare le spalle. Ma ogni aspetto di queste cose, ancor che le tecniche or– ganizzative siano tanto progredite, pre– senta dei pericoli, i pericoli di società chiuse da una parte, ed i pericoli della generalizzazione assoiuta degli interessi particolari dall'altra. Si rischia in qualche caso di distruggere la persona per indi– viduarla solo con la massa del suo settore, categol'la, ecc. Vi sono poi molte attività che per il loro particolare aspetto, per le 1cro particolari necessità di assolut.a in– dipendenza personale, di individualità, poco consentono di essere individuate in ciò che è una massa, sia pure di piccole proporzioni. Tra queste at.tività eccelle senz'altro quella dello scrittore; ciò non vuol dire che gli scrittori, nella società attuale, non abbiano ormai una quantità cli interessi da dtrendere e da diffondere in comune: non vuol dire che gli scrittori non abbiano bisogno dl riunirsi in una propria organizzazione per esaminare te proprie questioni comuni; ma lndividunre gli scrittori come numero è ugunlmente un errore che non giova ai loro interessi. Lo scrittore è del resto cosl difficilmen– te qualificabile che, per farne una massa, occorre non andare troppo per il sottile e sorpassai·c di tanto quelli che sono I limiti in cui bene o male resta assai chia– ramente qualificato. Individuare '.:i possi– bilità di organizi..are lo scrittore nella stc~im tecnica C"he distingue tant'altre più estese categorie, è creare un qualche cosa una massa, magari, un.a forza che può' avere un suo piccolo significato so– ciale ma non risponde allo spirito di ciò che deve rappresentare: lo scrittore non è parte di una massa. non è individuabile in una forz.a organizzata; è invece parte di una piccola società quanto mai lontana dall'ìdea di potere essere potenziata dal numero. Molti obbiettano a questo punto che se anche lo scrittore non rappresen– terà a suo modo una !orz.a (una massa) non potrà mai atrront.are certi suoi pro· blemi, giacchè oggi I problemi di cate– goria si impongono col numel'O e con la organizzazione secondo i concetti stabiliti; ma a parer mio è un errore: siamo din– nanzi ad un caso particolare di attività ed a un particolare tipo di figura umana che rappresenta realmente una forza, che può imporsi per i propri problemi: ma non perchè farà t< numero 11, La !orza del– lo scrittore non è nel numero che, in que– sto caso, rappresenta addirittura l'inde– bolimento della sua vera forza; la forza dello scrittore sta altrove, sta in ciò che lo scrittore rappresenta e che non è mai, in nessun caso, in rapporto alla quantità. ma solo in rapporto alla chiarezza con cui si definisce ciò che rappresenta nella so• c!età, ciò che significa il peso della sua presenza, non nelle statistiche, ma nel si– gnificato della sua forza spirituale che è più chiara e più grande quanto più è limi– tata nel numero, cioè contenuta nei giusti limit.i che la qualificano. Si potrebbe dire al contrario di quasi tutte le altre atti– vità, che la forza dello scrittore è più efficace, più definita, più capace d'iln– porsi, quanto più il numero resta circo– scritto in un certo limite oltre Il quale, l'aumento stesso del numero, Indebolisce l'efftcaclu della sua azione. Queste son forse cose che non sarà male tener presenti oggi che, come già abbiamo detto in principio, gli interessi comuni alle categorie delle persone si po;;sono ormai discutere e definire sol– tanto se queste si presentano come massa organizzata. L'importante dunque nel no– stro caso è non lnsciarsl trasportare dalla norma che, cosi utile è cosi rappresenta– tiva