la Fiera Letteraria - XII - n. 50 - 15 dicembre 1957

Domenica l .) di,·c11:l1re l ().)7 LA FIFP,,\ TFTTFRARII\ TRENT 0 ANNI DOPO IL SUO PRIMO INCONTRO CO LA H FIERA LETTERARIA" * Pagine di Alessandro Bonsanti * Credo di non essere il solo ad appas– sionarmi alla tecnica dello scrivere, che non consiste. è ovvio. soltanto nella grammatica e nella sintassi. r-.la almeno qui da noi non siamo, è da crederlo. poi tanti; stando per lo meno alle dimo– strazioni palesi che se ne hanno. In al– tri paesi. in altre zone linguistiche. tutto ciò che appartiene ai ferri del mestiere. alla tecnica della composizione. ogni mezzo che si può adoperare per perve– nire a determinati risultati. hanno da tempo formato oggetto d"una saggistica adeguata: e non è raro che quelli me– desimi i quali compongono poesie. scri– vono romanzi o drammi. prendano la penna in mano per rivelare all'inclita e al volgo i modi usati. quanto dire i se– greti della cucina, senza falso pudore e senza nessuna fumisteria. State attenti. proclamano. che ora vi faremo vedere il rovescio della medaglia. Mettono tut– to in piazza. come in certe trattorie rino– mate è invalso l'uso di cucinare in vista della clientela, quasi a garantire. cosi operando. la genuinità del prodotto. "DONGIOVANNI: U,ig·iocodisocietà zalo odierno si d,mostra davvero suranné. Il più fedele al suo nuovo ruolo, con– siderato tutto, mi sembra ancora Lepo– rello; fedele cioe ai due padroni che ha l'obbligo di servire. Le sue alternative derivano esclusivamente dal decorso de– gli avvenimenti: ma nel lamento che in– tesse intorno alla propria condizione di diavolo - un ulteriore esempio dell'in– dipendenza dei personaggi - mi par d'ascoltare davvero un vento d·a.maro rimpianto che squassa i vetri d.i carta dello studio di Don Giovanni. e che ci giunge proprio di costaggiù, da cui egli ci è venuto e a cui farà ritorno. Fra coloro che si sono acquistata la mia sincera ammirazione per la schiet– tezza del procedere. e l'acutezza di cui dettero prova con lo smontare pezzo per pezzo la loro opera nello stesso modo con cui i ragazzi smontano un giuocat– tolo appena ricevuto in regalo. vengono forse per primi Edgar Allan Poe e Hen– ry James. Benche i loro rispettivi pro– cedimenti siano diversissimi. ma forse ptoprio per questo. vien fatto di consi– derarli dei maestri a pari merito per– chè, detentori entrambi d'un mestiere co– me non è facile trovarlo in altri, hanno voluto mostrarne apertamente il conge– gno. sebbene con la riserva mentale che certe cose si spiegano, ma non s'impa– rano. Eppure, dopo )e loro spiegazioni. come sembra facile l'arte... Altro che scuole per corrispondenza ... Tutti pos– sono scrivere n Coruo, o Ciò che sapeua Maisie. Come noto, il Poe descrisse il proce– dimento seguito per creare dal nulla il poema, o per meglio dire, soltanto dal desiderio. dal proposito di comporre una poesia. Provvide cioè a mettersi nella situazione in cui si trovava quando non lo aveva ancora scritto, e rifece in pro del lettore il cammino già percorso. fornendo le ragioni da cui era stato gui– dato,. Jarnes invece. mediante le sue pre– fazioni, intervenne non solo ad opera conclusa. e talvolta dopo essersi conces– so un congruo respiro. ma in realtà fe– ce in modo di disporsi davanti al pro– prio lavoro quasi fosse opera altrui, in– terpretandolo analiticamente, e ricavan– done per primo, com'era inevitabile, qualche sorpresa. Perchè è difficile, an– che questo è noto, che fatti e personaggi, quanto più riusciti, non prendano o pri– ma o poi la mano all'autore; le prefa– zioni di ames annotano quindi tra le ri– ghe anche la differenza che corre da i propositi alle realizzazioni. E' comunque un lavoro che viene ese– guito a freddo, quando