la Fiera Letteraria - XII - n. 45 - 10 novembre 1957

Pa~. 6 ragazza del Week-end. e la reonc-erlante conclusione? - mo perchl!? Dove $'era perduta lii nostra volontà. se vedendo il male lo facevamo ugualmen– te?.- Noi giocevamo tTUti, stan– chi, a,gitati sul letto scomposco. L'aria della notte ghiacciava la nodra ptlle bagnata di su– d!J,e: _e un rancore reciproco e, divideva: il segreto rimpro– vero che ciascuno face,,a allo altro di non es.sere un'altra per-$011~ Ci voltavam-0 le spal– le rabbiosa.mente, serravamo gli Occhi: e attenti che le 11:ostre estremitd non si toccassero ci fingevamo. per con.solazione.' so– li: soli. ciascuno nel suo letto. :;~~ n~~\u~a;:;:; .... nella sua E manoando di una ,·alida conclusione. nella disperazione di un mon:ente e ormai i'inar– restabile problematicismo. lo Ecettieis:mo ,pervade cer..amen1e la commedia che i personaggi vi.vano. Uno se-etticis."llo però che Sol– dati - arte conswnata am– manta di ironia e di grottesco. Una ironia che d!venta sfer– zante e che vuole «fare male. quasi per prendersi. con un atto di forza. 1a rivincita sul– l'intellettualità. Anche se nel– l'ultima edizione· di ...1\.merica primo amore• egli dice che aveva scritto contro ·i professo– ri americani .. perchè non mi avevano voluto coo loro.,. 1a ironia con cui sferz.a l"insegnen– te è -..-erarnente tremenda. da non perdonare. Un grottesco. p0i. che rag– giu..' "l.ge l a poesia di un quadro da imp.re6S1onista !rancese. m rapide ed efficaci sintesi. Ba– sta pensare alla figura dei Ge– suiti quando entrano hl cap– pella. , Ma quando entrano nelle loro piccole cappelle di– sadorne e si distribuiscono nei loro gracili banchi per un bre– ve rosario o una litania, pal– lidi, longilinei. i Gesuiti han– no cancellato dai loro -volti.che un lungo tirocinio di obbedien– za ha reso plasmabili a imme– diati cambiamenti di preoccu– pazioni sotto gli ordini dei su– periori. qU,alunque segno delle cure che. li assillavano fino al momento di aprire la porta della Cappella. Scetticismo caratterizzato co-– sl da questa ironia e da que– sto ,grottesco. che si consuma con uno strano e signiflcativo slogo ne-Ila tristezza. Une tristezm piena di nostal– gia, fatta di SOU\•enirdi viag– gio e dl tramonti dove l"ani– ma. cella nostalgia accorata in– tuisce il senso del mistero do– minando cosi l"aridità dell'in– telletto. Una tristezza medita– ta e sotfoc:mt.e dove .. l'uomo ha un bisogno di infelicità. pa– ri almeno al suo bisogno di fe– licità .... Una tristezza senaz esaspera– r.one, quieta. ri.posant.e. sempre dolcissima che entra ...dentro,. e commuov"' Una tristezz3 che esclude la problematica lntell!!ttuale, met– tendo l personaggi a.lli!. rioerca di una realtà nuov.a e più alta fu~iu!ieS~SSofcr~t~l=: quasi un assurdo... .- Perchè cercare ad ogni costo una lo– gica dove non e.ra che miste– ro e forse una logica più. alta. che cl tsfuOfle.. che non pouia– mo capire?., Co6l nelle ... Le lettere da Ca,pri » Soldati in– tuisce la nuova .realtà, e chiu– de. aoche qui senza nes6una conclusione. la tematica del problematicismo. La commedia ormai è cosi finita per i personaggi di So1- da1i. Come in una di quelle ..farse ... - diremo all'Ha.liane. - dove tutto è complicato e all'ffllprovviso si dimenticano tutti i problemi per senti.re solta.n!o, attraverso 1a commo– zione. q'allima leggera e il can– to della tristezza per la n(dte non amate. e il fflattino noc go– duto. FRANCESCO GRISI T .A. FTERA T FTTFR ,\ R l ,\ Domenica l O novembre 1957 I IL LIBRO DI CUI SI PARLA * Pensavo a certe cose mie mentre l'au– tobus corre,~a a rotta di collo per la Pasgeggiata Archeologica; sul viale, a quell'ora, non c'è nessuno, e gli autisti si possono sbizzarrire: guardavo fuori del finestrino, oltre la prima e la secon– da fila degli alberi, oltre il fogliame ne– rissimo delle loro chiome. al di là del campo sportivo. chiuso. in fondo, da una cortina di alti alberi di colore ver– de scuro, ed altri. fioriti. di colore viola. appoggiati direttamente sul cielo nel quale navigavano brandelli di nuvole candide; e vedevo confusamente tutto questo. alla poca luce della luna e dei fanali. tra le vibrazioni della carroz– zeria e dei vetri. ,li 11JARIQ PICCHI quasi, coperto dal fogliame delle pergo– la, ma