della moderna !orma di ammini– o;trarsi dell'u<'mo moderno. appunto per– ché è una nQrma, ha le sue accezioni le quali debbono sapersi riconoscere fuori di essa e sfuggire a quella forza centrifuga che le cose di questo genere operano tendendo ad attrarre tutto in una unica orbita ed in un unico comoortamento. GUGLIELMO PETRONI «SE l'tJ.AI IUNASCEUO'» E «Rll?OLI DI lTEN'l'O» * Dopo le poesie dello stagnino o sta– gnaro (o ligusticamente e lattoniere») Lu· ciano De Giovanni, ecco ora sul nostro tavplo quelle del muratore Arnaldo Car– ra, raccolte sotto il titolo di Rifoli di vento · e stampate, nel più civile del modi e col motto e Più: che la sapienza vale l'amore», pres.so .e La Bodoniana,. di Parma. Che il Carra lavori di cazzuola e di cal– cina lo abbiamo appreso da una lette1·a di accompagnamento, nella quale, dopo aver cancellato qualche vezzeggiativo che non ci compete, abbiamo letto a un certo pun– to: "Sono un muratore sui cinquant'anni. e da non molto tempo mi sono accorto di avere predisposizione a scrivere poesie. Questo, che invio in omaggio, è il secondo libretto che pubblico, l'altro, Poesie del muratore, è del 1955. Ne-i prossimi mesi ne farò stampare un terzo•· Cosi -abbiamo imparato - anche - una bella lezione contro l'ipocrisia (dal mo– mento che non uno di noi avrebbe mrlÌ osato confessare di essersi • accorto di avere predisposizione a sc1•iver poesie», pur seguitando caparbiamente a scriverne e a viver male e in corrucc:o col mondo quando e non gli vengono»), insieme con Il f,atto, non davvero di minor peso, che' nella fattispecie non si tratta dunque e soltanto d'uno dei soliti fuochi di paglia, cioè d'uno di quegli Improvvisi capricci o sfizi che sorgono e all'improvv!6o tra– montano nel cielo di ogni umana esistenza, bensì d'una necessità in profondo e dure– volmente sentita. dove semmai il segnale di pericolo potrebbe ergersi al polo oppo– sto, -appunto in un soverchio di fiducia nella propria Vena (scoperta a cinquanta anni con tanta i<ntimaallegria), e quindi in un abbandono - a capofitto e dfluviale - a quella, senza il consueto argine di una cultura capace di farsi autocritica. e freno, all'Istinto. E a un caso puramente istintivo e generoso pare accennare. a proposito di Carra, Gian Carlo Arton[ in una breve not,a su Palatina, 3, quando, con tutta la simpatia possibile, sottolinea certe • Jn– tuizionl sconcertanti e Istintive furbizie letteraTie, che vengon subito perdonate in nome di un'ingenuità commovente». es– sendo -il Carra stesso del tutto e indlfeso dl fronte alla lett.cratura 1ifficlale, alla quale tuttavia crede. sia pure in una spe– cie di sogno». Artonl si limita a un esempio, che ver– ge verso Garcìa Lorca, lasciando al lel· tore il facile ~loco di trnrl"'c- altri ~ pie~,. mani (dal Carducci e barbaro» ad Attilio Bcrtolucci), ma non per questo scema troppo il pregio del libretto, o vcngon meno le naturali doti del suo autore, a •difendere» il quale, dopotutto. sta pro– prio l'aura (e la credevamo una nostra superstizione) della civilissima Parma, ca– pace anche qui di sopperire all'irrego- Due poeti: B~llel i Ca rra cli GIOltt,;JO CAPllOi'.\I larità delreducazione col freno elemen– tare. e in questi limiti valido, d'un buon gusto diventato patrimonio comune: Amo il vento che scende le volli del POTI/IO e del 8rtt!7(11J..::aportando /a frc.