l'opera è finita, non prima di iniziarla; un commento che è quasi sempre anche uq'autocriti– ca. S'intende che sia nell'uno come nel– l'altro caso, si tratta di distinzioni. sono differenze, quasi esclusivamente teori– che. A non tener nel dovuto conto quan– to l'arte sia prodotto piuttosto dell"irra– zionale che del ragionamento. rimane che Henry James. nell'annotare i pro– pri risultati, non avrà mancato di esse– re influenzato incosciamente da quanto si era proposto· di fare, perlomeno nello stesso modo che Poe, nel descrivere la nascita - del suo poema, attribui certa– mente il giusto peso al fatto che la de– scrizione era eseguita a posteriori. e infine a nascita avvenuta. Tuttavia. astraendo dalle dichiarazioni program– matiche. o prendendole invece per mo– neta contante. quale attrazione non emana sia dall'uno come dall'altro prò– cedimento ... Piuttosto che scegliere que– sto o quello. si preferirebbe adottarli entrambi. Per quanto mi riguarda, non ricordo quando prese corpo in me l'idea di scri– vere un Don Giovanni; se torno indie– tro col pensiero, me la trovo dentro co– me da tempo. Potr'ei supporre che dopo aver ricercato. con rOttavìano, l'uomo di t'utti i giorni nel personaggio storico. qualcosa come la realtà quotidiana ca– muffatta di grandezza. il tema del Don Giovanni possa avermi attirato perche permette di compiere il cammino inver– so. risalendo dalla trita realtà fino al– l'Eroe. Dongiovanni più o meno di me– stiere ne abbiamo conosciuti quanti se ne vuole, a tacere che in ogni uomo al– berga un personaggio del genere... i\la il Don Giovanni di Tirso de Molina e soci richiede un altro impegno... Se ciò che penso è vero la mia prima intuizio– ne del lavoro da compiere non discor– derebbe daJla plurima conclusione cui mi ha condotto lo studio del soggetto. quanto dire: che il Don Giovanni origi– nale non è oggi attuabile, e deve veni– re piuttosto sostituito da un uomo della strada: che tuttavia costui deve riusci– re, per qualche verso ad essere insieme l'eroe della storia. nel significato meta– fisico sottinteso dalla definizione; che il mezzo mediante il quale questa coesi– stenza può realizzarsi. non può essere se non il faustismo di Don Giovanni. reso possibile dall'intenrento del deus ex machina Mefistofele. Poste queste premesse, come non avere la percezio– ne che il Don Giovanni d·oggi deve pos– sedere sopratutto le caratteristiche d'un giuoco? Costituisce una sfida lanciata al passato. e qualsiasi sfida non e .forse. di per sé, appunto, una gara. un g1uoco? Ecco già trovato l'equivalente a quello e effetto da produrre> di cui parla Poe. Ogni giuoco presuppone qualcosa di meccanico, di ricorrente nelle stesse for– me e nei modi soliti. Il ripetersi di una situazione la quale è sempre la mede– sima e può sembrare invece sempre di– versa. Ora la trama tradizionale già sod– disfaceva a questa esigenza col ripeter– si delle scene di seduzione: occorre\·a soltanto inserire quel qualcosa di mec– canico nel riproporsi di accadimenti ~ quasi identici e dallo svolgimento co– mandato; fare cbe, senza perdere di ve- rosimiglianza. tutto ciò assumesse un aspetto programmatico. e pertanto si– gnificativo. ì\la non basta: quando si parla d1 effetti, Poe stesso suggerisce che occorre commisurare ad essi le di– mensioni di quanto deve sfociarvi. a ri– schio altrimenti di scorgerne diminuita l'efficacia. Occorreva quina1 cne !"ef– fetto non venisse ritardato, interrotto. attenuato. da nessun motivo che non fosse quello unico destinato a costitui– re la spina dors~le della faccenda. il quale doveva anzi diventare come una specie d'idea fissa. e possederne la per– vicacia. lnfine. come dimenticare con quanto successo il Poe medesimo riesce a dimostrare