di fronte a noi, oltre 11 muretto che dava sulla strada, oltre le nere chio• me dei pini e i cipressi neri, sui prati turchini, si rizzavano le rovine delle Ter• me di Caracalle. e( La Teua ))di Strati In fondo al viaJe c'è una piazza dove confluiscono tante strade, e l'autobus svolta a sinistra. Ora ci hanno fatto la circolazione rotatoria, ci hanno messo una grande aiola rotonda coi fiori: ma allora non c·era. ed il traffico era un po' confuso. specialmente di giorno. In quel punto. all'improvviso, l'auto– bus sterzò bruscamente, piegandosi da una parte: fece qualche altro metro stri– dendo e si fermò di colpo, mandandomi quasi, dalla piattaforma posteriore, fra le braccia del fattorino, che stava gri– dando: - Porca miseria! Mi voltai e vidi che guardava fuori del finestrino, facendo gesti con fa mano. Non c'erano molti passeggeri a quel– l'ora: mezzanotte passata; quattro o cin– que persone che si guardavano stupite. Il bigliettaio continuava ad agitarsi e a muovere la mano: - Guardalo lì, poveretto ... Vidi il conducente alzarsi e gridare: - Guardalo là. quel disgraziato! Per un pelo nor,i me lo faceva mettere sotto! Aperse le porte, ed io scesi subito. dietro al fattorino che s·era preçipita– to giù. Per terra, proprto vicino alle ruote posteriori dell'autobus. c'era un bambino che si reggeva una gamba con le mani: accanto a lui, una bicicletta rovesciata: mentre insie..rne al fattorino mi chinavo per aiutarlo. vidi. a una ventina di me– tri, quasi all'tmboccatu..ra del viale che va su alle mura, un'automobile ferma. Nient'altro; e un silenzio perfetto. Il bambino ci guardava spaurito, se– guitando a reggersi la gamba. - Ti sei fatto male? - g1,i chiese il fattorino. Fece segno di no con la testa. - Fai vedere... - lo tirammo su, e disse: - Oh ... - ma restò in piedi, e dopo un momento andò a rialzare la bicicletta: - Non s'è fatta nulla nemmeno lei... - disse. Il conducente, con le mani sui fianchi, guardava verso l'automobile; era sempre ferme, e si capiva che c'era qualcuno sol• tanto dalle luci rosse accese. Anche i passeggeri erano scesi. - Povero cocco, fatti vedere - disse una donne coi capelli grigi e le scarpe da uomo; - sei pallido ... - Lo credo! - disse un altro; - s'è visto quegli affari vicino alla testa ... - e indicava col dito le due ruote doppie, nere, enonni. - Come ti senti? - chiese un'altra don– na. La riconobbi: faceva Ja maschera al– la Sala Umberto. - Dovresti bere un po' d'acqua ... li conducente Si mosse verso l'automo– bile, borbottElndo: - Non si muove, quel mascalzone~ non si muove ... Ora lo faccio scendere lo! Portava gli stivali e camminava don– dolando. Lo vedemmo avvicinarsi, e chi– nare le testa verso l'!nterno della mac• chine.. Anch'io mi avvicinai. ll conducen– te mi fece un gesto e disse: - Guarda qua ... Dentro c'era una ragazza con le meni appoggiate al volante, che guardava da– vanti a sè con gli occhi fissi. Pareva che non si fosse accorta di noi. - Signorina, - disse il conducente; - ma che si guida così? Ma Jo sa che ba fatto cascare quel ragazzino, e che per un pelo non lo mettevo sotto? Ma lo sa che guai mi avrebbe !etto passare? La ragazza stava sempre zitta, e ferma. - Signorina, che c'è? non si sente be– ne? - tj.issi io toccandole la spalla con un dito. Fece un sospiro. - Non si sente bene? - ripetè il con– ducente. Nell'udire quel vocione la ragazza fece un altro sospiro e parve scuotersi. Voltò il viso verso di noi, che stavamo con le teste al finestrino, e ci guardò muovendo le lebbra. Era cerina, coi cap"elli tagliali corti, un bel nasino, une bella bocca, una bella maglietta gialla. - Che dice? - mi chiese il condu• cente. - Non capisco nemmeno io, - risposi. - Cos'è successo? - disse la -ragazza, - non mi ricordo nulle ... - Come, non si ricorda, - disse il con- ducente rivolto verso di me, dandomi una gomitata. - Non si ricorda... Vuol dire che non è successo nulle. ... - Oh Dio, cos'è accaduto, cos'è acca• duto? - Ma poteva succedere una gran di– sgrazia. sì stava per mettere so~V> un raga:tino, ringratiamo Dio ch'è andata bene, e mi domanda cos'è stato! ma po– teva succedere, ce.pisce che poteva ~uc– cedere? - Fatemi scendere, mi sento male ..: - disse la ragazze con un fil di voce. Scese de sè. Era proprio carina. Lag– giù c'era il gn1ppetto dei passeggeri in– torno al bambino, e l'autobus fermo con le porte aperte, vuoto. Era notte, nel cielo d'un turchino quasi nero pe.ssave:10 le nuvolone cendide, simili a ma~e di zucchero filato. Mi sentivo qualcuno, cam– minando vicino a quella ragazza. - Scusami, cero, - disse ella al bam– bino, carezzandogli la guancia, - ma n-.