~cura dC.Q/1abet, e dc, /aqgl .Uaqqfo verde :ml/a m,a terra C!plo.ffl Idi rose. Le t·ccch1c stalle s1«1a11t1 dar """' (a1111erit1 il /iato dCI bon. I,c 1•1olettc che a Mar;;:o profrw1ano /la p1a11a. Saprà il Carra, ci domandiamo anco– ra, trattenere su tole discrezione il pro– prio entusiasmo e abbandono e alla vena•• profittando d'un·aria cosi propizia ,per porgerci di sé una più netta immagine·! La domanda è retorica e lascia il tempo che trova, ma non ci esime dal ringra– ziare il gentile muratore per il dono g:à f'.attoci, non fosse che per l'illusione di esser tornati a c1·edere, con lui, che la poesia è di tutti come la fortuna, fiore capace di sboccl,are nel più coltivato giar– dino come nel più modesto orto di peri– feria, tanto per usare una frase certo spia– cente agi[ smaliziati ma non a un auten– tico, e d-a pa11e nostra invidiabile, coeur simple. Senza contare il miracolo, di fron– te al quale non osiamo più dir parola, di quest'improvviso ma resistente rifolo, ve- nuto a portare in un'anima, dopo cinquan– t'anni di vita forse duramente e certo umilmente vissuta, tale sincera e allegra ;;pinta di giovinezza. Sempre sul basso numerato dell'istinto potremmo realizzare. da buoni alunni del FenaroH, il nostro dL,corso anche per un altro libro di versi rSe mai rina:Jcerò, di Maria Luisa Belleli, Vallecchi, Firenze), se qui la parola istinto non d!ventasse talmente prec:sa e perciò limitata (la Bcliell e lavora» su un piano di lucida coscienza letteraria e di ben deC!nita cul– tura) da farsi del tutto generica e quindi perfettamente Inutile. Un vivo mov:mcnto •toscano•• di poe– s:a in apparenza « all'impl'Ovviso », ma che invece senti governata da una gentile legge numerica, ci sembra infatti il dono p!ù genuino (la dote più personale) delloa Bellell; la quale, nei momenti di mag– giore schiettezza, par riportarci a quel modo di cantare a ~ola p'.em1 e a cuor leggel'O (e alraria aperta), proprio dello stornellare, del resto strano fino a un certo punto ne:l.a civiltà poetica di ogl{i: Las,.,a le /O.o/fe. t11:111 Il fiore tristi le uoqL1e .scn~a ramore. 1Yo1t t'a/facclare alla /irie.st ,n. 11011 r,1uirdare sotto la 11/ct,a, Sl)COfll la fiamma m-r CI/O('l'Ì'(' il J]OnC, Emilio Greco: « Grando bagnante n. 2• ,part.) ~onatl al suono dClic campane, PCll,M. che 1 Vll'I 81on.o ( morti ct·un altro temi,o g/0. 11.!orti. Se non addirittura: Fiore di prumuoera. t il mio 11ome che inarca la tua t:oce. I·" c~~a:g11:;i°'·t1'f::)it·;g ,~:/,~''.s;:!, dono. una /onte di 11u:c C'l1c perdura. Sci b1a11corc dCf/'a/ba. come df/aqa, grande macchia. oscum. Né mancano, certo, e moti più: profondi» (Perché son donna, non ho parentela I con. la. diffusa pioggia che ristora, I né co,t la. sparsa invadenza det sote, / né col vento veloce che scompigtia / sempre più in là di dove l'llai sentito. / Per que– sto amo la pioggia, il sole. il ven[o, / io clie son terra e cibo e lieve fronda: dove il ricordo delle nostre e massime • poe– tesse sovrasta lo stesso concreto motivo r!lkiano: Tch bht der Taa, ich bin der Tatt, I du aber bist der Baum); motl che sorreggendosi anch'essi, pur nella loro ri– schiata letterarletà, su una cadenza di ri– flesso popolaresca e abbandonata. appun– to, all'istinto, soltanto molto di rado con– trariano fo qualche pagina le doti di questa autrice, là dov'essa si lascia sor– prendere per un attimo in veste di Inge– nua seguace (come a volte il nostro mu– ratore} dei vezzi più esterni e vieti (e ripresi a orecchio) della poesia»: Se t11 na.,.,; in un oiarcfino 110n r'r trii/o che trt1po~.sf la 11111. car11r co::>mc tnf/10. l'arra 1111or110 110n. l)ro/11ma, 110n disse/re il tuo i,c.,o verticale in 011rtate, qorq/11 e .!JJ11mn. non ~·t fiere oi·c .!f 00:Ji il tuo Muardo. non c·l niente C'lir- rfJJ(hl dal 011an:ta,c r(lqa'1 1 Cll(C Ma