l'efficacia dell'c effetto> per eccellenza costituito dal ritornello? Nel suo caso si tratta. è vero. di un poema: ma l'equivalente. il sostituto di un ritornello da usar nella prosa e sulla scena. ammesso che sia possibile trovar– lo, può egualmente andare a vantaggio del dramma. Né. in caso che risultasse a danno. sarebbe lecito imputare la defi– cienza riscontrata all'applicazione solo parziale della ricetta. r-.luoversi lungo un tracciato predispo– sto sembra facile: e tuttavia ecco sorge– re. nel caso che mi riguarda, iJ primo ostacolo. Nel D011 Giouanni. considerato come giuoco di socie{à, in qual modo inserire il tema del Faust? Specialmen– te dopo aver stabilito che si deve ri– nunciare a ogni funambolismo. a ogni fumisteria... Intanto, una prima deci– sione. la più importante e che meglio d'ogni altra avrebbe permesso di me– glio cbrrispondere ai requisiti richiesti. era già stata presa: e cioe di rispettare la classica, per cosi dire, unità di tempo, di luogo e d'azione con un rigore appli– cato certo assai di rado. L'effettiva du– rata dei casi narrati dal dramma. cor– risponde nel mio Don Giovanni esat– tamente alla durata della rappresen– tazione posto che non venissero osser– vati gli intervalli. L'azione vi si svolge ininterrottamente dalla prima battuta all'ultima. e converge a un unico esito. Infine, la scena è unica; tutto accade tra le pareti di essa. La prima conside– razione suggerita dall'osservanza delle unità aristoteliche. è che essa contribui– sca a ottenere un effetto, nel senso che il Poe attribuì a questa parola, effica– ce. non ostacolato da deviazioni, distra– zioni. raBentamenti di sorta. Alle altre esigenze cerca invece di soddisfare come segue. Per quanto si riferisce allo slogan: Don Giovanni come giuoco, mi parve che resistenza delle varie creature mi– nacciate da una lamentevole sorte, che la possibilità di trascinarle sulla scena a intero arbitrio dell'autore, permettes– se di considerarle innanzitutto le pedi– ne di codesto giuoco: restando semmai solo da decidere quali potevano essere le mosse da compiere per ottenere. nel tempo e nei modi prefissati. la vittoria che di qualsiasi giuoco è la posta. Mi parve che la tradizione avesse fatto giungere, sino a noi un certo numero di figure suscettibili di venire riesuma– te. con lievi modificazioni, bastevoli ad aggiornarne le caratteristiche più essen– ziali. Feci la mia scelta: Donna Anna. tipo d'aristocratica disdegnosa: Isabella. una Bovary sempre disponibile: Carlot– ta. la ragazza emancipata. Un caso a se mi venne prospettato da Elvira. la mo– glie. Fu, sul punto di sopprimerla. re– stituendo il nostro eroe al suo stato ci– vile di celibe così come lo volle Tirso de Molina, ma da essa dipendeva ormai resistenza del Commendator Gonzalo. suo padre: ne potevo tramutarla nella fanciulla sedotta che provoca la trage– dia. considerato che una soluzione cruenta. date le premesse. era assolu– tamente da evitarsi. Elvira ebbe quindi la sua parte nel giuoco, e il Commen– datore ottenne di conseguenza la propria. Il ritornello invece. questo ricordo di una poesia che nasce in uno con la mu– sica. da che cosa poteva venire sostitui– to. senza che ne risultasse atrofizzato quel rendimento cui competeva di giu– stificarlo? Era necessario inventar qual– cosa: un particolare che si ripetesse nel– lo stesso modo che in musica si ripete il motivo conduttore. D·altra parte. que– sto particolare non poteva essere gratui– to; bisognava farlo corrispondere a una reale esigenza. ~Ii parve d 0 aver trovato ciò che cercavo quando immaginai ror– rerta che nel terzo e u)timo atto Don Giovanni rivolge successivamente alle tre donne, di fuggire con lui: si tratta. fra l'altro. d·un viaggio il cui significato