la Fiera Letteraria - XI - n. 41 - 14 ottobre 1956

Anno 'I - 41 SETTIMANALE DEbI.;E l!,ETTERE DELLE ARTI E DELDE SCIENZE Domenica 14 ottohre 1956 SI PUBBLICA LA DOMENICA Oireltore VIN<.'b\Ll I CAROAHELLJ lMl·.H<> <,O l>IH~,ZluNE. AMMINISTRAZIONE ROMA \11a di Porta Castello 13 • Telefon1: Reda.z.tone 555.4l!7 • Amm101st1 icj5158 PUBBLJC!TA Amministr , LA FIERA LETTER,\HI." V '11 P,>11.aC~$1ello 13 H.oroa TAH Cnmmerr,~11 L. 1511 Conto corrente poStaJ.e n 1131426 l"<i'tonah L R0 al mm ABRO 1 AMENT1 Annuo L 2700 emestre L l.400 • Trimestre L. 750 Estero Annuo L 40fm - Copia ~netrata L 100 - Speè!zlone In conto .,.,,~"" nnst,>Jp cr.ruppr, llt CLEMENTE MARIA REBORA HA VINTO lL PREMIO * "CITI ADELLA,, Clemente Maria Rebora UNA ·POESIA di Clemente M. Rehora *· al limite 'I1utto ..._ e Tutto è al limite, imminente: per lo schianto, basta un niente; da un gran vuoto tutto esorbita nel moto, anime, famiglie, consorzi; tutto è un farsi avanti a spinte e a sforzi: son contati gli istanti; fuori la cosa cresce, e riesce; dentro qualcosa s'infrange, e si ride e si piange. Un che sa, ed è dei capi (Nicodemo forse?) scorta luce ove è Gesù, all'oscuro s'inoltra, e in segreto, a tu per tu, chiede qualcosa di sicuro. Tutto è all'orlo, basta una goccia': e se trabocca ... Oh, sia la goccia del Tuo Sangue! CLEME 'TE MARIA REBO RA 13 gennaio 1956. • IL LIBIIO DI ((DaJ Jetto de Ha mia infermità)) * A un esiguo manipolo di versi di una verità cruda e commovente, Rebora ha affidato nel ventesimo anniversario del uo acerdozio una nuova testimonianza della ua e perienza di uomo e di poeta di Fu verso la fine dell'an– no scorso che il nome di Clemente Maria Rebora, praticamente assente dal 1938. epoca della ristampa vallecchiana delle Poesie, fece la sua ricomparsa nel– le vetrine dei librai sulla azzurra piccola copertina di Curriculum Vitae: qual– che mese prima, in una cor– rispondenza giornalistica sul Congresso rosminiano di Stresa Eugenio Montale aveva inserito un suo per– sonale ed affettuoso ricordo del più che settantenne Poeta. « Don Clemente Rebora - scriveva Montale - che i critici considerano giusta– mente come uno dei pochi veri poeti d'oggi. si fece conoscere ai tempi della Voce; ma da quando fu or· dinato prete ha scritto as– sai poco. Oggi sembra aver vinto anche quella repulsa, quel senso di autopunizio– ne che lo incitava a di– struggere i suoi manoscrit· ti. Non lo vedevo da venti anni e non lo trovo molto mutato. Solo la voce, affie– volita da una recente ma– lattia, mostra qualche im– paccio. Ma gli occhi di que– sto religioso... restano ac– cesi. quasi ardenti. Don Clemente mi dice poco di sè: ma conferma che il mi– racoloso Vanni Scheiwiller è riuscito a strappargli un gruppo di poesie nuove ... « Don Clemente stampa non solo con il consenso, ma probabilmente per or– dine dei superiori. A diffe– renza di altri ecclesiastici che scrivono (poeti o pro– sa tori che siano) egli non ha mai avuto alcuna va– nità letteraria. Ricord.,_ in questo quel Gerard Mabley Hopkins che morì quasi ine– dito ... n. Si pensava che i versi di Ctirriculum Vitae (disegua· li forse, ma non di rado percorsi da accenti che so– no della grande poesia po– polare) rappresentassero nella storia di Rebora una specie di estremo testa- * GIUDICI mento spirituale, la sinte– si della sua più intima e gelosa esperienza. la rottu– ra improvvisa di un silen– zio che di questo st~sso giungesse ad eccezione e riconferma. Vecchio, del re– sto, e rnalatp. tanto n~!lo spirito lucido e fer·,cnte quanto fiaccato nel