>n l'ho fatto apposta ... - e così dicendo sin– ghiozzò e parve che stesse per cadere. - Vorrei vedere che l'avesse fatto ap– poste ... - brontolò le donne. con le scarpe da uomo. lo presi per un braccio la ra– gazza. sorreggendola. - E ora che si fa? - chiese il fatto– rino. - Gliel'avete fatta bere l'acqua e! ra– gazzo? - chiese il conducente. - Già, ma non c'è nemmeno una fonte.nella vi– cina... Fategli fare la pipì ... - Non gli scappa, - disse la maschera della Sale Umberto. - Allora deve bere, se no gli fa male ... - dis~e il conducente, guardandosi at- torno. - Anch'io vorrei bere, - disse la ra– gazza; - mj sono così speventeta ... - Qui a Montedoro c'è la trattoria; vediamo se è ancore. -aperta, - dissi io. n conducente guardò l'orologio: - Tento nOi si andava al deposito ... andia– mo e vedere. - E noi che si fa? - chiese un passeg– gero. - Ci lasciate qui? - Con la di..sgrazia che poteva succe• dere lei pensa ai cinque minuti? - rispo– se il conducente. - Venga anche lei... - Ma io sono malato, devo andare a casa ... - Malato? sul serio? e cos'ha? - Il diabete._ - Ehi ma il diabete non è mica una malattia che uno non si può muovere ... Scommetto che gli fe.rà bene ... Quello fissò gli altri, che lo guardava• no; poi ci muovemmo tutti. Io accanto Mario Picchi, nalo trent'anni fa a Livorno. è stato redattore de.Ila Fiera Letteraria dal 19~9 al 1954.fin quan– do. cioè. non ha cominciato a lavo– rare per la sezione stampa de.Ila USJS. Traduttore e presenta1ore d, una nuova edlZlone italiana dei rac– conti di Maupa.sscmt, che ha rncontra· ta il piudiz-io più lu.singhiero de.Ifa critica., hn. pvbblicato e pubblica su diversi periodici scritti critici e rac– conti.. alla ragazza, che pareva molto debole, e sorrideva penosamente. Montedoro è proprio a due passi, e.J.le imboccatura di via di Porta Latina: c'è un gran pergolato e posto per trecento persone. Salimmo la scaletta proprio • mentre stavano chiudendo. - Non vi siete accorti di nulla? - dis– si. - Stava per succedere una gran di• sgrazia. - Mamma mia ... - esclamò una vec– chia che era uscite dalla cucine. - Mettiti qui e sedere - disse la ma– schera della Sala Umberto, e fece sedere il bambino su una delle panche che sono intorno alle tavole di marmo sotto il per– golato. - Ci porti un po' d'acqua per questo ragazzo che stava per andare sot– to l'autobus. Ci sedemmo anche noi intorno alla ta– vola; la ragazza, silenziosa, accento a me. Dissi qualche parola per consolarla. Mi guardò stupita. Fra tutti ere.ve.mo nove. Il conducente disse: - E noi che si fa? Un po' di paura l'abbiamo avuta anche noi. Ci porti un litro, signora. La ragazza parve ridestarsi: - Si, si, abbiamo avuto· tanta paura, - disse guar– dandosi attorno. Tutti si misero e ridere. - Meno male che lo dice lei, - disse il conducente. - Su, si faccia coraggio, signorina, ora è passa.la . Ci beva sopra. Si stava bene, seduti sotto le pergola, al fresco; dalla pergola pendevano tanti fili elettrici con le lampadine attaccate. Il conducente s'era levato il berretto e guar– dava il vino controluce: la .maschera della Sala Umberto spiegava l'e.ccaduto ol pa– drone della trattoria e alla veochia, che stavano ed ascott. '8.re volgendo il viso ore verso il bambino ore verso la ragazza; il bambino beveva l'acqua lentamente, guardando dentro 11 bicchiere; la rage.zza contemplava il vino bianco. - Cosa facevi fuori a quest'ora? - chie– se la vecchia al bambino. - Ero venuto all'obelisco per vedere se stenotte partiva il pellegrinaggio per il Divino Amore. Abito qui vicino, in quella casetta prima delle mura ... Ci guardammo in viso ridendo, men– tre il conducente ordinava un altro mez– zo litro, come se <.J conoscessimo tutti quanti da tempo. Il cielo non si vedeva - l.aggiù gli antichi Romani facevano il bagno - mi disse il fattorino. - Che gente, quelle., eh? - disse il passeggero col dia