di metafora è ovvio. i\fa già nel primo at- 10. l'episodio del ritratto della bella sconosciuta. acquistato da un rigattiere per pochi soldi. e che. esposto sul ca– minetto. suscita la gelosia delle candi– date. ne costituiva un preannuncio. Que– sto ritratto. fra l'altro, appare e scom– pare per opera di magia, sostituendo modestamente i grandiosi giuochi di prestigio compiuti da r-.Iefistofele. In quanto poi alla maggiore dirficoltà: met– tere in rapporto Don Giovanni col mito faustiano. ecco in che modo cercai di venirne a capo. De\·o dire che da tempo. perlomeno dal momento in cui ricercai possibili analogie tra il mito mediterraneo e il mito nordico. avevo posto gli occhj ad· dosso al petulante famiglio del cavalie– re spagnolo. ora servo sciocco. ora fa– migerato scroccone all'ombra di tanto maestro. Mi pareva che da un simil,e a'r– nese fosse ancora possibile tirar fuori qualcosa: ch"egli non ci avesse mostrato ancora tutte le sue facce. e soprattutto che sotto quèlla maschera di pavidità e di ipocrisia. di impertinenza e di ser– vilismo. si celasse davvero qualcosa di ambiguo. che finiva con lo spingere alla rovina il padrone anche quando. col to– no del fedele domestico invecchiato in casa. gli faceva la predica. Ecco pro– nunciata perciò la gran parola: Cate– lifion, Sganarelle, Leporello. Ciutti, e via di seguito, era pronto a trasformar– si in uno spiritello inviato dal Diavolo a Don Giovanni col compito di metter– glisi alle costole sotto il pretesto d·aiu· Lario nella mis.Sione che il suo nome gli assegnava - rinverdirne questo mi– to - ma in realtà. è ovvio, per sorve– gliarne l'operato a mo' d'una cattivit coscienza piena di zelo. Ad esser sin– cero. devo confessare che pare a me di esser felicemente venuto a capo. con questo accorgimento. •della difficoltà di legare tra loro i due miti. Fosse il re– sultato finale al1°altezza della trovata ... li ripiego cui fu costretto Grabbe, che fece Don Giovanni e Faust rivali fra loro. quasi ciò fosse possibile e non in– vece un controsenso: quello a cui si at– tenne lo Shaw con la sua interpolazione. di pessimo gusto, di un diavolo che di– scetta sul femminismo: non appaiono certamente altrettanto riusciti. ne cosi spontanei. anzi quasi ovvii, come la tra– sformazione di Leporello nel messo del Diavolo ... A questo punto. spazzato lo orizzonte dai problemi più incombenti. ecco come narrerei rintreccio del mio Don Giovanni. Nel suo studio, Don Giovanni. assisti– to da Leporello, è in attesa di tre don– ne a cui ha fissato successivamente un convegno. E" la sua gran giornata, quelJa durante la quale egli dovrà attuare il tradizionale destino. Arriva·prima Donna Anna. attirata suo malgrado dall'eroe. e che si dimostra disposta a concederglisi: poi Isabella, sua attuale amante. esigen– te e inquieta: poi una ragazza, Carlotta. che si è messa in testa di farsi iniziare all"amore proprio da lui. Don Giovanni riceve le tre donne. evitando, con l'aiuto del servo e dei magici accorgimenti, che abbiano a incontrarsi, ma rimanda a più tardi ogni conclusione definitiva, quando sarà avvenuto l'incontro con la moglie non riescirà mai, oggi. nonostante tutta la sua buona volontà. a dannarsi. Cosic– ché il giuoco finisce netrincertezza. e forse davvero senza che vi sia un vin– citore ed un vinto. Quando si parla di giuoco, si sottin– tende contemporaneamente un certo to– no che vi si adegua. Definirlo è difCici· le. e meglio vale cercarlo con la speran– za che si lasci trovare. Un tono leggero. anche se non superficiale. parrebbe il più indicato: un tono adatto a sfiorare le cose da dire, piuttosto che a rivestir– le di forme massicce, e di un peso che una bilancia non prevenuta inesorabil– mente segnerebbe. L'argomento. del