corp) dagli inesorabili " ripet:iti colpi del· male, eh~ cosa a· vrebbe potuto egli ancor~ dare in un ·età che, a par– te ogni avversa circo tariza esterna, è di solito non p•u– pizia alle stagioni cn~tive della poesia? Eppw·e, smentendo cirro– stanze e previsioni. egli ci propone oggi, per il vente– simo anniversario della Prima Messa, un nuovo do– no di poesia, con un IP'l– nipolo di versi cht' Vanni Scheiwiller ha raggruppato per gli amici del P<leta e suoi in w1'edizioncina fuori commercio. di duecento esemplari, sotto il titolo di « Canti deU'infermità ». Po– tremmo chiam<',rla una vera sorpresa. ma non ci arri– schieremo .a tanto, tenendo in mente quanto già avem– mo in altra sede occasione di notare a proposito del · Curriculum (ossia che «una esigenza di poesia diventa in lui esigenza di carità ... un'opera di poesia è un'ope– ra di carLtà ») e confrontan– dolo con uno dei tre pen– sieri da Rebora stesso pre– messi all'opuscolo ora stam– pato: « Far poesia è diven– tato per me. più che mai, modo concreto di amar Dio e i Fratelli. Charitas lttcis, refrigeriu.m crucis». In un paese in cui l'at– tenzione per le cose della cultura fosse men morta che nel nostro (ovvero esi– stesse un pubblico disposto a commuoversi per qualco– sa dt diverso dalle disav– venture dei bocciati del te– •lequiz) non potrebbe non far notizia questa tarda vi– cenda di un Poeta che « dal letto della sua infermità » (come avverte l'ultima da– tazione. con la variante del po-ssessivo) dètta per un impulso dj Amore poesie ognuna delle quali potreb– be esser l'estrema, conse– gnando alla parola un'espe– ri~nza probabilmente unica, verita cruda e commoven– té, sofferta quasi al ver– tice osci!lirnte dello sparti– acque che separa vita dJ oltrevita: Tèrriblle ritornare a questo mondo - quando già tutte le fibre - erano t~e a transi– tare! - E 11 corpo mi rifiuta ogni 6erv-tz.io, - e l'anima non trova. più suo ln!Zio. - Ogni voler d.lvlno è 6forzo nero. - Tutto va 6enza pensiero: - l'abisso invoca !'e.bisso. Ma in questa Italia che ogni più accreditata tradi– zione vuole incurante e di– mentica dei suoi poeti (con la debita eccezione delle lapidi commemorative) non c'è da meravigliarsi della cosi lieve fatica con cui uomini come Rebora riesco– no (anche oggettivamente. d,remmo) a morire al man· do « delle macchine e dei lucri"· Ed è una delle ra– gioni, tale circostanza. per cui preferiamo di proposi– to astenerci in questa bre– vissima nota da qualsiasi tenwtivo di ricerca critica. lasciando a queste righe tut~o il loro ufficio di testi– monianza, di augurio affet– tuoso per l'evento al qual~ il Poeta ha voluto dedica– re i «Canti dell'Infermità». Anzi, da un certo punto di vista, un profilo critico di queste poesie sarebbe addirittura inopportuno (ci si penserà, più tardi, a col– locarle nella storia di una esperienza poetica che sem– pre più apparirà tra le fon– damentali del nostro Nove– cento) perchè, pur così es– senziali e scarnite. pur con la loro rapidità (in alcuni casi) di folgorazione im– provvisa. esse esigono una lettura consenziente, pa– ziente e amorosa. CUI SI PA.RL .. l * LE NOTTI BIANCHE DI ENNIO FLAIANO Accogliamole. anch ·esse, come testimonianza. come sua alta testimonianza. fiamma di una Carità che arde, di un esempio che ci commuove e mortifica ogni nostra vanità. Non è l'uo– mo al servizio del poeta; ma. in questo caso, il poe– ta al servizio dell'uomo; non la Grazia al servizio della poesia, ma la poesia al servizio della Grazia, co– me già il silenzio di ieri. « A Verità condusse Poe– sia » ha potuto seri vere Re– bora nel suo Curriculum: a prezzo, aggiungeremmo, di un silenzio dal quale oggi sgorga questa nuova poesia raggiunta per via di Verità. * GIOVANNI GIUDICI ••• •• ., ·~ .... .. . ~" .. 