sono, r:pcti-amo, cadute rare, che lasciano intatta la Belleli nel suo bel modo italiano di discorrere poeticamente (con sciolte:r.za di sintesi e naturalezza di ritmo), in un fraseggi.are equidistante dal classicismo più vieto quanto dalle inquietudini post-pascoliane del:a parola, capace (anche se non giunge a sorpren– denti invenzioni) di darci un'immagine di lealtà letteraria, oggi invero non troppo frequente (e quindi tanto più pregevole) nella lltteratlssima schiera degll eversori della Letteratura. E basta infatti leggere, ed esempio, le pseudo-terzine dt Sa.int– Germain-en-Laye, per convincersi come ancora una volta, la freschezza dei sensi e la naturale spinta della voc«7.iane al canto», possano tornare elementi di nuovo credibili, quando e quanto più sorve– gliali da una sveglia coscienza autocri– tica, e appunto quella coscienza di cui a volte la Be\leli (e li ha torto: e H cl rimette) par diffidare. GIORGIO CAPRONI LA. S~~l'tIPLIOITA.' DIVEN'J'A. COl'tIPLH'.AZIO~E. L'All'l'll?H'IO E' PROJIOSSO Jl, SIS'l'EHA. D'l~DAGINE liJ A CUl~'l'UH,l. * Anche se ricevere una lettera da per– sona che non si è mai conosciuta le sembrerà strano. e se ancor più strano le potrà sembrare l'avvio di questo mio scritto, più simile a un racconto che a una lettera. non se ne meravigli: quan– do sarà arrivato alla fine gliene sarà forse più chiaro il motivo e certo com– prenderà perché. pur non conoscendo– la. io mi sia rivolto a lei. Si tratta di una lettera scritta in piu riprese. a intervalli a volt.e molto lunghi - e come a,-rei potuto in una sola volta? -. pen·iò, immagino. al– quanto disarticolata. Voglia. tuttavia. perdonarmi la noia che le reco e con– cedermi la benevola attenzione che cre– do di meritare. fnizierò col dirle che non avevo mai visto un paese di mare smontato in pe'!:zi a fine stagione, avvoltolato in carta catrame e chiuso in custodia. in serbo per la stagione successiva. Un paese è un paese. è qualcosa che resta. malgrado tutto, malgrado le piogge in– cessanti e il vento, le trombe marine e i tifoni; è qualcosa che vive e, anche sotto una coltre di nev<". conserva una sua anima, un suo calcrc. Da quando in qua i paesi si sono messi a scivolare a valle dalle alture, come fossero poggiati su lentissima la– va? Eppure oggi apprendiamo dai gior– nali che agglomerati di case vangano inghiottiti dalle voragini o sepolti da valanghe di terr...: e macigni. come. per esempio. Zambano. nel Trentino; o di altri sospesi in bilico sopra la roccia friabile. flaccida, come leggemmo tem– po fa di quel singolare. bellissimo paese di modelle che è Anticoli Corrado. Tutto questo si tegge. e va bene: ma non avevo mai visto con i miei occhi un paese che si smonta a pezzi. come un <meccano,, come le costruzioni a piccoli cubi per i giuochi dei bambini. e si depone in una scatola. stenden– dovi sopra una coltre di buio. Certamente M. non e un paese come gli altri. ma piuttosto simile a un abito estivo. che. con le prime piogg,e e i primi freddi, ha esaurito il suo compi– to. Non ha nemmeno tradizioni M., né un Santo Patrono da festeggiare, ne date e avvenimenti da celebrare. quasi fosse fuori della storia. La smobilitazione di l\l. iniziò un mattino di ottobre nell'attimo in cui staccavo dal calendario il loglio del , giorno precedente. Giunsero nella villa accanto a quella in cui ero venuto ad abitare tre uomini scuri di pelle, come tre monatti. a deporvi castelli di corde logo1e e attrezzi marini e tutta la ri– gatteria di spiaggia che si possa imma– ginare, fino ai sugheri, ai pioli di le– gno. ai chiodi. Accatastarono quegli avanzi