la Fiera Letteraria - XII - n. 18 - 5 maggio 1957

LAFIERA LETTERAR Anno XIT - N. 18 SETTIMANALE UJ,,LLE LETTERE DELLE ARTI E _UELI:,E SCIENZE Domenica 5 maggio 1957 SI PUBBLICA LA DOMENICA Direttore VINCENZO CARDARELLI QUESTO NUMERO L. 60 UIH.1:..ZIONE AMMINISTHAZIU:'-E; HUMA V10 111 t-'ui lo Ca•l~"" I~ Tt:1e1onI Rerhn.1nne 555 487 Amm1111,1t :'>55158 PUHBLICITA: Ammm1str: u LA 1.-'ll:!:HALE'l"l l!.1-lARlA »·V. di Porta Castello. 13. Roma. TAR.: Commerciali L 150 Editoriali L 80 al mm ABBONAMEI\f'fl Annuo L 2700 SPmP~tre L 1.400 Trimestre L 750 E~IE'ro: Annuo L 4 000 C"P'il arretrata L 100 Sped1z.ione 1n l"onto corrente postale (Grupp0 TI) ~ Conto corrente postale 1131426 UN NUOl 1 O LIBRO DI CARLO BO * Scandalo ella speranza DlJE POESIE ANTOLOGI PALATINA * di GENNARO PERRO'l''l'A. « Fra la nostra anima e il mondo si stabi– lisce un facile commercio di irresponsabili– tà. Noi diamo la colpa ai fatti senza avere il coraggio di dirci che questi fatti rispec– chiano fedelmente le nostre ambizioni ... » Raffaele Carrieri distinguere. Chi legge il li– bro quinto avrà l'impres– sione complessiva d'un'at– mosfera artificiale e irrea– le: frecce e fiamme e ca– tene di Eros, floride ghir– lande del banchetto, lam– pade spettatrici fedeli e mute di godimenti amoro– si, e galee di Afrodite e naufraghi d'amore e splen– dide nudità voluttuose di donne. E poi i soliti sospiri. i soliti rimproveri. i soliti lamenti. i soliti giuramenti. Naturalmente, anche le so– lite metafore. Ogni tanto la monotonia s'interrompe: qua e là il lettore troverà l'espressione di un senti– mento più vivo. d'una sen– sibilità più sincera, d'uno s p i r i t o più fine. Ma la gioia della sua piccola sco– perta gli sarà tutta tolta dall'amaritudine di ritro– vare. a distanza di qualche pagina. qualche volta di lfUalche epigramma, quello ;tesso motivo che gli è parso così originale e cosi nuovo, esagerato e sciupa– to da un poetastro. o ma– gari anche rinnovato e su– perato con finezza e con ~zia da un poeta mag– giore. * di GJACIN'l'O SPAGNOLE'l''l'I e Ci vuole una parte di illusione per raccogliere pagine di tanti anni e pun– tate su un solo tema, il tema delle no– stre speranze. delle delusioni e dello sconforto>. Con queste parole Carlo Bo apre l'ultimo suo libro di saggi e note di diario, dedicato agli anni '45-52. Non si tratta - come vedremo - di un libro d'impostazione letteraria, nonostante il peso e la presenza di avvenimenti let– terari. e le figure che vi circolano; ma di prese di coscienza> morali, politiche e abbastanza spesso sociali. In una parola potremmo dire: il ·diagramma sensibi– lissimo di uno spirito in cerca di spe- . ranza. dopo gli orrori della guerra, a cui la realtà non finisce di elargire, in ogni settore, amare delusioni. Lo stato d'animo di Bo, alla fine della guerra, si riassume, innanzitutto nel quadro piuttosto allarmante di una si– tuazione letteraria alla quale aveva dnlo il suo contributo decisivo durante gli anni della sua giovinezza: l'Ermetismo. Il rapporto era cominciato nel '37 con i1 manifesto programmatico: Letteratura come Vita. In quell'anno. ben altre erano le con– dizioni in cui un critico letterario, uno studioso dei problemi della poesia. po– teva proporre una s.oluzione all'ansia urgente di rinnovamento dei valori este– tici e mon!.ll in. seno alla letteratura. Semplicemente. si potrebbe dire: tempi e condizioni opposti a quelli che hanno preso l'avvio dopo il '45. La nostra so– cietà letteraria era diversa dall'attua– le, non parliamo delle pubbliche istitu– zioni, del clima morale e politico, di cui tutti abbiamo un ricordo ben vivo. ES– sendo chiusa ogni altra via alle idee. in quell'accordo pacifico che il regime ,~– sciava apcora perdurare fra la lett.?ra– tura e il pubblico, purchè fosse rigida- * ILPROTAGONISTA UBURBANO * di P. JJJ. PASl~lt'l'TI JDia Buon g·iorno LIBRO DI Clll * SI PARLA e poi domani .(Continua..a pagina;&) Il lettore comincerà a dubitare dF!l proprio gu– sto. del proprio senno: a p~nsare chi? non è possi– bile prender sul serio poec.. sia di questo ~nere. che sfugge a qualunque giudi– zio. E finirà per collocare l'epigramma greco accanto all'anacreontica, se pure un oochino oiù su: cioè al re– gno cosi letterario e così ~~ifl~J~c;iid:~~~~i.d~fil~ dopo il secolo XVIII non oiace oiù a nessuno. E' inutile dire che il let– tore avrebbe torto. L'An– tologia Pal.atina contiene 37p0 epigrammi, più di 22 mila versi. diciassette se– coli ~i i:,oesia. e sia pure di poesia m tono minore. E' naturale che tra le decine e decine di nomi che si succedo.f!o senza t r e g u a nella pm estesa Antologia del mondo, ci sia qualche ~nde poeta. e ci siano, poi, non pochi poeti di se– cond'ordine. molti buoni verseggiatori, e infine mol– ti cattivi verseggiatori. Il peggio è questo: che in nessun genere di poesia è cosi difficile (tolto il caso estremo. s'intende. dei cat– tivi verseggiatori) distin– guere il poeta vero dal poeta di second, ordine o dall'abile artefice di veFSi. Non soltanto un comune lettore di buon gusto. ma anche un critico che. l'An– tologia, l'abbia letta e ri– letta e studiata. si trova in grande ìmbarazzo. Ba s t a scorrere, per convincerse– ne. quanto è stato scritto s~i poeti più celebri. Cal– limaco, per alcuni è un poe~a incomparabile: per a.Itri. un verseggiatore raf– fi.nato, che sa far dello spi– nto. quando ci riesce. Per alcuni sa mascherare la sua passione più intima con la ironia superiore dell'uomo ~oderno; per altri, non ha bisogno di mascherar nul– la, ~erchè non sente nulla. Cosi Asclepiade è. per qualche critico, un'anima che sente l'amore con tut– te le sue gioie, i suoi tur– bamenti. le sue delusioni 11: sue disperazioni. e che'. disgustata della vita. tutta affonda nella sua passione come per trovarvi la sua ~ace. Ma per un altro cri– tico quegli amori, quelle tenerezze, quelle malinco– nie non andrebbero prese troppo su} s e r i o, perchè non sarebbero altro che un trastullo creato dal poeta a_ servizio dell'immagìna– z1one. Così Leonida di Ta- ranto per un critico italia– no_ è il più grande degli ep1grammatisti del III se– colo; per il filologo tede– s~o che lo ha studiato più d1 proposito, è un poeta– stro. E si potrebbe prose– guire: così per Meleagro. così per gli altri; non c'è poeta su cui ci sia un cer– to accordo. Il lettore inge– nuo. che ama le idèe chia– re. deve sentirsJ disperato. Ma bisogna proprio pro– clamare il naufragio della critica nel mare insidioso della Palatina? In re alt à. giudicare è sempre difficile; non è me– raviglia che qualche volta sia enormemente difficile. come nel caso di quesll terribili . epigrammatisti. Una difficoltà grave è la brevità stessa, che è uno

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