re– sto. qui suggerisce di per sé un tono letterario: non si può dimenticare che cosi com'è stato impostato il problema relativo. un bellimbusto da Gran Via nort basta a sostituire l'eroe tradizionale. nel quale quindi dovrà prima o poi sfocia– re. Eppure. un tono del genere auspica– to non è facile raggiungerlo, né. raggiun– to che sia. e facile conservarlo. E quando si parla di tono. si parla insieme di lin– guaggio. che tuttavia è preferibile veder scivolare nell'astratto piuttosto che in un'eccessiva verosimiglianza. Il fatto e che i personaggi, per poco che !°autore sia animato da una qualche fede nel proprio lavoro, fanno presto ad acqm– stare una loro libertà; incominciano in– somma a vivere davvero, con tutte le conseguenze che ciò comporta, come di veder manomessi. sconvolti e addirittu– ra arrovesciati, i piani dello scrittore. Qualcosa di simiJe è accaduto a me: e i vantaggi - innegabili - non sempre rimeritano degli svantaggi. Lo stesso mio personaggio di Don Giovanni di– mentica forse un po' troppo di frequen· te la sua qualità di pedina: oltretutto. di gran lunga la più importante, qualcosa come la Regina o l'Alfiere, per mettersi le proprie acrobazie. Infine. ciascuna df costoro era stata fornita d 0 un compito particolare - era stata creata. anzi. per assolverlo - da cui non doveva allon– tanarsi per nessuna ragione. Eppure alla loro volta non mancano di palesare mo i troppa spontanei perché si possano pren– dere alla leggera com'era nei voti. Viene il momento in cui ciascuna a propno modo s'Intenerisce. e chi sa non sarebbe proprio questo. dal punto di vista psi– cologico - nello stesso modo che i se– duttori da strapazzo sfruttano di solito quello fisiologico - l'attimo in cui ten– tare l'avventura con l"A maiuscola. El– vira infine, moglie tradita quasi a ma– lincuore. e non beffata, entra ed esce come in Molière e determina solo mdi– rettamente i casi; concorre a provocare il fallimento dell'eroe solo attraverso la ignavia del padre, come a suo tempo ne provocò la dannazione - quanto dire il successo - tramite una concezione del– l'onore che per un Commendator Gon- Dal "Don Per finirla con Don Giovanni - seb– bene di lui in persona sia assai pm facile parlare che dei suoi comprimar1 - già alle origini !u programmatico; e che, dopo tanto cammino, dopo tanti trevestimenti. riesca a mani.festare un animo non troppo adulterato, può nuo– cere alla mia tesi, ma spero giovi a per– petuarne il mito. Un mito continua quan– do insieme si ripete e si rinnova: e non si può rinnovare se dj tanto in tan'..O non tornano ad affiorarne gli uomini che ci stanno sotto. E" questa la vera ricetta del mio Don Giovanni. cui Faust volenterosamente dà una mano. ALESSA.."XDBO BOSSASTI Giovanni," * dramma m 3 atti, un prologo e due intermezzi * ATTO Il • SCENA Ill Lo studio di Don Giovanni Don Giovanni: Leporello; il Commen– dator Gonzalo. LEPORELLO - lo, u.n trionfatore? Certo avrei potuto esserlo, e non da solo, qualora fossi stato appena soste– '\ nuto. Ma colui da cui avrei dovu.t-o ri- cevere L'ausilio più efficace, in servizio del quale m'ero dato tanto da fare, e a cui era infine riservato di raccogliere i frut'ti di un atteggiamento disinteressa– to, non sol.o si. è mostrato indifferente, invece della buona. Eppure, al momento di concludere la coia.venzione, si era mo– strato pieno d'entusiasmo ... Com.e non crederla sincera? lo stesso diffidavo sem– mai dei suoi requisiti, non della SU-G. buona fede. A meno che la mancanza di serietà che le è fatto obbligo di osservare in amore, non sia diventata per lei una sorta d'abito mental.e, e in– somma una seconda natura. Una recente fotog-rafia di Alessandro Bonsan(i e col P3dre di lei. Nel cattivo carattere del