bete. - Anche noi siamo Romani, - disse il conducente, - anche a noi ci piace il vino, come a loro ... M'accorsi che quasi davanti a me era sedute una ragazza coi capelli rossi sciol– ti su1le spalle, e un impermeabile chiaro; non aveva mai parlato e stava zitta zitta, tenendo il bicchiere pieno a metà ben fermo davanti a sè. Notai che stava guar– dando la ragazza della macchina, cer– cando di non farsene accorgere. L'altre guardava da una parte. - Roma è una bella città, - disse la donna con le scarpe da uomo. - Belle? Non ce n'è città come que• sta ... - disse il padrone della trattoria. - Qui ci vengono tanti forestieri, e lo dicono tutti. Restano tutti a bocca aper– ta. Qui c'è tutto: antico e moderno; e c'è anche il Papa. - Quello poi non ce l"ha nessun altro ... - disse la maschera della Sala Umberto. - Però una volte c'è stato anche l'an- tipapa, - disse li conducente. - A me non me ne dovrebbe importa• re, perchè sono malato, - disse il pas– seggero col diabete; - eppure queste co– se mi piacciono tanto ... Si parlò un poco dell'antipapa; poi il discorso tornò sulle dis~e automobi– listiche. La ragazza delJa macchina s'era irrigidite., fingendo di non sentire. - Dica qualcosa anche lei, - le dissi,. - ora tutto è passato e non ci si deve pensare più. - E' stato terribile. ma ora ho paura di far tardi, - disse lei. Une ventata d'aria morbida ci portò un profumo di resina e d'erba; sentivamo il vento frusciare tre. le Coglie, e come un confuso movimento: pareva una mano enorme che si agitasse lentamente ed ac– ·cerezzare le cime dei lecci. dei pini, dei giganteschi e.Iberi che coprivano tutto il terreno intorno a noi, le distese d'erba. Avevo voglie di sdraiarmi su un prato. come quelli che c'erano lì vicino, di spro– fondarmi tra l'erba morbida e lasciare che il mio sguardo vagabondasse per il cielo percorso dalle pulitissime nuvole. Bevvi un altro sorso di vino, e presi tra le dita un pappo che era vol.eto sul manno. Spiegai come fanno i semi delle piante e viaggiare, e i trucchi dei fiori, il motivo dei loro colori vivaci, il profu– mo. n nettare che servono ad attirare gli Jnsetti per sporcarli di polline. che sa– rebbero semi piccolissimi. Tutti mi guardavano con interesse. Parlai delle piante carnivore. parlai del– le fonniche e delle loro terribili lotte per le conquista delle supremaria sulla terra. come avevo letto su una rivista. Tutti mi guardavano a bocca aperta. Era gente simpetice. 11 fattorino a un certo punto ml chiese: - E l vulcani? Dissi qualcosa dei vulcani, che sono come quel foruncoli che vengono sulla feccia della gente per sfogare gli umori cattivi. Mentre ci alzavamo in piedi la masche• ra della Sala Umberto mi chiese: - Sa nulla dell'aumento delle pensioni? Risposi di no, con dispia~re. - La vita è strana, - disse il fattori– no. come inseguendo un pensiero. TI conducente tornò a guardare le ro– vine: - Roma è sempre Roma, - concluse. MARIO PICCHI * di l<'ERDl.1 ,1.il 'DQ l'IRDIA Due anni or sono una rac- soluzione di continuità. In colta di racconti La Marche- Quel mondo di muratori. di .s-ina,apparsa nella • Medusa contadini, di pastori è la real– degli Italiani,. dell'editore tà di une. condizione umana Mondadori Ieee annotare il che egli deve esprimere poe– nome di Saverio Strati tra dcamente afl'inchè gli altri quelli degli scrittori più pro- uomini e la stessa società ne mettenti della nostra nuove avvertano i valori profondi narrativa. Ora ne 11 a stessa che sono quelli di un senso •Medusa,. appare dello Strat. antico della vita. della sl:a il romanzo La Teda. Nato in intima civiltà. e quindi di Calabria poco più di trent'an- una ma più ame.re . e sofferta ni or sono, Strati proviene da vita morale. Come in Alvaro, una singolare esperienza di nei racconti e nei romanzi del autodidatta che da semplice giovane Strati Ja orotesta me– muratore lo ha condotto a stu- ridionale nasce da profonde e di universitari regolari e ere• vitali esigenze di comunloe.zio– do ormai alle soglia di una ne. me Si tTatta della comu– laurea in lettere. conquista nica.zione di un mondo poetico certo essai più difficile che che oggi fa parte di un·espe. non le stesura di qualche rac- rienza di culture: egli inter– conto. La su_a non è, dunque preta personaggi, figure