sotto una palma e se ne anda– rono. Ritornarono più tardi con la stessa aria di affossatori. portando a mano, come una bara. un pattmo bianco e lo deposero sotto un'altra palma. In quel- la austera operazione spa,·entarono un cane. che. abbaiand.:J. fece a sua ,·alta impazzire di paura un gatto fino allora pacifico. [I gatto corse ad acquattarsi nella pancia del pattino e Yi rimase a raspare. senza il coraggio di metter fuori nemmeno un orecchio. o; li a poco i monatti ritornarono ancora e accatastarono sul pattino, sotto quella palma. foreste di tronchi e pa– lanche. saettoni. infissi. tutto quell"ar– mamentario da cantiere che restate. sul mare. si ricompone in forme di stabi– limenti balneari. di capanni. di cabine. Ora sapevo , finalmente come va a finire la spiaggia di M.. quando il mare si chiude. Smobilitate le cabine e gli stands e riposte le tettoie. le cupole di bandone sotto le palme. il mare può liberamente ingoiarsi la striscia di sab– bia. che poi restituirà con i primi caldi. Così era stata veramente e defini– tivamente chiusa una porta tra noi e il 1 on erano mancati neppure i L'IPERBOLE * * di UOìllEl\'ICO PURIFICATO sacramenta.li colpi di martello. che ri– badivano chiodi lunghi quanto una spa– da. a giudicare dalle quantità dei colpi battuti. La $Cnsazione di quella chiusura fu tale che. per un lungo tempo. alle mie orecchie sembrò di udire il mare stesso serrato nel ventre del patt.ino a mu– golare. a friggere, frangendosi a colpi ostinati sulla fiancata ciel pattino per tutta una notte. come fo!-se un essere vivo. E io ascoltai stupito, per la meta cli quella notte. tinche !inii col vivere 'in angoscia. quando mi ricordai del gatto che fuggi atterrito dall'abbaiare del cane e ne temetti una sorte simile a quella che leggesi in un racconto di Edgar Poe. < [I gatto nero,. mi sembra. dove si narra di un gatto murato vivo. i\Ia la vicenda della spiaggia. anche se non usu:de fu. per lo meno, abl;,astanza natu_rale: qui il mare era fatto in quel particolare modo e. di inverno. non am– metteva estranei: nemmeno venuti, co- A Pag. 4 NELCINQUANTENAR O DELLA MORTE EDMONDO DEAMICIS * a curadi GIAN FRANCO VENE' o scrittidi: ALFONSO GA no GIACINTO SPAGNOLETTI GIAN FRANCO VENE' e alcunepagine del grande scrittore ligure • me me. a dii)ingerc sul motivc,. Ma Ja città, anch'essa. non era dissi– mile. e anch'essa aveva in serbo per me non liete sorprese. La città sembrò sopravvivere per altri due giorni, poi entrò a sua volta in agonia. Comincia– rono a spegnersi alternativamente al– cune lampade destinate ad illuminare gli angoli meno esposti: le ville prima d'al– lora festose e splendenti di luci, rima– sero di improvviso immerse nel buio. Ne il solito cane segnalò più la pre– senza dei passanti notturni con il solito guaire. anche se fastidioso. La notte fu il dominio del vento: le palme. squas– sate, impazzirono lino all"alba: il sole non fu quello dei giorni avanti. il sole basso, afoso. apocalittico. preparava una altra sera di debacle. A sera. infatti, il paese fu sotterrato dalle ombre. Mi avventurai ancora per quelle stra– de deserte. richiamato da un fiato di luce su. in cima alla salita. verso le ultime case di 1\<I.,perchC resistevano n quell"occa&o generale un chiosco dei giornali e rufficio telefonico. Per una o due sere ancora i miei incontri fu– rono con i giornali che mi portavano gli echi di tutto ciò che avveniva nel mondo; ma un1 sera, invece dei gior– nali. mi fu data in rispOsta la notizia che per non so quali allagamenti. le comunicazioni erano interrotte e i gior– nali non sarebbero più