Commendatore in realtà sono riposte le sue speranze. nonché quelle di Lepo. rello. che ha provveduto a forbire le spade della panoplia. la quale fa bella mostra di sè alla parete. i\Ia se Elvira si palesa insieme accomodante e sdegnosa. il Commenda tor Gonzalo è tutt'altro che disposto a incrociare il brando coi gene– ro fedifrago. Si mostra anzi a sua volta uno spregiudicato libertino. che invidia al genero le sue buone fortune. I due comparì. minacciati da un fallimento che rischia di diventare clamoroso, corrono. nel terzo atto. ai ripari. Don Giovanni. si adoprerà a compromettere definitiva– mente - nel senso di indurla a compie– re un peccato che valga ad entrambi l'inferno - almeno una delle tre donne già apparse nel primo atto. che a lui si ripresentano nel medesimo ordine. e alle quali propone la fuga. L'invito a fuggire insieme è l'invito a compromet– tersi agli occhi della morale corrente: è finalmente il vero delitto e il vero peccato. Ma sia Donna Anna che lsabel· la si sottraggono con un pretesto che rispecchia le rispettive mentalità. Sol– tanto Carlotta accetta con entusiasmo di seguirlo: non ha compreso che l'of– ferta le è rivolta per sempre. Ma non appena apre gli occhi. detta le sue con– dizioni: trascorreranno insieme una fine settimana. ecco ciò che lei e disposta ad accettare. Ed esce per preparare i ba· gagli. Allora Leporello appare alla pn.>· pria volta con la valigia: è stato richia· mato a casa dal Diavolo, apparentemen– te deluso. Don Giovanni rimane solo di nuovo, nello monotona normalità dei suoi quotidiano exploi.ts, e tuttavia per– plesso circa le vere in tenzioni del Dia– volo. Se la missione avesse avuto sue· cesso. sarebbe stata dav\·ero una vittoria per il vero padrone di Leporello? O non lo è viceversa il fallimento che se ne deve registrare"? Il trionfo del Diavolo può consistere nella prova raggiunta sperimentalmente che Don Giovanni a nutrire i sentimenti d·un mortale- qua– lunque. Cosi non escludo, e valga que– sto esempio in luogo dei tanti non me– no giustificati. che il sentimento di ge– losia manifestato nel corso della prima visita d'Isabella, non lo faccia soffrire davvero. invece d'esser uno dei ripie– ghi cui ricorre allo scopo di fronteggia– re l'eccessiva invadenza delle proprie vittime. O-altra parte. se il mio personaggio intlulge ai propri problemi del senti– mento. credo che gli faccia difetto - e vorrei proprio poter dire: in compenso - una sua problematica. sia pure rudi– mentale alla pari di quella che s·auac– cia nel personaggio di Molière. a suo modo combattuto e talora ossessionato. per chi sappia leggere tra le righe. dalla insufficienza del cuore. Egli sfigura, non v'è dubbio. di fronte a Faust,. ma è ob– bligo riconoscere, e ·serva di consolazione. ch'è sorte comune dei vari Don Giovanni: a petto di Faust. è uno zotico donnaiolo. non un tizio investito d'una missione. i! ne è cosciente fino a trovare in essa la sua grandezza. Il mio Don Giovanni, po1. in modo particolare. è tanto preso dal compito che gli hanno affidato, da non veder altro che questo: si direbb.e abbia per tutto 11 resto i paraocchi. e infine si pone, nel consesso dei propri simili, come un individuo per eccellenza unidi– mensionale. Questa limitazione - que· sto difetto - avevo tentato di trasfor– mare in un pregio: dubito d"esservi riu· scito. Alle vittime del B~rbablù tocca e do- veva toccare una sorte non diversa: an– ch'esse non potevano mettersi a vivere di loro arbitro. e se qualche accento sin– cero fa di tanto in tanto la sua com– parsa sulle loro bocche, vorrei non se ne ritenesse responsabile l'autore. Com– peteva ad esse la [unzione di maschere. depurata. s'intende. di tutte le scorie della commedia dell'Arte: in una evi– dente imitazione della vasta tastiera so· ciale su cui l'eroe tradizionale compi~ \ ma quasi deciso a compiere opera di sabotaggio contro di me e verso se me• desimo. Quando non preferisca invece di essere giudicato impari al compito che si ~a assunto, come preso dalla timidità, \ dal timore, infine disertare improvvisa– mente da quella- presenza di. spirito detta quale si mostra abitualmente cosi prodi.