e vi– une e: vocazione ,. velleitaria cende della sua terra riper• sorretta da una preparazione correndo le strade di quella più o meno improvvisata, ben- che è stata una travagl:eta si il frutto di esperienze con- adolescenza guardandone sen– vergenti - da quella del la- za paura la sua realtà. ma voro a quella delle cultura - rivivendole nelle fantasia: ciascuna delle quali si i:i.Oette non altrimenti del g!ovane sull'altra si può dire senza Diacono nell'elvariana .Etd soluzione di continuità e la breve, il giovane Strati rltro– cui espressione na~tiva si va nella consapevolezza d og– manifesta come una felice sin- gi i legami profondi con la tesi. e, quel che più conta. terra. le misteriose e dolen!.I. una sintesi naturale al di fuo- ceratteristiche di une civiltà ri di ogni violenza e di ogn! contad:na che da molti secoli polemice. anche se. come è lo- ha interrotto il suo dialogo gico. nei moventi più profon. con la cultura nazionale; e se di della sua ispire.zione deve nel giovane Diacono. nato dal– riscontrarsi l'esigenza di una le piccola borghesia appena proteste meridionale. testimo- espressa dalla vita popolare nianza di un mondo di conta- calabrese all'indomani del Ri– dini, di artigiani. di braccian- sorgimento. Quindi carica e.n– ti che cerca il suo riscatto nel- cora della sua vitalità popo– la conquiste di coscienza di s_elare, sensibile ai miti delle stesso. in una coraggiosa n- terra e delle generazioni. ma vendicazione della sua stessa ansiosa soprattutto di esserne condizione umana. C'è una l'interprete. quella civiltà di– con~iz}one operata nel mondo scopre tutti i suoi più rem.:>ti mend101"!-ele <:he. ha trova~o significati, nel mondo del!~ spesso I suoi interpreti m narrativa di Strati sono gli scrittori anche provenienti da stessi assilli. le stesse neces• une società estranea ad. essa, sità di penPtrazione e di ma di essa interpreti sinceri espressione. all'estremo. come Vl:'rga, com.e Questo spiega appunto co– Alvaro. perchè era m loro v1- me La Teda &ia un romanzo vo assai più che in altri. il pienamente corale anche se problema morale di quelle concorrono \n esso in gran plebi da lunghi meli abban- parte le isoirazioni autob:o– donate ed oppresse. Sia in ~rafiche di una ricerca della Verga che in Alvaro la loro memoria. e soieea e!tre,;;ì co– te~tim~nisnza ~ anche la te- me essa si compia sul piano stimoo1anza d1 une cultura narrativo In torma prevalen• italiana e meridionale che temente 'drammatica. in un aderisce profondamente ai i;uccedem di latti di cui è pro– problemi della vita popolare: tagoniste e nel tempo stesso dietro la loro narrativa sono narratore il raccontatore in i motivi essenziali di una cul- prime persona. Le salita dei ture. anche_ let_teraria, eh!?non muratori a Terra rossa. un può essere md1flerente a1 pro- paese tra i più arretrati sullo blemi della. vita .italiane e che Aspromonte, a costruirvi. du– !10n può nnunc1ere. appunto rante gli anni delle guerra, m qual'!to tale (una cultura case popolari, ha que.si la so– non è p1ù una cultura se non lennità di un racconto alvarie– è tmimata da profonde ~si• no e cosi l'arrivo dei Quattro genze di progresso o se vien mastri anziani e dei due gio~ meno ed una funzione di ri- vani Filippo il raccontatore e cerco e dì stimolo), e interpre- Costànzo n ·fidanzato di sua tare quei problemi o e tradur- sorella Terrarossa è una sor– ti in immagini. situe.zioni. sen• ta di isola tra i monti. una tlmenti. a tradur!\ in ~ia. borgata sperduta: • De. quelle Il problema_ .• lettei::3no,. cese vecchie e basse veniva del mondo mend1onale 1talla- odore di cecio e di orina di no è es~nzialm~nte un pro- capre: le strade erano sporchè bleme d~ f:SpreSSJ~ne. un pro- e piene di porci; e le mosche blema d1 lmg~egg10. Appunt~ erano 8 mi~liaia. appiccicate per questo 11 passeggio di al muri ancora illuminati da– Strati dal mondo del lavor~ ~Il ultimi ra~ei di sole. a quello delle cultura. sarei « C'erano tanti ragazzi che per dire dalla cazzuola del ~ocavano per Je strade. e le muratore alla penne del ner• FERDlNANOO \'lHUlA ~~to~ie:!li ;;~:~~el C~~l~ {Contin;;;-_ pac. 8) Davanti al cancello del vasto giardino dell'albergo erano due cic !o-ta.ri . Nel buio e 11elta umiditd della notte i con– duttori vi erano rimasti, rincantucciati. coperti apptna da qualche straccio. IL SACRO GANGE ne erotiche ispirate dal Dio della fecon– dità, ci apparve uno dei due ghats desti– nati alle cremazioni. Dalle case retrostanti avanzava un gruppo di vod con u.nacantileno lamen– tosa, poi quattro uomini apparvero con un fardello bianco che depositarono sul– la riva. Lo tuffarono nel Gange e lo ri.. tirarono fuori perche si asciugasse, quin– di si misero a raccogliere ed ammuc– chiare legna. Altri fardelli, alcuni co– perti di stoffe a colori, evidentemente sari, erano sulla china: se ne contavano, in quel momento, cinque o sei. Più ton.