'I <li 11 ~ ,. " ' "' Paul Klee: "Composizione" (1931) l(LEE FIGURATIVO * di FllJSTO PIRAVDELLO * FAUSTO PIRANDELLO HA SCRITTO PER LA « FIERA LETTERARIA » ILSEGUENTE SAGGIO SU PAUL KLEE * Mentre Klee dal di dentro - cioè da un mondo di congetture e di fantasia - si esprime favolosa– mente; Kandin ki affida al caso la sua disposizione; come un ragno, fatta la sua trama, la sua trappola, aspetta dal di fuori l'occasione. Sembra che la cosa più vera, per lui. sia la 'tela sui cui dipinge. la data superficie. E come su un muro lavora la muffa capric– ciosamente, su un soffitto le chiazze prodotte da infil– trazione. casualmente; egli poi continua ad arricchire questi casi piovuti, e da lui individuati, di colori vistosi, sorprendenti; e riconosce qualcosa in qual– cosa. per dire che, si, lui ci si è orientato, in quei mondo di sorprese, ma non assume responsabilità di orientamenti a comodo e per conto altrui; che si ar– rangino come possono questi altri, se sanno e ci rie– cono; e se non possono, amen. Mica come Klee che parte da un mondo di sua scienza e diventa perfino didattico, apodittico, e vuol esserne proprio dimostrativo. Klee è mi ura di un ordine senza sistemi, perse– guita con una lucidità mentale tutta invece sistema– ticità e quasi allo stato di paranoia (le sue antipro– spettive allucinate); misura dell'eccentricità capziosa; dell'ispirazione ver ata in dati spirituali ammaliziati da un umorismo vocato sugli incontri spiritati e pro– posti sul limite dell'ossessivo. Intelletto casuistico di ogni accezione e di ogni eccepire. Intuito antiplastico, tutto in un tendenzioso descri– vere. ma non per definirsi. Nel sottinteso, nell'allusivo (e pensate quanto c'è d'allusivo nel terminale apogeo dello strano fiore marsupiato nella enorme capiente cavità - vero arsenale d'ilari grottesche intese come it teriora - del Ventriloco, e che si fa dito a incrocio sulla schematica bocca, per dire: «Silenzio!») in una stesura da parato, in un programma di render conto favolisticamente, animisticamente di quell'or– dine metodico. Giuochi di castelletti in quel procedere grafico tedesco, di colori tedeschi deliranti, da lanterna m,– gica, e che banno sapore di trovate d'alchimia con quei certi stridori accordati; eccedenti, laccosi. pati– nati. e poi d'un tratto, avvertiti. Tutta una metafisica di elucubrato mestiere, e intanto bizzarra, fantoma· tica. estrosa. Capacità tedesca di metodo. ma smaliziata: da te– desco che si rifaccia il verso c:>si bene. da sembrare tedesco sul serio. C'è un che di strafottente e di per– fido e poi perfino di ridanciano sulle rigide nonne dell'intenditore intransigente. Una ginnastica sul filo. Calligrafia come vocalizzo da scontare per intero: il «canto» si risolve alla lunga in un trillo malizioso che scarica la misura della vibrazione poetica. Capacita d'inventare ogni geroglifico con una evidenza di senso che verte proprio sul linguaggio del figurare. Negli ultimi anni si accorge, e si fa accogliente. di una natura da esemplare con incontri a lei proprio obbiettivi e perciò fuori chi ave. Sono per lo più dise– gni. Si scontra col Picasso delle figurazioni paniche, quando invece Picasso fa di quelle cultura e una spe– cie di sbcciata e sfaccendata retorica. Strana meta– tesi di due spiriti per ogni verso