- \ ~;a ri::~n~~s~c:~cre':o:~os~ 0 an~~~:; bollato come tale ... Bastava spingere an– cora un poco le cose, e dai nostri sforzi congiunti d sarebbe scappato quel ca- t dovere che la tradizione del caso richie– de, e che doveva essere nelle nostre aspirazioni. di ottenere a tutti i costi. Ora lo avremmo qui, ancora caldo e pal– pitante nello squarcio mortale. DON GIOVANNI - Qual'è H signi– ficato di questo discorso? Forse mi ri– volgi un'accusa? Le atlu.sioni. der,o con– siderarle un rimprovero? Si fa presto a emettere apprezzamenti quando non si è parte in causa, e comunque, .<:equalcuno ha diritto di formulare rimproveri, que– sti sono semmai io. Che ti è saltato i.n mente di esibire il ritratto della signora Clorinda? Nessuno sa meglio di te che cotesta povera donna è innocente. Avessi almeno usato il riguardo di avvertirmi i.n tempo dei tuoi trucchi ... In quanto poi. al cadavere di cui parli, ti ricordo che non mi sono mai impegnato a versar sangue, se non le poche stille del mio con le quali ho vergato e sottoscritto Ì.l patto. LEPORELLO - Ci. son clausole, è ovvio, che non si possono stendere in tutte lettere. Nessuno le avrebbe mai chiesto di met'tere per iscritto che accet– tava di far fuori il Commendator Gon– zalo, suo suocero. Per un uomo di. cul– tura pari suo, è ingenuo sostenere una tesi. difensiva simile a questa. I pre– cedenti. della parte d\ sua competenza, li conosce certo meglio di me. Esiste a1 riguardo una folta letteratura. Non mi venga dunque a raccontar frottole; stavo per consegnarle tra le mani il Commen– datore, già pronto per l'esecuzione. Ba– stava che lei avesse raccolto la sfida, e almeno uno di questi ferri che pendono inutilizzati dalle pareti sarebbe stato Hnto di sangue che dicerto non le appar– terrebbe. Invece lei si è lasciato apostro– fare, minacciare senza reagire, in un si– lenzio più adatto a un colpevole che a un genVlupmo il quale man.tenga fede alla parola data. Vuol proprio conosce– re la mia opinione su di lei? Ebbene, non ha spina dorsale, e peggio di cosi non avremmo potuto scegliere. E pen– sare che per accettar lei, a causa det(e pressioni che venivano esercitate in su.o favore da gente altolocata, fummo co– stretti a scartare fiori di galantuomini, di cui potrei elencarle i nomi, non fosse per trn doveroso riguardo verso gli esclusi; il pili inetto dei quali avrebbe certamente fatto prova assai migliore. U peggio è, che avrò voglia di soste– nere: < L'avevo detto, io... >. Ci andrò di mezzo egualmente. e per bene che vada ci rimetterò la riputa.:ione che mi ero formato in questo genere d·incombenze, si vede a torto. Chi dovrà rispondere di un falHmento così clamoroso, anche se destinato a restare a co,ioscenza solo degli iniziati? Sarò io. infatti... Nessuno verrà a importunar lei~ al quale, per male che vada. si faran110 presentare le dimissioni.. Purtroppo, il forchettone che il mio principale impugna, non gli serve soltanto a rimestar nella caldaia. Non è la prima volta che me la caoo affidan– domi alle gambe, e se non fosse per la decenza, potrei mostrarle come sono bucherellato fitto fitto in certe parti della persona, che nel fiiggire riman– gono inev{tabHmente pili esposte di altre. Perciò, se c'è qualcuno che ha diritto di fare osservazioni, SOJJO io, tanto più che Lei.vi ha messo tutta la cattiva volontd