– tani alcuni mucchi di legna erano pronti per essere accesi; a qualche passo si notavano mucchi. di carboni fumanti o di ceneri. All'alba H servo indù entrò nella mia stanza per svegliarmi. portando thè e frutta. Conveniva, negli alberghi india- ~~•ct~~,:i~~~~!~Si ila v~~~aa~e·d:au:e:':/::i che se trovavano le porte sbarrate, co– mi~ciavano a bussare prima discreta– mente, poi pitì insistentemente, finchè impotenti a respi.ngerli non avevamo loro aperto, lasciandoli assolvere i pri– mi doveri della giornata cui li obbli- gava il servizio. ' Mi alzai e preparai in fretta. bevvl il thè, uscii e mi affacciai sul balla~oi~ ::,1• cui davano wtre le stanze super1on della vasta e lunga costruzione a due piani che costituiva ì! Clark's Hotel. Ad uno dei conducenti, che era appena sceso dal carrozzino, feci segno di at– tendere e rispose con un cenno della testa, cioè ondeggiandola da un orecchio all'altro. . Come direzione gli. dissi una sola pa– rola: Gange, anzi, a suo modo. Ganga. Si diresse velocemente verso Benares, da cui. distavamo qualche chilometro, scampanellando perchè i pedoni si scan– sassero. * di 1JIARIQ JIERDQNE navano verso il sole, divenuto rapida– mente già alto. Soltanto qualche gi.ova– ne donna, con le mani. congiunte, serena e al tempo stesso profondamente assor– ta e ispirata, restava in una immobilitd assoluta, con lo sguardo verso Oriente, come in completo distacco dal mondo. L'acqua grigioperla, vicino alla riva, era assai. sporca. I fedeli non sembra– vano farci. caso. Tutto quello che il Gange tocca è puro. Bevevano grandi. boccate d'acqua, si lavavano a piU. ri– prese denti e occhi. Anche i. gonnellini degli. uomini e i sari delle donne veni– vano lavati e messi ad asciugare sulle pietre, con grandi chiazze di colore sulla sponda dominata dai palazzi dei. maha– raja e dai templi, spesso crepata in più mura, con grandi segni di miseria nello splendore, di usura e di distruzione net.– l'opulenza e nella grandezza. Un tempio affiorava nell'acqua, a grandi blocchi, essendovi. da tempo franato. E dalle mura e dalle fondamenta di altre co– struzioni precipitavano in un imper– cettibile logorio continuo mattoni e de– triti, come se tutto lentamente si di– struggesse. la testa, avendo cura soprattutto dei denti, degli orecchi e degli occhi. • Per la maggior parte stavano in grup– po. Sembravano greggi arrivati davanti ad uno specchio d"acqua. I colori cre– misi., giam, verdi, arancioni, variopinti, dei sari, si mescolavano ai gonneUini bianchi degli. uomini. Sulle scalinate dei pali conficcati, che reggevano canne oriz. zontali, sostenevano panni bagnati e strizzati, che il sole avrebbe asciugato in poco tempo. Altre canne, più alte, accanto agli om– brelloni. dei sacerdoti, tenevano sospese ceste dove vengono accesi lumini per onorare e illuminare i morti. Sui barconi all'ancora, che sembravano capanne gal– leggianti, volteggiavano i corvi. Nelle mura dei templi e dei palazzi si sco-rge– vano divinitd scolpite e mostruositd di pietra, teste di Siva e del Dio Elefante. mentre, in qualche recesso sulla riva, si innalzavano enormi cataste di legna, destinate a comporre le pire. lt fardello dt turno, ormai asciutto sotto i raggi cocenti, fu depositato sulla piccola, povera pira, e denudato. Un uomo accese il fuoco avvicinando la bocca al mucchio e so/Ji.ando. 11 fuoco prese prima lentamente, poi crepitando e con lingue di Ji.amma. Allora l'uomo che aveva aiutato ad accendere il fuoco chiamò un giovanetto, forse il figlio maggiore dell'estinto - poichE? è al pri– mogenito che è conti.data in India la missione della cremazione: vera mis– sione