antitetici. irridu– cibili. • * • Di Klee guarda l'emblematico Lomolarm (il lacri– moso o piagnone. la prefica o il piagnisteo) 1923. di quanti fatti sia allusivo. presentato come un cristac– cio malpelo. come sagoma cui mirare, anzi, in un «animus eludendi ». da sopraffare. E caricandolo delle più spietate prestazioni (da canzonare poi) o meglio, da determinare con invenzioni refrattarie ad ogni di lui sentimento. Guarda le lacrime a fiocchi: nella disposizione. intendo dire. dei fiocchi nell'« arme n dei cappelli cardinalizi (araldici). C'è nel soggetto una certa tensione spasmodica cbe si deflette in fleto-f:e– bile. a contagocce - in un deflusso alambiccatn da travasamenti graduati come di provetta a catodo: il rosso pelo da cristianaccio dalle campiture scim– miesche o diaboliche (tanto poi riSulta persecutoria l'indagine e spietata la relazione); il verde serico e teso (verde campagna) con quel rosso quant'è tede– sco (nella tradizione di un Holbein, e rinascimentale. e protestante): il rabesco nel quale s'inscrivono g~i occhi. la fronte. il naso, le gote. i setti. tutto ad ampolle e impalcato come un gocciolatoio. e tappi di bottiglie a smeriglio, nel vago acquarellato: quella campitura dila~cata nel proprio fonte lacrimale, sono uno screzio malefico. scettico. arbitrato da una satira FAUSTO PIRANDELLO (Continua a paglna 7) 1/ I;,' R TI LIT A' DI GEOHGES * SI.li E\ O \T Ennio Flaiano appartiene a quella generazione d_iscrit– tori italiani che si iniziò alla letteratura durante il ven– tennio tra le due guerre: è improprio anzi dire che si iniziò, assai meglio sarebbe ricordare come, in sostanza, quella generazione dovè con: fluire nella letteratura quasi alla ricerca di un ersatz, di un surrogato o di un diversi– vo a seconda delle inclinazio– ni, dei disgusti. delle interne insofferenze. E non un ersatz, si badi, che si ponesse come alternativa a una specifica. at– tività nella vita pubblica, ma piuttosto. un compenso, nella letteratura, di una impossi– bilità di sentirsi in armonia con la vita italiana, di supe– rare il disgusto per la reto– rica, l'amarezza per la gran– de noia provinciale, per il fa– cile quotidiano, per l'igno– ranza dei capi, per la mise– ria morale. la felice acquie– scienza dei gregari. in una Italia ormai quasi del tutto gregarizzata. Sia Flaiano, che Emanuelli Vigorelli. Pavese, Bilenchi, 'Benedetti, Vittori– ni, Alicata, Bernari. Vicari. Pratolini, Brancati. per fare Lo scritto.re ha riunito nel volume apparso presso Bompiani, con il· titolo « Diario not– turno », note di carattere e di costume, nel segno di una atira sotto la quale si avverte una testimònianza della Roma contempora– nea già u un piano esplicitamente narrativo quanto cioè negava ogni ade– sione diretta o iI)diretta al· l'ordine dittatoriale, ma altre. si. in quanto rifiutava l'infa– tuazione e la separazione na– zionalistica. non nascondendo le sue predilezioni per una cultw·a europea alla quale era tolto in Italia ogni diritto di cittadinanza. in quanto ne– gava a se stessa ogni otti– mismo, ogni. politicizzazione in una direzione comandata, era veramente un'attività po· litacamente sospetta o sospet– tabile. e militarvi significava altresl compiere un gesto di implicita opposizione al re– gime, e, forse più che al re– gime. a quell'immagine del paese che il regime voleva offrire. Più che uno scrittore "giallo" * di FERDl.lTA1\TDtJ J/IRl)l1l Occorre aggiungere che la generazione precedente o si era sottratta alla stretta dit· latoriale riparando in un cul– to a ssoluto