DON GIOVA.K);"I - Patto, impegno, convenzione ...; tutte parole grosse, che offrono un'idea alqu,anto distorta dei no– stri reciproci rapporti. Non escludo eh.e essendomi state rivolte delle proposte, io, senza rifletterci su come avrebbero merit.a.to, e prendendole anzi alla leg– ge,-a com e l'argomento pareva compor– tare, e come anzi senza dubbio compor– ta...; infine, a non tener conto det fatto che ai giorni nostri certi lacchezzi è naturale prenderli per burla.; n on esclu– do, dicevo, d'essermi !a.sciato strappa.re qualche promessa, convinto a forn ire qualche affidamento ... Non bi.sogna poi attribuire un'importanza esagerata ad episodi..., a vicende ... In.somma, caro Le– porello, mi sono ingaggiato allo scopo di dar vita a una commedia, non per provocare una tragedia.. -.....,_ LEPORELW - Innanzitutto, se le abbiamo fatto delle proposte, è perché abbiamo avuto pietà dei suoi lamenti, ~~u:;~ ! :; ~r"s::s~~ ~::!i tuogo, è perchè lei stesso si è rivolto direttamente a poi. Possibile che si sia già dimenticato le invocazioni i.n. cui se ne usciva quando era in~ato paz– zamente deUa signora Cri.stina, e costei non si mostraoa pa niente propensa a dar le asco lto? Come pure, l'appello che ci rivol.se il giorno in cui aveva ormai perduto o gni speranza di. còhquistarla? L'offerta a cui si dimostrò di.sposto in cambio del possesso d'una donna crudele, amata invano? Sono invocazioni a cui la nostra ditta non resta in.sensi.bile; per cui subito le venni indirizzato- allo scopo di concludere l'affare. Già il giorno dopo ebbe la prova deU-efticienza dei nostri servizi, quando il contegno della sud– detta signora verso di lei cambiò da cosi a così; quanto dire, che dopo tanti dinieghi, gli entrò nel letto di buon animo, e quasi di prepotenza. Per tacere del contributo che successivamente ab– biamo arrecato alle sue ulteriori fanta– sie. Ma in cambio di tutto ciò, neUa pienezza deUe sue facoltà di discernere e di volere, lei ci ha firmato una carta. Non si sarà dimenticato proprio di que– sto particolare. DON GIOVANXI - No certo; l'ho ricordato io stesso poco fa. La qui..stione consiste però nello stabilire quale impor– tanza vada attribuita a un documento del genere. Esiste un significato che appartiene alla Lettera, e un altro che dipende dall'interpretazione che se ne dd. LEPORELLO - Eppure il nostro te– sto è chiarissimo e non si presta ad equi– voci. Eccone qui una copia di cui, tanto per rinfrescarle le idee, posso dar lettu– ra. < Fra il sottoscritto Don Giotianni eccetera ecceter~ e il nostro Signor Bel– ze?ù,_ si conviene quanto segue. In pnmis ... >. DON GIOVAKXI - Alto là ... non c'è bisogno di rivangare ciò ch'è destinato a restar tra noi. Entrambi. ne conoscia– mo perfettamente il tenore, e nessuna ter~a persona, a edificazione della. quale lo si poteva ripetere, è presente. In quanto a me, ba.sta che U oda enunciare per trovarmi riaffondato in quella de– pres!ione in cui ero quando vi apposi tl mto nome. Mentre mi disinteresso del contenut~, devo tut;avia, compiere una osservazione. Nel foglio che firmai ~ l'espressione: e Nostro Signor Belzebù-. non era usata, altriment-i. no-n. lo aure\ firmato. Non la posso proprio accettare. LEPORELLO - Che il nome del mio signore non ci fosse sul foglio che lei ha /innato senza .s-ubire nessuna coerci– ~ion e da part e nostra, è solo un'opinio– ne, formata.si in lei erroneamente, e non per qu esto meno radicata, come accade spesso quando si tiene molto a un'idea e si finisce per crederla realizzabile. anzi già realizzata, sebbene la realtà ci dimostri il contrario non appena vi si ricorra come a un tribunale che non c on c ed e appeUi.. In/atti., potrei. farle

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