perché condizione essenziale per , far raggiungere al morto il paradiso - e gli mise in mano una pertica. Mario Verdone. senese. è nato il 27 luglio 1917. Ha pub– blicato 'Prose liriche (Cirtd del– l'uomo}, racconti (L'omino del– le croci). commedie e libretti d'opera (L"impresario . delle Americhe. Premio Rossini. Pe– saro. 1950). Era la domenica del plenilunio di no– vembre e migliaia di i.ndU marcim,ono verso il fiume. Il festival di novembre. come già avevo visto a Sarnath, sacra ai buddisti_. richiama va sul fiume sacro un pellegrinaggio interminabile. ll conducente. attraversata parte del– la città_. si. fermò su una piazza dove iL formicolio dei fedeli era piu intenso. Là si da vano cqnvegno i pochi. e gran– di taxi polverosi. i venditori ambulanti. i barbieri seduti a gambe incrociate ai lati della strada. Intorno erano botteghe. piene di disordinate masserizie. Le vac– che si mescolavano ai viandanti e due correnti spesse di. indù si incrociavano. runa tornando, l'altra dirigendosi verso il Cange. Un altro rivolo di gente saliva verso H bazar e il Tempio d'Oro. che, ci avevano avvertiti le guide del.– l'albergo, avvicinarsi tzd uno solo d'essi era assolutamente sconsigliabile. V'era il pericolo di farsi piombare addosso in– numerevoli postulanti, affamali e dispe– rati. Alcune donne tendevano la veste, che le copriva da capo ai piedi. perchè vi gettassimo qualche moneta. Scansate da tutti, dovevano essere affette da leb– bra. Altri si avvicinavano camminando con piedi e mani, come se la spina dorsale non li sorreggesse. Nani, piccoli mostrt, fanciulli nudi e impiastricciati a bella posta, in tutto il corpo, di pol– vere bianca o di terra, vecchi barbuti con bacche infilate nella pelle, seduti su rovi, senza mani o senza occhi, implo– ravano. Le vecchie, forse povere vec– chie vedove indiane, respinte dalla so– cielà. erano numerose e lanciavano urla assordanti. E vicino ai mendicanti, non meno rumorosi. come se fosse tutto un commercio dove ognuno cercasse di ot– tenere il proprio guadagno, in un modo o nell'altro. se,iza curarsi degli altri. erano venditori di oggetti popolari, di ventagli, di rozzi vezzi, di fiori e frutta, erano usurai e banchieri miserabili se'– duti sulle gambe dietro tavolini molto bassi, colmi di monetine di bronzo, che si limitavano al cambio o al prestito, che prendevano stoffe o gioie jn pegno. Un mangiatore di fuoco lanciava boc– cate di fiamma, a stento scansato dalla folla dei passanti. Un vecchio, a terra. prendeva l'elemosina con le dita dei piedi. Alcuni corpi. nella fila, sembra– vano senza vita: enormi ragni con una testa ovale, nera, dove erano vivi sol– tanto gli occhi. Il vociare era alto, rotto dai richiami piu autorevoli di preti coperti da grandi parasole di paglia, che riu~civano a farsi udire dalla moltitudine. Alcuni scampa– nellavano per fare arrivare meglio agli dei la loro preghiera. E allo stesso tem– po si alzavano_. tra i tu/Ji. dei remi, le urla dei barcaioli, le grida dei ragazzi che si gettavano in acqua, le proteste - per quanto rare - degli oranti 7 che riuscivano meravigliosamente a concen– trarsi e separarsi da tutto il resto del mondo. Da una casa, un ospizio di vedove. sen– tivamo alzarsi invocazioni e canti. In un'altra erano gli yogi che pregavano, mentre alcuni d'essi, in una terrazza, erano intenti a diffeci!i esercizi, ad al– zare pesi, ad eseguire contorsioni e sal– ti. Nelle barche che passano erano gio– vani incoronati di fiori. vecchi con segni di terra gialla sulla fronte. Una avan– zava a colpi di remo con preti buddisti di Burma che cantavano salmi: anch'es– si · venuti a contemplare lo spettacolo che ci aveva cosi tenacemente afferrati. In un'altra era una pia famiglia. geni– tori, figli, nipoti, che pregava battendo ritmicamente le mani. E perdipiù alcu.ni pittoreschi barconi. uno vérso il ponte che reca dalla città alla stazione - ol– tre il quale vivono. in riva al fiume. famiglie di migliaia e migliaia di av– voltoi - e uno pi.il a nord, trasmette– vano cantilene e programmi di musica con dischi, invitando i pres~nti, attra– verso altoparlanti, agli spettacoli. cine– matografi.ci della giornata. Sulle murate dei battelli erano a/Ji.ssi m!Jnifesti pub– blicitari di film indiani più· o meno re– centi. Il giovanetto prima accomodò bene le legna, ravvivò il fuoco, poi. quando ebbe ben preso. fece qualche giro del tumu.. lo, si. fermò, prese la mira e dette un primo forte colpo, segu.