della forma, in una difesa disperata della let– teratura come espressione di un gusto, nel rifugio dello stile e della pura liri– cità (ma c'erano anche tra quegli scrittori alcuni che si erano impegnati, tornati dal fronte e spesso in posizioni personali assai difficili, ·come Alvaro. come Montale, come pochi altri), o s'era arresa senza combattere o senza ten– tare di sottrarsi a ogni con– tatto, come s'era arresa tut– ta una larga sezione della cul– tura universitaria - e non sempre la meno efficiente su un piano di valori culturali - che ormai contribuiva non senza cinismo a dar mano al– la verniciatura nazionalista e * Il Si in e non tradizionale è appa.i-entemente senza pretese, nu, sorTegliato, sicuro, ~·en1rlno * di GIAC0,110 1-l,\.T01\1l\·1 Il discorso su Georges Si- sono pochi - rimangono ie menon può essere periodica- stesse. tanto accoroorsi sulla sce!ta. Finc:hè si tratta di Le Te– stament Donadieu, La. N eige était Sale, La Verité sur Be– bé Donge, Le Bourgmestre de Furnes, Le Grand Bob tutti riescono ancora a mettersi più o meno d'accordo. Ma dopo? Chi parteggia per Au Bout du Roulea"..l., che per P~– digree o Les Inconnus dans la Maison, Lettre à man Juge •J La Mort de Bette, Le Voya– geur de la Toussaint o Le Lo– cataire, Le Volets Verts o L'Ainé des Ferchaux, Touri– ste de Bananes o Chez Kru,t. Long Cours o Les Pitards. Ed altri numerosi se ne potreb– bero aggiungere ognuno dei quali ha i suoi caldi sosteni• tori. Ma non soltanto la scel- i primi nomi che ci vengono alla memoria non cercavano. ci si intenda, nella letteratu– ra un comodo diversivo - al postutto un paravento dietro il quale, non senza una certa dose di ipocrisia, ripararsi e nel tempo stesso riparare dis. sensi e scompensi - al con– trario, non solo la loro vocazio– ne letteraria era senza dub– bio determinante e prevalen· te su ogni altra, ma altresi la scelta della letteratura era per essi una scelta oltremo– do impegnativa appunto per– chè proprio una certa letl!'!· ratura, in quanto tale, m FERDINANDO VIRDIA I Georges Simenon mente ripreso ed ampliato. In Nella vastissima opera dì un momento come quello at- Georges Simenon, che fra ro– tuale in cui il romanzo fran- manzi popolari della giov1- cese è singolarmente povero nezza, romanzi polizieschi im. ed invano gli auguri scrutano perniati sulla figura dell'ispet– ogni settimana il cielo nella tare Maigret e romanzi di più speranz,a di poter segnalare serio impegno conta oramai l'avvento dj qualchi, nuovo circa 150 volumi, occorre ope– narratore d1 sicuro mgegno. rare una severa scelta. Su Georges Simenon continua a questo si è tutti' d'accordo. Il sfornare due o tre libri al- guaio comincia quando si l'anno senza dare il mimmo tratta di scegliere. Volendo segno di stanchezza. Certo anche applicare il metro ri– non tutti i prodotti sono di goroso di un André Gide od prima qualità. La fretta spes- un Robert Brasillach. {la an– so gli nuoce. Ma per chi os· noverarsi entrambi fra i più serva le cose attentamente e sicuri assertori dell'ingegnQ da vicino è chiaro che il tem- narrativo di Simenon, si pos– po non sembra avere presa su sono ricavare oggi fra i 25 ed di· lui. I difetti di oggi sono i 30 volumi degni di figurare quelli di ieri e d'avant'ieri, le fra le migliori opere della qualità giustamente ammirate narrativa francese dei tre ul– nei romanzi migliori - e nòn timi decenni. Ii difficile è sol. GIACOMO ANTONINI Ennio Flaiano (Continua ln 2. pagina) (Continua. & pagina 1)

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