arrivati: pietosa menzogna che volle nascondermi la chiu– sura di un altro capitolo del libro che si avviava alla parola fine. Per la verità. il tempo. quasi avva· 1orando l'affermazione del giornalaio. si volse al peggio anche a M. Cadde una pioggia fitta. che fece tutto buio anche di giorno e i lampi e i tuoni squassa– rono il cielo. Ormai unica speranza di collegamento col resto del mondo era il \elefono. Se le narrassi come una di quelle tristi sere mi fu annunciato che anche l'uf– ficio dei telefoni avrebbe chiuso i bat- Allepagg. 5 e 6 nella GALLERIA DEGLI ARTISTl ITALIANI EMILIO GRECO * a curadi GIUSEPPE SCIORTINO o scrittidi: FORTUNATO BELLONZI ENZO CARLI VALERIO MARIANI C.L.RAGGAIANTI GIUSEPPE SCIORTINO LORENZA TRUCCHI tenui il di successivo la crederebbe una iiwcnzione della mia fantasia Invece (u la verità vera. Ora potevo dire di non aver visto mai a sera paese desolato come questo: nemmeno al tem– po del coprifuoco o degli allarmi aerei: quelli dell'UNPA, che gridavano e luce! luce! , sotto le finestre almeno erano divertenti! Consumavo i miei pasti serali in un locale quasi clandestino, per via delle tende ben tirate. in modo da nascon– dere l'interno ai pur rari passanti: se– devo in un angolC' che non poteva es– sere se non buio. Ero l'unico avventore; dinanzi a me. sempre in malinconica attesa di ordini, un cameriere e il pa– drone del locale. Una st•ra che a nessun prezzo avevamo trovato un quarto per una partita a tressette il cameriere mi annunciò. presentandomi il conto: <Si– gnore. domani chiudiamo: non abbiamo più avventori e ci rimettiamo solo di luce ... ,. Non feci in tempo a parlare. <Ci dispiace, mi disse il padrone <pro·– prio ci dispiace>: e fece un gesto tra rassegnato e di desolazione. Uscii. La strada che taglia in due il paese era sferzata da macchine e autotreni lan– ciati a corsa folle verso Roma o verso il nord, quasi fuggendo quella landa piatta di case. Dove l'ombra era più fitta par un intrico d'alberi, si fece incontro un uomo trascinando a fatica il pieùe destro: < Buona sera:, mi disse quell·uomo. < Buona sera:, risposi. <Si– gnore:, mi disse l'uomo <si ricordi, l'an– no prossimo, se deve portare le valigie: si ricordi di me, mi chiamo Sesto:>. Ora in quel paese ero io solo con tutta la desolazione piovutami dentro. Da qualche mese sono qui, tagliato fuori dal resto del mondo. nel modo che le ho narrato. Ho avuto difficoltà ad abituarmi a questa solitudine. ma fi– nalmente lavoro. Come ella avrà intuito, dipingo. Non sono più molto giovane. benchC non ancora pervenuto all'età che può aver bruciato tutti gli entusiasmi e le speranze. Anzi. proprio per custo– dire quegli entusiasmi e quelle speranze al caldo d'una meditazione raccolta pen– sai di rifugiarmi qui. Non prevedevo tanta solitudine. tut– tavia. avendo impegni da mantenere con me stesso e un po' anche con gli altri, cioè con la società, ivi compresa la so– cietà degli uomini di cultura. penso che qui almeno posso serenamente misurare. le mie forze, giudicare con senso di maggior distacco le cose che più mi hanno assillato e fatto ressa intorno: chiarire a me stesso quanto di men chiaro e quante ombre o complicanze sono in me. Ritengo che questa solitu– dine così assoluta - se la paura del buio che è comune agli artisti come ai bambini non ingigantisce, deformando– la. la misura delle cose e le propor– zioni e le prospettive medesime dei miei pensieri - ritengo che questa solitu– dine mi sarà. tutto sommato, molto utile. E' superfluo che io dica quanto giovi l

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