ìto da altri, alla testa del cadavere. La colpì fino a spac– carla perché nel fuoco non scoppiasse. Nel volto di colui che colpiva, come in quello degli astanti., no-n vedemmo. o non riuscimmo a vedere, ombra di disperazione. Sembravano tutti tranquil– li per una operazione che in fondo non era che un avvicinarsi a Dio, alla pace eterna, tramite il grande e generoso fiume, vicino al quale avevano la for– tuna di vivere, che aveva la forza di.– vina di purificare e portare fino al pa– radiso. Conta numerose pubblicazio– ni cinema.:ogralicbe tra cui Piccola storia del cinema, Il cinema per ragazzi e la sua storia, n costume nel film. La scenografia nel film. Gli intel– lettuali e il cinema (Premio Pasinetti 1952). alcune delle quali tradotte in Spagna. Por– togallo. Belgio. Argentina. Ha diretto documentari cinemato– g_rafici. premiati anche in fe– stival internazionali <Stracittà Immagini pOpolari siciliane, Mestieri per le st,:ade. Le -vio– le di Santa Fina). ed è mem– bro del Comitato Esecutivo de1- l'lstiruto Internazionale Film sull'Arte. Per conto dell'Une– sco ba compiuto di recente un viaggio in Ind:a ricavandone impressioni di viaggio che rac– 'cog]ierà nel ,·olume ...Il sacro Ganee •. Proseguii a piedi nell'ultimo tratto che portava alle scalinate che scendono sul Cange. Mi scontravo continuamente con indU che avevano in fronte segni colo– rati di benedizione e di preghiera. Al– cuni recavano in mano campanelli., altri pentolini e bacinelle piene di acqua del fiume. Dietro a me venivano quelli spor– chi. sudati. desiderosi di bagnarsi. nel Gange; davanti incontravo quelli che avevano già pregato. che erano lavati e purificati. I mendicanti - schierati senza inter– ruzione ai lati della strada, e sempre più fitti - accompagnavano i nostri passi con un vocia continuo. Erano tanti. . Discesi i gradini di un ghat dove la scena allo stesso tempo affascinante. sgradevole e terrificante, si prolungava. e unito ad altri europei salii su una barca che faceva il giro dei ghats. Intorno a noi la moltitudine brulican– te dei bagnanti già dava un'idea del significato e deL fer-vore religioso che assumeva la cerimonia della purifica– zione nel Ga11ge; ma appena la barca si scostò dalla riva. fino a raggiungere il centro del fiume, lo spettacolo ci ap– parve in tutta la sua imponenza. in un quadro che non poteva risultare che ancor piU impressionante. Erano migliaia di esseri umani che si tuffavano> che gridavano preghi~re. che bagnati fino alla cintola si. inchi.- Alcuni sacerdoti soli.tari, sotto gli om– brelloni, sembravano assorti in letture o profonde meditazioni. Erano vecchioni con immense barbe incolte, in posizioni sempre diverse: uno stava immobile a mani giunte. un altro con ta mano de– stra sul petto, un altro con una mano sotto l'altro braccio. Sui. bordi del fiu,,. me, dentro nicchie in muratura, erano santoni in preghiera. col viso rivolto verso il sole. Nell'acqua si vedevano donne ingioiel– late, uomini robusti e maturi, vecchie decrepite, adolescenti. Alcuni raccoglie– vano l'acqua i.n recipienti di. rame, altri facevano interminabili abluzioni piegan– dosi suUe gambe e gettandosi acqua sul- Contemplavamo suggestionati. quasi intontiti, questo spettacolo, che da un ghat all'altro si ripe·teva, quando vicino at Tempio del Nepal, dedicato a Siva, dove minuti. bassorilievi presentano sce- Che la pace e la serenità fosse in ognuno dei presenti lo dimostravano an– che quei fedeli che assistevano aLL'arr~ vo dei fardelli, all'incendio delle pire, alla rottura dei teschi, alla dispersione delle ceneri dei cadaveri nel Gange: o che ricercavano senza fretta, tra la sab– bia, gli anelli e i monili che gli estinti potevano avere avuto con sé. E mentre due indU spandevano cenere nel fiume, altri.. a loro vicini, come indifferenti, tuffavano la testa, suonavano campanel– li, bevevano boccate d'acqua, si stropic– ciavano con le dita gli occhi. gli orecchi., e i denti rossastri, macchiati dalle foglie di. betel. MAIIIO VEIIDUMI

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